mercoledì 11 marzo 2020

Eutanasia. Il Belgio condanna a morte anche l’obiezione di coscienza

LE ABOMINAZIONI CHE ATTIRANO I CASTIGHI DEL CIELO....COSA C'ENTRA TUTTO QUESTO CON L'UMANITA'? RIFLETTETE BENE. IL CORONAVIRUS E' STATO FUNZIONALE ALLA MASSONERIA PER LA FORZOSA CHIUSURA DELLE CHIESE, ED ORA ANCHE IN ITALIA SI COMINCIA A PARLARE DI LASCIAR MORIRE I PIU' DEBOLI PER LIBERARE LETTI IN OSPEDALE. MEDITATE MEDICI, MEDITATE.....
  



Abolita in Belgio l’obiezione di coscienza. Smantellata, dichiarata fuori legge. Perché dal 5 marzo la legge è più chiara, chiarissima: nessuno può esimersi dal dare la morte al prossimo. Anzi. Secondo il Parlamento federale, che il 5 marzo scorso ha approvato le modifiche alla legislazione sull’eutanasia, se un medico considera annientare un malato, un depresso, un disabile, un anziano, un bambino, profondamente contrario alle proprie convinzioni religiose o al motivo stesso per cui ha deciso di indossare un camice e curare i pazienti, tale medico dovrà «trasmettere al paziente i contatti di un centro o di un’associazione specializzata nel diritto all’eutanasia». La legge specifica anche i soggetti a cui affidare il paziente, ovvero l’Admd (Associazione per il diritto alla morte con dignità) e la Leif (LevensEinde InformatieForum), associazioni che si battono per l’estensione di tale diritto anche nei casi di demenza e di persone semplicemente «stanche di vivere».

LA LEGGE CHE RICATTA OSPEDALI E HOSPICE

Secondo il Consiglio di Stato questo articolo rappresenta una violazione della libertà di coscienza, di medici, assistenti, volontari, infermieri, di chiunque lavori in reparto o in case di cura. Costringerli ad elargire direttamente o indirettamente l’eutanasia poi non è altro che un modo per tenere in scacco l’autonomia e la libertà delle strutture sanitarie, ospedali e hospice, che per statuto e missione si occupano di curare malati senza accelerare l’esito finale e fatale della loro esistenza. Le modifiche adottate obbligano infatti le istituzioni sanitarie ad accettare e digerire la pratica per il solo motivo che ormai «nessuna clausola scritta o non scritta può impedire a un medico di eseguire l’eutanasia in condizioni legali».

È già successo in Canada, dove attrezzarsi per procurare la morte ai malati è diventata la paradossale condizione per la sopravvivenza delle strutture nate per assisterli fino alla fine: è capitato all’Irene Thomas Hospice, struttura laica che offre cure palliative e assistenza 24 ore su 24 a persone in fin di vita nella città di Delta, e che dopo essersi rifiutata di proporre la morte come alternativa alle cure palliative, si è vista ritirare i fondi dal governo della British Columbia.

INIEZIONI DI LAICIZZAZIONE

Da quando è stato consentito (giugno 2016, con una legge federale) ed equiparato a un atto medico pari a quello di fornire terapie o cure palliative, il Medical Assistance in Dying (Maid) è diventato in Canada una soluzione rapida e low cost al problema del finanziamento sanitario. E in Belgio, dove è stata legalizzata fin dal settembre 2002, l’eutanasia è diventata a tutti gli effetti il trattamento clinico per eccellenza contro il dolore e, oggi più che mai, per la laicizzazione della società. La macabra normalizzazione della pratica è ormai attestata dai dati: erano 349 i fascicoli ricevuti dalla Commissione Federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia nel 2004, sono stati 2.655 quelli ricevuti nel 2019. Ora l’abolizione dell’obiezione di coscienza, prevista dalla legge stessa. E non è finita.

DAT VALIDE «PER SEMPRE»

In Belgio l’eutanasia va distinta dal suicidio medicalmente assistito, dalle cure palliative, dalla sedazione terminale, dall’interruzione dei trattamenti, in Belgio l’atto eutanasico è definito come «l’atto praticato da un terzo che pone intenzionalmente fine alla vita di una persona su domanda di questa». Tale domanda poteva essere oggetto di dichiarazione anticipata persistente e ripetuta nel tempo: ogni cinque anni, stabiliva la legge del 2002. Fino al 5 marzo. Oggi infatti non è più previsto alcun rinnovo: in base alla nuova proposta legislativa ogni dichiarazione firmata dopo il 1 gennaio 2020 resterà valida per sempre a meno che la persona che l’ha firmata decida di annullarla. Per capirci, nel solo 2019 hanno rinnovato le dichiarazioni anticipate ai sensi della vecchia legge 7.156 persone.

DAL DIRITTO AL DOVERE DI MORIRE (E UCCIDERE)

La legge del 2002 puntava a ridurre il rischio che una dichiarazione vecchia di troppi anni fosse l’ultima parola su un paziente non più capace di esprimere la propria volontà: cardine della legge nata per celebrare l’autodeterminazione del paziente è sempre stato il consenso. Oggi che del consenso dei pazienti il Belgio non sa più che farsene (ricordate tra gli altri l’orribile caso, raccontato qui da Tempi, che spinse perfino il dottor Ludo Van Opdenbosch ad abbandonare il suo posto alla Commissione di controllo dell’eutanasia al grido «Questa non è eutanasia, questo è omicidio»?) il consenso dei medici non poteva che valere meno del due di picche. Il diritto di morire, reclamato come espressione della moderna e progredita civiltà, non poteva che trasformarsi nel dovere di morire. E di dare la morte, lo dice la legge.

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