giovedì 10 ottobre 2019

Trump mette al bando il riconoscimento facciale cinese

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ANTICRISTO: PROVE GENERALI, MA TRUMP HA FIUTATO L'INGANNO.... 

I funzionari americani hanno dichiarato che il provvedimento non ha nulla a che fare con la ripresa dei negoziati sui dazi. Ma nessuno nega che la battaglia commerciale sia legata alla leadership tecnologica, che passa anche dall'intelligenza artificiale.

Nella lista nera di Trump, la stessa che include Huawei, sono entrate 28 nuove organizzazioni cinesi. Alcune si occupano di intelligenza artificiale e riconoscimento facciale. Si toccano quindi dirittamente settori sempre presenti nella battaglia tecnologica tra Washington e Pechino, ma fino a ora rimasti sullo sfondo. Non è detto però che sia un segnale di irrigidimento.



La sorveglianza sugli uiguri

L'ingresso nella “Entry list” del Dipartimento Usa del Commercio comporta limitazioni identiche a quelle che coinvolgono Huawei: niente forniture da società americane senza il consenso di Washington. Tra le organizzazione coinvolte ce ne sono tre che incrociano intelligenza artificiale e riconoscimento facciale: Hikvision, SenseTime e Megvii. Il segretario al Commercio Wilbur Ross ha sottolineato che il bando “garantirà che le nostre tecnologie non vengano utilizzate per sopprimere popolazioni minoritarie indifese. Le organizzazioni entità sono state coinvolte in violazioni dei diritti umani, detenzione arbitraria e sorveglianza ad alta tecnologia contro uiguri, kazaki e altri membri di gruppi minoritari musulmani”. Lo scorso aprile, un'inchiesta del New York Times ha rivelato che il riconoscimento facciale è già utilizzato per monitorare la minoranza degli uiguri.




Le fonti del giornale statunitense spiegano che, in alcune aree, vengono effettuate 500.000 scansioni del viso al mese. Il sistema traccia così le “anomalie” e attiva l'allerta: “Se in un quartiere dove vive di solito un uiguro ne vengono rilevati sei, scatta immediatamente un allarme". La sorveglianza sarebbe stata usata in città come Hangzhou, Wenzhou e Sanmenxia, a partire dal 2018. E "quasi due dozzine di dipartimenti di polizia, in 16 diverse province”, hanno richiesto l'utilizzo della stessa tecnologia. Il New York Times citava SenseTime e Megvii, ma non Hikvision (per distacco la più grande tra le tre). Che infatti dichiara di “opporsi fermamente” alla decisione di Washington.

Il riconoscimento facciale negli Usa

Ross ha definito “inammissibile” l'utilizzo del riconoscimento facciale per una sorveglianza di massa. Negli Stati Uniti l'applicazione è meno pervasiva, ma molto discusso. Secondo il Washington Post, Fbi e Ice (l'agenzia federale che controlla l'immigrazione) utilizzano le foto delle patenti come archivio e l'intelligenza artificiale come strumento, senza il consenso degli utenti. Alcuni dipartimenti di polizia hanno testato Rekognition, il sistema di riconoscimento facciale sviluppato da Amazon. Pur non essendo stati indirizzati contro specifici gruppi etnici, diverse ricerche hanno dimostrato che sistemi di questo tipo tendono ad avere un tasso di errore maggiore su visi di colore, esponendo così soprattutto determinate etnie.



Intelligenza artificiale e leadership globale

I funzionari americani hanno dichiarato che il provvedimento non ha nulla a che fare con la ripresa dei negoziati sui dazi. Ma nessuno nega che la battaglia commerciale sia legata alla leadership tecnologica, che passa anche dall'intelligenza artificiale. Nel 2017 la Cina ha pubblicato il “New Generation of Artificial Intelligence Development Plan”, che punta a rendere il Paese leader mondiale del settore entro il 2030 (superando proprio gli Usa). L'AI è anche uno dei propulsori di “Made in China 2025”, il piano con il quale Pechino sta convertendo la propria struttura industriale verso settori più tecnologici.

Passa la linea Microsoft?

Secondo Reuters, Hikvision incassa quasi il 30% dei suoi 50 miliardi di yuan (7 miliardi di dollari) all'estero. Ma a subire sono anche le società americane. Due fornitori di Hikvision stanno accusando pesanti cali a Wall Street. Nvidia è in rosso del 4% e Ambarella del 10%. Come per Huawei, l'ingresso nella Entry List è un inconveniente per entrambe le parti. Ecco perché anche le compagnie statunitensi si stanno facendo sentire. Il caso più eclatante, fino a ora, è stato quello di Microsoft. A settembre, il suo presidente, Brad Smith, ha affermato – in un'intervista a Bloomberg Businessweek - che la Casa Bianca starebbe trattando Huawei in modo ingiusto. E che provvedimenti come quello che ha colpito Shenzhen dovrebbero essere basati su “solide basi di fatti, logica e stato di diritto”.

Smith aveva indirizzato alla Casa Bianca un messaggio chiaro: il Dipartimento del Commercio dovrebbe mettere da parte “la mannaia” per usare “il bisturi”. Cioè avere un approccio più selettivo, che non blocchi lo scambio tecnologico di interi settori ma metta all'indice compagnie e applicazioni specifiche che comporterebbero un rischio la sicurezza nazionale. Meno casi come Huawei e più attenzioni ad applicazioni militari o contrarie ai diritti umani. Il bando di Hikvision, SenseTime e Megvii tiene sì alta la tensione con la Cina, ma sembra andare proprio nella direzione auspicata da Microsoft.


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