Intervista a Gian Micalessin: «La mano dell’Isis nella strage di Pasqua era evidente. Solo la nostra cultura laicista ha paura di difendere i cristiani. E anche la Chiesa ha le sue colpe»
«Gli esecutori degli attacchi di domenica contro cittadini di paesi della coalizione e cristiani sono combattenti dello Stato islamico». Due giorni dopo il massacro di Pasqua, l’Isis ha rivendicato gli attentati che hanno colpito tre chiese e tre hotel internazionali nelle città di Colombo, Negombo e Baticaloa attraverso il canale jihadista Amaq. «Aspettavo la rivendicazione», dichiara Gian Micalessin, inviato di guerra del Giornale a tempi.it. «Gli attentati sono stati preparati in modo meticoloso da una mano esperta, l’esplosivo utilizzato non era artigianale ma tritolo di tipo militare».
L’intelligence dello Sri Lanka era stata più volte allertata da servizi di sicurezza stranieri a inizio mese sul rischio attentati. Un ministro cattolico del governo ha dichiarato di aver evitato chiese affollate dopo essere stato informato del rischio di attacchi. Il cardinale arcivescovo di Colombo, Malcolm Ranjith, ha dichiarato che la tragedia «poteva essere evitata». Perché le forze di sicurezza del paese asiatico hanno ignorato il pericolo?
Sappiamo che il governo è diviso da una profonda crisi politica. L’anno scorso il presidente Maithripala Sirisena ha tentato di sostituire il primo ministro, Ranil Wickremesinghe, con un altro candidato. La Corte Suprema ha poi reintegrato il premier, ma il Consiglio dei ministri era diviso. La superficialità del governo, del resto, è cominciata molto prima.
Quando?
A gennaio è stato scoperto nel paese un campo di addestramento dell’Isis, sono stati trovati decine di chili di tritolo. Le autorità si sono lasciate scappare una cinquantina di terroristi che si addestravano al campo, non hanno arrestato i jihadisti rientrati dalla Siria dopo la caduta del Califfato. Ecco perché non ho mai creduto alla possibilità che i responsabili fossero solo membri del gruppuscolo islamista National Thowheed Jamath.
Le autorità dello Sri Lanka però hanno attribuito al Ntj la paternità degli attacchi. Tutti gli attentatori kamikaze hanno colpito il loro bersaglio in modo coordinato. A giudicare dal numero delle vittime disponevano di esplosivo non artigianale, ma militare. I giubbotti esplosivi, poi, sono stati confezionati da mano esperta. Questa non è opera di un gruppo che pensa a sfregiare le statue buddiste. Qui si vede la lunga mano dell’Isis, che dopo la sconfitta in Siria usa i suoi reduci per compiere attentati.
Il governo ha parlato di una possibile vendetta per gli attacchi alle moschee di Christchurch del 15 marzo. È possibile, anche se questi attentati vengono pianificati sicuramente da molto tempo.
I terroristi islamici volevano ancora una volta colpire i cristiani, come confermato dal comunicato dell’Isis. Eppure illustri politici occidentali, da Barack Obama a Hillary Clinton, non sono riusciti neanche a pronunciare la parola «cristiani», sostituendola con «Easter worshippers», cioè «celebranti della Pasqua».
La parola “cristiano” oggi è equiparata a un insulto. La cultura del politicamente corretto è ormai devastante e considera difendere i cristiani, cioè il gruppo religioso più perseguitato al mondo, come un insulto verso i musulmani.
C’è una sorta di timore reverenziale anche nel definire “islamici” gli attentatori. La dinamica dell’attentato aveva una chiara matrice islamica. Non c’era bisogno della rivendicazione dell’Isis per individuare un legame con il fondamentalismo islamico. Eppure sono addirittura state incolpate le Tigri Tamil, sconfitte nel 2009, si è data la colpa agli induisti. Tutto pur di non pronunciare il termine “islamico”.
Eppure dopo la strage di Christchurch nessuno ha avuto problemi a esprimere le proprie condoglianze a tutti i musulmani.
Certo perché il mondo occidentale, affetto da un insopportabile laicismo e dall’ideologia del politicamente corretto, ritiene sconveniente parlare di “cristiani”. Si vergogna a riferirsi ai valori della propria tradizione. Lo abbiamo già visto con la guerra in Siria e la Chiesa ha le sue responsabilità.
Cioè?
Dispiace dirlo, ma anche i vertici della Chiesa cattolica sembrano a volte preoccuparsi più dei migranti che dei cristiani perseguitati. È un paradosso ma in questi anni abbiamo visto come i rifugiati musulmani abbiano ricevuto un trattamento di favore rispetto ai rifugiati cristiani. L’Occidente ha paura di difendere i cristiani e i valori del cristianesimo. Questa è la realtà.
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