giovedì 27 agosto 2020

Nuove “infiltrazioni” nel tempio


UN CASO CHE SIA UN GESUITA AD ESPRIMERSI A FAVORE DELLA DEPENALIZZAZIONE DELL'ABORTO?....

(Mauro Faverzani) 
Uno spirito diabolico continua a serpeggiare senza tregua, ogni giorno, nella Chiesa.

Il sacerdote gesuita Mario Serrano Marte si è espresso ancora una volta a favore della depenalizzazione dell’aborto nella Repubblica Dominicana. Lo scorso 21 agosto ha pubblicato uno sconcertante post sulla sua bacheca di Facebook, in cui dichiara: «Di nuovo nella Repubblica Dominicana si pone il tema della depenalizzazione dell’aborto in tre casi circoscritti [stupro, malformazioni congenite del feto, vita della madre a rischio – NdA]. È una proposta basata su principi etici di giustizia e libertà. La appoggiamo». La proposta in questione è quella presentata nell’ambito della riforma del Codice penale in discussione alla Camera dei Deputati, ma già nel resto del mondo rivelatasi il grimaldello, che di fatto ha introdotto l’aborto tout-court ovunque.

Pur non essendo nuovo a queste tristi sortite, nessun provvedimento concreto è stato finora assunto nei confronti di don Serrano Marte dalla Compagnia di Gesù, che anzi lo mantiene anche nell’incarico di delegato socio-pastorale della Cpal, la Conferenza dei Provinciali Gesuiti dell’America Latina e dei Caraibi. Un paio di anni fa la Provincia delle Antille si dissociò dalle sue affermazioni, ma nulla più.

Del resto, ormai ciascuno dice la sua nella Chiesa, senza pudore e senza temere provvedimenti, che in effetti non verranno: così ecco l’arcivescovo di Amburgo, mons. Stefan Hesse, lo scorso 19 agosto chiedere di aprire un dibattito sull’ordinazione sacerdotale delle donne, infischiandosene di quanto previsto in merito dal Magistero pontificio, stabilito e codificato in via definitiva già nel 1994 da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Ordinatio Sacerdotalis, che al punto 4 recita : «Al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».

Parole chiarissime. Eppure, anche in questo caso, nessun provvedimento è stato assunto nei confronti della posizione ribelle espressa in merito dall’arcivescovo Hesse, che, nella cornice del progetto di riforma del «cammino sinodale», intrapreso in Germania, è membro anzi proprio del forum su «Donne nei ministeri e negli uffici della Chiesa», dopo essersi distinto in passato per i suoi interventi sul cambiamento climatico e sull’immigrazionismo.

Illuminante da questo punto di vista notare come proprio aborto, ecologismo spinto ed immigrazionismo figurino in cima alle priorità descritte da George Soros in una recente intervista rilasciata al quotidiano El País, intervista in cui individua i «nemici» dei «valori fondamentali dell’Ue» proprio in coloro che contrastino una cultura di morte, l’ideologia gender, la perdita di sovranità nazionale da parte dei singoli Stati, nonché le frontiere aperte, anzi spalancate all’“invasione silenziosa”. Tutti gli altri, soprattutto se ministri di Dio, non stanno dunque lavorando per la Chiesa di Cristo, ma per i progetti di Soros. E non è un caso che la sua Fondazione, Open Society, abbia annunciato un sostegno di 220 milioni di dollari ai movimenti delle comunità nere, nel momento in cui il Black lives matter ha ufficializzato la propria strategia politica contraria alla vita, contraria alla famiglia e favorevole alla diffusione del pensiero neo-marxista, sulla linea tracciata dalle sue fondatrici, Patrisse Khan-Cullors, Alicia Garza e Opal Tometi.

Ignorando volutamente qualsivoglia galateo diplomatico (ciò che, del resto, non figura nei suoi scopi), Soros ha deciso di interferire direttamente con le vicende interne all’Europa, riservando tra l’altro al nostro Paese, in tal senso, uno status di “osservato speciale”: «La mia più grande preoccupazione è l’Italia – ha dichiarato –. Un leader antieuropeo molto popolare, Matteo Salvini, era riuscito a guadagnare consenso al punto da sopravvalutare il proprio successo e da spaccare il governo. Questo fu un errore fatale. Ora la sua popolarità è in declino. Ma è stato, in effetti, sostituito da Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, partito ancor più estremista». Di contro «l’attuale coalizione di governo è assolutamente fragile». Da qui, il suo timore di una possibile svolta italiana a Destra, ciò che lui troverebbe assolutamente intollerabile.

Soros ha quindi catalogato come «nemici» dell’Ue anche il primo ministro ungherese Viktor Orbán e l’ex-premier polacco Jaroslaw Kaczynski, senza nascondere la propria avversione oltre Oceano per Trump. Vale a dire tutti coloro che abbiano giocato o giochino un ruolo di primo piano nella promozione di politiche pro-life, pro-family ed antimondialiste, in una parola tutti coloro che vadano contro quel “nuovo ordine mondiale”, vagheggiato da Soros. E non solo.

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