Studio italiano: 18% di microplastica nelle acciughe e 33% nelle sardine rispetto alla marine litter ingerita
Ieri greenreport.it ha dato conto di uno studiosull’ingestione di microplastiche da parte dei lanzardo o sgombro cavallo o cavalle (Scomber colias) nelle acque costiere delle isole Canarie e alcuni nostri lettori e Lucrezia Cilenti, del Centro di Lesina dell’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim – Cnr), ci hanno fatto notare che un team di ricercatori italiani ha pubblicato recentemente su Environmental Science and Pollution Research l’importante studio “Marine litter in stomach content of small pelagic fishes from the Adriatic Sea: sardines (Sardina pilchardus) and anchovies (Engraulis encrasicolus)”, che si occupa dello stesso argomento in maniera forse più ampia e che riguarda le acciughe e le sardine dell’Adriatico.
Il team di cui fa parte la Cilenti, composto anche da Monia Renzi del Biocenter Research Center di Orbetello, comprende anche Antonietta Specchiulli e Cristina Manzo (Irbim – Cnr); Andrea Blašković (Biocenter Research Center); Giorgio Mancinelli (Irbim – Cnr, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’università del Salento e CoNISMa, Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare), spiega che «Questo studio indaga i rifiuti marini e le microplastiche nei contenuti dello stomaco delle due specie commerciali più importanti dell’Adriatico, le sardine (Sardina pilchardus) e le acciughe (Engraulis encrasicolus) raccolte tra giugno 2013 e maggio 2014. Principali caratteristiche dei rifiuti marini e degli oggetti in plastica (cioè numero, dimensione, forma e colore) sono stati determinati. In particolare, abbiamo mirato a (1) valutare le differenze di contenuto, forma e colore tra le specie considerate relative alla loro strategia di alimentazione; (2) valutare le relazioni tra i dati biometrici, il sesso e i rifiuti registrati caratteristiche secondo la specie; (3) valutare l’influenza della stagionalità sui rifiuti marini e sulle microplastiche ingerite da sardine e acciughe».
Dopo aver ricordato che «Negli ultimi 50 anni la produzione di materiale plastico ha registrato un forte aumento raggiungendo i 311 milioni di tonnellate annue nel 2014. Studi di previsione a lungo termine suggeriscono che nel 2050 la produzione annua sarà compresa tra gli 850 milioni di tonnellate e i 1124 milioni di tonnellate», avverte: «A causa del suo ampio uso, della scarsa biodegradabilità e degli input crescenti, un’enorme quantità di plastica si sta accumulando negli ambienti marini portando ad una crescente preoccupazione per la conservazione dell’ecosistema marino. Infatti, la “Marine litter” (rifiuto marino) è stata introdotta dalla Marine Strategy Framework Directive (MSFD – Directive 2008/56/EC) come uno degli 11 descrittori per definire lo stato di qualità ambientale degli ecosistemi marini e mirare al raggiungimento del “buono stato ambientale” entro il 2020».
Il team di ricercatori italiani sottolinea che «L’allarme maggiore viene generato dall’accumulo di grandi quantità di piccoli pezzi di plastica (<5 mm di diametro), noti come microplastiche, negli organismi marini. Le microplastiche potrebbero rappresentare una minaccia per l’integrità degli ecosistemi marini e per la loro conservazione, dettata dalla loro capacità di assorbire le sostanze chimiche inquinanti dall’acqua e di rilasciarle poi nell’ambiente. Inoltre, possono rappresentare un vettore per la diffusione di microrganismi alieni. Recenti studi hanno dimostrato che le microplastiche vengono ingerite da un gran numero di organismi marini, penetrando nella rete trofica marina influenzando le abitudini alimentari, la riproduzione e la respirazione delle specie. Le Microplastiche sono state trovate nel sistema digestivo di varie specie di pesci, compresi i pesci pelagici di piccola taglia».
Lo studio evidenzia che «Le sardine e le acciughe svolgono un ruolo ecologico chiave negli ecosistemi costieri, trasferendo energia dal plancton a livelli trofici più elevati fino a noi attraverso la dieta. I dati ottenuti in questo studio hanno evidenziato che oltre il 90% delle sardine e delle acciughe analizzate ha ingerito i rifiuti marini. La frazione microplastica è rappresentata da percentuali che vanno dal 18% nelle acciughe al 33% nelle sardine rispetto alla marine litter ingerita».
I ricercatori concludono: «L’attuale conoscenza sulla presenza di microplastiche negli ambienti e cicli correlati attraverso la rete trofica e, di conseguenza sulla salute umana, devono essere implementati per valutare meglio le abitudini alimentari delle specie marine e gestire meglio gli ambienti costieri. Sono quindi necessarie ulteriori valutazioni per capire come la contaminazione da microplastica dei pesci potrebbe influenzare la salute umana attraverso il transfert delle tossine (Santillo et al., 2017). Infine, i risultati presentati in questo studio potrebbero essere considerati come analisi preliminare sui livelli registrati in queste specie e su alcuni fattori che potrebbero essere correlati ai livelli osservati. Anche se alcuni aspetti potrebbero essere di qualche preoccupazione per la salute, anche perché queste due specie spesso si consumavano senza essere state eviscerate, i risultati presentati sono limitati geograficamente e potrebbero non rappresentare realisticamente l’assunzione umana da parte della popolazione italiana. Ulteriori studi dovrebbero essere eseguiti con questo scopo specifico per raccogliere campioni che potrebbero essere considerati più rappresentativi per la valutazione dell’esposizione umana attraverso la dieta. Un possibile suggerimento per ridurre l’assunzione di rifiuti plastici da parte degli esseri umani è quello di eviscerare gli organismi prima del consumo».
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