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martedì 16 febbraio 2021

Sbarchi di clandestini triplicati e nel 2021 andrà peggio

Mentre gli italiani restano “reclusi” nei comuni di residenza sotto la minaccia dei “controlli inflessibili” (con l’impiego di ingenti forze di sicurezza, elicotteri, droni e persino controlli a tappeto sui social) annunciati dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, non cessano gli sbarchi di immigrati clandestini che varcano i confini nazionali non solo impuniti ma persino attirati dalle iniziative del governo.

Ieri sera, poco prima di Capodanno, un barchino, con a bordo 20 tunisini è arrivato direttamente a Cala Galera, a Lampedusa. Altri 169 immigrati illegali, per lo più eritrei (o più probabilmente tigrini di nazionalità etiope) che si spacciano per sono stati raccolti in mare dalla nave dell’Ong Open Arms dopo essere salpati da Sabratha, sulla costa occidentale della Tripolitania ed è difficile immaginare che vengano sbarcati in un luogo diverso da un porto italiano.

La città libica è tornata ad essere la “tortuga” dei trafficanti di esseri umani della Tripolitania dopo che i criminali che gestivano i traffici di esseri umani incarcerati dalle truppe del generale Khalifa Haftar sono stati liberati l’estate scorsa in seguito alla riconquista della regione da parte delle forze militari turche e delle milizie del governo di Tripoli.


Negli ultimi giorni dell’anno erano sbarcati nel crotonese 32 clandestini iraniani e iracheni a bordo di una barca a vela guidata da un equipaggio di tre moldavi spesso reclutati insieme agli ucraini dai trafficanti turchi che gestiscono questi traffici diretti verso la Calabria ionica.

Lo stesso giorno, il 23 dicembre, 25 algerini sono sbarcati in Sardegna, sulle coste del Sulcis mentre il 26 un centinaio di migranti illegali sono sbarcati a Lampedusa.

Il forte maltempo che ha caratterizzato le condizioni del mare ha ridotto sensibilmente gli sbarchi nel mese di dicembre limitati al 28 dicembre a circa 1.600 clandestini sbarcati, meno di un terzo dei 5.360 sbarcati in novembre ma pur sempre il triplo di quanti sbarcarono nel dicembre 2019 con l’attuale governo e ben cinque volte il numero di sbarcati nel dicembre 2018 quando era in carica il governo precedente e al Viminale sedeva Matteo Salvini.

Il mese più caldo per gli sbarchi nel 2020 resta luglio con 7.063 arrivi dal mare mentre il conto complessivo dell'intero 2020 indica 34.154 clandestini sbarcati dal mare, cioè il triplo degli 11.439 del 2019 dei quali peraltro il 60 per cento raggiunse le nostre coste dopo l’insediamento del governo PD-M5S, a conferma di come clandestini e trafficanti “fiutino” il vento e colgano al volo le occasioni offerte loro dai partiti immigrazionisti al governo.


Politiche confermate anche dal recente Decreto Immigrazione che rimuove i decreti sicurezza “salviniani” e che trasforma l’Italia nella meta più attrattiva per tutti i traffici di esseri umani in atto nel Mediterraneo inclusi quelli che lungo la ritta balcanica hanno fatto entrare clandestinamente in Italia quest’anno qualche migliaio di persone dal confine sloveno.

Già a settembre il report di Frontex (agenzie europea delle frontiere) rilevava il rovesciamento del trend nei traffici nel Mediterraneo rispetto all’anno scorso. Se col precedente governo si erano ridotti al lumicino gli sbarchi in Italia gonfiando le ritte verso la Grecia e la Spagna, quest’anno è accaduto esattamente l’opposto e il prossimo rapporto trimestrale di Frontex, che verrà reso noto a gennaio, evidenzierà ulteriormente questa tendenza.

Agli ingressi via mare vanno poi aggiunti quelli dei clandestini, per lo più asiatici (pakistani, afghani , bengalesi…), entrati in Italia dalla “rotta balcanica” e quindi dal confine sloveno. Già in agosto il Viminale contava 6.050 ingressi di clandestini contro i 4.700 dei primi 8 mesi del 2019 (+28%) con 825 riportati in Slovenia contro i 200 dell’anno precedente: all’inizio di dicembre i clandestini penetrati quest’anno in Friuli dal confine orientale erano già circa 6.500.


Se teniamo conto delle limitazioni imposte dall’emergenza Covid il numero di migranti illegali sbarcati o comunque penetrati quest’anno in Italia appare ancora più rilevante.

Eppure per cogliere l’esigenza di attuare politiche che scoraggino i flussi invece di incoraggiarli basterebbe guardare cosa fanno gli altri paesi europei in “prima linea”: la Spagna rimpatria i clandestini in Marocco e Algeria, la Grecia attua respingimenti verso la Turchia e processa alcune Ong accusate di complicità con i trafficanti mentre Malta ha un accordo con Tripoli e Ankara che prevede la consegna alle motovedette libiche delle imbarcazioni di clandestini che entrano in acque SAR (Ricerca e Soccorso) di competenza maltese.

Oppure cosa fa a questo proposito la stessa Libia, anzi le “due Libie”. La Guardia Costiera di Tripoli ha soccorso e riportato in Libia centinaia di clandestini diretti in Italia nell’ultimo mese. 120 solo il 17 dicembre e a fine anno 130 immigrati clandestini che aveva cercato di raggiungere l’Europa venendo riportati indietro dalle motovedette libiche sono stati trasferiti in Ruanda attraverso un accordo tripartito tra il governo del Ruanda, l’Unhcr e l’Unione africana.

La Cirenaica controllata dal generale Haftar ha espulso il 27 dicembre 90 clandestini sudanesi dal centro di accoglienza della città di al-Kufra, nel sud della Libia, snodo per i traffici di esseri umani dal Ciad e dall’Africa Orientale.


L’Italia invece col Decreto Immigrazione ha reso ancor più difficili le espulsioni degli immigrati illegali e i provvedimenti adottati vedranno con ogni probabilità il 2021 caratterizzato da un nuovo boom di sbarchi.

Il 38% dei clandestini giunti in Italia quest’anno sono tunisini a (12.903), seguono i 4.141 migranti illegali dal Bangladesh, Costa d’Avorio (1.950), Algeria (1.458), Pakistan (1.400), Egitto (1.284), Sudan (1.125), Marocco (1.030), Afghanistan (1.009), Iran (970) e Somalia (876). Gli altri provengono da altri paesi (per lo più africani) o non ne è stata ancora identificata la provenienza.

Dall’esame delle nazionalità emergono però due dati evidenti: i clandestini sono tutti migranti economici “che possono e devono essere rimpatriati” come affermò il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri.

Gioiva ricordare che nessuna legge autorizza neppure chi fugga da guerre, carestie o persecuzioni ad attraversare numerose frontiere africane per poi cercare di arrivare in Europa illegalmente mentre la Convenzione di Ginevra consente alle persone in fuga di chiedere asilo e protezione alle agenzie internazionali appena oltre i confini dello Stato in cui sono in pericolo.

L’altro dato che dovrebbe indurre a riflettere è che si tratta di un’immigrazione illegale proveniente quasi totalmente da paesi islamici inclusi quelli che hanno offerto il maggior numero di volontari alla causa jihadista di al-Qaeda e dell’Isis: organizzazioni che dal traffico di esseri umani hanno sempre tratto importanti finanziamenti.

Entrambi i dati non sono certo nuovi ma a quanto pare non hanno neppure frenato la “furia immigrazionista” che ha caratterizzato quasi tutti i governi italiani dal 2013 a oggi.

mercoledì 10 febbraio 2021

Verso la Mutua Annichilazione Assicurata

LA BESTIA DI MARE E LA BESTIA DI TERRA ALLO SCONTRO APOCALITTICO FINALE.... 

CNN: bombardieri Usa dispiegati per la prima volta in Norvegia. “Un messaggio alla Russia”

La notizia appare su tutti i giornali, con le stesse parole: evidentemente hanno ricopiato lo stesso comunicato-stampa:

“Gli Stati Uniti stanno dispiegando per la prima volta bombardieri B-1 in Norvegia, lanciando un messaggio chiaro alla Russia: sono pronti a difendere gli alleati contro qualsiasi aggressione del Cremlino in una regione, quella artica, strategicamente importante.

“Il Dipartimento della Difesa ha accolto con profonda preoccupazione le mosse militari russe tese a bloccare il potenziale accesso all’Artico. “I recenti investimenti russi nell’Artico includono una rete di mezzi aerei offensivi e sistemi missilistici costieri”, ha avvertito Barbara Barrett, segretaria dell’Air Force…

“Gli Stati Uniti valutano che la Russia consideri il mantenimento del proprio accesso all’Artico sempre più vitale, con quasi il 25% del suo prodotto interno lordo proveniente da idrocarburi a nord del Circolo Polare Artico”.

Nessun commento e nessun pluralismo di opinione: è la democrazia secondo Biden. il quale, mentre all’interno sta scatenando l’FBI alla caccia ai MAGA (i seguaci di Trump nelle amministrazioni), ha anche autorizzato a schierare bombardieri B-1B con capacità nucleare in Norvegia: una prima storica per capacità nucleare, che altera radicalmente l’equilibrio atomico a favore del Pentagono.

E’ un rovesciamento storico della dottrina della deterrenza, il MAD, Mutua Distruzione Assicurata: si ricorre alla Bomba solo se il Nemico la lancia per primo. L’ammiraglio Charles Richard, capo del comando strategico degli Stati Uniti, che dirige l’armamento atomico delle tre armi, ha avvertito della “possibilità molto reale” che gli Stati Uniti “possano aver bisogno di usare armi nucleari contro Cina e Stati Uniti. Russia”. Come sempre, l’aggressore incolpa delle sue intenzioni l’aggredito: ”C’è una reale possibilità che una crisi regionale con la Russia o la Cina possa degenerare rapidamente in un conflitto che coinvolge armi nucleari, se [Russia o Cina] percepiscono che una sconfitta convenzionale minaccerebbe il regime o lo Stato”, ha scritto l’ammiraglio: “Dobbiamo iniziare ammettendo che il nostro presupposto fondamentale – che la deterrenza strategica funzionerà anche in tempi di crisi e conflitto – verrà messo alla prova, come mai prima d’ora”.

La nuova aggressività è dettata dal panico, una condizione psicanalitica piuttosto che strategica, che Richard ammette: l’esercito americano si è “concentrato sull’antiterrorismo” [ossia alle guerre per Sion, ndr.] per due decenni, ignorando “la dimensione nucleare”. Nel frattempo Mosca ha costruito sistemi “nuovi e innovativi”, come i missili ipersonici a planata; ed anche la Cina sta compiendo “passi tecnologici” e, come la Russia, ha provocato aerei e forze statunitensi e alleate che operano nello spazio aereo e nelle acque internazionali. L’arsenale nucleare cinese potrebbe raddoppiare, triplicare o quadruplicare nel prossimo decennio, ha suggerito, “gli Stati Uniti devono agire oggi per posizionarsi per il futuro”.

Nei fatti, “Gli Stati Uniti non escluderanno il primo attacco nucleare, perché altrimenti gli alleati non si fiderebbero di loro”. Lo ha detto davvero il sottosegretario alla Difesa David Trachtenberg per l’Armed Service Committee del Senato udienza giovedì. Sul prio uso del nucleare bisogna mantenere la “ambiguità costruttiva”, altrimenti “minerebbe la deterrenza estesa degli Stati Uniti e danneggerebbe la sanità delle nostre alleanze perché metterebbe in discussione la certezza che gli Stati Uniti interverranno“. alla difesa degli alleati in circostanze estreme”. Questa incertezza potrebbe spingere questi paesi ad armarsi di armi nucleari, ha detto.

Gli alleati da rassicurare sono ovviamente quelli recenti, baltici, scandinavi, polacchi, perché la Germania non ha fatto alcuna richiesta del genere immaginario riportata, anzi cerca di integrarsi alla Cina…

Queste asserzioni sono di estrema gravità, segnala l’analista strategico Philippe Grasset: “Soprattutto, nessuno dovrebbe manifestare esplicitamente la propria intenzione di utilizzare l’energia nucleare come un semplice fase in un conflitto … Tutti sanno che un simile confronto diventerebbe immediatamente nucleare, ma nessuno dovrebbe dirlo nel linguaggio dello scontro della comunicazione”. A conclusione di un qualsiasi conflitto non ci sarebbe alcuna vittoria, ma l’annichilimento sicuro:

“Se c’è una guerra nucleare tra gli Stati Uniti e la Russia, sarà una guerra nucleare generale, il che significa che non solo entrambe le nazioni saranno annientate, ma anche il mondo sarà distrutto come lo conosciamo attualmente”, ha detto l’ex ispettore Onu per il disarmo Scott Ritter.

Grasset evoca la tremenda frase di Putin nell’importantissimo discorso che ha tenuto al Forum di Davos (dopo 12 anni di assenza):

“Certo, un conflitto globale di tale intensità è impossibile in linea di principio, in ogni caso lo spero. È su questa impossibilità teorica che fondo le mie speranze, perché sarebbe la fine dell’umanità. “
Commenta l’analista: “L’arrivo di Biden, salutato all’unanimità da tutti i democratici politicamente corretti nel mondo, potrebbe benissimo celare un domani molto amaro e angosciante, molto vicino”. Nel potere statunitense oggi regna una situazione di demenza terminale: non si vede infatti come convenga alla ex superpotenza nello stesso tempo attuare il Grand Reset (detto Quarta Rivoluzione Industriale – internet delle cose, tagli alle energie non green, Build Back Better)  con il suo enorme costo umano interno, la purga poliziesca quasi staliniana ai seguaci di Trump negli apparati pubblici forze armate comprese, e moltiplicare provocazioni belliciste irreversibili a Russia e Cina insieme, saldandole inutilmente in un’alleanza non necessaria, per la voglia di troncare a Mosca le forniture energetiche verso la Germania e la UE.

Una demenza di cui Putin, a Davos, ha indicato con chiaroveggenza l’origine: nelle mega-aziende tecnologiche americane e la loro ideologia transumana, che hanno il potere reale in USA: ”Queste piattaforme sono, ovviamente, principalmente aziende … E qual è la preoccupazione principale di un’azienda? … Realizzare un profitto … A loro non importa se questo contenuto o quel contenuto causi danni alle persone a cui è diretto … queste moderne società IT stanno iniziando sempre più a controllare le coscienze delle persone … Ma non dobbiamo prendere decisioni che limiterebbero le libertà umane – la libertà di scelta e la libertà di parola”.

Di colpo, le parti sono rovesciate: sovietica è diventata l’America dei miliardari.

Ovviamente Mosca ha dovuto rispondere. Alcuni titoli di Avia.Pro

giovedì 28 gennaio 2021

SECONDO SOROS LA CINA GUIDERA' IL GRANDE RESET. A DAVOS LA CONSACRAZIONE DELLA LEADERSHIP CINESE

IL PIANO DELLE ELITE DI INCLUDERE LA CINA NEL NUOVO ORDINE MONDIALE SENZA CHE QUESTA PRENDA IL SOPRAVVENTO E' UN RISCHIO AUDACE. LA CINA NELLA PERSONA DEL PRESIDENTE XI JINPING NON E' DISPOSTA A SCENDERE A PATTI CON NESSUN OLIGARCA OCCIDENTALE, TANTOMENO SOROS. IL GRANDE RESET NON HA FATTO I CONTI CON IL GRANDE IMPERO D'ORIENTE. INTANTO I CAMPI D'ISOLAMENTO CINESI CON SBARRE E SISTEMI D'ALLARME SONO QUASI PRONTI. MA PER CHI? COSA STANNO PREPARANDO?  E CHE PARTE AVRANNO L'EUROPA E L'ITALIA IN TUTTO QUESTO? UN GOVERNO ITALIANO FILO CINESE (E FILO SOROS) E' DA TEMERE....




Quattro anni orsono, sempre a Davos, davanti ai vertici del potere politico, economico internazionale il dittatore comunista celebrò l’elogio della globalizzazione «Ci piaccia o no, l’economia globale è il grande oceano dal quale non si può scappare – disse – e qualunque tentativo di tagliare fuori i flussi di capitale, tecnologie, prodotti, settori o persone e incanalare le acque in laghi e ruscelli isolati è semplicemente impossibile». Il pensiero totalitario marxista e la filosofia confuciana, che sono il mix e la base granitica del criminale Grande Fratello di Pechino, si sono impossessati degli strumenti della tecnocrazia, ed hanno abilmente saputo piegarli ad un modello politico che – per quanto criminale e anticristiano, perché ha in odio la libertà della persona umana in quanto quid unicum – è infinitamente più determinato e monolitico delle balbettanti democrazie occidentali.

Davos 2021 potrebbe esser ricordato come il summit della consacrazione della leadership globale cinese sul resto del mondo. Complice l’assenza del neoeletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, la scena del primo giorno è stata monopolizzata dal leader del partito comunista cinese Xi Jinping.

Nel suo intervento di apertura è stato netto il riferimento al multilateralismo internazionale sulle questioni che interessano tutti i paesi, clima e Covid19 in cima alla lista (dalla quale vengono invece escluse le questioni definite interne come Hong Kong e Taiwan): “Nessun problema globale può essere risolto da alcun paese da solo, e ci deve essere una azione globale, una risposta globale e una cooperazione globale”, ha detto il presidente della Cina al World Economic Forum di Davos 2021, quest’anno in modalità digitale.

Per gli investitori esteri – sempre più convinti che l’area del Sud-est asiatico, Cina compresa, siano fra le region dove poter trovare nuove e remunerative opportunità d’investimento nel 2021 – si tratta di una pietra miliare perché elegge Pechino a nuovo faro della globalizzazione.
I numeri della Cina

Durante la pandemia, la Cina ha aumentato il proprio commercio con l’estero con particolare rilancio dell’export. In base ai dati delle Dogane cinesi del 14 gennaio 2021, le importazioni ed esportazioni totali di beni dalla Cina hanno raggiunto 32,16 mila miliardi di renminbi con un incremento del valore aggregato espresso in valuta locale dell’1,9% nell’anno 2020. In particolare, le esportazioni sono aumentate del 3,6%, mentre le importazioni sono diminuite dell’1,1%. Il totale degli scambi internazionali nel 2020 per la Cina è stato di 4.646 miliardi di dollari.

“La Cina promuove il Far-East con la mega free trade zone dei 15 paesi membri del Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) e chiude il 2020 con l’accordo sugli investimenti con l’Unione Europea (Cai), accelerando la propria corsa quando il mondo intero si ferma”, spiega Lorenzo Riccardi, economista Belt Road Institute di Shanghai University.

Con buona pace dell’ex presidente americano Donald Trump i principali partner commerciali si confermano essere i componenti dell’Asean (Associazione dei paesi del sud-est asiatico), l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud. Riccardi fa notare il forte aumento del trade con gli Usa che ha registrato + 8,3% nel commercio totale (esportazioni + 7,9% e importazioni + 9,8%) mentre gli scambi commerciali con l’Ue sono aumentati del 4,9% (con esportazioni + 6,7% ed importazioni + 2,3%).

Il totale degli scambi con i paesi membri di Belt and Road Initiative è aumentato dell’1% raggiungendo 9,37 mila miliardi di Yuan e in base ai dati emessi dalle Dogane cinesi.
E l’Italia?

Tra i paesi Belt Road, l’Italia ha avuto scambi con la Cina nel 2020 per 55.185 milioni di dollari, con un miglioramento della bilancia commerciale, con esportazioni + 3,8% (22.248 milioni di dollari) ed importazioni in calo a -1,7% (33.938 milioni di dollari). “Le principali esportazioni italiane verso la Cina sono relative a macchinari e apparecchiature, prodotti farmaceutici e articoli di abbigliamento” osserva Riccardi, che aggiunge: “Il rapporto del totale delle esportazioni 2020 rispetto al 2019 da Roma a Pechino ha registrato una performance superiore alla media dell’Unione Europea, alla Francia e alla Germania che ha invece subito una contrazione dell’export verso la Cina”.



George Soros presentò nel 2016 il piano delle élite globali per inaugurare quello che ha chiamato ” un nuovo ordine mondiale ” durante un’intervista con il Financial Times. Secondo Soros, la Cina deve guidare questo Nuovo Ordine Mondiale, ”creandolo e possedendolo”, allo stesso modo in cui gli Stati Uniti “possiedono l’ordine attuale“.

I piani di Soros per la Cina sono esattamente l’opposto delle politiche di Donald Trump riguardo al gigante asiatico. Trump ha descritto la Cina come un ”manipolatore di valuta” e ha delineato e messo in atto piani per correggere l’attuale situazione di concorrenza sleale e riportare posti di lavoro in America. Trump ha effettivamente rotto quasi quattro decenni di intese del protocollo americano.

In questo video George Soros e le sue profetiche dichiarazioni sulla Cina.





martedì 5 gennaio 2021

XI JINPING ORDINA ALL’ESERCITO DI TENERSI PRONTO A COMBATTERE “DA UN MOMENTO ALL’ ALTRO E SENZA PAURA DELLA MORTE”


PARTE LA CONTROFFENSIVA CINESE AI PIANI DI TRUMP. NEL 100° ANNO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE LA CINA E' PIU' AGGRESSIVA DEL SOLITO.... 

Il leader cinese Xi Jinping ha ordinato ai militari di rafforzare l’addestramento nel 2021 e utilizzare più hi-tech nelle esercitazioni. L’ordine arriva dopo le tese situazioni di stallo con India e Taiwan.
Xi, che presiede la Commissione militare centrale cinese, ha ordinato all’Esercito popolare di liberazione (PLA) di mantenere “la prontezza al combattimento a tempo pieno” e di essere pronto ad “agire in qualsiasi momento”.

"I comandanti e i soldati dell’intero esercito devono … portare avanti lo spirito di combattimento senza la paura delle difficoltà e la paura della morte", si legge nell’ordine, sottolineando che quest’anno sarà il 100° anniversario della fondazione del Partito Comunista della Cina.

Xi ha ordinato al PLA di rafforzare la sua “formazione in prima linea” e “aumentare sostanzialmente” l’uso della tecnologia negli esercitazioni. Definendo la tecnologia moderna “il nucleo dell’efficacia del combattimento”, Xi ha ordinato ai militari di utilizzare simulazioni al computer e di esplorare modi per aggiungere metodi più high-tech e online alle loro operazioni.

Secondo il South China Morning Post, la menzione di “lotte militari in prima linea” non specificate nell’ordine generale di inizio anno all’esercito era un allontanamento dai precedenti ordini di questo tipo emessi da Xi, in cui al PLA veniva detto di “gestire le crisi e scoraggiare la guerra. “

La Cina ha visto aumentare le tensioni con i suoi vicini India e Taiwan durante lo scorso anno.

Le ostilità lungo il confine himalayano sono culminate in una sanguinosa scaramuccia a giugno, quando 20 soldati indiani sono stati uccisi e Pechino ha subito un numero imprecisato di vittime. Da allora l’atmosfera sul campo è rimasta tesa, nonostante l’impegno di entrambe le parti a ridurre l’escalation.

Il mese scorso, la Cina ha inviato una portaerei attraverso lo stretto di Taiwan un giorno dopo che una nave da guerra statunitense vi era salpata. L’aumento dell’atteggiamento militare di Pechino nella regione ha avuto luogo quando Taipei ha lanciato un programma di riarmo e ha assicurato diversi importanti accordi sulle armi con Washington.

Cina e Stati Uniti hanno continuato ad accusarsi a vicenda di manovre provocatorie nel Mar Cinese Meridionale, mentre i loro legami sono stati ulteriormente danneggiati da una guerra commerciale e dal sostegno di Washington al movimento di protesta di Hong Kong.

QFS IN ARRIVO. GLI ULTIMI GIORNI DI RENZI, CONTE & COMPANY



Il QFS sarà il nuovo modello economico e finanziario in tutto il Mondo, per saperne di più potete leggere il mio articolo di Settembre scorso al seguente link (https://www.databaseitalia.it/il-quantum-financial-system-e-il-reset-economico-mondiale-imminente/ ).

Collegato a questo sistema si affiancherà il Quantum Voting System, unico sistema di certificazione del voto politico che potrà garantire la correttezza del risultato nelle future votazioni. Per saperne potete leggere un mio precedente articolo (https://www.databaseitalia.it/da-un-male-nasce-sempre-un-bene-dopo-il-quantum-financial-system-qfs-in-arrivo-il-quantum-voting-system-qvs-e-sara-scacco-matto/ ).

Il QFS sarebbe dovuto partire tra il 25 e il 28 Dicembre, ma l’attentato sventato a Nashville a Natale ( snodo dati importante in questo sistema ) ha fatto slittare questa storica implementazione di un nuovo sistema finanziario senza precedenti, al 1 Gennaio.

Dalle ultime informazioni ricevute, scopriamo che le tre Banche che gestiranno le “redemptions” , ovvero le compensazioni tra i vari debiti pubblici Nazionali attraverso il pagamento o gli incassi dei titoli di stato ( bond ) emessi e in deposito, saranno la Wells Fargo, la UBS e la Barcklays, nonostante quest’ultima sia una Banca che era sotto l’influenza del famigerato Soros, ma che ultimamente ha subito una ristrutturazione profonda a livello di Consiglio di Amministrazione.

Le sedi di queste tre Banche che gestiranno i pagamenti attraverso il QFS sono in Svizzera a Zurigo e sono ad oggi presidiate e messe in sicurezza da tre squadre di Marines e Forze Speciali Americane.

I conti “Pay Master” hanno tutta la liquidità del caso, manca solo l’autorizzazione a procedere e sembra che sia imminente. L’altro giorno infatti in Svizzera era praticamente impossibile accedere al Web Banking per aggiornamenti in atto.

La Piattaforma di gestione dei flussi monetari del QFS è operativa e ha diversi livelli di sicurezza, di accesso e gestione.

Questo nuovo sistema finanziario che sarà legato al Global Economic Security and Recovery Act ( GESARA ), sarà la risposta di Trump per togliere definitivamente l’ossigeno ( gestione e manipolazione del denaro nel Mondo ) all’establishment che invece vorrebbe implementare il diabolico “Grande Reset” entro Settembre 2021.

Sembra che l’Italia sia ancora FUORI da questo sistema, perché mai ratificato al contrario di quanto fatto dal Vaticano e da quasi tutti gli altri Stati nel Mondo più altri soggetti giuridici nazionali neo costituiti. La Banca D’Italia sembra, al contrario di quanto precedentemente prospettato, essere ancora fuori da questo sistema, ma ne sapremo di più nei prossimi giorni appena partirà il tutto. Ad oggi l’unico istituto finanziario italiano con cui si potrà operare sarà Banca San Paolo attraverso le sue filiali estere.

Si prospetta quindi sempre di più l’opzione militare anche in Italia, magari con la scusa dei brogli elettorali partiti da Roma in cui mi sembra veramente strano che l’Ambasciatore Americano Eisenberg vicino a Trump, abbia avvallato o non si sia accorto della cospirazione elettorale eseguita il 3 Novembre scorso nella sede di Via Veneto.

Di certo da quello che ci viene detto è che Renzi, Conte, Minniti ex ministro degli interni sotto il Governo Gentiloni, Di Maio e Gentiloni stesso passeranno il peggior anno della loro vita politica e non.

Questa Frode elettorale globale insomma è servita per smascherare tante persone e per avere la prova inconfutabile del loro profondo tradimento e l’ennesima scusa per agire penalmente nei loro confronti.

martedì 29 dicembre 2020

Coronavirus: nel 2017 la Banca Mondiale aveva previsto la pandemia



La Banca Mondiale aveva previsto la diffusione pandemica del Coronavirus. Riportate in un documento finanziario del 2017 le stime sul contagio, sulla sua durata e sulla risposta degli Stati

Nel 2017, la Banca Mondiale ha previsto la diffusione pandemica del Coronavirus. Non è una fake news né una teoria complottista, ma solo quanto riportato da un documento finanziario ufficiale e pubblico noto a tutti – o quasi – gli economisti del mondo (per leggerlo, clicca qui). Il documento, composto da un prospetto informativo riguardo i cosiddetti pandemic bond, in ben 386 pagine informa i potenziali investitori in merito ai rischi e alle caratteristiche del titolo che avrebbero successivamente acquistato.

Sono tre in particolare i punti che catturano la nostra attenzione: da un lato, la stima delle probabilità dello scoppio di una pandemia entro il 15 luglio 2020; dall’altro, quella di una simulazione inerente al tempo di risposta alla sua diffusione da parte della comunità internazionale; infine, la previsione della sua durata complessiva.
1) La probabilità

Figura 1

Secondo la Banca Mondiale, la probabilità minima dello scoppio di una pandemia entro il 15 luglio 2020 superava il 60%. Per la precisione, era stimata a ben 64,5% (Figura 1). Tra le cause inserite – 5 in totale – entrava anche il Coronavirus. Era questo il motivo di interessi annui particolarmente alti: l’evenienza, ritenuta molto probabile, rendeva elevato il rischio per i sottoscrittori.
Figura 2

Proseguendo nella lettura, è possibile notare l’inserimento di una mappa (Figura 2). La Banca Mondiale ha indicato le zone con una più alta probabilità di inizio di pandemia da Coronavirus entro la prima metà del 2020. Fa parte della zona rossa anche Hubei, ovverosia la provincia da cui ha effettivamente avuto origine il contagio.
2) La risposta al Coronavirus

Una domanda sorge spontanea: se la World Bank riteneva alta la probabilità dello scoppio di una pandemia a partire da quella specifica zona della Cina, per quale motivo i Paesi – sia direttamente coinvolti che non – non hanno agito con maggiore tempestività?Figura 3

Una notevole quantità di simulazioni ha permesso alla Banca Mondiale di stimare il tempo di risposta alla pandemia da parte della comunità internazionale. L’ipotesi più ottimista asseriva che la comunità avrebbe preso provvedimenti seri entro 34 giorni dall’inizio della diffusione; l’ipotesi più plausibile, invece, ne riportava 156; in ultimo, quella peggiore ne contava ben 417 (Figura 3).

Di fatto, il primo caso di Coronavirus in Cina risale al 17 novembre 2019 – non all’8 dicembre, come dichiarato dal Governo cinese. Quindi, il 31 dicembre la Cina informa l’OMS e l’11 gennaio viene confermato il primo decesso dovuto al Covid-19. Il secondo sopraggiunge due giorni più tardi in Thailandia. La chiusura di Hubei (23 gennaio 2020) rappresenta il primo provvedimento serio preso dall’inizio del contagio. Mentre la stima più ottimista della World Bank si aggirava intorno ai 34 giorni, quelli effettivi sono stati 66, ossia quasi il doppio – benché inferiori rispetto all’ipotesi più plausibile.

Sempre il 23 gennaio, dopo due mesi dal primo avvertimento cinese – e, lo sottolineiamo, nonostante la consapevolezza delle previsioni effettuate dalla Banca Mondiale -, l’OMS ritiene sia ancora “troppo presto” per dichiarare lo stato di emergenza. Stato di emergenza infine riconosciuto il 30 gennaio 2020, quasi un mese dopo la registrazione del primo decesso. Nondimeno, non viene ancora approvata alcuna restrizione sui viaggi (internazionali).
Il Coronavirus in Europa

Il 30 gennaio, in Italia si registrano i primi due casi di Coronavirus. Lo Stato blocca i voli da e per la Cina. Ciononostante, da ormai una settimana si riscontrano decine di contagi in vari Paesi. L’Europa, oltre alla coppia italiana, ne conta altri tre in Francia. Tra il 4 e il 9 marzo 2020, l’Italia prende le prime misure drastiche atte a bloccare la diffusione del virus. Il tempo di risposta del nostro Paese si è dunque aggirato attorno ai 34 giorni, omologandosi alle previsioni più ottimiste della World Bank.

In breve, la Banca Mondiale, all’interno del documento, ha siglato una sorta di assicurazione con le banche e i grandi gestori patrimoniali. Agli investitori sono stati proposti due titoli dall’elevata rendita annua: il 7% per il titolo meno rischioso, l’11% per la controparte più a rischio. I sottoscrittori non sarebbero andati in perdita se la previsione della pandemia non si fosse avverata entro 3 anni – appunto, entro il 15 luglio 2020. Questa era la condizione primaria. In caso contrario, la World Bank avrebbe sfruttato il capitale – 320 milioni di dollari – per sostenere la lotta alla diffusione nei Paesi più poveri. In altri termini, ciò significa che chi ha sottoscritto la Classe di bond più a rischio ha perso tutto.
3) La durataFigura 4

La Banca Mondiale ha stimato altresì una durata complessiva della pandemia: la previsione più ottimista si aggira intorno al mese; la previsione definita “più realista” è di 13 mesi; quella più pessimista riporta 6 anni (Figura 4). In considerazione del tempo di reazione della comunità internazionale, è lecito pensare che, con l’approvazione di misure drastiche, la diffusione possa essere arrestata definitivamente nel giro di 10-11 mesi. Ovviamente, supponendo che ogni Stato prenda – e segua – gli stessi provvedimenti.

Tutto ciò non risponde alla domanda che ci siamo posti: se il rischio di diffusione risultava tanto elevato, perché la comunità internazionale – e non di meno l’OMS – non ha agito tempestivamente? Non ci riferiamo chiaramente a un blocco dell’epidemia; considerando la sua zona d’origine, fermarla sul nascere sarebbe stato alquanto complicato. Ci riferiamo piuttosto allo stato del sistema sanitario, caratterizzato da ospedali, personale e strutture prossimi al collasso. Se ci fosse stata sin da subito chiarezza, forse saremmo stati in grado di attrezzarci al meglio e di affrontare l’evenienza con prontezza e organizzazione adeguate.


domenica 20 dicembre 2020

Coronavirus, nuovo ceppo: i rischi per il vaccino e la previsione per il 2021


Covid, professore di Oxford: “Virus muta troppe volte, il vaccino potrebbe essere inutile”. La mutazione del Sars-Cov-2 scoperta in Gran Bretagna potrebbe costituire un pericolo per la scoperta del vaccino, ma a Oxford destano preoccupazione altri aspetti del contagio. Il vaccino anti Covid potrebbe innescare una seconda infezione a causa della mutazione delle proteine spike del virus....
 
Richard Moxon, fondatore dell’Oxford Vaccine Group dell’Università inglese che si occupa della sperimentazione del vaccino anti Covid, ha dichiarato che un mutazione potrebbe “cambiare improvvisamente il comportamento del coronavirus”, rendendolo più aggressivo o infettivo o mettendo a rischio la profilassi. 

E proprio la rapidità con cui il virus muta non lascia tranquilli gli scienziati. Secondo  Moxon, il siero potrebbe non bastare, in quanto il virus sarebbe troppo mutevole. Queste continue metamorfosi potrebbero rendere dunque inefficace il vaccino.

Moxon ha specificato che una mutazione può “cambiare improvvisamente il comportamento del virus” e questo lo renderebbe più pericoloso e, di conseguenza, del tutto inutile la somministrazione del vaccino. Il professore e pediatra ha comunque chiarito che la paura riguardo all’impatto delle mutazioni sul vaccino non hanno alcun fondamento.

Il vaccino Covid protegge dalla malattia insegnando al sistema immunitario come combattere il patogeno. Crea anticorpi, proteine ​​che combattono le malattie prodotte e immagazzinate per combattere gli invasori in futuro attaccandosi alle loro proteine ​​spike. Ma se non sono in grado di riconoscere le proteine ​​perché sono mutate, significa che il corpo può lottare per attaccare un virus la seconda volta e portare a una seconda infezione.


La popolazione della Gran Bretagna e di tutta Europa sta osservando con attenzione il nuovo ceppo appena scoperto, che sarebbe molto più contagioso di quello che ha causato le prime due ondate.
Nuovo ceppo di coronavirus: perché (non) dovremmo preoccuparci

Tuttavia il docente ha sottolineato che i timori riguardo il nuovo ceppo di Sars-Cov-2 scoperto in Gran Bretagna sono “infondati”. L’esperto ha spiegato che il coronavirus è già mutato numerose volte da quando è stato identificato per la prima volta, e nessun ceppo si è dimostrato capace di rendere inefficace il vaccino.

“Dovremo monitorare costantemente il comportamento del coronavirus e la sua evoluzione molto attentamente“, ha sottolineato Richard Moxon. “Non sapremo mai quando una mutazione genetica potrebbe avvenire, cambiando improvvisamente il comportamento del virus e causando una malattia più aggressiva o addirittura problemi con il vaccino“.

Il mondo “ha avuto fortuna” visti i “molti, molti cambiamenti” del virus, dato che finora non si sono verificati questi scenari. Per questo bisognerà tenere sotto controllo l’infezione per “evitare che il virus stia un passo avanti rispetto a noi” e non si riesca a individuare tempestivamente un nuovo ceppo.
Vaccino anti Covid: come funziona e perché potrebbe fallire

La profilassi protegge dalla malattia “insegnando” al sistema immunitario a combattere il patogeno, creando anticorpi che attaccano il virus legandosi alla proteina Spike, di cui è composta la corona da cui prende il nome. Se questa proteina dovesse mutare, gli anticopri potrebbero non riconoscerla più, rendendo il corpo vulnerabile a una nuova infezione e i vaccini che abbiamo finora inutilizzabili.
Vaccino anti Covid: la preoccupazione dello scienziato di Oxford

La più grande preoccupazione degli scienziati, ha spiegato il ricercatore, sono le conseguenze a lungo termine del Covid e la loro durata. Inoltre un piano vaccinale globale appare ancora complicato.

“Dobbiamo prendere in considerazione il fatto che i nostri vaccini, che sono lo strumento principale per combattere la malattia, hanno bisogno di arrivare in tutto il mondo. E questa è un’impresa piuttosto ardua, dal punto di vista economico, sociale e non solo.

“Spero che l’utilizzo della mascherina diventi una pratica sempre meno diffusa dall’inizio del 2021“, ha aggiunto il docente emerito di Oxford, prevedendo un nuovo ancora caratterizzato per tre stagioni dalla lotta al virus.

mercoledì 16 dicembre 2020

La Cina ha posizionato migliaia di truppe nelle città di Prince Rupert e Vancouver in Canada. Per invadere gli Stati Uniti?

IL "PERICOLO GIALLO" MUOVE GLI SCACCHI VERSO GLI USA E IL PRESIDENTE CANADESE TRUDEAU FA IL DOPPIO GIOCO CON I CINESI?....


Intanto gli Usa hanno già preparato le contromosse. A parte i toni giustamente preoccupati, badiamo ai fatti. E i fatti sono fatti. La Cina ha spostato masse di truppe in due città della costa occidentale del Canada, alla chetichella, in base all’accordo di Trudeau.

Ma Q (o un QAnon) non è che non sappia o che non sapesse di chi non fidarsi.

C’è da registrare, infatti, che negli ultimi giorni, ci sono stati massicci movimenti di truppe, equipaggiamenti e rifornimenti all’interno degli Stati Uniti continentali (CONUS). Infatti, la Marina degli Stati Uniti sta posizionando le portaerei e i loro gruppi d’attacco al largo della costa orientale e occidentale degli Stati Uniti. Sembra che stiano preparandosi a difendersi da una possibile invasione. Cina?

Il 12 di Novembre, non meno di 25 aerei C-17 erano nei cieli degli Stati Uniti, trasportando truppe e attrezzature da tutta la nazione. Andavano tutti alla base dell’aeronautica militare di Nellis. Sempre nella tarda serata di sabato 12 Novembre, non meno di 12 C-130 erano in movimento, tutti diretti a Nellis. Domenica scorsa, i locali di Nellis e dintorni hanno riferito che la base “brulicava” di soldati e marines. Hanno anche riferito di aver visto una vasta gamma di veicoli da combattimento terrestre uscire da aerei cargo. Secondo l’US Naval Institute, la Marina ha schierato tre portaerei, più un Landing Helicopter Dock (LHD) al largo della costa occidentale degli Stati Uniti e due portaerei e i loro gruppi d’attacco più un’altra LHD al largo della costa orientale degli Stati Uniti.

Al largo della costa occidentale si trova la USS Carl Vinson nel Pacifico (non in porto) lungo il confine tra Oregon e Washington.


La US Carl Vinson al largo della costa dell’Oregon.


USS ESSEX al largo della costa di San Francisco.


La portaerei Dwigt D. Eisenhower al largo della costa del Connecticut.


La Gerard R. Ford al largo della costa del New Jersey.


La portaerei d’assalto US Jima al largo del New Jersey.


La Thodore Roosevelt la largo di Los Angeles.


La mappa mostra l’approssimativa posizione delle navi


Dati questi nuovi schieramenti navali e l’ampio e improvviso movimento di truppe nella Nellis AFB, si ha l’impressione che gli Stati Uniti si stiano preparando a difendere la propria patria da una possibile intrusione cinese. Secondo voci degli ambienti dell’intelligence si sostiene che, se la Corte Suprema dovesse annullare una o tutte le elezioni del 3 novembre a causa delle massicce frodi e violazioni della Costituzione degli Stati Uniti con modifiche alle leggi elettorali, l’estensione illegale del voto per settimane, in violazione di 3 USC 1 E 2, i Democratici starebbero progettando di chiedere alle Nazioni Unite di invadere Washington D.C. per deporre Trump come un “dittatore”. Ci sono anche voci all’interno dell’intelligence che gli stati della California, dell’Oregon e di Washington, più New York, potrebbero effettivamente tentare di separarsi dall’Unione, se Trump avesse altri quattro anni, e potrebbero dover essere riportati con la forza sotto il controllo degli Stati Uniti, allo stesso modo in cui gli stati del sud rinnegati furono gestiti nella Guerra Civile del 1860″. Anche Cina e Russia stanno dispiegando i loro mezzi navali in modo tale che il transito verso gli Stati Uniti non richiederebbe molto tempo! Intanto gli inglesi hanno rivelato di aver seguito “l’intera flotta russa del nord” al largo della costa britannica nel mese di Novembre, mentre i russi si dirigevano verso il Nord Atlantico. Una possibilità è che si stiano dirigendo verso il Mediterraneo per occuparsi della Siria e forse della Turchia. Ma cosa succederebbe se non stessero andando nel Mediterraneo? Se si stessero posizionando nell’Atlantico per arrivare come “richiesto” lungo la costa orientale degli Stati Uniti? Sembra banale, ma non lo sapremo finché non lo scopriremo e sarà tra poco tempo.


giovedì 10 dicembre 2020

Come il MES strangola la sovranità dei popoli



L'APPROVAZIONE DI UN TRATTATO PERVERSO E DIABOLICO COME IL MES VAL BENE UNA GUERRA. LEGGETE E GIUDICATE VOI STESSI. POTRANNO METTERE LE MANI SUI VOSTRI SOLDI, BENI, SULLA VOSTRA VITA ESAUTORANDO COMPLETAMENTE IL PARLAMENTO E IL GOVERNO (GIA' FINORA ETERODIRETTI)!!   


Mercoledì 9 dicembre il Parlamento italiano viene chiamato ad esprimersi sulla approvazione definitiva del Trattato UE del MES, il cosiddetto meccanismo economico salva-Stati.

In un quadro pericolosamente precario degli equilibri politici, economici, militari nelle relazioni internazionali a causa della grave crisi planetaria generata dalla pandemia del Covid di origine cinese, il confronto sul MES è una mina deflagrante che rischia di attentare ulteriormente ai caposaldi giuridici della sovranità politica delle nazioni d’Europa, sempre meno in grado di sviluppare una strategia internazionale come global player portatrice di valori identitari culturali condivisi antitetici alle minacce del pensiero unico liberal-globalista e dell’aggressivo progetto totalitario comunista di Pechino. Il Presidente del Consiglio Conte cerca di ottenere dal Parlamento l’approvazione politica del Trattato su cui lunedì scorso hanno trovato un accordo i ministri delle Finanze europei, in modo da condurre l’Italia all’approvazione al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 10 e dell’11 dicembre e dimostrare all’Unione europea che il suo governo PD-Cinque Stelle rappresenti politicamente un affidabile partner europeista, progressista ed antisovranista. Il “Meccanismo Europeo di Stabilità” è un trattato che crea un’istituzione intergovernativa che avrebbe lo scopo (in verità il condizionale è d’obbligo, e vedremo perché) di aiutare i paesi dell’Eurozona, che si trovano in difficoltà economiche sia per ragioni politiche strutturali interne sia a causa degli effetti della pandemia. L’obiettivo della UE, dei Paesi appartenenti all’Eurozona – ovvero di quegli Stati della UE che sono entrati a pieno regime da anni nell’utilizzo dell’Euro quale moneta comune nelle attività economiche e finanziarie – è di giungere nel gennaio del prossimo 2021 alla sottoscrizione del nuovo trattato che lo regola, a cui dovrà seguirà la ratifica ufficiale da parte dei 19 parlamenti dell’Eurozona.

In realtà il Trattato del MES è perversamente congeniato in modo tale da permettere alle istituzioni UE di imporsi direttamente e pesantemente su quegli Stati che siano in difficoltà economica, intervenendo nei processi decisionali legislativi nazionali, cioè sostituendosi ai parlamenti e governi nazionali, appropriandosi addirittura direttamente e legalmente dei risparmi dei privati cittadini sui loro conti correnti.

L’imposizione di una “dittatura sovranazionale” de facto sulla sovranità politica degli Stati passa attraverso il potere della cosiddetta Troika – Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione UE – l’autorità ad hoc che secondo il Trattato del MES ha il potere di imporre norme esterne automaticamente vincolanti per gli Stati in difficoltà economica finanziaria con il fine della cosiddetta “ristrutturazione del debito pubblico”. In sostanza ciò si traduce per l’Italia in un aumento esponenziale del rischio di una crisi politica e finanziaria che ci costringa ad adeguarci alla cosidetta “ristrutturazione del debito”, ovvero ad una serie di riforme strutturali politiche istituzionali potenzialmente ad ampio raggio in tutti i settori legislativi, dall’economia all’ordine pubblico ed alla difesa, dalla scuola alla sanità, ai temi etici in materia di nuovi diritti, non deliberate dal Parlamento nazionale, ma dalla Troika, che de facto e de jure vanno ad erodere ulteriormente la sovranità politica del popolo italiano. Al netto dell’opera di dis-informazione e de-formazione che i massmedia di area liberal, di sinistra riformista o radicale – attraverso la vulgata arruffata e facilona dei superficiali intellettuali europeisti o “antisovranisti” – operano sull’opinione pubblica, la chiave di lettura che presentiamo non è certamente liquidabile con affrettata sufficienza analitica come “complottista” o “cospirazionista”. Prova provata ne sia che uno dei più accreditati sociologi e politologi italiani, il prof. Luca Ricolfi, studioso liberal, di area progressista, esprima nel dettaglio tutta la sua preoccupazione sull’eventuale approvazione del Trattato del MES. Dice testualmente il prof. Ricolfi sulle pagine del quotidiano Il Messaggero: «Prima di leggere il testo del MES non ero eccessivamente preoccupato, dopo averlo letto attentamente lo sono moltissimo. Il trattato è pericoloso per l’Italia, e aumenta il rischio di una crisi finanziaria che ci costringa a una pesante “ristrutturazione del debito” (eufemismo per non dover dire: perdite patrimoniali e relativa catena di conseguenze)».

I punti dirimenti del Trattato MES che si vorrebbe imporre ai Paesi membri, sotto il profilo squisitamente giuridico di diritto UE sono due: l’eccesso di potere del Mese della Troika – a scapito del potere costituzionale legislativo ed esecutivo dei Paesi membri – e la pericolosità delle cosidette Clausole di Azione Collettiva (Cacs) che renderanno ex lege molto più facile costringere gli Stati a ristrutturare il debito, ovvero a rinunciare allo loro sovranità politica cedendo quote di potere decisionale interno a favore delle macrostrutture politiche UE. La testa d’ariete di questo perverso progetto sovranazionale è tutto contenuto nell’art.12 B del Trattato MES: «In casi eccezionali, una forma adeguata e proporzionata di partecipazione del settore privato, in linea con la prassi del FMI, è presa in considerazione nei casi in cui il sostegno alla stabilità sia fornito in base a condizioni che assumono la forma di un programma di aggiustamento macroeconomico». Questo è il mezzo normativo legale col quale i poteri forti sovranazionali della Ue e del Fondo Monetario Internazionale possono concretamente mettere le mani nelle tasche dei risparmiatori italiani, dei cittadini, indipendentemente dalla volontà del governo di Roma.

Il Trattato MES parla di «partecipazione del settore privato» al risanamento del debito pubblico: ciò significa in sostanza il diritto per il potere sovranazionale di attingere direttamente al risparmio, ai beni, alle imprese ed alle proprietà dei singoli privati cittadini italiani per operazioni di risanamento del debito pubblico. Poiché l’Italia – per quanto abbia un debito pubblico enorme pari al 150% del Pil – è lo stato membro dell’Ue col più alto risparmio privato in Europa, è del tutto lecito considerare che le istituzioni sovranazionali UE e del Fondo Monetario Internazionale mirino ad attentare alle libertà dei cittadini italiani impossessandosi di uno dei diritti costituzionali garantiti e tutelati anche dal Catechismo della Chiesa come forma di libera espressione della persona umana: la proprietà privata.

Si consideri che l’aumento del debito pubblico italiano – certamente fuori controllo e smisurato rispetto ai parametri UE – coincide tuttavia col maggior acquisto da parte degli italiani di titoli di Stato (Bot e Cct) per cui gli stessi cittadini italiani sono ora i primi creditori dello Stato. Si calcola che siamo titolari del 60% del debito pubblico: una situazione del tutto analoga alla terza potenza economica mondiale, il Giappone, che ha il 250% di debito pubblico rispetto al Pil, ma che essendo detenuto in toto dagli stessi cittadini giapponesi che mostrano fiducia nel proprio sistema-Paese, non espone l’Impero del Sol Levante a minaccia finanziaria alcuna da parte della speculazione internazionale e soprattutto delle organizzazioni politiche sovranazionali. Questo interessa al Trattato MES, ed è questo che, con ogni probabilità, ha permesso l’introduzione dell’articolo 12, il quale prevede quindi che la Ue possa impossessarsi del risparmio privato per abbattere il debito dello Stato. In sostanza due modelli culturali e politici si scontrano sullo sfondo della disfida sul Trattato MES: la logica istituzionale volgarmente svilita come “sovranista”, che in realtà mira a garantire un patto organico, comunitario, identitario tra la società civile e le istituzioni politiche garantendo che sovranità e valori identitari culturali condivisi restino il perno della amministrazione della Res Publica, e la logica globalista sovranazionale, che attraverso l’utopica quanto capziosa chimera della democrazia universale de facto lima, erode, livella ed azzera quel complesso fattore di coesione sociale dato dai sistemi politici comunitari identitari. Giappone docet. Il risultato di questa battaglia ha già procurato le sue vittime: Polonia ed Ungheria, Stati sovrani, la cui struttura politica culturale ha un solido impianto comunitario identitario nazionale, religioso cristiano, etico, culturale che non è mai venuto meno anche nei cinquant’anni di criminale dittatura di regimi comunisti sotto il tallone sovietico, ora sono sotto il fuoco diplomatico e massmediatico del fronte europeista. Di fronte alla ferrea volontà di non assoggettarsi alle logiche sovranazionali che usurpano identità culturale religiosa e sovranità politica nazionale, Polonia ed Ungheria sono stati accusati con retorica becera di stampo staliniano di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle istituzioni UE e della vulgata massmediatica liberal e di sinistra.

La battaglia è aperta, la distruzione degli Stati europei all’orizzonte, proprio mentre nel diritto internazionale e nelle relazioni internazionali è il ritorno degli Stati, della Cina e degli USA, dell’India e del Regno Unito, a mettere in discussione il primato scellerato della democrazia globale.

lunedì 23 novembre 2020

George Soros ARRESTATO per interferenza elettorale, in custodia federale

ESCLUSIVO! CUSTODIA FEDERALE PER GEORGE SOROS PER INTERFERENZA ELETTORALE


PHILADELPHIA – George Soros è stato arrestato e attualmente è in custodia federale a Philadelphia. Secondo un atto d’accusa recentemente aperto nel distretto occidentale della Pennsylvania, Soros ha commesso una serie di gravi crimini prima delle elezioni statunitensi.

L’accusa si concentra solo sull’attività criminale a cui Soros ha partecipato prima delle elezioni, come frode telematica, furto di identità e danni ai computer.

L’FBI ha dichiarato che l’accusa sarà probabilmente aggiornata per riflettere le accuse di interferenza elettorale in relazione al voto del dominion, una volta che l’intera scala delle operazioni di Soros sarà nota. Soros è attualmente interrogato dall’FBI.


È anche degno di nota il fatto che il giudice abbia vietato la pubblicazione all’arresto di Soros, tuttavia, quelle leggi non si applicano ai media canadesi, come il conservatore Beaver.

Rebel News – un rinomato media alternativo – aveva già riferito in precedenza sul collegamento tra George Soros, la Tides Foundation e Dominion Voting.

Secondo il giornalista Keean Bexte,

Dominion Voting è stato criticato dopo che le loro macchine per la tabulazione dei voti hanno creato uno swing di 6.000 voti in una singola contea dello stato del Michigan. Le stesse macchine e software sono stati utilizzati in ogni singola contea della Georgia e in molti altri stati altalenanti che hanno appena inviato i loro voti elettorali a Joe Biden (per ora).

Bexte ha fornito prove che suggeriscono che George Soros potrebbe aver avuto un ruolo più importante nelle elezioni di quanto si pensasse in precedenza.

Dominion, il server che ha spostato i voti da Trump a Biden, condivide gli uffici con delle Ong finanziate da Soros. Ora stanno rimuovendo ogni traccia della loro presenza da quella sede. Se le elezioni sono state “regolari”, perché Dominion si nasconde? Il deep state sa che Trump ha le prove della loro frode. Trump sta per dare il colpo di grazia al deep state (Fonte del commento “Il Milione).
L’FBI ha confermato di essere a conoscenza delle operazioni di Soros in Canada e di aver eseguito un mandato di perquisizione sulla casa e gli uffici di Soros a Toronto.

Alcuni hanno ipotizzato che Soros possa aver truccato le recenti elezioni canadesi a favore di Trudeau.

L’Italia verso la presidenza G20 del 2021

TRUMP SI DICE ENTUSIASTA DI LAVORARE CON IL PRESIDENTE ITALIANO PER IL PROSSIMO G20 (E LO FARA')....

(Guarda il video del discorso di Trump al G20 del 22 novembre 2020)

I leader mondiali hanno un compito fondamentale che nel prossimo G20 deciderà le sorti di miliardi di persone sul pianeta, ma anche i popoli devono ritagliarsi la loro parte di potere indirizzando governi e leader. I tempi sono maturi per capire che il futuro delle nuove generazioni non può essere lasciato nelle mani di pochi potenti....


«Viviamo in un momento in cui si stanno scrivendo pagine importanti della storia: mai prima d’ora la nostra generazione è stata chiamata ad affrontare sfide come quelle prodotte dal Coronavirus. La leadership mondiale ha una responsabilità enorme e le decisioni che verranno prese di qui ai prossimi mesi ridefiniranno il mondo per milioni – o miliardi – di esseri umani. […]. Una prova storica per il nostro Paese, che proprio in questi mesi si appresta a prendere il testimone della guida del G20 dall’Arabia Saudita. Un’occasione unica. Un momento in cui l’Italia può fare sentire la sua voce sulla scena internazionale e contribuire alla riflessione sul nuovo mondo che vogliamo costruire, portando i nostri valori, le nostre conoscenze e la nostra esperienza».


Presi dalla discussione sulla ripartenza economica, non se ne parlava ancora. Poi Fabio Pompei, ad di Deloitte, dalle colonne del Sole 24 Ore con queste parole ha acceso i riflettori sul tema e, forse, ora è venuto il momento che il G20 entri nel dibattito pubblico.


Da gennaio l’Italia assumerà la presidenza


Nel 2021 l’Italia assumerà la presidenza del G20. È la prima volta in assoluto e, ovviamente, è una grande occasione di rilancio del ruolo del nostro Paese sullo scenario internazionale. Un onore, ma anche un onere per il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Ministero degli Esteri Luigi Di Maio che saranno in prima linea nella gestione del G20, perché il 2021 è l’anno in cui si comincerà a capire qual è stato l’impatto reale della pandemia e quanto è grave la situazione.


I diplomatici ci stanno lavorando intensamente: a Palazzo Chigi il team guidato dal consigliere diplomatico del presidente del Consiglio e Sherpa G7/G20 Pietro Benassi e dal Coordinatore dell’Ufficio Sherpa G7/G20 Fausto Panebianco. Alla Farnesina a lavorarci in prima linea sono il Segretario Generale Elisabetta Belloni e per la direzione generale per la mondializzazione e le questioni globali il direttore generaleLuca Sabbatucci e il vice direttore Generale Alessandro Modiano.


Ora però è il momento che anche la politica e i media ne se occupino.


Tutti i maggiori istituti internazionali sono stati chiari: la posta in gioco è altissima. Le più recenti stime del FMI prevedono un crollo del Pil mondiale del 4,9% e livelli di indebitamento pubblico paragonabili a quelli della II Guerra Mondiale. Molti osservatori ci ammoniscono che quella in arrivo potrebbe essere la più grave recessione economica dai tempi della Grande Depressione. Chi ha un minimo di senso storico lo percepisce: siamo a un punto di svolta. Siamo alla più grande prova per la nostra generazione e dobbiamo dimostrare di essere all’altezza del momento.


L’appello di Gordon Brown


In questo scenario complesso, l’Italia, che prenderà il testimone del G20 dall’Arabia Saudita, deve accogliere l’appello di Gordon Brown lanciato a giugno. Il G20 è la sede perfetta per affrontare una crisi globale come quella innescata dal Covid-19: «Se il coronavirus attraversa tutti i confini, allora deve farlo anche la guerra per sconfiggerlo», ha scritto l’ex Premier britannico. L’inazione della leadership mondiale, sottolinea Brown, «è, potenzialmente, una sentenza di morte per le persone dei paesi più poveri del pianeta, i cui sistemi sanitari hanno bisogno urgente di aiuti internazionali. Ma non solo: da quegli stessi paesi dipende la possibilità di una seconda ondata epidemica che potrebbe abbattersi sui Paesi più ricchi». Un rischio che non possiamo permetterci e a cui si aggiunge anche lo spettro di una regressione storica dei livelli di benessere dei paesi avanzati: «Per la prima volta in questo secolo, la povertà globale sta aumentando e il trend di tre decenni di miglioramento del tenore di vita si sta invertendo», ammonisce Brown. Una dinamica che in Italia le giovani generazioni stanno già sperimentando sulla propria pelle e che potrebbe aggravarsi se il macigno del debito pubblico non verrà alleggerito con investimenti pubblici in grado di far ripartire la crescita del Paese.


La sfida per l’Italia


L’Italia, che per prima in Europa è stata colpita dalla crisi e, tutto sommato, ha retto l’urto dell’ondata epidemica, ora deve dare un colpo di reni e ripartire. Abbiamo pochi mesi prima di prepararci a questo appuntamento e dobbiamo farlo con il massimo impegno, mostrando quello spirito di unità nazionale che dal Quirinale il Presidente della Repubblica Mattarella ci ha chiesto.


Come giustamente ha dichiarato Pietro Benassi, «dovremo puntare sulla valorizzazione di quei beni pubblici – People, Planet, Prosperity, Public Health – che sono condizione per prevenire ed affrontare shock come quelli che stiamo vivendo e immaginare un nuovo modello di sviluppo». Un approccio in linea con i valori e con la visione dell’Italia che, con più convinzione che mai, dovremo portare nel forum internazionale del G20. La presidenza italiana potrebbe avere anche la possibilità di affrontare ed offrire soluzioni a temi troppo spesso procrastinati come la scarsa armonizzazione di tra le regolamentazioni nazionali ed il costo imposto alle imprese nell’ottemperare con procedure troppo spesso ripetitive ed eccessivamente burocratiche, particolarmente per le piccole e medie imprese (PMI), le più deboli nelle diverse filiere. 


L’Italia ha l’opportunità, e il dovere, di affrontare queste problematiche, alcune procrastinate nel tempo: deve sviluppare soluzioni innovative con particolare attenzione alle piccole e medie imprese (PMI), come evidenziato da Gianluca Riccio, vicepresidente della Comitato Finanze del Business at OECD.


«La Presidenza Saudita – spiega Riccio – ha affrontato il COVID-19 in una situazione di emergenza, e ha quindi potuto solo mettere in cantiere alcune proposte, sarà la Presidenza Italiana a dover sviluppare quelle di maggior interesse, definendone le linee guida, e quindi svilupparle nella loro interezza».


Il T20 e il B20: i protagonisti 


Una sfida importante anche per l’ISPI, che presiederà il forum dei think tank, e per Confindustria che presiederà il B20, il business forum che rappresenta la voce del settore privato e dell’imprenditoria all’interno della comunità del G20, fornendo prospettive pratiche e generando nuove proposte di policy sui temi individuati come sfide globali. Un’occasione importante anche per il neo eletto leader di Viale dell’Astronomia Carlo Bonomi, per la vice presidente con la delega all’internazionalizzazione Barbara Beltrame e per la tutta squadra che potrà debuttare nello scenario internazionale da uno dei palcoscenici più importanti.


Un palcoscenico che di sicuro vedrà anche in prima linea i principali leader delle imprese italiane da anni attive nei consessi internazionali a partire da nomi come la presidente del Gruppo Marcegaglia ed ex presidente di Business Europe e Confindustria Emma Marcegaglia che viene considerata candidata a presiedere il B20 italiano, l’ad di Enel Francesco Starace, unico italiano ad entrare nel Consiglio del Global Compact delle Nazioni Unite, il presidente di Generali Group Gabriele Galateri di Genola e quello del gruppo industriale Techint Gianfelice Rocca e gli amministratori delegati di Eni Claudio Descalzi, di Snam Marco Alverà, di Intesa San Paolo Carlo Messina, di Tim Luigi Gubitosi, di Pirelli Marco Tronchetti Provera e di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi. 


Con il Covid-19 ancora tema di discussione potrà esserci una sessione dedicata ai temi della salute, come avvenuto nel B20 tedesco, e un importante presenza di leader italiani dell’industria farmaceutica a partire da Francesco Angelini, Diana Bracco e Sergio Dompé. Probabilmente questa sarà anche l’occasione per una presenza in Italia dell’imprenditore turco-italiano amministratore delegato di Santa Farma Pharmaceuticals e Presidente dell’International Organisation of Employers Erol Kiresepi. 


Il G20 e la sfida del multilateralismo


In altre parole, questo G20 a guida italiana è anche un’opportunità per rafforzare il multilateralismo che la guerra fredda tra Usa e Cina ha messo in crisi. Un multilateralismo che, di fatto, la pandemia ci ha fatto riscoprire come unica via percorribile.


Perché, che si professi la fede sovranista o quella globalista, il Covid-19 ci ha messo di fronte a una realtà innegabile: un problema globale si può risolvere solo con una risposta globale. Se i grandi leader del pianeta non si siederanno intorno a un tavolo e cercheranno di prendere le adeguate contromisure, le conseguenze potrebbero essere pesantissime. Sotto il profilo economico-finanziario, ma anche dal punto di vista della tenuta istituzionale del modello liberal-democratico, che, come diceva Churchill, «è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che sono state sperimentate finora».


Al nostro Paese l’arduo compito.