mercoledì 26 settembre 2018

Yemen: rischio colera per oltre 5 milioni di bambini

Save the Children e Oxfam lanciano nuovamente l’allarme: la devastante guerra civile in Yemen sta causando centinaia di migliaia di morti, ma in seguito all’attacco al porto di Hodeidah – canale di accesso fondamentale per gli aiuti umanitari – la situazione è ulteriormente peggiorata, e oltre 5 milioni di bambini rischiano ora di morire per la carestia e le epidemie in agguato.
Yemen“Le vedevo le ossa, e non potevo fare niente per lei. Non avevo soldi per il trasporto: ho dovuto farmi prestare dei soldi per portare mia figlia in ospedale, è lontanissimo dal nostro villaggio. Non abbiamo cibo: la mattina un po’ di pane col tè, e a pranzo patate e pomodori. Di solito, io non mangio: cerco di tenere tutto per i miei bambini”. È la drammatica testimonianza di una madre yemenita vittima della dilagante carestia in un Paese sempre più devastato dalla guerra: dopo una decina di anni di lotte e instabilità politica, a partire dal 19 marzo 2015 il conflitto è esploso in tutta la sua violenza, con la brutale aggressione militare da parte della cosiddetta coalizione guidata dall’Arabia Saudita, provocando morte, carestia e distruzione in tutto lo Stato, soprattutto tra i civili.

Yemen, Resistenza contro Oppressione

Le due maggiori formazioni politiche in campo – ognuna delle quali dichiara di costituire il governo legittimo del paese – sono la coalizione a guida saudita (comprendente Emirati Arabi, Bahrain, Egitto, Marocco, Giordania, Sudan e Kuwait) che sostiene il governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi con sede ad Aden, e quella delle forze Houthi Ansarullah che controlla la capitale Sana’a ed ha cacciato l’ex presidente Hadi, fantoccio del regime saudita. Attualmente il Paese si trova quindi spaccato in due, mentre i militari di entrambe le parti tentano di assumere il controllo dei punti nevralgici per assicurarsi la supremazia su tutto il paese. A questo si aggiungono le rivendicazioni di diversi gruppi terroristici, quali Aqap (al-Qāʿida nella Penisola Arabica) e Isis.
Tale è lo scenario politico in cui migliaia di civili vengono ogni giorno impietosamente uccisi, e tra questi si contano centinaia e centinaia di bambini. Basti ricordare il raid saudita dell’agosto scorso contro uno scuolabus, in cui hanno trovato la morte 43 piccole vittime innocenti: secondo il Direttore Generale dell’Unicef Henrietta Fore, in tre anni sono stati feriti o uccisi 6.500 bambini.
Ma oltre alle vittime dirette, il conflitto sta provocando una emergenza umanitaria senza pari: aeroporti distrutti, collegamenti stradali spezzati, ponti bombardati rendono le comunicazioni estremamente difficoltose, e la distribuzione degli aiuti umanitari quasi impossibile. Con il conseguente dilagare di carestia ed epidemie.
La fornitura di acqua potabile è interrotta in diverse parti del Paese, i generi alimentari scarseggiano e sono saliti a prezzi esorbitanti: il grano è aumentato del 50%, l’olio del 40%, il riso del 350%. A questo si aggiunga che moltissime famiglie si trovano ora senza alcun reddito a causa della chiusura o distruzione della maggior parte delle fabbriche e aziende del paese. Un bambino su quattro è colpito da malnutrizione.
Ma secondo le maggiori organizzazioni umanitarie, i recentissimi attacchi sauditi al porto di Hodeidah possono rendere questa situazione ancora più disperata: l’80% degli abitanti del Paese dipende per gli approvvigionamenti da questo porto. L’offensiva a Hodeidah è iniziata a giugno, come azione per bloccare i rifornimenti alla Resistenza yemenita, ma grazie a negoziati guidati dalle Nazioni Unite si era finora mantenuto una sorta di stallo per evitare catastrofiche ripercussioni sulla popolazione. Martedì scorso però la coalizione di Hadi ha dato il via al proseguimento alle operazioni militari.
Hodeidah è il principale porto dello Yemen, e vi transita oltre il 70% degli aiuti umanitari per la popolazione. L’attacco a questa infrastruttura fondamentale, quindi, oltre a causare migliaia di morti nell’immediato – le Nazioni Unite stimano che l’assalto possa causare fino a 250mila vittime – provoca conseguenze inimmaginabili a tutto il paese, con impatto diretto su centinaia di migliaia di famiglie, e di bambini.
Secondo la denuncia di Save the Children, sono oltre 5 milioni i bambini a rischio carestia: perché con la chiusura di questo porto sul Mar Rosso verrebbero bloccati sia l’accesso di cibo, che l’accesso di medicinali, che l’accesso di carburante.
Per la popolazione già provata dalla fame e dal conflitto, la fame è solo uno degli aspetti della tragedia umanitaria in corso: la maggior parte degli yemeniti vive in ambito rurale, in villaggi lontani decine e decine di chilometri dalle strutture sanitarie, e il trasporto in ospedale dei bambini affetti da malnutrizione o feriti è pressoché impossibile. Mancano i mezzi e il carburante, e con il blocco di Hodeidah sarà ancora più difficile procurarseli, così come rifornire di farmaci le strutture mediche: moltissimi bambini muoiono anche per questioni logistiche.
E infine, come denuncia l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), la carestia e la mancanza di acqua potabile stanno causando una nuova epidemia di colera: dopo le due ondate degli anni recenti, se ne sta verificando una terza di proporzioni gigantesche, con oltre 1 milione di casi registrati, che hanno causato finora oltre 2.500 morti. Il portavoce dell’Onu ha dichiarato che “si rischia la catastrofe umanitaria”.

Yemen, lo strazio delle madri

Le madri guardano i propri figli malnutriti, esausti, scheletrici, troppo deboli persino per piangere. Non hanno di che nutrirli, non sanno come reperire le medicine per curarli, non hanno i mezzi per trasportarli in ospedale per salvare le loro fragili vite.
Milioni di bambini non sanno quando e se potranno fare il prossimo pasto; vengono colpiti indiscriminatamente in questa guerra senza senso che non sa più dove sia l’umanità; si ammalano con una facilità estrema per il fisico ormai debilitato e la poca acqua putrida che hanno a disposizione, e per l’epidemia di colera che avanza inesorabile. Le madri guardano i propri figli morire, e non possono fare niente per salvarli, mentre il mondo resta colpevolmente a guardare.
di Silvia Privitera

Partono dalla Sardegna le bombe saudite che devastano lo Yemen

Dal marzo 2015 a oggi sono oltre 15mila i civili che hanno perso la vita nella guerra in Yemen, comprese donne e bambini. Continui raid che mietono vittime, senza troppa distinzione tra militari e civili. Bombe intelligenti che stanno devastando lo Yemen: ordigni da 870 chili di peso, di cui 250 di esplosivo. Ebbene queste armi letali, sono made in Sardinia, Domusnovas, per la precisione, dove dal 2010 ha sede lo stabilimento della Rwm Italia munitions Srl, costola della Rheinmetall Defence, colosso tedesco degli armamenti, che continua le spedizioni.
YemenSecondo un’inchiesta del sito Reported.ly (tradotta in italiano da il Post.it) le bombe usate dagli Emirati Arabi per radere al suolo Sana’a, capitale dello Yemen, sono arrivate via Genova in Arabia Saudita proprio dalla fabbrica sarda. Diversi testimoni oculari e media locali dell’isola sarda hanno fotografato decine di bombe sulla pista dell’aeroporto di Cagliari. Sotto la stretta sorveglianza della polizia italiana, le bombe sono state caricate a bordo di un aereo cargo Boeing 747, fermo a poca distanza dall’area partenze dello scalo cagliaritano.
Le bombe sul piazzale dell’aeroporto di Elmas hanno suscitato le reazioni dei politici isolani. “Chiedo a tutte le forze politiche di attivarsi per fare chiarezza e per capire cosa sta succedendo e se dobbiamo continuare a vivere in un territorio militarizzato”, attacca il senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Cotti della componente Commissione Difesa, che su twitter mostra le foto del “carico di morte”. La foto del carico permette di identificare le bombe Mk80, serie prodotte ed esportate dalla Rwm Italia nei contratti del valore di centinaia di milioni di dollari dal 2011.
Un “normale volo commerciale”? Sembrerebbe di sì, stando alla dichiarazione rilasciata dall’Enac e pubblicata dall’Ansa, secondo cui l’aereo era “regolarmente autorizzato” come “un volo commerciale regolare”. Senza pudore la risposta dell’Enac al politico sardo Mauro Pili, indignato per la spedizione da un aeroporto civile, che aveva chiesto se l’aereo cargo fosse stato autorizzato a portare armi.
Di fronte alle migliaia di morti civili, ai milioni di sfollati, alla scarsità di cibo per la maggioranza della popolazione, alle eclatanti violazioni dei diritti umani, al silenzio assordante delle società occidentali sul massacro del popolo yemenita, il nostro pensiero va a questi “normali voli commerciali” che rendono denaro sporco, di cui beneficiano molti fondi pensione europei ed americani, compresi i fondi statali, e alle responsabilità che ha l’Italia nel commettere o facilitare serie violazioni dei diritti umani internazionali nell’esportazione di armi, che spesso collima con il traffico d’armi.
di Cristina Amoroso

GENOVA, BELPIETRO SMASCHERA I BENETTON! VI DIMOSTRO CHE SONO DEI VERI E PROPRI RAPINATORI, ALTRO CHE IMPRENDITORI MODELLO


NON TUTTO E’ BENE CIO’ CHE FINISCE BENETTON – “AUTOSTRADE” HA TAGLIATO DEL 98% GLI INVESTIMENTI SUL PONTE: CON LO STATO SI SPENDEVANO IN MANUTENZIONE 1,3 MILIONI L’ANNO, CON I BENETTON APPENA 23.000 EURO – BELPIETRO: “IL CROLLO DEL PONTE MORANDI NON È STATO UNA TRAGICA FATALITÀ. IL PERICOLO ERA RISAPUTO DA SEMPRE, MA PER MOLTI LUNGHI ANNI SI È PREFERITO INCASSARE PIÙ CHE RISANARE. UN CASO PERFETTO DI CAPITALISMO DA RAPINA”

Maurizio Belpietro per “la Verità”

Che il ponte Morandi fosse a rischio di caduta lo sapevano da anni e nonostante lo sapessero le spese di manutenzione diminuirono verticalmente, passando dagli 1,3 milioni l’ anno spesi dallo Stato ai 23.000 euro l’ anno spesi dalla nuova gestione formato Benetton. L’ atto d’ accusa, quasi una sentenza, è scritto nero su bianco nella relazione della commissione d’ inchiesta voluta dal ministero.

C’ è scritto che dal 1982 a oggi, per la conservazione del viadotto di Genova, sono stati spesi oltre 24 milioni, ma dalla privatizzazione al momento del disastro la cifra investita è stata di soli 470.000 euro. Il confronto è da paura. Soprattutto se si tiene conto dell’invecchiamento dell’ opera e dei rischi manifesti di un collasso. Il pericolo era noto almeno dal 2017, cioè quando fu messo a punto dalla società concessionaria un progetto di ammodernamento del viadotto.

Tuttavia, nonostante ci fosse un’ evidente minaccia di crollo, Autostrade sottovalutò «l’inequivocabile segnale d’ allarme», «minimizzando o celando» la gravità della situazione al ministero delle Infrastrutture, senza «adottare alcuna misura precauzionale a tutela dell’utenza». A scrivere è ancora una volta la commissione d’ inchiesta.

Nel documento, reso pubblico ieri sul sito del ministero guidato da Danilo Toninelli, i tecnici a cui è stata affidata la prima perizia dopo il disastro di Genova puntano il dito contro Autostrade per l’Italia, mettendo in luce una serie di gravi carenze della società.

Tanto per cominciare «non esisteva, non essendo mai stata eseguita, la valutazione di sicurezza del cavalcavia sul fiume Polcevera».

Già, perché al contrario di quanto il 23 giugno del 2017 aveva comunicato l’ azienda, la commissione ha scoperto che nessuno si era mai preso la briga di eseguire con una perizia tecnica la valutazione di sicurezza. Altro che costante monitoraggio, come sui giornali sensibili alla pubblicità multicolore della famiglia di Ponzano Veneto si è detto e scritto. Sul ponte, che da anni era giudicato «ammalorato» a causa della salsedine e delle sollecitazioni di un traffico più che quadruplicato, nessuna misura per garantire la sicurezza dei viaggiatori è stata messa in atto.

I tecnici della commissione, a questo proposito, non dimostrano di avere dubbi, al punto da sostenere che le funzioni di controllo affidate al Comitato tecnico del provveditorato, ossia le verifiche sulla stabilità del manufatto, non sono state eseguite in quanto Autostrade non ha mai segnalato alcuna criticità. Dicono i commissari: «Emerge, nel caso concreto, che esse non si sono potute espletare in modo compiuto a causa della omissione della segnalazione delle criticità non riportate con la dovuta evidenza negli elaborati progettuali presentati da Aspi».

Tradotto, significa che la commissione accusa Autostrade per l’Italia di aver taciuto, evitando di avvisare il ministero, forse per timore di controlli o forse proprio perché neppure l’ azienda posseduta dai Benetton ha mai effettuato verifiche. Di più: secondo i tecnici nominati per conoscere le cause del crollo del 14 agosto e le eventuali omissioni della società, «la procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere documentata da Aspi, basata su ispezioni, è stata in passato ed è tuttora inadatta a prevenire crolli e del tutto insufficiente per la stima della sicurezza nei confronti del collasso».

Ma il peggio è costituito dal passaggio in cui i commissari spiegano che fino al 1994, cioè fino a quando la società era nelle mani dello Stato, sono stati eseguiti lavori strutturali, dunque di mantenimento in sicurezza del ponte. Poi, dal 2005 a oggi, la spesa per interventi sulle strutture è scesa a 440.000, cioè poco più di 30.000 l’ anno. «Nonostante la vetustà dell’ opera e l’ accertato stato di degrado», scrivono i tecnici, «i costi degli interventi strutturali fatti negli ultimi 12 anni sono trascurabili».

Insomma, il ponte invecchiava e rischiava di essere minato nella sua stabilità, ma l’ azienda dei Benetton fece investimenti risibili. E dire che nel 2017, nella relazione della stessa Autostrade, «emergevano elementi che avrebbero dovuto spingere la società a prendere un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile». E invece non fu fatto niente. Anzi, qualcosa fu fatto: si continuò a incassare il pedaggio sul transito di milioni di veicoli invece di bloccare il traffico.

L’analisi dei commissari non lascia spazio a incertezze. Il crollo del ponte Morandi non è stato una tragica fatalità, un evento improvviso e non annunciato. Il pericolo era risaputo da sempre, ma per molti lunghi anni si è preferito incassare più che risanare.

Un caso perfetto di capitalismo da rapina. Ma anche un caso in cui lo Stato, cioè colui che doveva controllare, ha dimostrato tutta la propria inefficienza.

E a proposito di mano pubblica e di dinamismo, quando si svolsero i funerali delle 43 vittime della strage il governo in coro giurò che avrebbe fatto in fretta a ricostruire il ponte per consentire a Genova di non essere spezzata in due. È passato oltre un mese da quella promessa, ma a oggi non solo non è stato posto neppure un mattone, ma non è stata nominata la struttura che dovrà occuparsene.

A quanto si apprende, il decreto dovrebbe essere stato trasmesso al Quirinale, dopo gli ultimi litigi, solo nella notte. Il commissario forse si saprà oggi, i tempi non sono definiti, il progetto vedremo. Sono passati troppi giorni. Proprio come nella peggiore Italia, quella che ha consentito, nell’indifferenza generale, che il ponte crollasse e seppellisse la vita di 43 persone.

Fonte:


Saud e Israele simbolo del crimine in Medio Oriente

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Bahram Qassemi, ha fatto queste osservazioni in risposta ai recenti commenti anti-Iran del ministro degli Esteri saudita, Adel al-Jubeir. Riferendosi all’Arabia Saudita come “coloro che hanno messo il loro Paese nella lista dei trasgressori e criminali regionali come Saddam”, Qassemi ha sottolineato il fatto che “tutti coloro che seguono gli sviluppi regionali sono ben consapevoli” del loro ruolo nella produzione e distribuzione di armi e del sostegno incondizionato ai gruppi terroristici.
Il funzionario iraniano ha avvertito che se i politici sauditi sperano di superare i loro fallimenti rinnovando l’alleanza con Israele e acquistando nuove armi per destabilizzare il Medio Oriente, dovrebbero ripercorrere il destino del loro ex alleato Saddam Hussein.

Medio Oriente e genocidio yemenita

Criticando i leader sauditi e israeliani per aver causato insicurezza e instabilità nella regione, Qassemi ha elencato una serie di politiche distruttive del passato saudita, incluso il supporto per la formazione di al-Qaeda e Daesh e l’aggresione militare contro lo Yemen.
Da marzo 2015, lo Yemen è vittima di una vile aggressione militare da parte della coalizione guidata dai sauditi. Oltre 15mila yemeniti, per lo più civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti uccisi sotto i bombardamenti sauditi. La coalizione guidata dal regime saudita, appoggiata dagli Stati Uniti, ha anche imposto un blocco ai porti e agli aeroporti del Paese come parte della sua aggressione volta a spodestare il popolare movimento di Resistenza Ansarullah e a ripristinare l’ex presidente, fantoccio di Riyadh, Abdurabbuh Mansour Hadi.
La guerra condotta dall’Arabia Saudita ha anche scatenato una devastante epidemia di colera nello Yemen. Secondo l’ultimo conteggio dell’Organizzazione mondiale della sanità, l’epidemia di colera ha ucciso 2.167 persone dalla fine di aprile e si sospetta che abbia infettato più di un milione di persone.
di Giovanni Sorbello

martedì 25 settembre 2018

Politici, armaioli e banchieri italiani: tutti e sempre in ginocchio dai re Saud (e dagli altri petrogolfisti)

Come si spiega che i politici italiani di ogni colore non appena accedono a posti di comando si confermano fedeli sudditi dei monarchi del Golfo? I governi (nazionali e locali) cambiano ma il servilismo rimane. Il reame dell'Arabia saudita e gli emirati e gli sceiccati del Golfo (soprattutto Qatar, Kuwait, Emirati), si toccano solo con fiori e omaggi. Certo ben retribuiti.
Ecco un breve compendio.
Il 24 settembre 2018, all'Hotel parco dei principi, Roma, festa nazionale per gli 88 anni dell'Arabia saudita (l'unico paese al mondo che reca la famiglia regnante perfino nel nome). Ecco chi c'era: la sindaca della capitale Raggi Virginia (Movimento 5 stelle), la deputata Carfagna Mara (FI), il deputato Malan Lucio (FI, ex Lega), il deputatoCrosetto Guido (Fratelli d'Italia).  Lato business: Leonardo e Ansaldo industrie belliche, e poi Intesa San Paolo. E sicuramente molti altri, aspettiamo video interviste.
Il 26 settembre 2017, a villa Miani, festa nazionale per gli 87 anni del reame. Ecco chi c'era, per l'Italia (fra gli altri): Khalid Chaouki (deputato del Pd), Lucio Malan (deputato FI, prima era della Lega), la banda dei carabinieri.
Nessuno ha mai una zia ammalata come onorevole scusa per disertare almeno le feste, in mancanza di coraggio per dire di no.
Ricordiamo i continui omaggi europei e italiani ai monarchi del Golfo.
Ecco, nel luglio 2016, la Mogherini e l' UE letteralmente genuflessi davanti a re, emiri, sceicchi nell’incontro ministeriale congiunto fra Consiglio d’Europa e Consiglio di Cooperazione del Golfo-Ccg che comprende Arabia saudita, Kuwait, Emirati arabi, Qatar, Bahrein, Oman.
Ricordiamo una delle manifestazioni di Rete No War a Roma nel 2015 contro Renzi piazzista di armi a Riad, poi seguito da Gentiloni.
Nel febbraio 2016, un convegno di Rete No War si intitolava "Italia saudita?". La domanda era retorica, comunque la risposta sarebbe: "Sì, certo."
 E' l'ossequio ai petrodollari con i quali emiri re e sceicchi hanno praticamente comprato l'Europa (pecunia non olet)? Oppure c'è, inconfessata, una sudditanza psicologica alle corone, anche quelle dalle gesta impresentabili, come è il caso dell'Arabia saudita di cui tutti dicono che ha "le mani sporche di sangue" in Yemen e che ha sostenuto formazioni terroristiche?
Fonte:

Assad era il vero obiettivo dell'attacco missilistico e aereo della NATO e dei sionisti franco-israeliani a Latakia.


La partnership israeliana della NATO ha tentato di assassinarlo mentre si recava in Russia dall'aeroporto di Latakia.



Coinvolgimento franco-israeliano nel tentativo di assassinio del presidente Assad 
Secondo un'accurata intelligence, durante il raid franco-israeliano durato circa un'ora e mezza, gli aerei israeliani sono rimasti in aria e giravano intorno al Mediterraneo tra Libano e Siria.
Il raid congiunto è stato preceduto dal volo di un aereo britannico , un Tornado, che è volato sullo spazio aereo turco in direzione di Latakia.
L'aereo è noto per la sua capacità di scansionare con il laser i dettagli più precisi sul terreno. Dopo i 10 minuti di volo degli aerei britannici, la fregata francese ha iniziato a bombardare siti specifici a Latakia con missili a lungo raggio, seguiti da un volo di aerei israeliani in una ricerca approfondita e poi bombardando quelli che venivano definiti «obiettivi scientifici. »

Qual era l'obiettivo importante dei complessi militari e di sicurezza della NATO?

Secondo la stessa fonte, la NATO era a conoscenza di una visita del presidente Bashar al-Assad quella notte a Mosca per incontrare il presidente Putin dopo la firma dell'accordo di Idlib. Dovrebbe volare in Russia attraverso l'aeroporto siriano di Latakia. Alla NATO ha preso il via libera per portare a termine l'assassinio del presidente Assad, bombardando il suo convoglio prima di raggiungere l'aeroporto di Latakia. Tuttavia, l'operazione non è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi quella notte ..!


Ciò ha spinto un generale russo a dichiarare sotto anonimato ai media russi: «Nell'ultima operazione c'è stato un tradimento da parte di un ufficiale russo nelle nostre basi in Siria, sarà aperta un'indagine segreta » ..


Due giorni fa, Israele ha pubblicato delle foto satellitari del palazzo presidenziale siriano e interpretato come una minaccia sia diretta alla vita di Bashar al Assad. Inoltre, molti articoli sono apparsi sui media americani a proposito del desiderio di Trump di assassinare Assad, tramite un bombardamento. Tutti i dettagli di questo problema dell'assassinio politico erano contenuti in un libro scritto di recente e pubblicato da uno dei suoi ex consiglieri. Come detto nel libro del Presidente (i dettagli sono contenuti nel libro di uno dei consiglieri di Trump). Questo è quanto ha riportato Sayyed Hassan Nasrallah nel suo recente discorso per alzare il tetto nella difesa dalla minaccia di Israele e considerare l'arroganza israeliana "non è più tollerabile" e deve essere data una risposta da tutto l'asse della resistenza.



Dopo la firma dell'accordo russo-turco a SochiErdogan ha insistito sulla firma di Putinsull'accordo e su diversi altri documenti firmati. Il presidente Putin ha promesso di incontrare il presidente Assad alla prima occasione per spiegare i dettagli dell'accordo e ottenere la sua firma ufficiale. Tuttavia, Putin ha dei dubbi sulla credibilità della richiesta di Erdogan di far firmare anche Assad in quanto la parte russa è garante dell'accordo e ovviamente ha il consenso della Siria. Pertanto, l'intelligence russa in coordinamento con l'Unità di protezione presidenziale ha deciso che  Il presidente siriano andrà all'aeroporto di Latakia, dove le basi e gli aeroporti russi offrono una migliore protezione per i viaggi, specialmente dopo il bombardamento israeliano all'aeroporto internazionale di Damasco,  due giorni prima. È circolato che Israele ha bombardato l'aeroporto internazionale di Damasco perché aveva informazioni su un sospetto aereo Boeing che trasportava armi per l'asse della resistenza! Dopo gli eventi di Latakia, al presidente Putin è stato garantito che Erdogan, che ha firmato l'accordo di Idlib, è stato coinvolto nel tentativo di assassinio di Assad a Latakia, specialmente dopo l'arrivo del Tornado inglese dallo spazio aereo turco verso la Siria. L'intelligence russa ha confermato la presenza di un ufficiale russo traditore nelle basi in Siria coordinato con la NATO.

L'iscrizione di Assad nella lista degli assassinii occidentali è divenuta realtà. Il presidente Putin deve essere ben protetto anche dal suo servizio di sicurezza politica e militare.
Fonte:



L'asse di rotazione della Terra devia e queste sono le tre ragioni


Piscine di acqua 


Lo spostamento medio è stato di circa 10,5 centimetri all'anno durante il secolo scorso e gli scienziati ritengono che il processo potrebbe accelerare.
Nel corso del XX secolo, l'asse di rotazione della Terra ha accumulato uno spostamento di più di 10 metri, come stabilito da un gruppo di scienziati presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA (JPL, il suo acronimo in inglese)I ricercatori sottolineano lo scioglimento della Groenlandia tra le cause di questa inclinazione, ma ammettono che ce ne sono anche altri due molto rilevanti. Il processo chiamato " rimbalzo glaciale" è una "spiegazione tradizionale" di spostamento secolare polare, ha detto il capo squadra Surendra Adhikari, le cui parole sono raccolte dal sito web di Earth Sky . Tuttavia, può essere attribuito solo a circa un terzo del movimento dell'asse prodotto nel secolo scorso.
Un altro fattore è la convezione del mantello: lo strato terrestre situato al di sotto della crosta. Questo processo è dovuto al "movimento di massa a lungo termine", che è un "meccanismo chiave" per promuovere la migrazione dell'asse.
Nel frattempo, la perdita di massa dei ghiacciai in Groenlandia e in generale, lo scioglimento della criosfera globale è particolarmente rilevante per decenni segnati da cambiamenti climaticiIl gruppo stima che questo fattore farà anche accelerare nel prossimo futuro la deviazione, che nel secolo scorso è giunto a velocità media di 10,5 centimetri all'anno .
È un "effetto geometrico" della ridistribuzione di massa, ha detto in un commento Erik Ivins, un altro membro della squadra.  "Se si dispone di una massa che è di 45 gradi dal Polo Nord, che è la Groenlandia o Polo Sud (come ad esempio i ghiacciai della Patagonia), avrà un impatto maggiore sull'asse di rotazione della Terra che una massa che si trova proprio vicino al polo " ha spiegato. 
Le tre cause principali sono state identificate attraverso una simulazione interattiva di moto polare, che è il risultato di una combinazione di 283 modelli di diversi processi criosferici, idrologici, oceanici e sismogenetici sulla Terra. La rivista Terra e Planetary Science Letters pubblicheranno nel mese di novembre una sintesi di questo articolo scientifico, dettagli di modelli sofisticati apparsi di recente che ricostruiscono le placche tettoniche insieme a modelli di geoide e tomografia sismica.
Fonte:



VIDEO: Su-34 bombardieri russi distruggono un gruppo di navi con missili avanzati

Flotta russa del Pacifico ha rilasciato un video di missili antinave lancia aria J-35U che distruggono diverse navi 

VIDEO: Su-34 bombardieri russi distruggono un gruppo di navi con missili avanzati

Gli equipaggi di Su-34 caccia - bombardieri hanno distrutto le navi con avanzati missili antinave subsonica J-35U attaccando i loro obiettivi a bassa quota, ha riferito l'agenzia militare russa Zvezda, che ha postato questo video su YouTube In totale, sono stati fatti otto lanci. Tutti i missili hanno colpito con successo i loro obiettivi. Il J-35U è progettato per sconfiggere bersagli di superficie di varie classi senza i corrieri di questi missili che si avvicinano alla gamma dei mezzi di difesa aerea, per i quali la loro autonomia è di 260 chilometri. Il carico di questi missili è abbastanza forte da affondare una corvetta. Le consegne del J-35U alle unità di aviazione navale sono state effettuate dal 2014.
Fonte:

Borghezio: violenze sui cristiani in Nigeria. Cosa fa l'Ue?

Interrogazione alla Commissione europea, dopo l'ultima grande strage


(500 persone massacrate solo nello Stato di Benue)


Comunicato stampa di Mario Borghezio



L'Ue fermi le violenze sui cristiani in Nigeria! 

(Premessa – In Nigeria continua tra l'indifferenza la spietata mattanza di cristiani. Negli ultimi anni, dal giugno 2015 ad oggi, sarebbero stati uccisi oltre 16 mila cristiani, da Boko Haram e dai pastori musulmani di etnia Fulani - Ndr) – Bruxelles - Comunicato stampa di Mario Borghezio - In merito alle notizie di nuove violenze in Nigeria contro i cristiani, l’europarlamentare Mario Borghezio ha indirizzato un’interrogazione allaCommissione Europea. “Come testimoniato da diversi vescovi locali – spiega Borghezio – nei territori della cosiddetta ‘middle belt’ della Nigeria si sono susseguiti tragici scontri contro i cristiani, che sono costati, nel solo Stato di Benue, la vita ad oltre500 persone. Responsabili dei massacri della popolazione cristiana, principalmente dedita all’agricoltura, sono i pastori musulmani di etnia Fulani, spesso equipaggiati con armi automatiche”. E spiega: “Mentre i media nigeriani cercano di minimizzare la motivazione etnico-religiosa (forse perché l’attuale Presidente Buhari è di etnia Fulani) parlando di scontri per le terre, molti commentatori e diversi vescovi locali confermano la rapida escalation contro i cristiani, denunciano la colpevole inattività della Polizia Federale e paventano rischi simili alla tragedia del Ruanda in caso tale situazione non venga fermata al più presto”. Pertanto Borghezio chiede:

“Come intende intervenire la Commissione per difendere e tutelare le popolazioni cristiane minacciate in Nigeria?

Intende sollevare con urgenza la questione in sede di colloqui internazionali?”.



Comunicato stampa di Mario Borghezio / Deputato europeo

partecipa al dibattito: infounicz.europa@gmail.com 

Segui su Facebook la nuova pagina - Qui Europa news | Facebook