Ampi brani di questo articolo sono ripresi dal libro di Francesco Santoianni: "L'ultima epidemia: le armi batteriologiche. Dalla peste all'AIDS" - Edizioni Cultura della Pace 1991.
Più devastanti della bomba atomica, ma silenziose e invisibili fino al momento dell'utilizzo, le armi biologiche incombono sui conflitti armati a cavallo del millennio. Tecnicamente sono realizzabili da uno studente entrato da poco in laboratorio, e costano pochissimo: meno di duemila lire per contaminare un'area di un chilometro quadrato.
Queste pericolosissime armi fanno paura all’ intero mondo occidentale perché i sintomi accusati da una popolazione bombardata da agenti batteriologici sono infatti insidiosi e difficili da riconoscere, perché possono facilmente essere confusi con una semplice epidemia di influenza. Altro motivo di paura è la facilità di produzione, oltre a semplici laboratori di ricerca, convertibili in pochissimo tempo; anche semplici stabilimenti per la produzione di particolari mangimi possono rivelarsi pericolosi. Ad esempio una vasca di fermentazione da cinquemila litri utile per la produzione di proteine per l'alimentazione degli animali domestici può essere convertita alla produzione di batteri per le armi chimiche. La vasca di fermentazione in questione è utilizzabile sia per fini civili che per fini bellici: può servire infatti a produrre una proteina monocellulare destinata all' alimentazione degli animali domestici, ma può anche servire per coltivare germi letali per realizzare armi batteriologiche. La paura deriva dal fatto che questa semplice vasca è sufficiente per poter disporre di un arsenale biologico su vasta scala. Gli agenti utilizzati sono per lo più batteri, le cui spore possono essere cosparse in forma di aerosol e contaminare il territorio per chilometri. Molte nazioni però sono riuscite a costruire ordigni anche utilizzando virus, come quelli dell'encefalite equina venezuelana o di Ebola, e parassiti intracellulari obbligati, come per esempio le rickettsie che provocano la febbre Q. Per alcune di queste infezioni esiste un vaccino, ma nessun politico si assumerebbe la responsabilità di imporlo a un Paese intero, creando panico e isteria collettiva. Tanto più se si considera che i farmaci protettivi non forniscono una immunità totale, spesso provocano effetti collaterali di una certa entità e, naturalmente, ognuno di essi è efficace soltanto contro uno fra le decine di germi che possono essere utilizzati in un attacco. Per il pericolo maggiore, inoltre, non ci sono protezioni, né cure. Si tratta infatti di organismi geneticamente modificati, con la cui infettività l'uomo non si è mai misurato, e su cui, sembra, alcuni Paesi starebbero compiendo ricerche. Molte delle informazioni sulla diffusione delle malattie provocate dalle armi batteriologiche arrivano da incidenti, o da esperimenti effettuati realmente sulla popolazione ignara. Per esempio, nel 1979 un accidentale rilascio del bacillo del carbonchio dall'impianto sovietico di Sverdlosk fornì molte indicazioni utili sulla tossicità del microbo.
Non è difficile: si prendano cinquanta chilogrammi di spore di antrace (ordinabili in un laboratorio specializzato); si porti il tutto su un aeroplano a duemila metri di quota, liberandolo sopra una città di mezzo milione di abitanti. E il gioco è fatto: nel giro di pochi giorni moriranno circa duecentomila persone nel raggio di venti chilometri dall'epicentro della contaminazione. Sulla diffusione di queste epidemie si sa ancora molto poco, e l'imprevedibilità degli effetti, ma più ancora l'impopolarità che si trascina dietro chi utilizza le armi batteriologiche, hanno impedito fino a questo momento un loro massiccio utilizzo nelle azioni di guerra, anche se, come vedremo nella sezione della storia, è esistito un loro uso. La messa al bando delle armi chimiche e biologiche, imposta dal protocollo di Ginevra già nel 1925, non sembra aver scalfito la politica bellica di molti Paesi, che apertamente, o più spesso di nascosto, continuano a studiarle e a fabbricarle.
L'arsenale più fornito è quello degli Stati Uniti che oggi, con una scusa analoga a quella che li portò a costruire e utilizzare su Hiroshima la prima bomba atomica, sventolano lo spauracchio di un possibile attacco terroristico, pericolo peraltro reale, per giustificare la ricerca in questo senso. Per quanto riguarda le due grandi potenze, si sottolinea che la Federazione Russa, pur dichiarando la piena disponibilità a distruggere entro il 2007 il proprio arsenale di 40.000 tonnellate armi chimiche, ha chiesto aiuto agli altri Paesi ugualmente interessati ad eliminare gli arsenali di armi chimiche dell’ex Unione Sovietica, in quanto non dispone delle risorse finanziarie sufficienti. Gli Stati Uniti per loro conto hanno già effettuato la distruzione di circa 5000 tonnellate di armi chimiche, in gran parte nervini, rispetto alle 35.000 tonnellate di armi chimiche complessivamente dichiarate. La Defense Advanced Research Projects Agency, che negli scorsi decenni ha sviluppato il sistema di comunicazione internet per scopi militari, ha ora in programma un investimento annuo di 350 miliardi di lire per finanziare la ricerca sulla guerra biologica. Ma Clinton è in buona compagnia.
L'Iran e gli stati dell'ex Unione Sovietica infatti possiedono un armamentario altrettanto vario (ma hanno speso una cifra molto inferiore) seguiti da Giappone, Iraq e Israele. Sono inoltre sospettati di avere un programma di ricerca sulle armi biologiche Cina, Taiwan, Corea del Nord, Siria, Egitto e Cuba.
La lista probabilmente è molto più lunga, ma i laboratori in cui si fabbricano gli ordigni sono talmente facili da nascondere che è impossibile stabilire dove e in che misura si portano avanti ricerche di questo tipo. Bastano, infatti, due stanze attrezzate con un sistema di sicurezza analogo a quello che si usa negli ospedali per esaminare campioni infetti. Reagenti, mezzi di coltura, centrifughe, pipette e gli stessi batteri e virus possono essere acquistati direttamente dalle ditte farmaceutiche, perché non sono considerati merce che scotta, e sono utilizzati per scopi ben diversi in tutte le facoltà di biologia. In questo modo, per posta, Saddam Hussein ordinò Clostridium botulinum.
COSA SONO. Le armi biologiche contengono organismi virali o batterici, o tossine prodotte da questi. Le tossine sono in genere più letali e ad azione più rapida, in grado di provocare la morte nell'arco di poche ore se non addirittura di minuti. Virus e batteri richiedono invece un periodo di incubazione da un giorno a sei settimane prima della comparsa dei sintomi.
COSA POSSONO PROVOCARE. Gli agenti batterici possono provocare carbonchio, peste polmonare, epidemie fra gli animali. Gli agenti virali possono dare vaiolo, febbre gialla, encefalite equina, influenza. Le tossine possono essere botulino, micotossine e altre.
COME AGISCONO. Anche solo un chilogrammo di agenti batterici può essere più devastante di migliaia di tonnellate di agenti chimici. Per agire, però, la maggior parte degli agenti batterici deve essere inalata o ingerita. Agenti come quello del carbonchio sono in grado di fissarsi nel suolo in forma mortale anche per decenni, ma la maggior parte degli agenti svanisce nel giro di poco tempo.
IL RAGGIO D'AZIONE. In condizioni meteorologiche favorevoli, un missile Scud caricato con tossine di botulino è in grado di contaminare un'area di oltre tremila chilometri quadrati. Il raggio d'azione dipende dal tipo di missile utilizzato per l'attacco e così risulta essere praticamente illimitato. Qualunque missile può essere dotato di agenti patogeni al posto della carica esplosiva. Dai missili da supporto tattico, come gli SCUD, con un medio raggio d'azione ai missili intercontinentali (ICBM), con una portata di circa 10.000 km. La portata dipende dallo sviluppo che ciascun paese ha fatto sui missili, oltre che dal tipo di “arma” usata per la diffusione, bombe, missili o semplici diffusori a spruzzo.
Le bombe vive
CENNI STORICI - L’uso di alcune armi “non convenzionali” si perde nella notte dei tempi, quando l’uomo si accorse per la prima volta degli effetti di taluni veleni già disponibili in natura e pensò di servirsene come arma nel momento in cui se ne fosse presentata la necessità. Di veleni, pozioni e dei relativi antidoti si parla non solo nella mitologia, ma anche nella storia; sin dall’antichità gli uomini avevano compreso il pericolo derivante dall’uso di alcune sostanza tossiche e per questo le hanno sempre aborrite, ma non è confortante riconoscere che il rischio del loro impiego nel tempo purtroppo non è stato definitivamente eliminato. Alcuni millenni prima della nascita di Cristo, esempi di bandi e divieti contro l’uso di sostanze tossiche erano già contenuti in due testi politico-religiosi indiani, quali il Mahabarata e il Ramayana, in cui l’uso dell’arma “non convenzionale” veniva proibito e condannato in quanto considerato come una offesa al corpo ed all’anima dell’uomo. Cinesi ed Assiri nel primo millennio a.c. erano soliti utilizzare zolfo e petrolio durante le campagne di guerra. Autorevoli fonti storiche dell’antichità, quali Tucidite e Plutarco, riferiscono sull’utilizzazione di fumi di zolfo nella guerra del Peloponneso e di una sospetta epidemia di peste scoppiata nelle pianure della Tessaglia che decimò lo sterminato esercito di Serse; Tito Livio dà notizia dell’impiego, ancora da parte dei greci, di sostanze tossiche durante l’assedio di Ambracia. Anche i Romani fecero ricorso a sostanze tossiche nella seconda metà del I secolo a.c. durante la guerra di Spagna, ma avevano avuto l’accortezza di dotare preventivamente la loro cavalleria di un indumento protettivo per il volto e le vie aeree; tale sistema, adeguatamente perfezionato, molto tempo dopo diventerà l’odierna “maschera antigas”. Bizantini e Veneziani durante il Medio Evo furono espertissimi nell’utilizzare sostanze tossiche quali il “Fuoco Greco” ed i “Fumi Avelenati”.
La guerra batteriologica risale almeno al 1347 quando truppe tartare, impegnate nell'assedio del presidio genovese di Caffa sul Mar Nero, catapultarono all'interno della fortezza cadaveri di appestati. Trasportata dalle navi dei genovesi in fuga, la Morte Nera sbarcò in Europa dove sterminò in appena tre anni 20 milioni di persone. Quattro secoli dopo, la propagazione intenzionale di infezioni sconosciute e quindi micidiali per le popolazioni nemiche costella l'espansione del colonialismo europeo: nel 1763 Sir Jeffrey Amherst, governatore della "Nova Scotia" diffonde tra i pellerossa coperte infettate di vaiolo.
Più o meno nello stesso periodo gli inglesi mandano tra i Maori (che popolavano allora la Nuova Zelanda) gruppi di prostitute infettate dalla sifilide: ben presto le popolazioni indigene sono sterminate e le loro praterie sono finalmente "terra vergine" per i coloni europei. L’evoluzione più evidente delle armi “non convenzionali” è però avvenuta nel XX secolo. Il Novecento ha rappresentato il periodo storico in cui la ricerca è progredita maggiormente; sono stati sviluppati vari tipi di aggressivi chimici (Cloro, Iprite, Fosgene) utilizzati in grande scala durante la I Guerra Mondiale. Successivamente sono stati sviluppati nuovi aggressivi chimici come i nervini che hanno un grado di letalità migliaia di volte superiore agli aggressivi chimici tradizionali o di prima generazione, quali i gas soffocanti, i cianuri ed i vescicanti, che ormai vengono presi in considerazione sempre di meno, ma che sono pur tuttavia ritenuti ancora interessanti in associazione con i nervini stessi per potenziarne persistenza ed effetti letali.
Durante la 2^ Guerra Mondiale sono comparsi per la prima volta i temibili effetti dell’arma nucleare; più recentemente sono stati sviluppati nuovi aggressivi biologici come germi, virus, tossine e prioni. La ricerca, sempre tesa a potenziare gli effetti nocivi delle armi chimiche, biologiche e nucleari, mirando a conseguire sempre maggiori effetti distruttivi, ha di fatto coinvolto sempre di più con i suoi effetti anche la popolazione civile ed è per questa ragione che tali armi vengono ormai considerate “armi di distruzione di massa”. I gas nervini impiegati anche recentemente con finalità terroristiche nella metropolitana di Tokyo ed i gas tossici impiegati in alcuni conflitti del Medio Oriente sono una dimostrazione degli effetti di un possibile impiego di tali armi; forse dimenticati o comunque poco conosciuti sopravvissuti sono a tutt’oggi in cura per i postumi di una intossicazione che non sarà facile da debellare. Durante la seconda guerra mondiale i giapponesi disseminano in Manciuria, la peste, il colera, la leptospirosi tramite le tonnellate di microrganismi prodotti nella installazione "Unità 731" diretta dal professore Shiro Ishii. Crollato l'Impero del Sol Levante, Ishii (responsabile, tra l'altro della sperimentazione su prigionieri di guerra di armi batteriologiche) non solo non viene condannato come criminale di guerra al Processo di Tokio, ma è invitato negli Stati Uniti a collaborare al funzionamento del più grosso centro di guerra batteriologica americano: Fort Detrick dove, dal 1942 venivano selezionati, prodotti e stivati in bombe o testate missilistiche germi di malattie quali peste, morva, tifo petecchiale, carbonchio...
Come rivelato da documenti solo recentemente declassificati, gli americani già nel 1940 avevano cominciato a sviluppare questo sistema d'arma nella illusione che la produzione industriale della penicillina (uno dei progetti meglio custoditi della seconda guerra mondiale e che impegnò qualche cosa come 7.000 scienziati) avrebbe garantito ad essi l'invulnerabilità contro le armi batteriologiche. Svanito il monopolio della penicillina, gli anni '50 e '60 vedono una frenetica corsa per la produzione di microrganismi sempre più micidiali. Negli USA sorgono ben nove impianti di guerra batteriologica, in Gran Bretagna si costruisce la "fabbrica di microbi" di Porton, stessa cosa viene fatta in URSS sulle coste del Mar Caspio.
Verso la fine degli anni '60, comunque, le armi batteriologiche cominciano ad essere snobbate dai vari Stati Maggiori: le continue ricerche sui microrganismi e sui farmaci avevano finito, infatti, per ridurre a zero i microrganismi "segreti" contro i quali, cioè, il nemico non aveva alcuna difesa. Anche per questo motivo le armi batteriologiche vengono messe al bando con un trattato internazionale siglato nel 1972.
Nonostante questo divieto, verso la metà degli anni '80 la corsa alle armi batteriologiche riprende con vigore, anche se camuffata con l'esigenza di "dotarsi di strumenti di difesa" da attacchi batteriologici. Il perché è da ricercarsi nella manipolazione del DNA, e quindi del patrimonio genetico, che permette di inventare e creare microrganismi assolutamente sconosciuti al nemico ma ben studiati dall'attaccante che può, quindi, vaccinare preventivamente le proprie popolazioni o truppe (o accatastare determinati farmaci), prima di sferrare l'attacco. Spronato dai militari e dalle multinazionali della biotecnologia, le armi batteriologiche, grazie ad un incremento di budget annuale di 900 milioni di dollari, ritrovano il loro posto negli arsenali. Nel maggio 1989, 800 ricercatori americani, tra i quali tre Premi Nobel per la medicina, lanciano un appello "contro questa nuova rovinosa corsa all'arma batteriologica che rischia di mettere a disposizione di qualche terrorista o sanguinario dittatore un arma dotata di una potenza fino a ieri inimmaginabile". Naturalmente l'appello cade nel vuoto e le ricerche per inventare nuovi e più micidiali microrganismi continuano. Nel settembre del 1990 la rivelazione sui mass media: anche Saddam ha l'arma batteriologica.
La notizia (non supportata, comunque, da nessuna inequivocabile prova) determina una nuova corsa alla realizzazione di "vaccini" per proteggersi da nuove armi batteriologiche. Ma per realizzare nuovi vaccini bisogna preventivamente "inventare" nuovi microrganismi patogeni prima che vengano realizzati dal "nemico". E così, mentre le autorità cubane denunciano un attacco biologico contro le loro coltivazioni (che sarebbe stato condotto nel 1997 dagli Americani con la disseminazione, tramite aerei, di un insetto manipolato geneticamente: il Thrips Palmi) i centri di ricerca per la guerra batteriologica (come Edgewood, vicino Baltimora e Fort Detrick, nello Stato del Maryland, forti di un incremento di budget di 200 milioni di dollari ottenuto nel 1998) lavorano alacremente.
Oltre ai pericoli di provocare una pericolosa escalation, i rischi di questa nuova corsa alle armi batteriologiche sono enormi. Ad esempio un incidente di laboratorio. Il più grave si è verificato in Inghilterra il 3 agosto 1962 quando il dottor George Bacon, morì a casa sua di peste polmonare che aveva contratto nei laboratori del Centro Microbiologico Militare di Porton Down, dove lavorava come biologo. Il giorno dopo, l'anonima faccia di questo scienziato si conquistava la prima pagina di tutti i quotidiani, e subito le autorità inglesi intraprendevano una spasmodica ricerca per identificare, isolare e vaccinare tutti coloro che erano stati a contatto con Bacon. La caccia all'uomo assunse toni da thriller: due ragazze di 9 e 15 anni, Katrin ed Elizabeth Larid, nipoti di Bacon, il 31 luglio si erano recate a casa dello zio per salutarlo prima della loro partenza per la base RAF di El-Adn, in Libia, dove il padre prestava servizio in qualità di ufficiale meteorologico. Dopo una frenetica ricerca, furono rintracciate e, insieme a tutti i componenti della base furono messe in quarantena. Se la peste si fosse propagata in Libia, in assenza di un efficiente servizio sanitario si sarebbe certamente trasformata in una gravissima epidemia. Come dichiarerà un anno dopo la commissione d'inchiesta nominata dal Parlamento inglese, averla evitata fu "un vero miracolo". Tra i casi ancora aperti di situazioni derivanti dalla guerra chimica moderna, che certamente non mancheranno di sollevare altri interrogativi anche sul piano etico, si può annoverare anche l’interesse dei militari coinvolti, avrebbe steso i suoi effetti anche sulla loro prole. A questo punto viene da chiedersi perché sia stata permessa la ricerca, lo sviluppo e l’impiego di queste armi “non convenzionali” e se sia stato valutato adeguatamente il rischio connesso al loro impiego. Non basta affermare che questo rientra nelle normali regole del gioco, chiamando in causa l’eterno dualismo tra il bene e il male insito nelle cose, né parimenti possiamo attribuire paradossalmente alla ricerca scientifica la colpa di essersi spinta troppo in avanti in questi settori. In realtà l’umanità è molto debitrice a chimica, biologia e fisica, dal momento che l’evoluzione di queste scienze, quando correttamente indirizzata, ha permesso di spaziare in moltissimi settori e fare scoperte che hanno sensibilmente migliorato le condizioni di vita del genere umano. Purtroppo però, per contro, la ricerca e gli studi sulle armi “non convenzionali” non hanno mai subito battute di arresto. Negli anni 50 l’attenzione mondiale era calamitata dal pericolo nucleare i cui primi effetti si erano palesati per la prima volta a Hiroshima e Nagasaki; la successiva situazione di stallo del nucleare degli anni 60 derivante dalla percezione comune di un possibile olocausto ha probabilmente determinato la rivitalizzazione delle altre armi di distruzione di massa come armi chimiche e biologiche. Da allora, ed all’insegna di una logica tesa a considerare l’arma chimica e biologica quali armi di distruzione di massa estremamente efficaci ed idonee a porsi come alternativa all’impiego del nucleare, tali armi vennero definite le “atomiche dei poveri”, proprio per la facilità con cui potevano essere prodotte ed impiegate. Esistono altre storie che l’ uomo non sa, ma hanno messo in pericolo l’ esistenza della vita, storie di trasporti pericolosi e di esperimenti incontrollati:
Il caso dell'isola di Gruinard
Alla fine degli anni ottanta apparve su Nature un trafiletto dal titolo Gruinard handed back, in cui si raccontava in breve il caso dell'isola di Gruinard, sul cui territorio fu sperimentata la resistenza delle spore dell'antrace all'esplosione e agli agenti atmosferici., nell'ambito di un programma di ricerca per lo sviluppo di armi biologiche da parte dei 3 governi del Regno Unito, Canada e Stati Uniti d'America.
L'antrace o carbonchio è una malattia degli erbivori causata dal Bacillus anthracis, che si trasmette anche all'uomo. La malattia assume nell'uomo diverse forme cliniche a seconda delle modalità di trasmissione. Nella trasmissione da contatto si manifesta in una delle forme più lievi con delle pustole carbonchiose da cui è originato il nome della malattia, mentre quando viene assunto per via inalatoria da luogo al carbonchio polmonare, che è letale.
Nel corso della seconda guerra mondiale l'isola di Gruinard fu evacuata, versando come indennizzo agli abitanti 500 sterline.
Bombe contenenti spore di antrace furono fatte esplodere sull'isola nel 1942 e 1943. Come previsto le spore si dimostrarono in grado di resistere ad esplosioni e fino agli anni ottanta furono ancora rinvenute spore vitali sul territorio dell'isola.
Per eliminare del tutto le spore fu necessario ricorrere ad una drastica operazione di bonifica, ottenuta spargendo una soluzione di formaldeide in acqua di mare su tutta l'isola.
Infine nel 1988 dopo ulteriori analisi e controlli, ma soprattutto dopo che un branco di pecore vi aveva pascolato per mesi senza contrarre la malattia, il governo inglese aveva potuto dichiarare che l'isola era sicura e non più infestata dalle spore dell'antrace. Agli antichi abitanti e proprietari dell'isola fu data quindi la possibilità di tornare sull'isola e riprendere possesso delle proprie terre, dopo aver restituito al governo le 500 sterline versate loro al momento dell'evacuazione dell'isola.
La storia dell'isola di Gruinard ci pone di fronte a tutti i principali problemi che anche soltanto la sperimentazione di armi biologiche da parte dei governi sui propri territori comporta: in primo luogo l'imprevedibilità e la difficoltà di poter valutare con un sufficiente margine di sicurezza gli effetti che lo spargimento di organismi patogeni può avere sull'ambiente, nonché i rischi che potrebbero derivare dalla perdita di controllo sugli agenti infettivi e quindi dal diffondersi di epidemie tra i civili.
L'isola dei veleni
La sconvolgente scoperta di enormi scorte di batteri e virus tuttora letali, nascoste su di un'isola nel Mare di Aral dalle autorità sovietiche, dopo il bando internazionale sulle armi batteriologiche.
Nella primavera del 1988 i batteriologi russi di un laboratorio della città di Sverdlovsk, 1.360 Km. a est di Mosca, ricevettero l'ordine di intraprendere la loro missione più difficile. In gran fretta e totale segretezza trasferirono entro giganteschi barili di acciaio inossidabile centinaia di tonnellate di batteri di antrace - sufficienti a distruggere più volte l'intera Umanità - li ricoprirono di candeggina per decontaminare la mortale polvere rosa, li caricarono su di un treno e li spedirono illegalmente attraverso la Russia ed il Kazakistan a più di 1.600 Km. di distanza, verso la remota isola nel cuore del Mare interno d'Aral. Qui i soldati russi scavarono degli enormi pozzi e vi versarono la poltiglia letale, seppellendo i batteri e - così sperava Mosca - una grave minaccia politica. Mentre Mikhail Gorbaciov sosteneva la sua campagna per la glasnost e la perestroika e si occupava di consolidare i legami con l'Occidente, i servizi segreti USA rivelavano che l'Unione Sovietica, contrariamente agli impegni sottoscritti nei trattati, continuava a produrre tonnellate di germi letali da usare come armi batteriologiche, sebbene fossero state bandite a livello mondiale. Scienziati russi, coinvolti nel programma, affermano che le scorte dovevano venire distrutte se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avessero richiesto un'ispezione. Usare l'isola di Vozrozhdeniye (in russo, isola della Rinascita) quale discarica segreta era una scelta ovvia: fino al 1992, quando l'esercito abbandonò definitivamente la zona, essa era stata la più importante area di sperimentazione a cielo aperto dell'Unione Sovietica. Oggi l'isola, che appartiene giuridicamente alle ex-repubbliche sovietiche dell'Uzbekistan e del Kazakistan, è il più grande luogo di sepoltura dell'antrace nel mondo. Paradossalmente, per i servizi segreti americani si tratta di una vera miniera d'oro. Esperti e scienziati dell'esercito sono stati invitati segretamente dai governi delle due repubbliche interessate a recarsi sull'isola più volte, negli ultimi quattro anni, per ispezionarla e per raccogliere campioni dei batteri sepolti. Secondo i consulenti, quello che hanno scoperto è sbalorditivo. I test, effettuati sui campioni di terreno raccolti da sei degli undici grandi pozzi di sepoltura dimostrano che, sebbene i batteri siano stati immersi nella candeggina almeno due volte, prima nei barili da 250 litri e poi nei pozzi sabbiosi in cui sono rimasti per circa dieci anni, alcune spore sono ancora vive e potenzialmente letali. Le analisi eseguite nei laboratori americani hanno anche dimostrato che il vaccino anti-antrace attualmente somministrato ai 2 milioni e mezzo di soldati USA è effettivamente efficace contro il ceppo russo di questo antico, mortale flagello… o almeno contro il ceppo trovato sull'isola. Nonostante questo abbia rassicurato l'amministrazione Clinton, la scoperta di spore vive ha invece allarmato il Kazakistan e preoccupa notevolmente l'Uzbekistan, che ha condotto delle trivellazioni petrolifere esplorative sui tre quarti dell'isola che gli appartengono. L'Aral era un tempo il quarto lago del mondo per ampiezza ma oggi il suo volume si è ridotto del 75% a causa di un'errata politica di irrigazioni forzate iniziata negli anni '50 dall'ex-Unione Sovietica. I due principali immissari del mare interno furono infatti deviati per tentare, inutilmente, di rendere coltivabili alcune zone semi-desertiche del Turkmenistan e di altri territori dell'Asia centrale, privando così il Mare d'Aral dei circa 55 milioni di Km. cubici d'acqua che riceveva ogni anno e condannandolo alla morte "per sete". In conseguenza del ritiro delle acque, l'isola è cresciuta dai 200 Km. quadrati originari ai quasi 2.000 Km. quadrati odierni ed è in procinto di ricongiungersi alla terraferma. Gli esperti temono che le spore di antrace possano venire dissepolte da topi, tartarughe, lucertole o uccelli e quindi diffuse in Uzbekistan e Kazakistan. La malattia è infatti trasmissibile dagli animali all'uomo per contatto diretto ed è curabile con antibiotici solo se immediatamente diagnosticata.
Il vaso di Pandora
Gli ufficiali militari centro-asiatici ed americani temono che la facilità di accesso all'isola indurrà dei gruppi terroristici ad utilizzare i batteri letali, erogabili in forma nebulizzata e dunque inalati, come pesante arma di ricatto. Inoltre si pensa che le stesse spore potrebbero rappresentare una ulteriore minaccia per la popolazione locale, il cui stato di salute è già considerato dall'OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità) tra i peggiori del mondo. Sia l'Uzbekistan che il Kazakistan hanno siglato il bando alle armi di distruzione di massa ed hanno entrambi richiesto l'aiuto degli Stati Uniti per accertare l'entità di questo terribile lascito del regime sovietico e per decontaminare l'intera area.
I batteri più pericolosi e conosciuti
L'agente del carbonchio. Le spore (sono strutture prodotte dai batteri in caso di variazione ambientale e sopraggiungere di condizioni sfavorevoli per la vita. Queste strutture sono molto resistenti a calore, radiazioni, pH estremi, ecc., e contengono il DNA del microrganismo. Quando le condizioni ambientali tornano favorevoli le spore ridiventano batteri viventi) vengono respirate e si fissano nei polmoni, dove si moltiplicano rapidamente producendo tossine che si diffondono in tutto il corpo attraverso i vasi sanguigni. Un miliardesimo di grammo è in grado di provocare la morte di una persona. Sintomi: simili a quelli dell'influenza, con febbre alta fino al collasso. Prevenzione: maschera antigas, vaccino.
L'agente del botulino. Le vittime inalano le tossine (Endotossine: sostanze con azione nociva, propria dei batteri Gram-, che vengono liberate dalla lisi del corpo batterico e dalla disgregazione della membrana esterna oppure Esotossine: sostanze con azione nociva, propria dei batteri Gram+, che vengono liberate all’esterno del corpo batterico; sono in genere delle proteine o glicoproteine) liberate nell'aria, che dai polmoni si moltiplicano e avvelenano l'intero organismo, fino a giungere alla paralisi e all'arresto cardiaco. Un miliardesimo di grammo può uccidere un uomo. Sintomi: capogiri, mal di gola, secchezza della bocca. Prevenzione: maschera antigas, vaccino.
Per quanto riguarda gli agenti batterici non esistono soltanto carbonchio e botulino, nella tabella che segue sono riportati i più pericolosi, la dose letale e i giorni d’incubazione. Grazie all’ingegneria genetica e alle mutazioni possibili grazie ad essa qualunque paese sarebbe in grado di produrre un nuovo batterio o virus quasi devastante e inarrestabile, essendo solo lui il conoscitore del vaccino. Questo ha dato nuova spinta alla ricerca.
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