martedì 17 novembre 2020

Spillover, quale sarà la prossima pandemia?

...L’ebola stessa è arrivata all’uomo tramite uno spillover da animali selvatici, le cui origini sono da ricondurre all’uso di alcune popolazioni più povere in Africa, che macellano scimmie e altri animali per alimentarsi...

E' PLAUSIBILE IPOTIZZARE CHE L'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA PROVENIENTE DALL'AFRICA POSSA ESSERE VEICOLO DI UNA MUTAZIONE DI EBOLA?

Pangolini in vendita in un mercato del Myanmar.

Altro che sciagura improvvisa e inaspettata: dopo Sars e Mers, sapevamo che una nuova pandemia sarebbe arrivata: lo aveva detto chiaramente l’Oms all’inizio del 2018, parlando di una malattia X “causata da un agente patogeno attualmente sconosciuto” come potenziale responsabile di una pandemia. “L’intensità del contatto umano e animale sta crescendo sempre di più con lo sviluppo del mondo, e questo rende più facile l’emergere di nuove malattie”, spiegava il consigliere dell’Oms, Marion Koopmans, “ma anche i viaggi e il commercio moderni rendono molto più probabile la loro diffusione”. Una mutazione biologica (spontanea o meno), aveva avvertito l’Oms, potrebbe diffondersi molto velocemente anche in seguito a un incidente di laboratorio (come ipotizzato da alcuni per il nuovo coronavirus), o per un attacco terroristico, o più probabilmente per “naturale” spillover da una specie all’altra, come sembra sia accaduto con Covid 19, arrivata fino agli esseri umani e poi anche rimbalzata indietro, per esempio, verso i poveri visoni negli allevamenti olandesi). Ma se una nuova pandemia è già in agguato, da dove potrebbe arrivare?

Spillover triplicati in 40 anni

Siamo davvero una specie animale, legata indissolubilmente alle altre”, ha detto David Quammen, autore del saggio del 2013 Spillover, nel quale si preconizza una pandemia e non a caso ripreso in mano da molti oggi, nella sfortunata occasione della pandemia di Covid-19. Lo spillover è il cosiddetto salto di un virus o di un altro patogeno da una specie a un’altra: per il nuovo coronavirus il salto è avvenuto probabilmente dal pipistrello – come anche si pensa nella Sars – o dal pangolino. Ma la storia è costellata di spillover diventati purtroppo famosi: oltre al Sars-Cov-1 e al Sars-Cov-2, c’è il Mers-Cov, responsabile della Mers, il virus dell’influenza aviaria, l’ebola, l’hiv e molti altri, incluso il virus causa del morbillo.

I virologi conoscono bene gli spillover e sanno che non sono così rari come si potrebbe pensare, tanto che prevedere che ci sarebbe stata una pandemia non era molto difficile. Gli animali selvatici sono portatori di circa 750mila virus, secondo i dati del Global Virome Project, che potrebbero essere trasmessi all’essere umano. Negli ultimi 40 anni, inoltre, i salti di specie sarebbero duplicati o addirittura triplicati, come spiega il virologo Dennis Carroll a Nautilus Magazine. E questo è accaduto a causa di vari fattori, fra cui il nostro sconfinamento negli habitat che prima erano esclusivi degli animali. Tanto che Carroll paragona quello che succede con gli spillover a una strada dove macchine impazzite possono investire i pedoni. Per queste ragioni non c’era motivo di pensare che prima o poi non ci sarebbe stato uno scontro – cioè un’epidemia più diffusa o una pandemia come Covid-19. Che peraltro non sarà l’ultima. Ecco quali sono le principali minacce e come dovremmo pensare in futuro per attuare azioni protettive.
Come nasce una pandemia

Da un episodio di spillover a una pandemia il salto non è così breve. “Gli spillover non sono così rari, anche se è difficile conoscere la loro reale incidenza perché moltissimi passano inosservati”, sottolinea Anna Cereseto, ordinario di virologia molecolare al dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata dell’università di Trento. “Prima solitamente avviene un salto del virus fra animali selvatici appartenenti a specie diverse, successivamente il virus può essere trasmesso direttamente all’essere umano oppure, più facilmente, c’è un passaggio intermedio, attraverso il bestiame negli allevamenti”. E ancora, perché si passi da un’epidemia a una pandemia è necessario che il patogeno abbia determinate caratteristiche. “Spesso deve entrare e uscire più volte dalla specie umana a quella animale e viceversa”, chiarisce l’esperta. “Così ha modo di mutare e adattarsi sempre meglio al nuovo ospite, causando via via infezioni meno gravi ma più contagiose e ricorrenti”. Quando dall’essere umano rientra nell’animale accade frequentemente che il virus si ricombini con altri virus. Se sono simili a quelli che circolano nella nostra specie, è maggiormente probabile che nei successivi salti il virus attecchisca meglio e sia più contagioso.

“La maggiore trasmissibilità è associata a una letalità solitamente bassa”, specifica Cereseto. “Se i sintomi sono rilevanti e la mortalità è elevata – nel caso di infezioni in cui il contagio avviene da persona a persona e non è necessaria la presenza di un vettore, come la zanzara – il malato grave non fa neanche in tempo a spostarsi e contagiare altre persone”. Un altro elemento che ha fatto e può fare la differenza riguarda la latenza della malattia. “Nella Covid-19”, aggiunge la virologa, “la comparsa dei sintomi, peraltro spesso molto leggeri e facilmente confondibili con quelli di altre malattie infettive, avviene qualche giorno dopo il contagio e così il virus ha avuto tutto il tempo di diffondersi nella popolazione, cosa che non è avvenuta ad esempio nella Sars, in cui la malattia si manifestava subito”.
L’aviaria fra le prossime minacce

“Attualmente ci sono diversi virus che potrebbero entrare nella specie umana e causare epidemie o pandemie”, ha spiegatoCereseto. “Sotto i riflettori ad esempio c’è H5n7, responsabile dell’influenza aviaria, che è entrato nella nostra specie in più occasioni, in particolare a partire dal 2003 e 2004, nel Sud-Est asiatico e non solo”. Il virus, passato dal pollame all’essere umano, era però molto più letale – la letalità è stata stimata intorno al 35%, cioè circa una persona su tre andava incontro a decesso – e anche per questo contagioso di Covid-19. “Le ‘entrate’ nella nostra specie, cioè gli episodi epidemici, sono stati numerosi, a differenza ad esempio di quanto avvenuto nella Sars, che si è estinta e non è ricomparsa”, sottolinea Cereseto. “Questo elemento supporta l’idea che prima o poi il virus possa ritornare di nuovo e diffondersi maggiormente, anche con una pandemia”. Per non alimentare allarmismi bisogna sottolineare, però, che per far sì che l’aviaria diventi pandemica dovrebbe prima subire vari adattamenti e diventare molto meno letale.
Attenzione anche ai coronavirus

Ma dobbiamo stare attenti anche ai coronavirus. Molto probabilmente nel caso di Sars-Cov-2 lo spillover è avvenuto dal pipistrello, animale che ora più che mai è sotto i riflettori degli scienziati: uno studio su Current Biology ha mostrato che Sars-Cov-2 condivide circa il 96% del genoma di un coronavirus presente nei pipistrelli, Ratg13, e per il 93% quello di un altro coronavirus, sempre dei pipistrelli, Rmyn02. Secondo una ricerca appena pubblicata, poi, il virus potrebbe essersi generato per ricombinazione, nello stesso animale, da un coronavirus di pipistrello e da un altro coronavirus di pangolino. 


“Siamo a conoscenza che i pipistrelli sono dei veri e propri serbatoi, degli incubatori dei coronavirus”, spiega Cereseto, “dato che sono co-infettati con 14 tipi diversi di questa famiglia. In questi animali le ricombinazioni sono frequenti e peraltro loro convivono meglio di noi con questi patogeni, dato che non mostrano una risposta immunitaria eccessiva – che nella Covid-19 è poi la causa della forte infiammazione che nei casi più gravi portare al decesso”. Inoltre i coronavirus entrano facilmente nella specie umana. “Per questo dobbiamo aspettarci altri spillover”, prosegue la virologa, “magari con raffreddori – diversi coronavirus già circolanti causano un semplice raffreddore – oppure malattie più importanti, come è accaduto nel caso di Covid-19 o delle ancora più gravi Sars e Mers”.
Non ci sono solo aviaria e coronavirus

Fra i 750mila virus degli animali che potrebbero fare il salto di specie ne sono anche tanti sconosciuti. E’ quanto avvenuto in passato con l’Hiv, con un salto di specie probabilmente dallo scimpanzé all’essere umano e databile al 1908, secondo Quammen. “Anche ebola ha iniziato ad entrare frequentemente nella nostra specie”, aggiunge Cereseto, “e non è escluso che possa, nel tempo, mutare e ricombinarsi dando luogo a un virus meno letale con una diffusione pandemica”. L’ebola stessa è arrivata all’uomo tramite uno spillover da animali selvatici, le cui origini sono da ricondurre all’uso di alcune popolazioni più povere in Africa, che macellano scimmie e altri animali per alimentarsi.
I cambiamenti climatici possono favorire le epidemie

In generale in futuro le epidemie potrebbero essere più frequenti. “Questo a causa della maggiore interazione fra essere umano e animale causata da vari fattori”, sottolinea Cereseto, “dall’aumento della popolazione globale alla povertà, insieme alla presenza di cambiamenti climatici e ambientali che causano lo spostamento di intere comunità umane e animali, sempre più a contatto fra loro”. Per queste ragioni, prosegue l’esperta, bisognerebbe cominciare a pensare ai cambiamenti climatici come una minaccia non solo per l’ambiente e per il nostro pianeta, ma anche per la nostra salute, ad esempio per comparsa di nuove infezioni virali.
Essere umano e ambiente, un rapporto complicato

L’interazione fra la specie umana e l’ambiente è infatti un elemento centrale: diversi scienziati indicano ad esempio che la deforestazione, la realizzazione di miniere per l’estrazione di minerali o del petrolio e l’urbanizzazione di zone prima abitate da specie selvatiche spesso interferiscono con la fauna locale. Gli esperti della Ecohealth Alliance – organizzazione non governativa che si occupa di proteggere la salute di persone, animali e l’ambiente – hanno analizzato gli eventi di spillover dal 1940 ad ora, come spiega a Nautilus Magazine il virologo Dennis Carrol, e si sono accorti che negli ultimi decenni sono raddoppiati o triplicati rispetto a quanto avveniva circa 40 anni fa. Questo accade perché la popolazione umana è passata da 1 miliardo a 7 miliardi nel giro di 100 anni, con ripercussioni importanti sull’ambiente e sulla gestione degli spazi.“Il singolo migliore predittore di un evento di spillover”, ha spiegato Carrol su Nautilus, “è il cambiamento della destinazione d’uso della terra – più terreno dedicato all’agricoltura e più specificamente all’allevamento”.
Le zone più a rischio

Una mappa in uno studio sul Lancet mostra che le zone più a rischio dell’origine di una futura pandemia sono soprattutto quelle della Cina, dell’estremo oriente e dell’India, seguite poi da quelle dell’Africa sub sahariana e nella parte vicino alla costa nordoccidentale, dell’Europa e dell’America centrale e meridionale, nonché la regione orientale degli Stati Uniti. La mappa è stata realizzata sulla base di un banca dati sulle infezioni emergenti che contiene informazioni a partire dal 1940. “I motivi per cui le regioni asiatiche sono più intaccate”, spiega Cereseto, “sono sia di natura demografica, per l’alta densità della popolazione e per i cambiamenti nella sua distribuzione. Ma sono anche di natura economica, se pensiamo agli allevamenti intensivi – questo ovunque – sociale, legate a usi e tradizioni locali, come la macellazione e la vendita di animali selvatici. In realtà in qualsiasi parte del globo terrestre, e non solo in Asia, ci sono stati nuovi patogeni che in qualche momento hanno messo in pericolo la specie umana”.

Cosa fare per difenderci

“Dovremmo iniziare ad accettare il fatto che da sempre, e anche ora, le infezioni virali possono minacciare la nostra salute, come qualsiasi altra malattia”, sottolinea Cereseto, “e questa consapevolezza potrebbe aiutarci anche a mettere in atto tutte le risorse per proteggerci al meglio”. Le epidemie e le pandemie esistono e sono sempre esistite e non c’è ragione di pensare che nel mondo contemporaneo un virus non possa colpirci contagiando milioni di persone e causando centinaia di migliaia di decessi, come per il Sars-Cov-2. “Oltre a ripensare al nostro impatto sull’ambiente, potremmo migliorare aspetti pratici, come la gestione di una pandemia”, conclude la virologa. “A mio avviso, in molti casi è mancata una buona comunicazione fra ricercatori, come virologi ed epidemiologi, che fin dall’inizio dell’epidemia conoscevano il potenziale rischio pandemico, e le istituzioni e i governi. Questa comunicazione, infatti, avrebbe favorito una risposta e un’adozione ancora più tempestiva di tutte le misure e le strategie che stiamo mettendo in campo adesso e dunque avrebbe permesso di affrontare meglio l’epidemia”.

Come si cura Covid a domicilio?




In caso di malattia lieve, le cure domiciliari per Covid-19 sono essenziali, sia per evitare lo stress del ricovero sia per evitare di pesare troppo sugli ospedali. Ma quali farmaci sono impiegati, oggi per le cure a casa? Quando e come vi può essere la visita del medico?

Con l’occasione del contagio di qualche persona nota, spesso i media hanno usato le espressioni “cure tempestive” o “ricovero per tempo prima di un aggravamento”, che hanno fatto credere al pubblico che alcune cure, fatte precocemente, possano impedire a Covid-19 di peggiorare o, quanto meno, di sviluppare le complicanze che coinvolgono molteplici tessuti e organi e che determinano una prognosi infausta.

Tali terapie, in realtà, non esistono ancora: potrebbero costituire un’eccezione (ma va aggiunto un “forse”, perché non solo sono ignoti gli effetti a distanza, ma non sono nemmeno conclusi gli studi pre-autorizzazione al commercio) i cocktail di anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione, d’altronde inarrivabili, se non si abita alla Casa Bianca.

I fattori che influenzano il decorso della malattia

L’infezione da SARS-CoV-2 porta a una malattia la cui presentazione è proteiforme, variando da inapparente a una sintomatologia simile a quella di un raffreddore comune, fino alla polmonite con grave difficoltà respiratoria, potenzialmente fatale. Se le cure “tempestive” non fanno la differenza, quali sono, dunque, i fattori che fanno scivolare un paziente dal crinale della malattia verso la guarigione o il peggioramento? Dai numerosissimi studi condotti in oltre dieci mesi di epidemia, emergono tre ordini di cause, genetiche, metaboliche e anagrafiche, con l’età avanzata che fa da sintesi delle disfunzioni immunitarie, metaboliche e vascolari (importantissima l’ipertensione) accumulate nella vita.

Tra i possibili determinanti genetici di una maggiore suscettibilità all’infezione o di una maggiore virulenza di SARS-CoV-2, ci sono le 32 variabili di codifica di ACE, qualcuna delle quali potrebbe essere importante nel facilitare o meno il legame della proteina spike alla cellula umana (ma non è ancora stata individuata). Anche la risposta infiammatoria dell’ospite al virus, con la maggiore o minore produzione di citochine (fondamentali nello sviluppo delle complicanze), è influenzata forse dall’ambiente, forse dal microbioma, ma certamente dalla genetica dell’ospite, come dimostrato dagli studi dell’Human Functional Genomics Project. L’importanza dei fattori metabolici è resa evidente dalla maggior propensione alla prognosi infausta dei pazienti con diabete e obesità, condizioni le cui vie patogenetiche finiscono comunque per convergere sulle disfunzioni immunitarie e vascolari.

Un recente editoriale scritto dagli infettivologi e immunologi australiani GW. Waterer e J. Rello su Infectious Diseases and Therapy, reca nel titolo (Not one size fit all) la principale esigenza legata al trattamento della Covid-19, ossia un suo confezionamento “su misura”, che tenga conto dello stadio di malattia, di età e assetto metabolico del paziente e del dosaggio più opportuno (efficace/sicuro) del farmaco somministrato: le revisioni della letteratura scientifica finora condotte, invece, valutano una pletora di studi molto eterogenei per quanto riguarda questi parametri e sono perciò di utilità assai incerta nell’indicare un protocollo di cure extra-ospedaliere per la malattia lieve e moderata. L’editoriale australiano invoca un approccio a Covid-19 di tipo “teranostico”, che integri, cioè, l’approfondimento diagnostico con lo specifico intervento terapeutico.

È sicuramente positivo che tutte le idee derivate dalle osservazioni in corso di epidemia siano state condivise a livello internazionale, spesso con lo strumento del preprint; tuttavia, la criticità di gran pare degli studi fin qui pubblicati è che i loro dati incontrollati non provano nessi di causalità. Più grandi sono i numeri, poi, più imprecisa è la definizione dello stadio di malattia e delle eventuali condizioni morbose concomitanti, le cui manifestazioni cliniche e rilevanza possono essere molto eterogenee: “Cosa s’intende per malattia cardiaca cronica, un’ipertensione lieve e ben controllata o una grave cardiomiopatia?”, si chiedono Bernd Sebastian Kamps e Christian Hoffmann nel loro textbook COVID Reference.

Cure domiciliari e livelli di gravità 

Fatta questa necessaria premessa, è comunque indubbio che le cure domiciliari siano essenziali, sia per evitare a pazienti non in situazione di gravità lo stress di un ricovero, sia per evitare agli ospedali di essere sommersi da richieste indiscriminate: il primo triage del paziente con sospetta infezione da SARS-CoV-2 e la valutazione della gravità clinica del caso non dovrebbero essere demandati al pronto soccorso, ma rientrano nei compiti della medicina territoriale e, in particolare, dei medici di famiglia. I medici di medicina generale, peraltro, non sono tenuti a valutare di persona i sintomi sospetti (devono, anzi, evitarlo: per non dimenticare quanti sono morti per contagio, si può consultarne l’elenco sul portale della FNOMCeO, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri); il giudizio clinico può derivare da un’intervista telefonica o da un videoconsulto.

In caso di reale necessità, una visita può essere effettuata, se sono disponibili i DPI (dispositivi di protezione individuale) imprescindibili: mascherina FFP2/FFP3, tuta, camice monouso, soprascarpe, guanti e visiera. Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta segnaleranno il caso sospetto Covid-19 all’ATS di competenza attraverso procedure informatiche specifiche e contestualmente ne disporranno l’isolamento fiduciario fino all’ esito del tampone diagnostico. Né la presenza né l’assenza di qualche sintomo o segno sono patognomoniche per Covid-19; tuttavia, si può a buona ragione sospettare un’infezione da SARS-CoV-2 se il quadro sindromico iniziale comprende febbre con andamento continuo o intermittente, tosse secca, astenia, mialgie e artralgie e disturbi gastrointestinali. I sintomi non respiratori possono precedere quelli respiratori e la febbre.

L’OMS ha elaborato i criteri che definiscono (negli adulti e negli adolescenti) quattro livelli di gravità della Covid-19:
malattia lieve, in cui non c’è polmonite o ipossia, la febbre dura poco o manca e sono prevalenti il mal di testa e di gola, la congestione nasale, la tosse e la perdita dell’olfatto. A volte vi sono diarrea, nausea o vomito, spossatezza, mancanza di appetito, modificazioni cutanee specie alle estremità, perdita del gusto e/o dell’olfatto
malattia moderata, in cui vi è la polmonite, sospettata clinicamente e/o confermata dall’imaging, ma senza desaturazione di ossigeno (SpO2 ≥90%, in aria ambiente, a livello del mare); nei bambini, la polmonite è segnalata dalla tachipnea (≥40-60 atti respiratori al minuto)
malattia grave, in cui la polmonite è associata a SpO2 <90%; nei bambini, vi sono colorito bluastro del volto, letargia, convulsioni, difficoltà ad alimentarsi
malattia critica, in cui al distress respiratorio acuto si aggiungono sepsi o shock settico, embolia polmonare, sindrome coronarica acuta, ictus, delirium

I campanelli d’allarme (red flags) che devono indurre a ricoverare subito il paziente sono la febbre alta che non cessa, la difficoltà a respirare (o un valore basso al pulsiossimetro), un dolore o senso di peso al petto, una colorazione blu delle labbra, il racconto di sudore freddo e pelle di colorito screziato, la confusione mentale, la difficoltà ad alzarsi, l’oliguria, il sangue nell’escreato. I pazienti con malattia definibile lieve possono, invece, restare al proprio domicilio, in isolamento per almeno dieci giorni dall’insorgenza dei sintomi, purché assistiti da qualcuno in grado badare alla loro alimentazione e alla sorveglianza di un eventuale peggioramento.

Secondo la SIMGG (Società italiana medici di medicina generale) i criteri per stabilire che un paziente può rimanere al proprio domicilio sono febbre non elevata con tosse, vago malessere generale, rinorrea, mal di gola, ma in assenza di confusione o letargia, ipotensione arteriosa, vomito o diarrea incoercibili e, soprattutto, in assenza di dispnea: è importante il monitoraggio della saturazione periferica di ossigeno di base, accettabile fino al 95% e, dopo sforzo (test del cammino per 6 minuti) fino al 93%. Chi soffre di bronchite cronica può avere valori più bassi, ma non di molto, per non rischiare l’ipossia critica. Nella decisione di tenere il paziente a casa vanno valutati il buon compenso di eventuali patologie sottostanti e l’età: sopra gli 80 anni il ricovero è fortemente raccomandato, mentre, per le età inferiori il giudizio, più che anagrafico, deve essere clinico. La permanenza al domicilio non può prescindere dalla garanzia di una linea di comunicazione diretta con il medico o con un operatore sanitario (infermiere di studio) fino a completa risoluzione del quadro clinico. Le stesse considerazioni valgono per il ritorno a casa dall’ospedale a quadro Covid migliorato o stabilizzato.

Quali farmaci?

I farmaci a disposizione per le cure domiciliari sono quelli che controllano i sintomi come:

la febbre e i dolori diffusi: paracetamolo (max 4 g/dì) e ibuprofene alla dose minima efficace per il minor tempo possibile. Meglio evitare i gastroprotettori cosiddetti inibitori di pompa (PPI) che sembrano facilitare l’infezione con SARS-CoV-2 e peggiorare il decorso della malattia (ma non lo fanno gli H2 antagonisti, come ranitidina ecc.)

la tosse: un cucchiaino di miele (dopo l’anno d‘età) seda la tosse meglio dei farmaci, come hanno dimostrato a Oxford. Il paziente non deve stare sdraiato a lungo supino, sia per non comprimere i polmoni (meglio dormire a pancia sotto) sia per evitare la stasi venosa agli arti inferiori.

il malessere generale: si combatte con un’alimentazione proteica e vitaminica (frutta e verdura) e con un’idratazione adeguata, ma non eccessiva, perché troppi liquidi peggiorano l’ossigenazione.

Vanno areati spesso i locali dove soggiorna. Sono fortemente sconsigliati:
l’aerosolterapia, perché aumenta il rischio di diffusione aerea del virus per nebulizzazione

i cortisonici per via orale (a meno che consigliati in dimissione ospedaliera)

gli antibiotici, se non richiesti da altre condizioni o per proseguire una terapia in corso

La prescrizione empirica di antibiotici contro un’evenienza di sovrainfezioni batteriche può essere considerata nei pazienti >65 anni e in quelli <5. Le terapie per le eventuali patologie croniche sottostanti devono essere proseguite. Per quanto riguarda il trattamento dell’ipertensione arteriosa, alcuni esperti hanno ipotizzato che gli antagonisti dei recettori dell’angiotensina II, i cosiddetti sartani, possano portare a un iper-espressione di ACE2, il cavallo di Troia del virus, e quindi facilitarne l’ingresso. Poiché i risultati dei vari studi in merito sono contraddittori, dimostrando ora l’ininfluenza sul rischio d’infezione, ora l’aumento del rischio nei più anziani, ora addirittura una diminuzione del rischio infettivo, il NICE (National Institute for Health and Care Excellence), poi seguito da EMA e AIFA, ha finito per raccomandare di non sospendere le terapie con sartani in atto, privilegiando di controllare bene l’ipertensione, che sicuramente espone i pazienti a una forma più grave di Covid-19.

Vale la pena di considerare con maggiore dettaglio tre classi di farmaci che potrebbero essere usati nell’assistenza domiciliare dei casi lievi o moderati oppure in dimissione ospedaliera: sono i cortisonici, gli anticoagulanti e gli antibiotici.

Considerazioni sui cortisonici

Poiché il decorso dell’infezione ha una fase di replicazione virale, seguita dalla fase di risposta infiammatoria del sistema immunitario, è probabile che il beneficio dei corticosteroidi dipenda dalla tempistica del loro impiego e dallo stadio della malattia, oltre che dalla dose somministrata e da eventuali caratteristiche individuali dei pazienti. L’OMS raccomanda con forza la terapia corticosteroidea sistemica con desametasone e idrocortisone a basse dosi negli adulti con malattia grave o critica. L’EMA (European Medicines Agency) in Europa e i NIH (National Institutes of Health) negli Stati Uniti raccomandano l’uso dei corticosteroidi solo ai pazienti in ossigenoterapia. Le dosi consigliate dei vari cortisonici (una volta al giorno per un massimo di 10 giorni) sono 6 mg per desametasone, 32 mg per metilprednisolone, 40 mg per prednisone e 160 mg per idrocortisone: dosaggi più alti prescritti in Cina in epidemie influenzali precedenti erano associati a superinfezioni e aumento della mortalità.

Nello studio randomizzato controllato RECOVERY (Randomised Evaluation of COVid-19 thERapY) è stato escluso un beneficio dei cortisonici nei pazienti che cominciano la terapia prima di aver bisogno di un supplemento di ossigeno e nei pazienti ultrasettantenni. Sulla stessa posizione sono i risultati di uno studio retrospettivo cinese di settembre su quasi 500 pazienti ricoverati con polmonite non grave, senza insufficienza respiratoria: la somministrazione precoce di corticosteroidi si associava a una maggior durata della febbre, della viremia e del ricovero e a un maggior rischio di peggioramento e di necessità di antibiotici. 

Considerazioni sugli anticoagulanti

I ricorrenti focolai di gravi infezioni virali umane (influenza A, MERS, SARS) hanno convinto gli studiosi che la strategia terapeutica diretta contro le proteine virali presenta molti svantaggi, non ultimo dei quali è il rapido sviluppo di varianti virali resistenti (specie nei virus a RNA) e dovrebbe essere sostituita da una strategia diretta a regolare la risposta trombo-infiammatoria dell’ospite.

Due oncoematologi dell’Università di Ankara hanno pubblicato su ScienceDirect un’interessante ipotesi: il legame della proteina spike al recettore ACE2 (enzima di conversione dell’angiontensina) della cellula dell’ospite è solo il primo passo dell’infezione da parte del virus: la fusione con la membrana della cellula infettata ha poi bisogno dell’azione delle proteasi dell’ospite, tra cui vi sono le catepsine, le proteasi cell surface transmembrane protease/serine (TMPRSS), la furina (altamente espressa nei polmoni), la tripsina e il fattore Xa (fattore decimo attivato), che fa parte della cascata della coagulazione. Studi in vitro hanno dimostrato che l’inibizione del fattore Xa può diminuire l’infettività virale: fattore Xa, furina e a catepsina potrebbero, quindi, diventare, il bersaglio della terapia con eparine a basso peso molecolare (LMWH). Pur nella consapevolezza che l’ipotesi deve essere provata in laboratorio e clinicamente, l’urgenza della situazione suggerisce l’uso delle LMWH in terapia intensiva e non intensiva, tutte le volte che il giudizio rischio-benefici lo consenta.

Uno studio italiano delle università di Catania e Verona ha ripreso la valenza antinfiammatoria ed endotelio-protettiva della terapia eparinica, nonché il suo potenziale effetto antivirale, che vanno aggiunti al consueto ruolo antitrombotico nel paziente allettato dalla polmonite, specie se anziano e perciò predisposto alla disfunzione endoteliale e a una carente risposta immunitaria. La correlazione tra infiammazione e coagulazione è stata ampiamente dimostrata: l’interazione tra endotelio, piastrine e leucociti (con il relativo rilascio di citochine) è un elemento cruciale della risposta infiammatoria; nei soggetti con prognosi peggiore si trova in circolo un livello elevato di D-dimero, un prodotto della degradazione della fibrina e sono ormai molti i riscontri autoptici di micro e macrotrombi polmonari e in altri organi. Da tutte queste considerazioni discende il razionale d’uso dell’eparina e dell’analogo sintetico fondaparinux, che inibiscono il fattore decimo attivato.

Secondo un recente studio del San Raffaele di Milano, quando l’infezione da SARS-CoV-2 decorre asintomatica o paucisintomatica, è probabile che la terapia eparinica non sia necessaria; ma quando compaiono i sintomi respiratori, anche in pazienti in isolamento domiciliare, potrebbe essere utile una profilassi con eparina o fondaparinux, purché la funzione renale sia preservata (clearance della creatinine >50 mL/min). Nel caso di un peggioramento respiratorio e di ritrovamento di un D-dimero alto, il dosaggio dovrebbe passare da profilattico a terapeutico o subterapeutico, sempre tenendo a mente il rischio emorragico. Va detto che questi suggerimenti sono dettati dall’esperienza maturata in altri ambiti, dal momento che è impossibile ricavare un’indicazione terapeutica precisa dai dati sull’attuale epidemia, ancora troppo frammentati e inconsistenti.

Lo studio del San Raffaele punta anche l’attenzione sulla condizione dei pazienti che al momento del contagio con SARS-CoV-2 erano già in trattamento anticoagulante orale o in trattamento antiaggregante piastrinico. In questo secondo caso, è la conta piastrinica a guidare il comportamento: l’antiaggregante deve essere dismesso quando i trombociti scendono <25.000/mm3. Per quanto riguarda l’anticoagulazione orale (pazienti con trombosi venosa profonda, fibrillazione atriale, sostituzione valvolare), in caso di Covid-19 lieve essa può essere proseguita, a meno d’instabilità dell’INR o di difficoltà a misurarlo per quarantena o di difficile accesso ai laboratori: in tal caso, meglio passare ai nuovi coagulanti orali o alle eparine a basso peso molecolare. Se la Covid-19 è moderata o grave, il passaggio all’eparina è imperativo.
Considerazioni sugli antibiotici

La pandemia si è innestata in un contesto di ingravescente antibiotico resistenza e i paesi con maggior incidenza di infezione sono gli stessi in cui sono più frequenti le infezioni ospedaliere che non rispondono agli antibiotici. Ciononostante, poiché nel 2009 le infezioni batteriche sovrapposte all’influenza erano state causa di un eccesso di mortalità, nei primi mesi dell’attuale epidemia l’OMS aveva suggerito l’impiego empirico degli antibiotici in caso di polmonite da Covid-19 e, dato il superlavoro dei laboratori ospedalieri che impediva la ricerca dei batteri eventualmente implicati, i medici si sono orientati sugli antibiotici a più ampio spettro.

Di recente, però, è stato notato che nelle polmoniti da SARS-Cov-2 le sovra-infezioni non sono frequenti: questa osservazione ha indirizzato molti centri ospedalieri verso l’astensione dalla prescrizione antibiotica, anche in fase di dimissione dei pazienti dai pronto soccorso: da un sondaggio on line internazionale appena pubblicato sul Journal of Antimicrobial Chemotherapy, emerge che il 29% dei pazienti ricoverati non riceve nessun trattamento antibiotico. Nelle cure domiciliari, soprattutto all’inizio dell’epidemia, i medici hanno dato la preferenza ad azitromicina, che ha uno schema terapeutico che facilità la compliance e che, come e più degli altri macrolidi, ha prove di letteratura di avere effetti, oltre che antibatterici, antinfiammatori e immunomodulanti, attenuando la produzione di citochine proinfiammatorie e promuovendo la produzione di immunoglobuline.

È stata anche ipotizzata una loro diretta attività antivirale, sulla base di prove in vitro, nessuna delle quali, però, con coronavirus. Il profilo di sicurezza di azitromicina (come degli altri macrolidi e dei chinolonici) è stato, però, oggetto di un recente warning di AIFA per la sua interferenza sulla conduzione cardiaca: può causare, infatti, un prolungamento della ripolarizzazione cardiaca (intervallo QT), che può essere contrastato assumendo, insieme all’antibiotico, preparati a base di magnesio e potassio.

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Martedi 17 Novembre 2020

Santa Elisabetta d'Ungheria


Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco

Antifona d'ingresso
Rallegriamoci tutti nel Signore nel ricordo di santa Elisabetta:
con noi gioiscono gli Angeli e lodano in coro il Figlio di Dio.


Colletta
O Dio, che a sant’Elisabetta hai dato la grazia
di riconoscere e onorare Cristo nei poveri,
concedi anche a noi, per sua intercessione,
di servire con instancabile carità
coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ap 3,1-6.14-22)
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui.


Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Io Giovanni, udii il Signore che mi diceva:
«All’angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi:
“Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.
All’angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi:
“Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 14)
Rit: Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Canto al Vangelo (1Gv 4,10)
Alleluia, alleluia.
Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Alleluia.

VANGELO (Lc 19,1-10)
Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.


+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
La fiducia e la misericordia che vengono da Cristo, danno il coraggio per imboccare la strada impegnativa ma gioiosa della conversione. Al Padre di ogni bontà, diciamo:
Mostraci, Signore, la tua misericordia.

Perché Dio mandi sempre al suo popolo uomini saggi e coraggiosi che sappiano illustrare la dottrina e testimoniare con la coerenza di vita il vangelo di Gesù Cristo. Preghiamo:
Perché il Signore ci preservi dal pericolo dell'indifferenza e della freddezza verso di lui, e ci aiuti a essere attenti nell'ascoltare la sua voce nell'obbedienza della fede. Preghiamo:
Perché l'ateismo non prevalga sulla fede, e la Chiesa esca da questa grave prova che minaccia il nostro tempo, più solida e purificata nella sua fedeltà al Signore. Preghiamo:
Perché coloro che si convertono dopo una vita di peccato, trovino nei cristiani persone che non guardano al loro passato, ma ai miracoli della grazia di Dio. Preghiamo:
Perché la misericordia di Dio, che incontriamo nei sacramenti della penitenza e dell'eucaristia, diventi sorgente di conversione e di riconciliazione con i fratelli. Preghiamo:
Per i sacerdoti e i religiosi che vivono con gli emarginati.
Per un'equa distribuzione dei beni.

Dio, Padre misericordioso, che hai inviato nel mondo il Figlio tuo per riconciliare gli uomini con te, entra nella nostra vita con la forza purificatrice del tuo perdono, e fà che il nostro cammino sia sempre orientato verso di te. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Preghiera sulle offerte
Accetta, o Signore, l'offerta del nostro servizio sacerdotale
nel ricordo di Santa Elisabetta,
e concedi che, liberi dagli affanni
e dagli egoismi del mondo,
diventiamo ricchi di te, unico bene.
Per Cristo nostro Signore.



Antifona di comunione
«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se vi amerete gli uni gli altri»,
dice il Signore.


Preghiera dopo la comunione
O Padre, che ci hai fatti tuoi commensali,
donaci di imitare l'esempio di santa Elisabetta
che si consacrò a te con tutto il cuore,
e si prodigò instancabilmente per il bene del tuo popolo.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Elisabetta (Ungheria 1207 – Marburg, Germania, 17 novembre 1231), sposa di Luigi IV, Langravio di Turingia, fu madre di tre figli. Dopo la morte del marito si consacrò interamente alla penitenza, alla preghiera e alla carità. Iscrittasi al terz’Ordine Francescano, fondò in onore di san Francesco l’ospedale di Marburg, in cui ella stessa serviva i malati.

lunedì 16 novembre 2020

Le tasse degli italiani a Bill Gates

DAL 2006 L'ITALIA VERSA LE TASSE DEI CONTRIBUENTI PER SOSTENERE LE VACCINAZIONI NEI PAESI POVERI DELLA MILIARDARIA FONDAZIONE GATES, ALMENO PER QUELLO CHE E' DATO SAPERE. NEL 2020 CON IL COVID19 CI SIAMO ACCORTI CHE QUEI CONTRIBUTI SERVIVANO A PAGARE UNA VACCINAZIONE DI MASSA PER UNA "CRISI" PANDEMICA GIA' PROGRAMMATA. A NOSTRA INSAPUTA STIAMO FINANZIANDO LA DEPOPOLAZIONE MONDIALE. PRIMA CI SVEGLIAMO PRIMA RIFIUTIAMO QUELLO CHE HANNO IN SERBO PER L'ITALIA E PER IL MONDO. SAPPIATE CHE, TRANNE POCHI CASI SPORADICI, IN PARLAMENTO NON POSSIAMO PIU' CONTARE SU UNA VERA OPPOSIZIONE....


L’Italia si sta impoverendo. Sempre più professionisti, imprenditori, commercianti, addetti ai servizi di bar, ristorazione e turismo, sono a un passo dal perdere il lavoro. Con lo stesso ritmo cresce il costo della vita: rincarano le bollette e aumenta la spesa dei generi di prima necessità. Chiunque abbia fatto la spesa al supermercato negli ultimi sei mesi si è accorto dell’impennata dei prezzi di fine lockdown. A ciò si aggiungano le carenze, ormai datate, di Istruzione e Sanità.

In mezzo a tutto ciò, il primo ministro Giuseppe Conte ha annunciato che verserà un generoso contributo, pari a 287,5 milioni di euro, a due organizzazioni vicine a Bill Gates. La somma non è un regalo di Conte ma dello Stato italiano. Cioè nostra.

Stiamo facendo beneficienza, senza saperlo, a una fondazione molto ricca che dal 2006 chiede sostegno a tutti i Paesi benestanti, per sostenere le ricerche sui vaccini e aiutare (con le vaccinazioni) i Paesi poveri. Giusto o sbagliato che sia, non è il punto. Non entriamo nel merito, per ora. Poiché vi sarà sempre qualcuno che non condivide le ragioni per le quali il proprio Paese decide di spendere il denaro pubblico.

Lo scandalo

In questo caso però non si tratta della volontà di un Paese. Ma solo della decisione del premier Giuseppe Conte. Il Parlamento non si è espresso a riguardo. Non ha scelto di devolvere quella cifra agli enti che ruotano attorno a Gates.

Qui potete ascoltate il dissenso del parlamentare Claudio Borghi e nella foto sopra leggere l’articolo della Verità del 5 giugno.

Andiamo con ordine

Nel decreto rilancio che verrà discusso la settimana prossima in Parlamento e che contiene 280 articoli (“tutti potenzialmente modificabili” fa presente Borghi) ce n’è uno che prevede un finanziamento di 150 milioni di euro da devolvere, dal 2026 al 2030, in 5 rate da 30 milioni ciascuna, all’International finance facility for immunization (Iffim). Si parla anche di un secondo finanziamento, di 5 milioni, da donare quest’anno alla Coalition for epidemic prepararedness innovations (Cepi)

“Entrambe le strutture sono legate alla galassia Microsoft” scrive La Verità. “La prima è uno strumento finanziario che immette sul mercato delle obbligazioni i ‘vaccine bonds’ per raccogliere risorse da destinare a Gavi Alliance, l’alleanza mondiale dedicata alle vaccinazioni (partnership fra soggetti pubblici e privati), lanciata nel 1999 da Bill e Melinda Gates”.

Tuttavia, qualche giorno fa (il 4 giugno), mentre il nostro premier era a Londra al vertice dell’Alleanza Gavi con altri 35 capi di Stato, ecco che sono saltate fuori le sorprese. Conte ha annunciato che aumenterà notevolmente il contributo che lo Stato italiano devolverà come risposta al Covid 19. Vi sarà una nuova sovvenzione di 120 milioni di euro da aggiungersi ai 155 previsti nel decreto bilancio.

In spregio alle istituzioni

Conte ha già deciso di usare quel denaro senza coinvolgere il Parlamento. Si può fare? No, che non si può. “Durante i lavori in aula quell’articolo potrebbe cambiare – ha spiegato Borghi. Ad esempio la cifra potrebbe sostenere altre fragilità del Paese, i disoccupati, i disabili, le scuole. Perciò – conclude Borghi – invito il premier a telefonare a Gates e ad avvisarlo che il finanziamento non è affatto sicuro”.

Il vento antidemocratico

Al momento, a contestare la decisione dell’uomo solo al comando pare siano stati solo il parlamentare leghista Claudio Borghi e il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. E gli altri?

Il precedente

Ci si chiede come mai la prima rata della (probabile) donazione che Conte vorrebbe destinare a Bill Gates decorra dal 2026 quando a settembre dovrebbe arrivare già nelle nostre Asl il vaccino Moderna, quello in pole position, finanziato proprio dal fondatore di Microsoft (anche quello di Pfizer).

Qui trovate le risposte. “Una prima tranche di fondi era stata elargita già dal governo Berlusconi all’International Finance Facility for Immunization (Iffim): la finanziaria 2006 stabilì un contributo di 504 milioni di euro, con versamenti annuali, fino al 2025, con un onere pari a 3 milioni per il 2006, a 6 milioni per il 2007 e valutato in 27,5 milioni a decorrere dal 2008″. In sostanza, fino al 2025 c’è la copertura di mezzo miliardo”.

La finanziaria 2006, almeno, fu votata dal Parlamento.

Vessati e obbligati

Ci piacerebbe che almeno quest’anno e non, come accadde con la legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale, il Parlamento “svincoli” la salute di tutti cittadini, da 0 a 90 anni, da qualsiasi condizione o ricatto.

Di più: che non sia complice della diffusione di false illusioni sui vaccini anti influenzali. I quali, anche quando funzionano, non proteggono dai centinaia di virus para influenzali circolanti da ottobre ad aprile che danno gli stessi sintomi dell’influenza. Si chiarisca anche il ruolo dell’anti pneumococco (che protegge solo da 13 ceppi di un tipo solo di polmonite).




LITURGIA DEL GIORNO

Lunedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)


Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Antifona d'ingresso
Dice il Signore:
“Io ho progetti di pace e non di sventura;
voi mi invocherete e io vi esaudirò,
e vi farò tornare da tutti i luoghi dove vi ho dispersi”. (Ger 29,11.12.14)

Colletta
Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio,
perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene,
possiamo avere felicità piena e duratura.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Ap 1,1-5;2,1-5)
Ricorda da dove sei caduto e convèrtiti.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino.
Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. [Io udii il Signore che mi diceva]:
«All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi:
“Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima”».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 1)
Rit: Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita.

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde.
Poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

Canto al Vangelo (Gv 8,12)
Alleluia, alleluia.
Io sono la luce del mondo, dice il Signore;
chi segue me avrà la luce della vita.
Alleluia.

VANGELO (Lc 18,35-43)
Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!


+ Dal Vangelo secondo Luca

Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!».
Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato».
Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio.

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Cristo è venuto per dare inizio al regno messianico: nel suo nome i malati guariscono, i morti risorgano e la salvezza viene annunziata ai poveri. Consapevoli delle tenebre che ancora ci avvolgono, invochiamo il Signore come il cieco di Gerico, dicendo:
Figlio di Davide, abbi pietà di noi!

Per i nemici di Cristo e della sua Chiesa: aprano gli occhi alla luce della verità attraverso una riflessione pacata e disponibile al cambiamento. Preghiamo:
Per coloro che sono lontani dalla fede o vivono nell'indifferenza religiosa: l’esempio dei cristiani li accompagni nella strada che conduce a Cristo. Preghiamo:
Per coloro che sono provati dalla malattia: sostenuti dalla nostra solidarietà, trovino la forza di accettare le sofferenze, certi che Gesù ha vinto il dolore e la morte. Preghiamo:
Per tutti coloro che sono nati ciechi: nell'incapacità di vedere le cose del mondo esteriore, vedano e vivano le ricchezze e le profondità del loro mondo interiore. Preghiamo:
Per la nostra comunità cristiana: rinnovi ogni giorno le promesse del battesimo, per essere sale della terra e luce del mondo. Preghiamo:
Perché i cristiani non siano di ostacolo al regno di Dio.
Per tutti coloro che vivono agli angoli delle strade.

Padre misericordioso, che ascolti il grido degli oppressi che con fiducia e insistenza si rivolgono a te, accogli la preghiera che ti rivolgiamo ed esaudiscila nel nome di Gesù Cristo tuo Figlio, che vive e regna con te nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera sulle offerte
Quest’offerta che ti presentiamo, Dio onnipotente,
ci ottenga la grazia di servirti fedelmente
e ci prepari il frutto di un’eternità beata.
Per Cristo nostro Signore.




Antifona di comunione
Il mio bene è stare vicino a Dio,
nel Signore Dio riporre la mia speranza. (Sal 73,28)

Oppure:
Dice il Signore:
“In verità vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera,
abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”. (Mc 11,23.24)


Preghiera dopo la comunione
O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento,
ascolta la nostra umile preghiera:
il memoriale, che Cristo tuo Figlio
ci ha comandato di celebrare,
ci edifichi sempre nel vincolo del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.

Commento
Chi è questo cieco, accovacciato nell’oscurità della propria vita, ai margini di una folla apparentemente lucida e dal cammino ben rischiarato, ma che impedisce il grido di cuore del non vedente troppo intempestivo?
Sono io, quando ho la coraggiosa ingenuità di interpellare Cristo, lui che giustamente non passa così vicino a me che per farsi fermare, e che non è importunato da nessun grido che viene dal cuore, soprattutto quello della non vedenza.
Io, ancora, quando riconosco che la semplice preghiera, fiduciosa e non affettata, è il collirio che mi restituisce la vista.
Io, infine, quando la mia lode si aggiunge a quella degli umili vedenti.

Cancro e vaccini. Necessarie verifiche superpartes rigorose, massima trasparenza e rispetto del diritto alla volontarietà

LA PFIZER UTILIZZA LINEE DI CELLULE TUMORALI PER FABBRICARE I VACCINI. SIA CELLULE TUMORALI CHE VIRUS DEVONO ESSERE CONSERVATI AD ALMENO 80 GRADI SOTTO 0, PROPRIO LA TEMPERATURA RICHIESTA PER LA CONSERVAZIONE DEL VACCINO SARS COV2 DI PFIZER. PFIZER=ROTHSCHILD....


Il vaccino di Pfizer/Biontech deve essere conservato a 80 gradi sotto zero. Esiste una filiera del freddo per farmaci che richiedono queste temperature? È uno dei grossi problemi, in tutto il mondo. In Italia gli unici due aeroporti certificati per ricevere farmaci sono Fiumicino e Malpensa, ma non sono attrezzati con frigo a così basse temperature. Tutti i vaccini per altre malattie, ad esempio l’influenza, vengono infatti conservati a -2/-8 gradi. La catena del freddo deve essere assicurata dal momento in cui il farmaco esce dal sito produttivo a quando la dose viene somministrata.


Il cancro è la principale causa di morte per malattia nei bambini americani e l’aumento dei tumori infantili si è verificato insieme alla drammatica espansione del programma di vaccinazione infantile.

La storia dei vaccini dimostra che la presenza di agenti accidentali e contaminanti nei vaccini virali è stato un problema ricorrente, compresi il virus delle scimmie nei vaccini antipolio e i virus suini nei vaccini anti rotavirus: questi contaminanti indesiderati e imprevisti possono essere collegati a rischi di cancro.

I produttori di vaccini sono interessati a utilizzare linee cellulari continue (che possono riprodursi a tempo indeterminato) per i vaccini virali, comprese le linee cellulari di tumori umani e le linee cellulari che causano tumori negli animali da laboratorio.

Anche se la Food and Drug Administration (FDA) non permetteva in precedenza di utilizzare nei vaccini linee cellulari derivate da tumori o che causano tumori (a causa di preoccupazioni circa il loro potenziale di trasmissione di malattie, compreso il cancro) la FDA ora dice che queste linee cellulari sono «ottimali» per la crescita di alcuni virus.

Se le linee cellulari tumore-derivate e tumorigene diventano di ampio utilizzo nei vaccini virali, potrebbero verificarsi possibili «scenari peggiori» che includono ulteriori aumenti del cancro infantile?

L’aumento dei tumori infantili si è verificato insieme alla drammatica espansione del programma di vaccinazione infantile.

Molte persone potrebbero essere sconcertate nell’apprendere che il cancro è la principale causa di morte per malattia nei bambini americani. Nel corso degli ultimi decenni, ci sono stati aumenti significativi in vari tipi di tumori infantili, tra cui la leucemia e il linfoma non-Hodgkin. L’aumento dei tumori infantili si è manifestato in parallelo con altre tendenze preoccupanti per la salute dei bambini, tra cui l’aumento dei tassi di disturbi dello spettro autistico (ASD) e di altri disturbi dello sviluppo neurologico.

Ci sono buone ragioni per sospettare che il programma di vaccinazione sempre più gravoso, insieme ad altre esposizioni infantili a sostanze tossiche, è legato alle tendenze del cancro pediatrico.

Il programma di vaccinazione infantile si è notevolmente ampliato nello stesso periodo di tempo. Ci sono buone ragioni per sospettare che il programma di vaccinazione sempre più gravoso, insieme ad altre esposizioni infantili a sostanze tossiche, è legato alle tendenze del cancro pediatrico. Anche se molteplici aspetti della vaccinazione possono mettere in moto il meccanismo del cancro – compresa l’interferenza dei vaccini con il normale sviluppo del sistema immunitario e gli ingredienti sinergicamente neurotossici del vaccino – un probabile ma raramente discusso contributo può anche essere la presenza nei vaccini di virus e altri contaminanti che non dovrebbero esserci.

Imparare dalla storia

Molti vaccini per l’infanzia sono vaccini virali: poliovirus, morbillo-parotite-raubella (MPR), varicella e rotavirus, per citarne alcuni. Per produrre i vaccini, gli scienziati devono coltivare il virus in condizioni controllate, modificandolo in qualche modo cosicché non causi il danno che si suppone dovrebbe prevenire. Tuttavia, come dimostra la storia del vaccino, la presenza di agenti accidentali e contaminanti nei vaccini virali è stato un problema ricorrente. Ad esempio:

I produttori di vaccini sono interessati a utilizzare linee cellulari continue (che possono riprodursi a tempo indeterminato) per i vaccini virali, comprese le linee cellulari di tumori umani e le linee cellulari che causano tumori negli animali da laboratorio.

Dalla metà degli anni ’50 agli inizi degli anni ’60, fino a un terzo dei vaccini antipolio negli Stati Uniti sono stati contaminati dal virus scimmia 40 (SV40), che proveniva dalle colture di cellule renali di scimmia utilizzate per produrre i vaccini. Un gruppo di lavoro dell’Istituto di medicina (IOM) ha riferito nel 2002 che l’SV40 può «produrre effetti patologici in ospiti immunocompromessi o in specie che non lo ospitano». Il gruppo di lavoro ha concluso che «linee di evidenza biologica da moderate a forti supportano la teoria che la contaminazione da SV40 del vaccino antipolio potrebbe contribuire ai tumori umani» e che l’SV40 «è probabilmente presente in alcuni tumori umani». Il gruppo di lavoro ha anche valutato le preoccupazioni sui contaminanti vaccinali “involontari” come “significative a causa della gravità dei tumori come possibili effetti avversi sulla salute” [enfasi nell’originale].

I ricercatori hanno avvertito per lungo tempo che l’integrazione di materiale genetico di una specie non affine è un rischio dei vaccini geneticamente modificati e la storia dei due vaccini anti rotavirus geneticamente modificati lanciati a metà degli anni 2000 dimostra che questa preoccupazione è giustificata. Nel 2010, un gruppo di ricerca accademica ha scoperto “inaspettatamente” che entrambi erano contaminati con il DNA di due circovirus suini. I virus dei suini sono stati scoperti per caso quando i ricercatori hanno condotto “una nuova analisi altamente sensibile, non utilizzata abitualmente per lo screening degli agenti accidentali”. Uno dei virus suini in questione è associato a grave deperimento e immunodeficienza nei suini. Gli effetti a lungo termine negli esseri umani sono ancora sconosciuti.
Il libro Plague di Judy Mikovits del 2014 discute di come «coltivando i virus umani nei tessuti e nelle cellule animali… poi reiniettando quel materiale negli esseri umani, si potrebbero introdurre nuovi virus animali nella popolazione umana» con conseguenze catastrofiche. Riflettendo sul suo lavoro con i virus dei topi, la dottoressa Mikovits ha dichiarato recentemente: «ogni scienziato che lavora con questi virus e ha lavorato presso il National Cancer Institute ha riconosciuto la possibilità che se si mettono insieme tessuto umano e tessuto di topo, la possibilità è che si sta andando a prendere un virus che è silente nel topo (cioè non fa male al topo) ma uccide l’uomo o causa gravi malattie nell’uomo… [ma] si potrebbe non vedere il cancro per due decenni».
Nel 1999, un organismo di regolamentazione di primo piano dell’FDA si è apertamente preoccupato delle linee cellulari tumorigene a fluorescenza verde per i vaccini, alla luce della loro nota capacità di provocare tumori maligni negli animali da laboratorio. Il funzionario ha ammonito: «è molto importante assicurare che queste sostanze siano sicure prima che siano somministrate alle persone».

Il peggio deve ancora accadere?

Normalmente, i ceppi cellulari possono dividersi solo un numero finito di volte, ma le tecniche di coltura cellulare sono cambiate quando gli scienziati hanno scoperto negli anni ’50 che potevano creare linee cellulari «immortali» o «continue» (CCL) – linee cellulari che si riproducono indefinitamente – dalle cellule tumorali. Oltre a CCL di derivazione tumorale, i successivi progressi nella virologia e nella biotecnologia hanno reso possibile l’uso di CCL «tumorigene» geneticamente modificate (il che significa che possono causare tumori negli animali). Alcune linee cellulari manipolate in laboratorio sono costrette all’immortalizzazione attraverso l’introduzione di geni di virus che causano tumori.

Storicamente, la Food and Drug Administration (FDA) si è astenuta dal permettere l’uso di questi tipi di linee cellulari nei vaccini, a causa della «preoccupazione» per il loro «potenziale di trasmissione di malattie infettive e/o cancro». Nel 1999, un organismo di regolamentazione di primo piano dell’FDA si è apertamente preoccupato delle linee cellulari tumorigene a fluorescenza verde per i vaccini, alla luce della loro nota capacità di provocare tumori maligni negli animali da laboratorio. Il funzionario ha ammonito: «è molto importante assicurare che queste sostanze siano sicure prima che siano somministrate alle persone».

Tra le «maggiori preoccupazioni di sicurezza» citate in relazione all’uso nei vaccini di linee cellulari derivate da tumori e tumorigene, la FDA ha riconosciuto la possibilità che i vaccini contengano cellule vive residue in grado di produrre tumori negli esseri umani, DNA residuo, virus accidentali (provenienti da altre fonti) e fattori «sconosciuti» che causano il cancro. Riassumendo sul suo sito web, l’agenzia ha recentemente dichiarato:

«Alcune di queste linee cellulari che hanno la capacità di sviluppare tumori possono contenere virus cancerogeni che non si riproducono attivamente. Tali virus sono difficili da individuare con metodi standard. Questi virus latenti, o ”silenti”, rappresentano una potenziale minaccia, poiché potrebbero diventare attivi nelle condizioni di produzione del vaccino».

Catering per l’industria

«le linee cellulari derivate da tumori possono essere il substrato ottimale e in alcuni casi l’unico substrato cellulare che può essere utilizzato per la moltiplicazione di alcuni virus vaccinali».

Nel tempo la FDA ha autorizzato (per l’uso in vaccini virali) due CCL derivate da animali apparentemente sani, tra cui una da cellule di rene di scimmia verde africana (vaccino anti-polio inattivato e vaccini anti rotavirus) e una linea cellulare di rene canino approvata per alcuni vaccini antinfluenzali inattivati. Nel frattempo, i produttori di vaccini hanno continuato a sollecitare l’FDA ad approvare linee cellulari tumorali e tumorigene per la produzione di vaccini virali, attratti dalla capacità delle linee cellulari di «produrre grandi quantità di vaccino». Queste richieste sembrano dare i loro frutti. Nel 2012, ponendo le basi per decisioni più favorevoli ai produttori, un documento dell’FDA ha espresso l’opinione che il «repertorio attuale» di linee cellulari di derivazione animale è «inadeguato» per il lavoro e che «le linee cellulari derivate da tumori possono essere il substrato ottimale e in alcuni casi l’unico substrato cellulare che può essere utilizzato per la moltiplicazione di alcuni virus vaccinali».

Nel documento del 2012, i responsabili dei vaccini dell’FDA hanno accennato all’inquietante possibilità che essi possano rilasciare autorizzazioni generiche piuttosto che rivedere le nuove linee cellulari caso per caso: «le raccomandazioni del comitato consultivo saranno applicabili ad altre linee cellulari di origine tumorale (umane e non umane) proposte per la produzione di vaccini in futuro».

Come intende l’FDA garantire la sicurezza dei vaccini virali prodotti utilizzando linee cellulari di origine tumorale e tumorigene? Le «nuove tecnologie» sono apparentemente la risposta. La FDA afferma:

«Il nostro laboratorio sta studiando modi per attivare i virus latenti nelle linee cellulari e per rilevare i virus attivati, così come altri virus sconosciuti, utilizzando nuove tecnologie… Questi metodi permetteranno agli scienziati della FDA di aiutare i produttori a determinare se il loro specifico substrato cellulare è sicuro da usare per la produzione di vaccini».

Parlando di problemi di sicurezza, uno scienziato Merck ha anche recentemente riposto la sua fiducia nelle «nuove tecnologie», affermando che «alcune nuove tecnologie possono… devono essere sviluppate» per affrontare la «complessità» di eliminare e inattivare i virus e prevenire un’ampia gamma di potenziali scenari «pessimistici» di eliminazione dei virus.

Gettando la cautela al vento

Nella folle corsa allo sviluppo di un numero sempre maggiore di vaccini, pochi si chiedono se i vaccini virali possano alterare l’equilibrio ospite-virus e aprire la porta a immunosoppressione e a esiti avversi nei bambini vulnerabili.

Ci sono molte complessità di cui le vaghe rassicurazioni della FDA non tengono conto. Ad esempio, coloro che studiano i virus – le «entità biologiche più abbondanti e diversificate del pianeta» – riconoscono che, nella maggior parte degli individui, virus e ospite raggiungono un «equilibrio altamente complesso» che non solo permette alla persona «di tollerare la presenza continua del virus senza danni apprezzabili… ma può anche conferire benefici per la salute, come la protezione contro il cancro offerta dalle infezioni infantili acute come il morbillo». Questi benefici a lungo termine sono annullati quando le infezioni infantili sono soppresse attraverso la vaccinazione. Quando il delicato equilibrio tra virus-ospite viene «rotto» da «insulti» genetici e/o ambientali (insulti che probabilmente includono vaccini carichi di tossine), l’equilibrio può spostarsi «verso il lato patologico», una situazione spesso caratterizzata da «immunosoppressione, infiammazione, autoimmunità e cancro». Queste patologie sono caratteristiche dell’ASD, di altre malattie neurodegenerative e del cancro.

Nella folle corsa allo sviluppo di un numero sempre maggiore di vaccini, pochi si chiedono se i vaccini virali possano alterare l’equilibrio ospite-virus e aprire la porta a immunosoppressione e a esiti avversi nei bambini vulnerabili. Se le linee cellulari di origine tumorale e tumorigene entrano in uso diffuso nei vaccini virali, potrebbero verificarsi potenziali «scenari peggiori» che includono un ulteriore aumento del cancro infantile? Dato che i meccanismi usati per creare linee cellulari immortalizzate sono gli stessi meccanismi che le cellule tumorali usano per crescere fuori controllo, i responsabili della regolamentazione dei vaccini dovrebbero esercitare la massima cautela, piuttosto che gettare la cautela al vento per compiacere l’industria dei vaccini.

Approfondimento sul vaccino Pfizer Covid19

Nuovo Vaccino Covid-19: Necessarie verifiche superpartes rigorose, massima trasparenza e rispetto del diritto alla volontarietà

La compagnia farmaceutica Pfizer ieri ha annunciato di aver realizzato un vaccino considerato “rivoluzionario” perché RNA-based. Ovvero che non agisce col sistema del “virus attenuato” bensì va a modificare la risposta dell’RNA delle nostre cellule in relazione al virus e secondo quanto dichiarato da Pfizer sicuro al 90%.
L’articolo medico apparso su Nature (vedi link: https://www.nature.com/articles/s41586-020-2814-7) spiega sia il funzionamento che il tipo di test condotti su questo vaccino chiamato mRNA BNT162b. Difficile per i più avere le conoscenze necessarie a comprendere in toto i vari aspetti tecnico-scientifici e le possibili implicazioni del lavoro condotto da Pfizer in collaborazione con Biontech.
Difficile, perciò, sulla base dei soli dati provenienti dalla stessa casa produttrice, valutare la qualità e la sicurezza per la salute umana di questo vaccino, (di cui Pfizer afferma averne prodotte già 50.000 dosi).

I test condotti da Pfizer sul vaccino anticovid
 
Indurre risposte vaccinali protettive nei volontari giovani e sani è già di per sé una sfida. Come riportato dalla stessa Pfizer cit: “La popolazione dello studio condotto era costituita da maschi sani e femmine non gravide con un’età media di 37 anni (range 20-56 anni) con uguale distribuzione per sesso. La maggior parte dei partecipanti era bianca (96,7%) con un partecipante afroamericano e uno asiatico”, per un totale di 60 partecipanti divisi i 5 gruppi di 12.
I soggetti vaccinati con BNT162b1 hanno ricevuto differenti dosi di vaccino a seconda del gruppo, la prima dose il giorno 1 e una dose di richiamo il giorno 22, ad eccezione di due individui di un gruppo – che stando almeno a quanto dice Pfizer hanno interrotto la partecipazione per “motivi non correlati al farmaco in studio”. Senza peraltro specificare né rendere pubblici quali siano questi motivi non correlati al farmaco. Ad ogni modo, tradotto percentualmente su un campione così ristretto di 12 persone 2 persone rappresentano ben il 16,7%.
Sempre da quanto reso pubblico da Pfizer alla voce “Dati preliminari di sicurezza e tollerabilità” si può leggere:
“In breve, non si sono verificati eventi avversi gravi e nessun ritiro dovuto a eventi avversi correlati per qualsiasi dose. – salvo poi, andando a leggere nel dettaglio riportato che anche nei soggetti che hanno continuato i test cit: – “2 soggetti su 12 (16,7%) hanno manifestato grave reattogenicità locale, 6 soggetti su 12 (50%) hanno riferito grave reattogenicità sistemica (principalmente mal di testa, brividi, affaticamento o dolore muscolare); e 1 soggetto su 12 (8,3%) ha riportato febbre.”
Restano inspiegate le cause del ritiro di due partecipanti in uno dei gruppi da 12.
Tutto questo su un campione molto ristretto di soggetti sani, di età mediamente giovane e in buone condizioni fisiche, tutt’altro discorso è poter ottenere queste stesse risposte in persone più vulnerabili a causa della vecchiaia, dell’obesità, di malattie pregresse o di trattamenti immunosoppressori. In questi casi tutto diventa esponenzialmente molto più difficile.
Detta in altre parole specie nelle categorie più vulnerabili, esiste un rischio concreto e alto che un vaccino basato su questi soli dati e con tali presupposti, non solo potrebbe aumentare potenzialmente gli effetti collaterali e la reattogenicità in soggetti più vulnerabili, ma in caso di malattia esporli anche al rischio che aumenti la gravità stessa del COVID-19.

Il concetto di sicurezza per la salute umana

Il COVID-19 è una malattia ancora poco conosciuta, ma ciò che ben si è capito è che la sua gravità deriva chiaramente da risposte immunitarie inappropriate, eccessive e/o inadeguate. Questo il motivo per cui molti trattamenti sono attualmente finalizzati a rallentare, e non tanto a stimolare, le risposte immunitarie/infiammatorie.
Uno dei rischi principali non dichiarati ovviamente dalle aziende che hanno allo studio i vari candidati vaccini, è quello di indurre due tipi di risposte la prima quella per così dire positiva di produrre anticorpi di tipo neutralizzanti, ovvero in grado di bloccare il virus prima del suo ingresso nelle cellule, la seconda invece, quella collaterale e che porta in sé i maggiori rischi, è la risposta legata alla produzione di anticorpi non neutralizzanti in grado di legarsi agli stessi coronavirus, nel sito stesso che in teoria dovrebbe bloccare la capacità del virus di infettare le cellule, e che invece tramite gli anticorpi non neutralizzanti, legandosi al virus possono facilitare l’ingresso del virus stesso nelle cellule e la loro infezione, invece di bloccarla (Antibody-Dependent-Enhancement).
Questo fenomeno è stato già in precedenza osservato con il SARS-Cov-1 e con il MERS-CoV. Perciò si sospetta, purtroppo, che potenzialmente tale effetto collaterale specie nei soggetti più vulnerabili possa verificarsi anche con il COVID-19.
È per questo motivo che è necessaria non solo estrema prudenza, ma tempi di sperimentazione prolungati e vasti campioni significativi.

I modelli animali utilizzati per confermare o confutare questo rischio sono complessi. Gli studi classici di vaccinazione, che consistono nel verificare che i vaccini siano ben tollerati seguendo dei volontari per settimane o per mesi, non potranno rispondere in modo esauriente a questa domanda, per avere un quadro esaustivo, dovremo, o aspettare che questi volontari vaccinati siano esposti al SARS-Cov-2, o esporli ad esso volontariamente, cosa che non è possibile in assenza di un trattamento efficace, oltremodo testato e più che sicuro, perché in caso di ADE significherebbe provocare in questi soggetti potenziali gravi danni alla salute fino anche il possibile rischio di morte

A questo punto anche ai non tecnici credo sia abbastanza facile comprendere che ci debba essere estrema prudenza, specie in relazione ad una possibile campagna di vaccinazione su larga scala con quest’ultimo vaccino prodotto da Pfizer, così come su altri possibili candidati vaccini, vuoi perché ci si dovrebbe basare esclusivamente sui soli studi e dati pubblicati dalle stesse case produttrici del vaccino, vuoi perché i dati numerici come in questo caso appartengono un campione estremamente ridotto, per di più condotto solo su soggetti sani e giovani, vuoi anche per la natura degli stessi risultati, che hanno dimostrato comunque risultati controversi, con effetti collaterali e reattogenicità a vari livelli, anche gravi, tali che, in un gruppo, in un campione pari al 16,7% si è dovuto procedere ad un loro ritiro dai test, senza che di ciò sia ancora stato specificato in modo esaustivo e trasparente il motivo, vuoi infine perché sui soggetti oggetto del test, per i motivi sopra esposti, non è stato ancora possibile verificare gli effetti della risposta del loro sistema immunitario qualora esposti direttamente alla Sars Cov 2.

Ulteriori aspetti secondari:

Bisogna infine tenere in conto due questioni forse meno importanti ma altrettanto significative da prendere in considerazione riguardo la corretta gestione di un possibile vaccino:
1) La questione tecnica non indifferente che a causa della natura stessa del vaccino almeno ad esempio quello prodotto dalla Pfizer, che impone la sua conservazione e il suo trasporto a temperature oltremodo basse e difficilissime da mantenere all’interno di una filiera a -80 C°.

2) Secondo gli stessi studi condotti da Pfizer, l’efficacia di questo tipo di vaccino per essere garantita fa sì che il vaccino stesso debba essere periodicamente richiamato per stimolare e attivare la risposta del nostro sistema immunitario in difesa della Sars Cov-2.


Aspetti etici e di cattiva condotta delle case farmaceutiche:

Inoltre, quando si ha a che fare con la salute umana e come in questo caso con possibili rimedi diretti a milioni di persone è necessario anche valutare l’aspetto etico, di affidabilità, di trasparenza, di correttezza che devono necessariamente risiedere all’interno di una qualsiasi organizzazione pubblica o privata che proponga determinati prodotti destinati alla cura delle persone. Tali prodotti e presidi medici debbono scaturire da progetti e dall’evidenza più che comprovata e trasparente di risultati scientifici seri e oltremodo verificati da più soggetti. Questo dovrebbe essere lo spirito che muove la case farmaceutiche, specie in considerazione del fatto che la qualità del loro lavoro può salvare oppure se portato avanti in modo scorretto distruggere vite umane. Per questo credo sia doveroso in questo processo valutare anche l’aspetto etico. Purtroppo sono ormai numerosi i casi che spesso hanno visto coinvolte le grandi compagnie farmaceutiche in cause e conseguenti processi sia di natura penale che civile, processi dove diverse aziende che in teoria avrebbero dovuto apportare cure e tutela della salute umana, col loro operato spesso ne hanno attentato, spinte dalla bramosia di profitto. La Pfizer in particolare, ma purtroppo non è la sola, vanta già numerose cause e processi su cui sarebbe il caso di mettere attenzione. Oltremodo numerose le istanze e i giudizi a suo carico per cattiva condotta, molte delle quali hanno visto il celebrare di processi civili e penali passati già in giudicato, a fronte dei quali il colosso farmaceutico statunitense è stato più volte condannato a risarcimenti plurimiliardari. A seguire il lungo e preoccupante elenco di casi che hanno visto la Pfizer essere accusata di cattiva condotta:

-1. Contenzioso sui prezzi all’ingrosso medi alle Hawaii:

Lo stato delle Hawaii si è accordato con dozzine di aziende farmaceutiche, tra cui Merck, Pfizer, GlaxoSmithKline e Novartis tutte accusate di aver ingannato il programma Medicaid delle Hawaii per più di un decennio gonfiando in modo fraudolento i prezzi dei farmaci da prescrizione. L’importo totale della frode è stato di 82,7 milioni di dollari.

-2. Ispezione della Food Drugs Administration dell’impianto Pfizer di New York City:

Un’ispezione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense presso la sede di Pfizer a New York, condotta da giugno ad agosto 2009, ha rilevato violazioni dei requisiti di segnalazione PADE (Postmarketing Adverse Drug Experience) in relazione a molti dei suoi prodotti, tra cui Lipitor, Selzentry, Lyrica, Camptosar e Viagra. Le violazioni includevano la mancata presentazione alla FDA di rapporti sull’Esperienza di farmaci avversi (ADE) entro il tempo richiesto; procedure scritte inadeguate per la sorveglianza, la ricezione, la valutazione e la segnalazione di eventi avversi; mancata presentazione alla FDA di casi avversi con farmaci Pfizer che in vari pazienti hanno avuto effetti collaterali sia gravi che inaspettati.

-3. Commercializzazione illegale di Bextra e altri farmaci:

Nel settembre 2009, Pfizer ha accettato di pagare 2,3 miliardi di dollari (il prezzo più alto mai pagato nella storia risarcimento da un compagnia farmaceutica) per risolvere le accuse civili e penali federali e statali secondo cui Pfizer aveva commercializzato illegalmente quattro farmaci Bextra, Geodon, Zyvox e Lyrica con l’intento comprovato di frodare o fuorviare promuovendo i farmaci per usi non approvati. Inoltre 1,3 miliardi di dollari sono stati ulteriormente pagati dalla controllata Pfizer Pharmacia & Upjohn Company, Inc., che dopo patteggiamento al processo si è dichiarata colpevole di una violazione criminale del Food, Drug and Cosmetic Act per la sua promozione di Bextra.
Pfizer ha pagato una multa civile di 1 miliardo di dollari per risolvere le accuse di aver promosso illegalmente i farmaci per usi non approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e di aver presentato false dichiarazioni ai programmi Medicare e Medicaid.

-4. Commercializzazione illegale di Neurontin:

Pfizer ha accettato in patteggiamento di dichiararsi colpevole di aver violato il Federal Food, Drug, and Cosmetic Act e di pagare ai governi federali e statali più di 430 milioni di dollari di multe civili e penali per risolvere le false accuse che la Warner-Lambert, (società che Pfizer ha acquisito nel 2000) commercializzando illegalmente il suo farmaco contro l’epilessia Neurontin tra il 1996 e il 2000.

-5. False affermazioni sul farmaco Lipitor

Nell’ottobre 2002, Pfizer e le sue sussidiarie Warner-Lambert e Parke-Davis hanno pagato 49 milioni di dollari per risolvere le accuse del False Claims Act secondo cui aveva evitato in modo fraudolento di pagare sconti dovuti ai programmi sanitari statali e federali omettendo di riportare i prezzi migliori per il suo farmaco per il colesterolo Lipitor.
Parke-Davis Labs, allora una sussidiaria di Warner-Lambert, che è stata successivamente acquisita da Pfizer nel 2000, presumibilmente ha sovrastimato il miglior prezzo Lipitor nel primo e nel secondo trimestre del 1999.

-6. Commercializzazione illegale di Genotropin:

Nel 2007, le filiali Pfizer Pharmacia & Upjohn Company, Inc. e Pharmacia & Upjohn Company, LLC hanno pagato 34,7 milioni di dollari per risolvere gli addebiti derivanti dalla commercializzazione off-label di Genotropin (un medicinale per l’ormone della crescita umano) e dal suo inappropriato avendo stipulato contratti fraudolenti con i promotori medici per aumentare le vendite di altri medicinali.

-7. Test illegali in Nigeria:

Nel luglio 2009, Pfizer ha accettato di pagare 75 milioni di dollari al governo nigeriano per regolare le accuse penali e civili secondo cui la società ha testato illegalmente un antibiotico sperimentale chiamato Trovan su bambini durante un’epidemia di meningite del 1996. Le autorità nigeriane sostengono che il test di Trovan di Pfizer, per il quale non aveva ottenuto il consenso in modo appropriato, ha ucciso 18 bambini e ne ha resi disabili otre 200.

-8. Causa McClain contro Pfizer (Whistleblower Retaliation):

Nell’aprile 2010, una giuria federale del Connecticut ha assegnato 1,4 milioni di dollari di risarcimento danni all’ex scienziata Pfizer, Becky McClain, che ha affermato di essere stata licenziata quando ha cercato di sollevare preoccupazioni sulla sicurezza del lavoro di ingegneria genetica in corso presso il laboratorio Pfizer nella sede di Groton.
La McClain, biologa molecolare in forze alla Pfizer, in quella causa affermò di essere stata ingiustamente licenziata per aver lamentato un’attrezzatura di sicurezza difettosa che permise a un pericoloso lentivirus di infettare lei e alcuni dei suoi colleghi. La biologa Mc Clain in seguito è stata risarcita e la Pfizer condannata per il non rispetto dei parametri di sicurezza lavorativi.

– 9. Marchio errato della pagina web di Lipitor:

La Food and Drug Administration (FDA) statunitense nel 2013 ha citato Pfizer per aver violato il Federal Food, Drug, and Cosmetic Act in merito alla sua pagina web Lipitor “Online Resources”. La FDA ha affermato che la pagina web era fuorviante perché ha fornito dichiarazioni e / o suggerimenti mendaci e ingannevoli sull’efficacia dei prodotti Caduet, Chantix e Norvasc, omettendo inoltre di comunicare alcune informazioni fondamentali sui rischi associati all’uso di questi farmaci.

Questi alcuni dei fatti che ad oggi hanno visto coinvolta Pfizer che fanno sì quantomeno si debba mostrare molta prudenza.

Verifiche superpartes rigorose, estese e accurate:

Altro aspetto di primaria importanza è il richiedere, e se serve pretendere, che i test e il campionamento di questo come di un qualsiasi altro possibile vaccino, vengano realizzati su campioni estesi e significativi, con tempi adeguati, che tengano in conto delle possibili risposte avverse nei soggetti più vulnerabili, che prevedano forme di verifica superpartes, accurate rigorose, oltremodo sicure e rispettose della salute umana. Verifiche che vengano condotte in modalità allargate ed estese a più soggetti di controllo in specie pubblico, tali che si possa garantire in modo trasparente e inequivocabile sia la massima sicurezza e tutela per la salute umana, che la qualità dei lavori condotti. Tutto questo a prescindere della compagnia farmaceutica produttrice, che vada oltre le dichiarazioni dei possibili produttori, e e soprattutto atte a scongiurare nel modo più assoluto, una possibile risposta secondaria del nostro sistema immunitario, indicata invece come possibile da altri studi, che vedono nelle persone testate in caso di successiva infezione da Sars Cov2, la possibile produzione di anticorpi non neutralizzanti che si legano al virus stesso, e che potenzialmente possono addirittura aggravare il quadro clinico della malattia da Covid-19.

Il rispetto del diritto alla volontarietà da garantire in ogni Stato di diritto: 

Infine, come in ogni Stato di diritto che si rispetti, a maggior ragione in questo caso di emergenza sanitaria, dove con il possibile sviluppo di un vaccino per la Sars Cov 2, ci veniamo a trovare in modo inequivocabile nella necessità di condurre lunghe, estese e accurate fasi di sperimentazione sulle persone, è necessario che nei criteri di somministrazione sia di questo annunciato da Pfizer, come di altri possibili futuri vaccini per la Sars Cov-2, venga garantito in modo inalienabile e indiscutibile il diritto alla volontarietà, da assicurare e tutelare senza se e senza ma nei confronti di ogni soggetto.

Fonti: 



http://www.renovatio21.com/cancro-e-vaccini/

https://www.corriere.it/cronache/20_novembre_10/07-interni-documentofcorriere-web-sezioni-65d2bb10-22c9-11eb-bd01-ee72f0d01280.shtml