Merano. L'emergenza Coronavirus ha letteralmente svuotato la città della sua vita giornaliera. Chiusi i locali, negozi serrati, parchi inagibili e qualsiasi attività consociativa praticamente bloccata, Merano e i meranesi stanno reagendo a loro modo e per la prima volta a una situazione che sembra averli proiettati nella trama di un film. Reazioni che vanno dagli ormai popolari aperitivi in chat con gli amici, alle canzoni urlate dai balconi di casa, per finire con la ironia social e gli incontri, se non scontri, nei vari gruppi Facebook.
A guardar lontano, la nostra città non è nuova a questa situazione, e a spiegarci come nel passato i nostri concittadini rispondevano agli eventi naturali avversi è un manoscritto di Lorenz Paumgartner, ecclesiastico che tra il 30 gennaio del 1668 e il 29 ottobre 1708 riportò su un diario gli eventi che in quel lasso di tempo colpirono la città, nonché la reazione dei suoi concittadini.
Il manoscritto, recentemente tradotto da un gruppo di studenti coordinati da insegnanti dell'istituto Gandhi e il Gymme di Merano, spiega nel dettaglio la paura dei meranesi di fronte alle calamità naturali e quali erano i provvedimenti che le autorità decidevano di prendere per scongiurare il ripetersi. Una lettura interessante che dà un’idea di come i tempi siano effettivamente cambiati da ogni punto di vista, ma non certo la paura e la voglia di reagire, in qualche modo.
La siccità.
Uno degli eventi naturali più temuti nel Seicento, sorprendentemente, era la siccità. Che poteva colpire la città e danneggiare irreparabilmente i raccolti. Quindi, mettere a serio rischio al vita dei meranesi. La siccità, spesso, era sinonimo di carestia con il correlato di una serie di malattie che alcune volte potevano decimare la popolazione. «Poiché la pioggia, desideratissima e molto necessaria, non è arrivata, le preghiere devono continuare... e poiché il Signore non ha eseguito le nostre preghiere, senza dubbio per i nostri troppi peccati, siamo ricorsi a un altro modo per implorare la sua Divina Misericordia… è stata quindi indetta una processione con tutti i bambini, gli adolescenti e le ragazzine di tutte le scuole dell'intera città». Questo scrive Paumgartner nel suo diario, datandolo 25 luglio 1672, e sottolineando la partecipazione dell’intera popolazione alle vicende della città. Che la processione fosse stata gradita da Dio, lo dimostrerebbe l'esito, ovvero l'arrivo di un «salubre acquazzone». E se le piogge erano troppo insistenti, come quella del luglio 1679, ancora processioni e preghiere, oltre alle offerte per i poveri e una cerimonia di benedizione, dalle 4 di notte alle 10!
Via la testa!
Molto spesso, le maledizioni o i cattivi auspici per la città arrivavano dall'operato di stregoni e maghi, molto semplicemente persone che erano solite preparare pozioni curative che difficilmente curavano, ma che venivano ben pagate da ingenui cittadini. E allora, quando questi personaggi venivano scoperti, si procedeva con la decapitazione, spesso multipla, come quella dell'11 agosto 1679, quando il 24enne Melchior Waltesbier, assieme ad altri due colleghi, ci rimisero la testa. Nel diario dell'abate, sono decine le testimonianze di persone decapitate e bruciate per magia, stregoneria e altri atti capaci di terrorizzare la popolazione, verso i quali il solo rimedio era l'eliminazione della minaccia.
La pestilenza e la cometa.
Nel marzo del 1680, invece, la città si dovette difendere dall'arrivo di una pestilenza che mise in ginocchio diversi commercianti, e proprio per questo venne indetta una Quarantena, ma non certo per isolare le persone. Infatti, ritornando al significato primordiale di questa pratica, il vescovo di Coira espose per 40 giorni il Santissimo Sacramento, in coincidenza di un egual numero di ore di preghiera, solitaria e nel chiuso delle case.
Proprio nello stesso anno di questa pestilenza, il 24 dicembre venne «vista una terribile e spaventosa cometa, la cui coda secondo i calcoli astronomici, si estendeva in lunghezza per 700 miglia e larghezza per 400 miglia, era sorta intorno alle 5 a San Vigilio ed era tramontata alle 9 circa a Parcines», scrive il religioso. Per allontanare i malefici influssi di questa terribile cometa, su mandato del vescovo di Coira, ancora quaranta ore di preghiera, oltre all'obbligo del digiuno episcopale per tre venerdì di seguito, con imposizione di residenza domestica ed elemosina distribuita ai poveri di casa in casa.
Insomma, pestilenza e cometa 340 anni fa, pandemia e asteroide 52768 che il 29 aprile 2020 ha sfiorato la terra, adesso. Tuttavia il pericolo non sarebbe alle spalle perché la sonda Soho, in orbita intorno alla Terra, ha ripreso un corpo celeste in avvicinamento al Sole.
Secondo il ricercatore Nassim Haramein quasi una volta a settimana avviene una singolarità, ovvero un buco nero (worm hole) sul Sole. Civiltà extraterrestri sfruttano questi portali del Sole per accedere nel nostro sistema solare. I buchi neri visibili grazie alle immagini della SOHO, possono essere di diametro simile alla Terra o anche più grandi. Guarda il video:
L'influenza dei corpi celesti in avvicinamento all'orbita terrestre che provocano cataclismi di ogni tipo come anche le pestilenze è una teoria molto affascinante ma suffragata anche da antichi documenti. E' notizia di questi giorni che il covid ha subito una mutazione che sarebbe maggiormente contagiosa, questo potrebbe far ipotizzare che un corpo celeste si avvicina sempre di più all'orbita terrestre e comincia a mostrare i suoi effetti nefasti sul nostro pianeta. Ma, a giudicare da cronache antichissime, potrebbe trattarsi di un corpo celeste "teleguidato" da una civiltà extraterrestre. Guarda il video:
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