COSA SUCCEDE NEL PIO ALBERGO TRIVULZIO? PARENTI CHE FIRMANO PETIZIONI PER FARE LUCE SULLA SORTE DEI LORO ANZIANI "PRIGIONIERI". SI FACCIA PRESTO CHIAREZZA. INTANTO DA UN AUDIO INQUIETANTE....
Esami nascosti, tac sparite nel nulla, infermieri che si ritrovano a lavorare con la febbre e hanno paura di comunicarlo. La situazione al Pio Albergo Trivulzio, la residenza per anziani milanese, è sconcertante. Gli infermieri si sfogano tra di loro, raccontano della manomissione di cartelle cliniche, di turni infernali, con personale ammalato che però deve continuare a lavorare. Un audio, registrato lontano dai riflettori, lo dimostra. E non a caso, infatti, il direttore generale, Giuseppe Calicchio, è indagato dalla procura di Milano nell’inchiesta sulle oltre 100 morti nella residenza per anziani Pio Albergo Trivulzio. I reati ipotizzati sono epidemia colposa e omicidio colposo.
Inchiesta Pio Albergo Trivulzio, un audio di 12 minuti racconta cosa succede nell’istituto
Repubblica è entrata in possesso di un audio registrato lo scorso 30 marzo dentro la Baggina, nel pieno dell’emergenza coronavirus. Un audio di 12 minuti, nella quale gli infermieri si sfogano liberamente e raccontano la situazione nella quale sono costretti a lavorare, e vivere, ogni giorno. Una situazione che ha il destino di peggiorare. “Qui se fanno i tamponi siamo tutti positivi e devono chiudere, hai capito?”, dice un operatore sanitario. “Di là in reparto ne stanno morendo quattro, isolati, però questi bastardi mica lo dichiarano, dicono che sono tre…”, racconta un’altra mentre si prepara a entrare in servizio. Il giorno prima, sottolinea, un’infermiera “ha lavorato con la febbre, tossiva di brutto, le mancava il respiro, stava malissimo, non l’hanno mandata a casa perché dicevano che doveva avere almeno 37,5.
Poi ha chiamato la guardia medica, che si è incazzata con lei perché non doveva lavorare così, oggi è a casa e le hanno detto che forse domani la ricoverano perché è grave”. Il dialogo va avanti, chi ha raccontato l’episodio però ammette: “Io lo so perché si è infettata: diceva che la mascherina non la faceva respirare, allora se la toglieva, questo è il risultato, se la mettiamo non succede”.
Interviene una terza persona: “Questa è una roba da denuncia“. Gli episodi che si sentono raccontare nell’audio sono tanti, e nessuno ha un risvolto positivo. Gli infermieri sottolineano la paura che c’è nell’ammettere di avere la febbre, di non stare bene. “Stanno nascondendo le cose– dicono- Ma tu caposala che fai venire una infermiera due giorni a lavorare con la febbre, sai cosa vuol dire? Che qui ce lo prendiamo tutti ormai. È da denuncia, però questa (nel foglio di ingresso, ndr) ha scritto 36, 35…”. Perché mentire sulla propria temperatura? La risposta sembra semplice. “Ha paura”. Altre due voci, in coro, dicono: “Anche io ho paura”. A questo punto entra nel discorso la quarta persona, che amaramente chiude la discussione: “Già, però così ce lo mette nel c… a noi”.
Le parole degli infermieri
Ancora non è tutto. La situazione è tragica: circa 170 operatori socio-sanitari si trovano in malattia, molti con sintomi riconducibili al coronavirus. Nei reparti ci sono fino a 30/40 anziani, e spesso gli infermieri rimangono solo in due o tre per turno. “Non ci hanno nemmeno formato per questa cosa, ci hanno fatto leggere un foglio che spiegava cos’era il coronavirus, lo abbiamo firmato e basta…”, riflette un operatore, sfinito.
Poi arriva un’altra infermiera, e mentre il discorso continua alternato alle informazioni sui pazienti, le parole si concentrano su un anziano in particolare. Una persona che, ancora, non si capisce bene che cos’abbia. “A me hanno detto in consegna che comunque è stato un allarme e che lui sta bene”, spiega la persona entrata da poco. “No no no, aveva la polmonite bilaterale e addensamento parenchimale, hanno nascosto pure la tac di lui. Le lastre e le tac hanno confermato che aveva un focolaio in atto”, è la risposta. “Sulla cartella clinica non posso andare a vederla?”, domanda ancora la sua interlocutrice.
E qui arriva una risposta sconvolgente: “Sono nascosti i fogli, hanno nascosto i fogli da dentro agli archivi, dentro i cosi della radiografia che c’è di là dove stiamo noi, e nelle cartelle li hanno nascosti questi fogli, non vedrai né la tac né le radiografie che ne ha fatte tre consecutivamente”. Allora si intromette un’altro, si chiede “quando censiranno i decessi di questi mesi come faranno?”. Quello che impressiona, però, è che nessuno sembra stupito dalla situazione. Sembra che stiamo parlando di normale amministrazione.
Inchiesta Pio Albergo Trivulzio, indagato il direttore generale
Non è un caso che il direttore generale della Rsa Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, ora è indagato per epidemia colposa e omicidio colposo. Si dovranno verificare le eventuali carenze nei protocolli interni e dei dispositivi di sicurezza, come le mascherine. A proposito, alcuni dipendenti avevano infatti raccontato di come veniva impedito loro di usarle nei primi giorni dell’epidemia. Il motivo? Non diffondere il panico. Sarà indagata poi anche la gestione di pazienti trasferiti dagli ospedali nelle residenze.
Il caso è stato affidato ai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, sotto l’occhio vigile del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Si dovrà comprendere se e quante delle oltre 100 morti siano collegabili all’epidemia e a eventuali negligenze della struttura.
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