venerdì 30 ottobre 2020

Lo yuan digitale cinese è una cyber-arma economica, ma gli Stati Uniti sono sulla via del disarmo

UN'EVENTUALE VITTORIA DI BIDEN ALLE PRESIDENZIALI CONSEGNEREBBE GLI STATI UNITI ALLA CINA E IL DOLLARO VERREBBE SURCLASSATO DA UNA NUOVA MONETA DIGITALE CINESE USATA COME CYBER ARMA. LA CINA TIFA BIDEN....

La Cina brucia le tappe per lanciare la propria Central Bank Digital Currency, mentre la Fed ritiene che non ve ne sia bisogno negli USA



I regolatori ed i legislatori sono preoccupati che una valuta digitale da parte di Facebook possa competere con le valute nazionali. Hanno affrontato il problema approvando leggi che bloccano l’innovazione, impedendo a Big Tech di entrare nel mondo della finanza.

Eppure c'è una minaccia che nessuna legislazione può reprimere, accentuata dalle reazioni ottuse di un inesperto Congresso degli Stati Uniti. La prospettiva di una moneta digitale cinese usata come arma è un preoccupante pericolo per la sicurezza nazionale, e gli Stati Uniti dovrebbero sfruttare il potere di Big Tech per affrontarla e sconfiggerla.

Dall'altra parte del mondo la Cina sta correndo nella direzione opposta, ironicamente stimolata anche dallo spauracchio di Libra, la moneta digitale di Facebook. Nel bel mezzo di una guerra fredda economica con gli Stati Uniti, la Cina sta sviluppando una potente cyber-arma, lo yuan digitale, che punta a detronizzare il dollaro dal suo dominio economico globale.

Per reagire in modo strategico e proteggere la sicurezza nazionale, gli Stati Uniti hanno bisogno di una risposta coordinata che faccia leva sulle proprie aziende tecnologiche, non che le disarmi.

La promessa, e la minaccia, di uno yuan digitale è che esso possa alimentare ed estendere la tecnologia online della Cina per creare un mercato comune globale. Vaste fasce della popolazione mondiale non hanno accesso alle banche. L'Indonesia, ad esempio, ha una delle popolazioni più numerose al mondo e registra più cellulari che persone. Ma oltre il 60% degli abitanti non possiede un conto bancario.

Gli indonesiani non sono i soli. Secondo la Banca Mondiale, 1,7 miliardi di adulti in tutto il mondo usano il contante perché non hanno dei conti correnti. Tuttavia, circa due terzi di queste persone (1,1 miliardi) possiedono un cellulare che può essere utilizzato per effettuare e ricevere pagamenti. Nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, i telefoni cellulari sono pronti a diventare banche.
La Cina spinge l'acceleratore sui pagamenti mobile-first

La Banca dei Regolamenti Internazionali riferisce che negli ultimi dieci anni i rapporti bancari transfrontalieri sono diminuiti di circa un quinto. Abbassare il profilo di rischio è una delle ragioni principali di questo mutamento. Le banche stanno abbandonando tali rapporti a causa di obblighi di conformità estesi e costosi, che mirano a contrastare il riciclaggio e reprimere l'evasione fiscale. Ciò si traduce in costi più elevati che danneggiano i paesi che dipendono dalle rimesse per fornire una fonte critica del reddito familiare ed una parte sostanziale del prodotto interno lordo. Questi costi, a loro volta, creano pressioni per spostare i pagamenti al di fuori del sistema bancario verso canali non bancari.

La Cina sa come sfruttare i telefoni cellulari e la tecnologia finanziaria per sfidare e oltrepassare i limiti delle banche tradizionali. In Cina, i pagamenti mobili si sono diffusi a macchia d'olio perché non esisteva un sistema di carte di credito o di debito. Alipay e WeChat Pay ora gestiscono più pagamenti al mese di quanto non facesse PayPal nel 2017 (451 miliardi di dollari). Insieme hanno più di 1,7 miliardi di clienti attivi in tutta la Cina. Per contro, Apple Pay, che è installato su ogni iPhone, è attivato solo su 383 milioni di telefoni. 

Alipay e WeChat Pay sono stati sviluppati da Alibaba, il più grande rivenditore al dettaglio e società di e-commerce del mondo con un market cap che ha quasi toccato i 600 miliardi di dollari prima della crisi legata al coronavirus (e si attesta ancora a oltre 510 miliardi di dollari), e Tencent, una delle più grandi società di social media al mondo e la prima società asiatica a superare un valore di mercato di 500 miliardi di dollari. Insieme, hanno unito social media, e-commerce e pagamenti per creare un'infrastruttura commerciale online avanzata, che sovrasta le capacità delle Big Tech occidentali.

Alibaba, ad esempio, ha creato un motore di vendita online per i consumatori che è più potente di Amazon e dei suoi colleghi. Nel 2019, le vendite del Singles Day di Alibaba hanno raggiunto oltre 31 miliardi di dollari, mentre le vendite online del Black Friday e del Cyber Monday degli Stati Uniti sono state rispettivamente di circa 7,4 miliardi di dollari e 9,4 miliardi di dollari. Inoltre, durante il picco di spesa del 2019 per il Singles Day, il motore Alibaba ha gestito 544.000 ordini al secondo. Questo supera di gran lunga la capacità globale dichiarata da Visa di 65.000 transazioni al secondo. 

Il successo ha portato queste aziende a migrare verso i servizi finanziari. Ant Financial, la società madre di Alipay, è la startup fintech con maggiore valutazione del pianeta. Ospita il più grande fondo del mercato monetario del mondo, con la liquidità di quasi 600 milioni di utenti della sua rete di pagamenti mobili. Tencent è diventata una delle più grandi società di investimento al mondo. 

Tencent e Ant Financial sono partner ideali per il lancio dello yuan digitale. Possono fornire l'infrastruttura dei mobile wallet e collegare gli utenti alle piattaforme di e-commerce e servizi finanziari. È importante sottolineare che possono collaborare con la People's Bank of China per distribuire lo yuan digitale all'estero. 
Costruire la Nuova Via della Seta

Tutto questo si sposa perfettamente con l'iniziativa cinese "Belt and Road Initiative", che mira a costruire una nuova Via della Seta che colleghi l'Asia con l'Europa e l'Africa. Secondo Deutsche Bank, "la BRI raggiunge ben il 65% della popolazione mondiale, coprendo la metà del prodotto interno lordo (PIL) mondiale, il 75% di tutte le riserve energetiche conosciute e un quarto di tutti gli scambi transfrontalieri di beni e servizi". La distribuzione internazionale dello yuan digitale e dei mobile wallet collegherà direttamente le popolazioni attraverso la nuova Via della Seta e bypasserà le infrastrutture finanziarie esistenti. Fornirà a coloro i quali non hanno accesso ai servizi bancari una modalità per pagare online e risparmiare denaro.

A ulteriore sostegno del BRI, la finanza commerciale globale può essere rimodellata combinando lo yuan digitale con la tecnologia avanzata delle piattaforme commerciali per creare un pool di liquidità globale. Con il sostegno del presidente cinese Xi Jinping, la Banca Centrale Cinese si è mossa in questa direzione. Dato che le prime quattro banche al mondo sono cinesi, ha la forza patrimoniale per andare avanti con credibilità.

Con l'emergere del mercato dei token, uno yuan digitale sostenuto da PBoC avrà una notevole utilità (per la liquidazione istantanea dei pagamenti) e influenza, soprattutto in assenza di concorrenza da parte di altri attori statali. Entro il 2027, il 10% del PIL dovrebbe migrare verso gli asset digitali. 


Questi scenari dimostrano come la Cina possa fare leva su una valuta digitale ancorata alla moneta fiat per cogliere un'opportunità strategica unica di creare un sistema monetario internazionale multipolare e intaccare l'influenza economica degli Stati Uniti. 
Gli Stati Uniti sono pronti per il nuovo paradigma?

Non è chiaro, tuttavia, se gli Stati Uniti siano ben posizionati per affrontare questa minaccia macroeconomica. La banca centrale statunitense, la Federal Reserve, non ritiene che la moneta digitale sia necessaria, e si trova ad affrontare diverse altre sfide sul mercato interno, tra cui un'industria protezionista resistente all'innovazione e al cambiamento. 

Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ritiene che attualmente ci sia una scarsa domanda per una moneta digitale sostenuta della banca centrale. In una lettera del novembre 2019 al parlamentare French Hill, Powell ha suggerito che "molti dei problemi che la CBDC potrebbe potenzialmente affrontare non si applicano al contesto statunitense, tra cui lo scarso utilizzo del contante, settori bancari ristretti o altamente concentrati e, più in generale, infrastrutture di pagamento poco sviluppate. Il panorama dei pagamenti negli Stati Uniti è altamente innovativo e competitivo, con molte opzioni digitali veloci e affidabili disponibili per i consumatori. Non è ancora chiaro quale valore aggiunto potrebbe fornire una CBDC negli Stati Uniti".

Powell ha respinto lo yuan digitale dal punto di vista della privacy, facendo eco alle preoccupazioni espresse dai legislatori statunitensi su Libra, commentando che "avere un libro mastro in cui si conoscono i pagamenti di tutti" non sarebbe attraente per gli Stati Uniti. Powell, però, riconosce che Libra è “un campanello d’allarme” e che le valute digitali “stanno per arrivare”.

Powell afferma che gli Stati Uniti non si trovano ad affrontare la sfida di un'infrastruttura di pagamento poco sviluppata. Gli osservatori, però, sottolineano come le banche statunitensi soffrano della stessa scarsa integrazione tra loro e mancanza di pagamenti in tempo reale che sono terreno fertile per una valuta digitale. Secondo il Brookings Institute, "l'antiquato sistema di pagamento americano inasprisce le disuguaglianze di reddito con una portata molto più ampia di quanto comunemente si pensi". 

Negli Stati Uniti, il 6,5% di 129 milioni di famiglie non ha alcun accesso al sistema bancario, insieme ad altri 24,2 milioni di famiglie che hanno un accesso parziale. I conti correnti bancari gratuiti o a basso costo non sono più ampiamente disponibili e le fee sono aumentate, in particolare sugli scoperti e sulle commissioni sui fondi insufficienti. La mancanza di pagamenti in tempo reale penalizza i consumatori a basso reddito, più giovani, meno istruiti, appartenenti a una minoranza razziale o etnica, disabili o con redditi che variano notevolmente da un mese all'altro.

Il contesto storico della resistenza all'innovazione finanziaria

Nonostante gli Stati Uniti mantengano il più grande mercato dei pagamenti al mondo, sono anni indietro rispetto all'Europa nell'implementazione di un sistema di pagamento aperto e in tempo reale. I critici osservano che i consumatori statunitensi avrebbero potuto risparmiare oltre 100 miliardi di dollari se gli Stati Uniti avessero adottato i pagamenti in tempo reale nel 2007, quando lo ha fatto il Regno Unito. 

La stragrande maggioranza dei pagamenti americani si muove attraverso un sistema di compensazione automatizzato, l'ACH, che è di proprietà di un consorzio di grandi banche statunitensi e opera secondo principi di progettazione ideati anni fa, quando l'obiettivo era quello di abbandonare gli assegni cartacei. L'ACH è un sistema operativo batch che non offre spostamenti di fondi o pagamenti in tempo reale e solo le banche vi si possono collegare direttamente. Questo, di fatto, impedisce la concorrenza e mantiene i costi più elevati per i consumatori e le imprese.

Nel 2012, un'iniziativa di ACH per accelerare il sistema è stata bocciata da diverse grandi banche. All'epoca, gli analisti avevano commentato che le principali sfide per lo sviluppo dei pagamenti in tempo reale negli Stati Uniti sono "la scarsità di innovazione dimostrata dall'industria dei servizi finanziari e la sua mancanza di coraggio nel sperimentare nuovi modelli di pagamento che potrebbero minacciare gli attuali flussi di reddito". I pagamenti in tempo reale sono disponibili attraverso il sistema FedWire, gestito dalla Federal Reserve degli Stati Uniti, ma sono proibitivi per molti consumatori, costando tra i 25 e i 40 dollari per transazione.

L'ACH sta ora procedendo con un sistema Same-Day, ma in ogni caso, esso non fornisce pagamenti istantanei o trasferimenti di fondi in giornata. Le banche più piccole non aderiscono al sistema, in quanto è gestito dai loro principali concorrenti, e si rivolgono alla Federal Reserve affinché sviluppi un sistema di pagamenti 24 ore su 24 e in tempo reale. Questo progetto, chiamato FedNow, non dovrebbe essere lanciato prima del 2023 o del 2024. Le grandi banche lo considerano una concorrenza inutile, mentre le piccole banche cercano di assicurarsi che sia più giusto, in particolare per quanto riguarda i prezzi, rispetto alle opzioni esistenti.

Le banche hanno anche fatto attivamente pressione sul Congresso per impedire alla Fed di fornire a FedNow l'accesso alle organizzazioni fintech, citando le protezioni che le banche tradizionali offrono ai clienti e gli investimenti da loro effettuati nel sistema di pagamento.
FedNow opererà in parallelo a Zelle, un servizio di pagamento peer-to-peer creato nel 2017 e di proprietà di sette grandi banche. Zelle fornisce solitamente pagamenti istantanei tra conti bancari statunitensi facendo leva sui numeri di identificazione bancaria sulla rete ACH, anche se i limiti delle transazioni sono bassi. Il regolamento effettivo non è "in tempo reale", ma i membri accettano di rendere immediatamente disponibili i fondi. Circa 100 istituti finanziari sono presenti sulla rete Zelle. 

Venmo, una filiale di PayPal, è il principale rivale di Zelle. Venmo è un servizio di overlay che emula i pagamenti in tempo reale all'interno di un sistema a circuito chiuso, ma i fondi devono essere depositati e prelevati tramite conti bancari collegati e carte di credito idonee, il che aggiunge latenza al processo. 

In altri paesi, le banche centrali hanno fatto pressioni per ottenere sistemi di pagamento più veloci e hanno promosso la concorrenza riducendo il dominio e il controllo delle banche. Per contro, la Federal Reserve non ha un'autorità di regolamentazione o di vigilanza plenaria sul sistema di pagamento statunitense.
Il modello europeo

In Europa, sin dal 2008 sono in corso iniziative per ridurre i tempi di pagamento tra i conti dei clienti, da quando è stato lanciato dal Regno Unito il Faster Payment Service. Il percorso verso il Faster Payment Service è iniziato con una revisione della concorrenza bancaria commissionata dal Tesoro del Regno Unito.

Si è sviluppato in un mandato per guidare l'innovazione e offrire una maggiore scelta, una migliore qualità e prezzi più bassi per i consumatori, nonché la creazione di una potente autorità regolatrice dei sistemi di pagamento. L'iniziativa britannica è stata rafforzata in tutta Europa dalla prima direttiva sui servizi di pagamento, che ha fornito un quadro normativo per un mercato unico dei pagamenti nell'UE, o SEPA, e impone l'accredito delle transazioni al beneficiario entro il giorno lavorativo successivo. 

I governi europei continuano a guidare la concorrenza, l'innovazione e la trasparenza attraverso la legislazione sull'Open Banking. La seconda direttiva sui servizi di pagamento (PSD2), attuata nel 2018 in concomitanza con il lancio dei pagamenti istantanei SEPA (SCTInst), impone alle banche di fornire connettività a terzi per accedere ai dati dei conti dei clienti e per avviare i pagamenti in modo da poter creare nuovi prodotti e servizi. In particolare, PSD2 consente a società fintech, alle grandi aziende tecnologiche e ai rivenditori al dettaglio di qualificarsi come Payment Service Provider (PSP) e di competere direttamente con le banche.

I fornitori in grado di avviare servizi di pagamento da un conto bancario del cliente potrebbero includere Amazon, Google Pay, PayPal e Uber. Nel 2018, Transferwise è stato il primo PSP non bancario ad aderire a un sistema di pagamento del Regno Unito che processa le transazioni nella moneta della banca centrale. 
Escludere le fintech dal sistema finanziario

A differenza dell'Europa, gli Stati Uniti sono alle prese con il problema di consentire l'accesso al sistema bancario a soggetti non bancari. Nel 2019, a seguito della proposta di Libra da parte di Facebook, è partito un progetto di legge intitolato "Keep Big Tech Out of Finance", che impedirebbe alle grandi aziende tecnologiche di creare piattaforme per la gestione della moneta digitale. Questa risposta ha precedenti nella legislazione statunitense che separa le banche dal "commercio".

In origine, lo scopo era quello di impedire alle banche di impegnarsi in attività non bancarie e di perdere il denaro dei loro depositanti. Ma questa politica è stata invertita con il Bank Holding Company Act del 1956, emanato per impedire che una società commerciale, la Transamerica, diventasse un agglomerato bancario nazionale. Nella normativa, però, venivano previste delle eccezioni per alcune società commerciali, fino a quando Walmart cercò di entrare nel settore bancario, il che portò a proteste da parte di piccole banche e gruppi di lavoratori, a moratorie sulle concessioni di carte bancarie e a leggi esplicite di blocco. Alla fine del 2019, un giudice statunitense ha stabilito che un’autorità di regolazione nazionale, l'Ufficio del Controllore della Valuta, non ha l'autorità di emettere carte bancarie speciali che permettano alle fintech di accedere al sistema finanziario. 
Una falsa scelta tra innovazione e sicurezza

Impedire l'accesso da parte di soggetti non bancari permette di contestualizzare l'opposizione a Libra con l’argomento per cui Facebook dovrebbe necessariamente diventare una banca. Gli oppositori di questo progetto insistono sul fatto che se Facebook non lo fa, non ci sarà una protezione sufficiente della privacy e della sicurezza, o non sarà possibile controllare l’eventuale riciclaggio di denaro sporco. Ma questa è una falsa scelta. I critici vedono Libra come parte di una più ampia tendenza a confondere la finanza con il commercio, distinzione che essi intendono mantenere.

Da un punto di vista macroeconomico più ampio, Libra e le monete digitali hanno allarmato le banche centrali. Gli Stati temono di perdere il controllo dell'economia. La Commissione per i servizi finanziari della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti afferma che Libra porterà "a un sistema finanziario globale completamente nuovo, con base in Svizzera e destinato a competere con la politica monetaria statunitense e con il dollaro". Gli Stati Uniti non si sono tuttavia uniti a un gruppo di banche centrali - tra cui la Banca d'Inghilterra, la Banca del Giappone e la Banca Centrale Europea - che collaborano con la Banca dei regolamenti internazionali per valutare il potenziale di una CBDC. 
Perdere di vista la Cina

Mentre la Commissione per i servizi finanziari della Camera sottolinea come Libra sollevi gravi preoccupazioni per la sicurezza nazionale, non fa alcun riferimento al pericolo che viene dalla Cina. Questo punto cieco è curioso, perché uno degli scopi fondamentali dello yuan digitale è proprio quello di erodere il potere del dollaro. Preoccupata dalla prospettiva che Libra rafforzi il dominio del dollaro, la Cina sta accelerando il lancio dello yuan digitale e probabilmente supererà Libra sfruttando i canali di pagamento e i social media forniti da Alipay e WeChat. 

Lo yuan digitale, essendo controllato dallo Stato, rappresenta per gli Stati Uniti una tipologia di minaccia diversa da quella di una valuta digitale supportata dalle aziende. Lo yuan digitale potrebbe essere trasformato in un'arma tattica o strategica. Con la sua espansione lungo la nuova Via della Seta, la Cina sarebbe in grado di attuare una sorveglianza totale sull'attività economica di oltre la metà della popolazione mondiale, monitorando le abitudini di spesa e le relazioni di tutti. Tenendo in mano le chiavi di autorizzazione, la Cina potrebbe congelare le transazioni che non le piacciono o sequestrare i beni digitali bloccando a piacimento i wallet dei clienti. I sistemi di precursori sono già in fase di introduzione in Cina, dove un sistema di "crediti sociali" punisce o premia il comportamento individuale. Ha già bloccato l'acquisto di milioni di biglietti aerei. 

Come arma asimmetrica della guerra cibernetica, lo yuan digitale non solo potrebbe proteggere gli avversari statunitensi dalle sanzioni finanziarie e dalla sorveglianza, ma potrebbe anche essere usato come una maglio per colpire i governi ostili. Le banche centrali hanno espresso la preoccupazione che una moneta digitale possa ridurre i depositi bancari, peggiorando la capacità delle banche di erogare prestiti e di finanziare lo sviluppo. Ma se i social media venissero usati per minare la fiducia in un governo e la stabilità della sua moneta, la fuga di capitali dalle banche nazionali a favore dello yuan digitale potrebbe innescare una crisi di liquidità nazionale. 

Per affrontare la sfida della sicurezza nazionale, gli Stati Uniti devono abbandonare la tattica dell'inconsapevole disarmo unilaterale, causata dal bando di Big Tech dalla finanza. Il sostegno delle aziende tecnologiche statunitensi è vitale se gli Stati Uniti vogliono salvaguardare il dollaro e impedire alla Cina di costruire un mercato digitale globale dominante. Senza di esso, gli Stati Uniti non possono sfruttare la potenza della loro tecnologia, le loro competenze e la loro velocità per preservare la loro sicurezza nazionale. 

La domanda dei consumatori è la vulnerabilità nella superficie d'attacco globale in cui si potrebbe incuneare una valuta digitale usata come arma. Il riconoscimento della minaccia è, d’altro canto, requisito fondamentale per una difesa efficace.

Secondo Chris Giancarlo, ex presidente della U.S. Commodity Futures Trading Commission, "Il XXI secolo digitale è malamente servito da una valuta di riserva analogica". Un sondaggio del 2017 su 33.000 consumatori di servizi finanziari in 18 mercati rivela che più del 50% degli intervistati della Gen Y in Thailandia, Indonesia e Stati Uniti prenderebbero in considerazione di utilizzare servizi bancari di una società Big Tech.

Gli Stati Uniti devono bloccare e affrontare la Cina mentre avanza con lo yuan digitale. Non permettendo alle aziende tecnologiche di sfruttare la loro capacità innovativa, le loro competenze tecnologiche e la loro velocità, rischiano di far emergere una valuta globale che eclisserà il dollaro e ridurrà il potere degli Stati Uniti.

La rivista Charlie Hebdo e la longa manus dei Rothschild


MACRON E I ROTHSCHILD DIETRO LA STRAGE DI NIZZA. CHARLIE HEBDO E' DI PROPRIETA' DEI ROTHSCHILD DAL 2015. LA PROVOCAZIONE AL MONDO ISLAMICO E' SERVITA. LE VIGNETTE BLASFEME DI CHARLIE HEBDO COLPISCONO SEMPRE LA RELIGIONE CRISTIANA E QUELLA ISLAMICA, MA MAI LA RELIGIONE EBRAICA. LA PROSSIMA MOSSA? L'ITALIA COINVOLTA NELLE STRAGI IN FRANCIA PER LA SUA SCELLERATA POLITICA DI ACCOGLIENZA. IN ITALIA ABBIAMO ANCORA IL COPASIR? E QUANDO INTENDEVA "SUGGERIRE" AL NOSTRO GOVERNO CHE L'ACCOGLIENZA INDISCRIMINATA PROVOCA PROBLEMI SERI DI SICUREZZA NAZIONALE E DESTABILIZZAZIONE SOCIALE?!!

Nel mega-attentato dell’11 settembre, occorsero alcune coincidenze fortunate. La ZIM Shipping, compagnia israeliana di spedizione, che occupava l’intero 16° piano di una delle due Torri, traslocò il 4 settembre in un nuovo spazio uffici a Norfolk, Virginia. L’immobiliarista Larry Silverstein, fiero sionista, affittò l’intero World Trade Center per 99 anni il 24 luglio 2001, pagò una sola rata, pari a 124 milioni di dollari, e intanto subito assicuro entrambe le Torri, separatamente, per il caso di impatto aereo terroristico: per 7 miliardi di dollari. Distrutte le Towers, la Swiss Re, ha dovuto versare a Silverstein un risarcimento di 4.6 miliardi di dollari, un principesco compenso per un «investimento» di 124 milioni di dollari. Anche la strage alla Redazione di Charlie Hebdo avvenuta il 7 gennaio 2015 comporta alcune «coincidenze ebraiche».

Il padrone dell’Hyper Cacher aveva ceduto la sua ditta un giorno prima che Coulibaly vi facesse irruzione prendendo ostaggi gli avventori del negozio di Porte de Vincennes. Lo ha rivelato incidentalmente un giornale americano, il New York Post del 21 gennaio, perché è stato l’unico ad intervistare il proprietario: costui, di nome Michel Edmon Mimoun Emsalem, è infatti da poco cittadino statunitense. Ha trasferito tutta la famiglia a New York diversi mesi prima dell’attentato, per «metterla al sicuro dall’antisemitismo francese».

Il signor Mimoun Emsalem, oltre alla catena di negozi kasher, possiede la società finanziaria Emsalem, con un capitale di 2,5 milioni di euro. Gli affari della rete di supermercati kasher non andavano bene, da anni subivano perdite. Meglio vendere... prima.

La famiglia Rotschild ha acquisito Charlie Hebdo poco prima dell’attentato. Un giornalaccio che vendeva a malapena qualche migliaio di copie, di colto è passato a venderne 7 milioni. Un ottimo affare del tutto imprevisto. E pensare – come ha confidato il barone Philippe de Rotschild in una intervista al periodico economico olandese Quote – che la famiglia non voleva saperne di tale acquisto. «C’è stata una discussione riguardo all’acquisto compiuto da mio zio Edouard (de Rotschild), certi membri della famiglia volevano impedirlo, perché quel settimanale ci avrebbe dato un potere politico...». Noi Rotschild, dice il barone, non vogliamo assolutamente avere un potere politico.

Una delicatezza che non condivisa da altri settori del mondo ebraico francese. Patrick Drahi, miliardario franco-israeliano, variamente definito come «oligarca dei media» e «mafioso», fiscalmente domiciliato in Svizzera, già possessore di SFR (operatore di telefonia mobile) e Numéricable (internet via cavo), si è accaparrato anche Libération (il gauchiste-sionista), il settimanale L’Express, ed anche i24News, la tv israeliana di notizie in inglese che trasmette 24 ore su 24 la propaganda di Sion. Il tutto è riunito in un gruppo multimedia chiamato Mag&NewsCo, con l’altro socio di Drahi, Marc Laufer, ebreo di simile temperamento; Mag&NewsCo formerà il terzo gruppo mediatico in Francia per dimensioni. Drahi ha ospitato i superstiti di Charlie Hebdo dopo la strage, perché lavorassero al nuovo numero da 7 milioni di copie, nella sede di Libération.

La catena israeliana i24News di Drahi è stata la prima a rivelare che gli autori dell’attentato avvenuto da poche ore erano due franco-algerini e si chiamavano Kouachi. Coincidenza, era anche il primo giorno che la i24News cominciava a trasmettere in Francia. Manifesti pubblicitari che lo annunciavano erano stati affissi la mattina stessa dell’attentato, il 7 gennaio. Uno scoop il primo giorno, che fortuna.

I due assassini hanno cambiato auto davanti a un locale utilizzato da Tsahal...

La fuga dei fratelli Kouachi (se erano loro) è stata così descritta dal procuratore della Repubblica di Parigi François Molins: «I sospetti, in numero di tre secondo la testimonianza di una persona con cui avevano avuto un incidente, continuando la loro corsa verso il Nord di Parigi, urtavano con violenza un Volkswagen ferendo la guidatrice. Hanno tentato allora di proseguire ma dovevano infine abbandonare in fretta il veicolo al livello della rue de Meaux ed impadronirsi di un veicolo di marca Clio. Si sono impadroniti di questo e hanno preso la fuga con esso».

Forse nel racconto c’è più di una inesattezza: il terzo terrorista, alla fin fine, è scomparso dall’attenzione mediatica. Ma non basta. Nella foto qui sotto, si può vedere la vettura abbandonata dai terroristi (è quella con la carta d’identità dimenticata di uno dei Koauchi?), perquisita da agenti, davanti a un negozio.



Questo negozio si chiama Patistory, ed è un ristorante-pasticceria kasher, che ha un solo motivo di interesse: è uno dei sette punti-vendita (7 in tutta la Francia) dei biglietti per un gala annuale che ha lo scopo di raccogliere fondi per l’armata israeliana, il glorioso Tsahal. Il gran ballo è organizzato dall’associazione Migdal, un’entità sionista che il suo presidente, tale David Bittan, descrive come «una delle rare associazioni al 100% francesi rivolta al 100% verso Israele. Tutte le nostre azioni, le nostre raccolte di denaro, i nostri doni sono destinati ai nostri fratelli israeliani»: Fra i doni, Bittan cita «450 giubbotti antiproiettile, la consegna di oltre 20 mila pacchi d’amore per i soldati di Tsahal combattenti...». Insomma il luogo ideale dove eventuali kidonim (gli assassini professionali del Mossad) possono trovare assistenza a rifugio. Tano più che il gran galà di Migdal si tiene sotto la protezione di un gruppo di picchiatori ebraici notorio per la sua violenza sistematica, la Ligue pour la Défense Juive, degli aspiranti kidonim di cui è stata talvolta chiesta la messa fuorilegge.

I proprietari del negozio sono i coniugi MartineBismuth Bellaïche e Patrick Bellaïche, due sionisti militanti. Del resto la loro pasticceria sorge nel mezzo del quartiere dove vive la più grande comunità ebraica di Francia; strano che proprio qui i due assassini musulmani ed antisemiti cambino auto, proprio in questo quartiere…

Le testimonianze sui fatti di rue de Meaux ricavabili dalle cronache sono sei, alcune confuse, di passanti. Un tal Cédric Le Bléchec, agente immobiliare descrive «un’auto nera ferma in mezzo alla strada, due grandi neri (? deux grans blacks) vestiti alla militare ne escono, uno con un lanciarazzi. Hanno tirato fuori un uomo dal sedile posteriore della vettura e ci sono saliti dicendo: “direte ai media che è Al Qaeda nello Yemen”». Un avventore che usciva dal bar Le Dauphin è rimasto colpito «dagli scarponi militari». Un giovane: «Sono usciti dall’auto con dei kalashnikov ed hanno gridato Allah è con noi»; un altro dice di aver sentito gridare il due «dite ai giornalisti che siamo Al Qaeda in Allah». Sic. Un abitante del luogo ricorda: «Non avevano più il passamontagna a questo punto». Il sesto, sentito da Europe 1, è l’uomo la cui macchina è stata portata via: «Quello che guidava è sceso, aveva un mitragliatore. Non erano più mascherati. Sembravano le persone che avete visto (nelle foto, ndr). Solo che a quel momento erano in tenuta militare e con le armi in pugno. Partendo mi hanno detto: Se ti rivolgi... se i media ti interrogano, di’: È Al Qaeda in Yemen». Insomma i due volevano che gli astanti si imprimessero bene nella mente la frase. Nessun giornale o nessuna tv francese ha avuto la curiosità di intervistare i coniugi padroni della pasticceria kasher, che a quell’ora era aperta e con avventori.

L’altro misterioso operatore

Solo venti minuti dopo la strage, già la rete I-Télé diffondeva le prime immagini dei due uomini in nero che sparavano al poliziotto sul marciapiede; immagini confuse e mosse, apparentemente riprese con uno smartphone. Varie ore dopo i tg mandavano in onda un’altra ripresa – quella dove si vedono i due in nero che sparano all’auto bianca dalla polizia – ripresa da tutt’altra angolatura e da un edificio diverso. La ripresa è di Martin Boudot, un giornalista che a suo dire s’era rifugiato sul tetto.

Il punto è che sopra i due assassini che sparano, sulla terrazza d’angolo, appaiono due uomini. Uno di loro sta riprendendo, apparentemente calmo e senza angoscia, senza la minima paura di essere raggiunto da un proiettile vagante.

Ebbene: queste immagini sono state volutamente mandate in onda con sfocature e imperfezioni da TF1, France 2 e BFM (una tv ebraica: quella che ha mandato in onda le interviste dal vivo, sicuramente autentiche, a Coulibaly asserragliato e raggiunto al telefono, e ai due fratelli Kouachi in fuga....) in modo che quei due strani personaggi in alto non fossero notati dal pubblico.

Soltanto la corrispondente parigina di Vice News, un website americano, diffonde l’immagine come era originariamente: netta e chiara.

Un sito web chiamato Panamza - Info Subersive fa un ottimo lavoro di giornalista, che i media francesi non hanno fatto: va alla ricerca del secondo operatore.

Chi era?, domanda bussando a tutte le porte della via. Panamza anzi è in grado di produrre una foto, dove l’anonimo video-operatore sul terrazzo si vede benissimo sulla sinistra in alto; ha in testa un copricapo che sembra un elmetto.

Solo una settimana dopo Panamza riesce a sapere che si tratterebbe di un «operaio polacco» che stava lavorando nel piccolo cantiere, ed aveva venduto le immagini da lui riprese alla Reuters. Il padrone dell’aziendina di costruzioni che si occupava del rifacimento di quel terrazzo, David Dahan (nome J), riceve la telefonata di Panamza: quando sente che l’interlocutore al telefono vuol sapere il nome del «polacco», la telefonata viene interrotta brutalmente. Panamnza rifà il numero, e stavolta Dahan dice in fretta: non ho più niente a che fare con quei lavori. Magari, conclude, si metta in contatto con «Monsieur Geoffroy, il proprietario dell’immobile» da cui il polacco ha videografato. Monsieur Geoffroy risponderà: anch’io non ho più niente a che fare con quel cantiere, e racconterà che ha licenziato in tronco quell’uomo, indignato perché invece di lavorare faceva riprese che poi ha venduto alla Reuters... Si può sapere dove rintracciare il polacco? Sapere almeno come si chiama? «Janek, ma non ricordo il cognome».

Insomma «Janek» è uccel di bosco, irreperibile. Né i giornalisti francesi né gli inquirenti hanno ritenuto interessante ascoltare questo importante testimone oculare della tragedia, che l’ha seguita da un angolo visuale così favorevole. Panamza invece ha avuto la curiosità, ed ha raggiunto Monsier Geoffroy. Non è stato facile perché, come ha capito, Geoffroy non è il cognome del personaggio, ma solo il nome proprio.

Il cognome è Sciard. Geoffroy Sciard.

Famiglia importante ed altamente interessante. Il padre di Geoffroy, Alain Sciard, capitano di marina, militare d’alto livello a fianco dell’allora capo dello SDECE (i servizi militari) divenne famoso per aver messo sotto intercettazione, insieme a complici d’alto bordo, i telefoni dell’Eliseo nel 1983-85: un’oscura vicenda che noi chiameremmo di servizi «deviati», mai chiarita. Il figlio di tanto padre, Geoffroy, è invece fondatore di un hotel di lusso e gay-friendly nel III Arrondissement, gestore di un’agenzia immobiliare nelle vicinanze della sede di Charlie Hebdo, ma soprattutto è amico e socio d’affari di Laurent Dassault, rampollo della famosa famiglia di miliardari dell’aeronautica militare.

Curiosa famiglia, anche questa dei Dassault. Il capostipite, Serge Dassault, senatore dell’UMP, quarta ricchezza di Francia, si chiamava Serge Bloch prima di convertirsi al cristianesimo e cambiare cognome. Un donmeh di Francia. O marrano, se volete.

Nel dicembre 2013, Geoffroy Sciard ha venduta una sua prestigiosa tenuta vinicola, il Château Faurie de Souchard, al vicino ed amico di tenuta, che è appunto Laurent Dassault. Quattro mesi dopo la vendita, il Gruppo Dassault è entrato nel capitale (col 15%) della società di gestione fondata da Thibaut Sciard, fratello del Geoffroy. Quindi gli Sciard sono soci d’affari di Dassault Laurent. E costui non è solo viticoltore, ma vicepresidente del gruppo familiare, appunto il Gruppo Dassault. Inutile precisare gli intimi rapporti di collaborazione fra il Gruppo e la DGSE, attuale nome dell’intelligence francese; rapporti che sono perfino d’affari, come ha spiegato un numero del settimanale Le Point.

Laurent Dassault (rimasto Bloch nel cuore) frequenta assiduamente i numerosi parenti che vivono in Israele, ma coltiva là anche e soprattutto intimi rapporti con il sistema militare-industriale israeliano e politici-militari sionisti dell’estrema destra: come Yair Shamir, figlio di Ytzak Shamir (Primo Ministro a suo tempo, ma prima terrorista dell’Irgun), membro del partito razzista-suprematista di Avigdor Liberman. In più il Dassault ha un fondo d’investimento in Israele di cui ha la direzione l’amico Edouard Cuckierman, ex portavoce di Tsahal. Intimo dei potenti di estrema destra sionisti.

Nel 2008, intervistato da Haaretz, Laurent Dassault si dichiarava «in continuità con il nonno Marcel Dassault che, quando nacque lo Stato d’Israele, lo armò coi suoi primi aerei» da caccia. Violando, è utile ricordare, l’embargo decretato da De Gaulle contro le vendite di armi ad Israele.

Ognuno tragga le sue conclusioni. Noi, sia chiaro, ci dissociamo energicamente da ogni conclusione complottista. Si tratta certamente di un insieme di coincidenze.

Ne mettiamo un’altra, giusto perché la riportano altri siti complottisti francesi.

I fratelli Kouachi si fecero notare davanti a Charlie Hebdo nell’estate 2014

La data esatta non è precisata dal blog. Ma in quel periodo la sede di Carlie Hebdo era sotto sorveglianza. Due individui appaiono nel quartiere e chiedono l’indirizzo del giornale. Lo fanno «in modo talmente minaccioso che il giornalista di un’agenzia di stampa lì vicina (è una zona di media) prende la targa della loro vettura e segnala il fatto al commissariato dell’11 Arrondissement». Il giornalista si chiama Didier Hassoux, e sostiene che la polizia ha scritto un verbale sullo strano fatto.

Insomma i fratelli Kouachi – se erano loro – «si sono fatti notare» qualche mese prima di commettere il delitto. Se sono stati loro a commetterlo.

La strana faccenda ricorda quei dirottatori di aerei dell’11 settembre, che la sera prima si fecero notare ubriacandosi in un nude-bar con le ragazze in topless, urlando oscure minacce, pagando con le loro carte di credito, e «dimenticando» un Corano nel bar (normale, tutti i musulmani che hanno deciso di diventare martiri prima sì ubriacano e dimenticano corani). Ricorda anche il povero Oswald, l’assassino solitario che uccise Kennedy secondo la versione ufficiale. Mesi prima, un uomo che gli somigliava molto andava in giro nei bar di Houston a gridacchiare: «Un giorno o l’altro io gli sparo, a questo Kennedy, parola di Lee Oswald». Peccato che in quei mesi il vero Oswald si trovava in Russia, dove aveva chiesto asilo politico come militante comunista....

Al mattino di quello che sarà il tragico 7 gennaio, molto presto – ore 7.30. tutti gli immobili da ufficio sono vuoti – un testimone (sentito da France Info) attesta che un’auto della polizia stava davanti alla sede della redazione di Charlie; e c’è anche un individuo che il testimone stesso dice d’aver trovato «sospetto».

Sarà necessario ricordare che IBT (International Business Times, terzo giornale economico in linea, con base a New York — ma è indiano) a caldo ha ventilato che la strage di Charlie Hebdo fosse una «vendetta del Mossad» contro la Francia perché colpevole di aver riconosciuto lo Stato palestinese. Poche ore dopo il pezzo veniva ritirato e l’autore, Gopi Chandra Kharel, obbligato a scusarsi in linea: stava solo saggiando le teorie del complotto turbinanti in quelle ore.

Il guaio è che a non credere alla versione ufficiale sono un po’ troppi per i gusti delle autorità e dei media. La cosa ha preoccupato a tal punto, che l’Express, il noto settimanale massonico fondato da Jean-Jacques Servan-Schreiber, ovviamente J, ha pensato bene di correre ai ripari: stilando una «lista nera» di ben 61 siti complottisti, che non bisogna assolutamente leggere per non farsi infettare la mente dalle loro informazioni. Il complottismo, il pensare fuori dalle linee, il rifiutarsi di «essere Charlie» è infatti, secondo le autorità francesi (1), una malattia mentale e forse un delitto penale. Naturalmente c’è Panamza, c’è Wikistrike, c’è Les Mutons Enragés... tutti siti che avevo nei preferiti, e che ho personalmente provveduto a cancellare.

Vedi anche:

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Venerdi 30 Ottobre 2020



Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)


Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Antifona d'ingresso
Gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto. (Sal 104,3-4)

Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
accresci in noi la fede, la speranza e la carità,
e perché possiamo ottenere ciò che prometti,
fa’ che amiamo ciò che comandi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Fil 1,1-11)
Colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Paolo e Timòteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.
Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi. Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.
È giusto, del resto, che io provi questi sentimenti per tutti voi, perché vi porto nel cuore, sia quando sono in prigionia, sia quando difendo e confermo il Vangelo, voi che con me siete tutti partecipi della grazia. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù.
E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 110)
Rit: Grandi sono le opere del Signore.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
tra gli uomini retti riuniti in assemblea.
Grandi sono le opere del Signore:
le ricerchino coloro che le amano.

Il suo agire è splendido e maestoso,
la sua giustizia rimane per sempre.
Ha lasciato un ricordo delle sue meraviglie:
misericordioso e pietoso è il Signore.

Egli dà il cibo a chi lo teme,
si ricorda sempre della sua alleanza.
Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
gli diede l’eredità delle genti.

Canto al Vangelo (Gv 10,27)
Alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.

VANGELO (Lc 14,1-6)
Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?


+ Dal Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Il Signore, che ha iniziato in noi la sua opera di salvezza, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Presentiamogli, perciò, le necessità della Chiesa e del mondo, pregando insieme e dicendo:
Padre santo, ascoltaci.

Perché la Chiesa, con la luce dello Spirito, indichi agli uomini il bene presente in ogni situazione concreta, come segno di una società alternativa. Preghiamo:
Perché i nostri governanti si adoperino per promuovere quella libertà che è frutto della ricerca sincera della verità e del bene di ogni cittadino. Preghiamo:
Perché l’indifferenza di fronte alla sofferenza e ai disagi dei popoli in via di sviluppo, si tramuti in solidarietà che dà diritto a tutti di partecipare all'unica mensa del mondo. Preghiamo:
Perché la nostra comunità non ricerchi amicizia e appoggi presso i potenti, ma scopra il volto del Cristo nelle case dei poveri e degli emarginati. Preghiamo:
Perché la forza del pane spezzato dell'eucaristia ci porti a vivere la carità del Cristo per le strade del nostro quartiere. Preghiamo:
Per chi assiste gli ammalati e gli anziani.
Per la Caritas diocesana.

Padre, che benedici e proteggi tutti gli uomini non in conformità ai loro meriti, ma alla tua infinita benevolenza, aiutaci a porre piena fiducia e speranza in te che sei unico ed eterno, e vivi e regni con Cristo per i secoli dei secoli. Amen.

Preghiera sulle offerte
Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo:
quest’offerta,
espressione del nostro servizio sacerdotale,
salga fino a te e renda gloria al tuo nome.
Per Cristo nostro Signore.




Antifona di comunione
Esulteremo per la tua salvezza
e gioiremo nel nome del Signore, nostro Dio. (Sal 20,6)

Oppure:
Cristo ci ha amati: per noi ha sacrificato se stesso,
offrendosi a Dio in sacrificio di soave profumo. (Ef 5,2)


Preghiera dopo la comunione
Signore, questo sacramento della nostra fede
compia in noi ciò che esprime
e ci ottenga il possesso delle realtà eterne,
che ora celebriamo nel mistero.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Fin dalla nostra più tenera infanzia, genitori e professori hanno tentato di insegnarci a vivere: come sedersi a tavola, salutare, rispettare le persone più anziane, presentarsi a chi non ci conosce... Chi sa e mette in pratica queste cose passa per una persona ben educata. Ciò rende più facile la vita a lui e agli altri. Si comporta come conviene nelle situazioni abituali, con soddisfazione di tutti, senza riflettere troppo e senza fatica.
La pratica religiosa osserva un rituale prestabilito: preghiera e raccoglimento, sacrifici e risposta dell’uomo ai comandamenti celesti che, nelle diverse civiltà, hanno forme ben definite. Nessuno screditerà il valore di un culto reso a Dio, né disprezzerà le buone abitudini che avvicinano a Dio. Tuttavia, il seguire scrupolosamente la legge non dà garanzia alcuna quanto all’avere compreso il senso di tale obbligo. Si tratta ancor meno di un’esigenza: stima da parte degli altri uomini o ricompensa divina per le nostre opere spirituali.
Il Dio di Gesù Cristo si aspetta qualcosa di più di una pia abitudine, anche se irreprensibile. Gesù ci rivela che comandamenti e doveri non riguardano azioni esterne. Sono vincoli che permettono a Dio di conquistare il cuore dell’uomo. “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato [...]. Allora ho detto: Ecco, io vengo [...] per fare, o Dio, la tua volontà”, dice Cristo giungendo in questo mondo (Eb 10,5-7). E il discepolo non può interpretare le prescrizioni di devozione in modo diverso dal maestro. Se lo segue, il rigido ritualismo si attenua. Dio è anche il Signore del pensiero e della volontà umana, non soltanto dei movimenti del corpo e dell’uso particolare di certi oggetti. Insomma: è l’amore che determina la nostra risposta.
La pratica di devozioni dei farisei era impressionante: il digiuno e l’elemosina erano spesso portati all’estremo. Ciononostante, Gesù rimprovera vigorosamente questi uomini, essenzialmente per la meschineria del loro pretendere di conteggiare tutte le loro buone azioni di fronte a Dio. Ma li condanna anche per un’altra ragione: la loro pretesa perfezione non era un riflesso della perfezione divina come, invece, avrebbe dovuto essere. Mancavano loro la benevolenza e l’amore. Ma Dio è Amore.
Per tornare al brano del Vangelo: esso pone interrogativi soprattutto alle anime che si autodefiniscono pie.

giovedì 29 ottobre 2020

Aborto forzato: in Cina non è cambiato niente, nuova interruzione violenta al sesto mese

UN GOVERNO COME QUELLO ITALIANO CHE SIMPATIZZA PER IL REGIME COMUNISTA CINESE CHE COSTRINGE LE DONNE ALL'ABORTO A 6 MESI SUSCITA SERIE RIFLESSIONI DI CARATTERE ETICO E UMANO....

 

Avevamo già visto la triste storia della signora Zhong: costretta all’aborto, incinta di 8 mesi. Oggi prendiamo atto di un’altra denuncia.

Anxiang, incinta di sei mesi, e suo marito sono stati costretti a scegliere tra l’aborto e il licenziamento in tronco accompagnato dalle solite multe salatissime, perché avevano violato la nuova “legge dei due bambini” cinese. Essendo il primo figlio di un secondo matrimonio in cui il marito aveva avuto già un bambino, nel Guandong la sua gravidanza è risultata fuori norma.

All’inizio di questo mese le è stata praticata un’iniezione per indurre il parto (la gravidanza era troppo avanzata per usare altri sistemi di aborto).

Il giorno dopo il parto indotto ha inviato un messaggio straziante al gruppo wechat (una specie di whatsapp): “Ho visto la mia bambina, immobile, non si muoveva. Era morta“.

Il fatto che la sua gravidanza sarebbe stata consentita in altre province cinesi, ma non nel Guangdong dove la coppia abita, è un’ulteriore prova della tirannia, dell’arbitrio, dell’ingiustizia in cui vive il popolo cinese.

Alcune donne che si trovano nella stessa situazione hanno presentato una petizione agli uffici del governo provinciale del Guangdong, ma la loro richiesta è stata respinta. Ha detto la signora Lin che le autorità hanno comunicato che i richiedenti hanno deliberatamente infranto la legge, sono dei ribelli, violano l’ordine pubblico. Lin, anche lei incinta da diversi mesi, è nell’angoscia e non sa come il suo datore di lavoro reagirà.

Una terza donna del gruppo wechat, Su, si era apprestata all’aborto a sette mesi di gravidanza, alla fine di luglio. Ma i funzionari del governo del Guandong, a seguito di una forte pressione dei media, le hanno rilasciato una dispensa. Su deve essere grata al coraggioso giornalismo investigativo di Sixth Tone che nonostante i controlli e le censure statali è riuscito a far scoppiare il caso mediatico.

Ma non c’è una legge in materia: la certezza del diritto non è connaturale allo stato totalitario. Quindi se a Su, in un determinato contesto è stato permesso di tenere il bambino, ad Anxiang e a tante altre donne questa fortuna non è toccata.

La vita dei Cinesi è nelle mani dei burocrati degli organi amministrativi che possono decidere al di là e al di sopra della legge, solo perché hanno il potere conferitogli dal Partito Comunista al potere da quasi 70 anni.

Comunismo, nazismo, fascismo, massoneria, positivismo, progressismo hanno un solo fine: l’auto-redenzione dell’uomo tramite l’uomo.

IL CORONAVIRUS COME PRETESTO PER SVILIRE FESTE CATTOLICHE IMPORTANTI COME PASQUA E NATALE CON MISURE RESTRITTIVE LIBERTICIDE INGIUSTIFICATE. IL COMUNISMO E' SINONIMO DI SATANISMO. SENZA DIO APRIAMO LA PORTA A DITTATURE FEROCI E ALL'ERESIA ISLAMISTA....

Della storia del Novecento si parla sempre, tante sono le ferite che ci ha lasciato addosso. Ma sembra che l’insegnamento da trarre sia spesso ignorato. Proverò a riassumerlo in una sola frase: comunismo, nazismo, e, con le opportune differenze, il fascismo, hanno avuto un solo intento – quello stesso della massoneria, del positivismo e di ogni forma di progressismo: la realizzazione del regnum hominis, l’auto-redenzione dell’uomo tramite l’uomo. Forme diverse di umanesimo ateo, insomma.

Per capirlo possiamo pensare alle due feste più importanti del cristianesimo: il Natale e la Pasqua. La prima ci dice che l’uomo ha avuto bisogno di Dio, che Dio gli venisse incontro; la seconda che Dio ha redento l’uomo, aprendogli la strada per la vera immortalità.

Ebbene, vediamo brevemente come i totalitarismi atei, promotori del regnum hominis, hanno cercato di sradicare le feste cristiane, in primis il Natale.

I primi a combattere le feste religiose, il Natale e la Pasqua, furono i comunisti.

Francine-Dominique Liechtenhan, nel suo Il laboratorio del gulag (Lindau, Torino, 2009), ricorda gli sforzi del PCUS per spingere i cittadini a festeggiare l’inverno al posto del Natale, e la rinascita primaverile della natura al posto della Pasqua.

“Nei tempi antichi, quando si celebrava il culto delle piante e degli animali ignorando l’ipocrisia della Chiesa – recitava un testo della propaganda -, l’umanità festeggiava quel giorno e celebrava ingenuamente le forze della natura”.

Per i comunisti il Natale era una “schifosa festa borghese”, che venne abolita per molti anni, e poi sostituita, a partire dal 1935, con il Capodanno, cioè con una ricorrenza laica. Rimaneva il vecchio albero di Natale, ma con un significato del tutto nuovo: nessun riferimento a Gesù, ad un bimbo in fasce, ma palline con la faccia dei “salvatori” Lenin e Stalin, stelle dell’Armata Rossa, statuette di uomini politici o di elementi naturali (limoni, pannocchie…).

Nella Germania dell’est, comunista, si insegnava ai bambini così: “Lenin ha spiegato che quest’epoca in cui non esisteranno più le lacrime ha un nome: non si chiama Natale nè primavera. Tenete a mente questa parola difficile: si chiama comunismo” (citato da E. Neubert, I crimini politici nella RDT, in Il Libro nero del comunismo europeo, Mondadori, Milano, 2006, p. 381).

Anche i nazisti preferivano le festività naturali a quelle religiose. Come noto Aldolf Hitler riteneva il cristianesimo “un’invenzione di cervelli malati”, “fandonie”, “superstizioni” buone per le contadine, gli operai, ma non per le persone colte ed intelligenti (Hitler, Conversazioni a tavola, Goriziana, Gorizia, 2010).

Il Fuhrer disprezzava profondamente l’idea dell’Incarnazione, essendo convinto negatore di ogni dimensione trascendente: ad essa preferiva la reincarnazione; al Natale la festa del solstizio. Per questo si adoperò per depotenziare la festa, in parte sostituendola con riti neopagani, legati alla “rinascita del sole”, in parte mutandone il significato, decristianizzandola. Il tutto all’interno del tentativo di “sostituire il calendario nazista all’anno cristiano”, creando una quantità di cerimonie che si svolgevano, di solito, la domenica mattina, “con l’intenzione di distogliere la gente dall’andare in chiesa” (George Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania dalle guerre napoleoniche al Terzo Reich, Il Mulino, Bologna, 1975, p. 92, 104, 230).

Sotto il nazismo, ricorda lo storico Paul Ginsborg, in Famiglia Novecento (Einaudi, Torino, 2013), “le famiglie furono incoraggiate ad accogliere nelle loro case i simboli del regime, adobbando l’albero di Natale con bandierine naziste ed esponendo la foto di Hitler”.

L’albero di Natale andava bene: bisognava però scollegarlo dalla Tradizione cristiana, e riagganciarlo a quella pagana. Per questo era chiamato “albero di luce” o “albero di Yule” ed era sormontato dalla svastica, simbolo solare, e non dalla croce.

Il Natale stesso veniva chiamato più volentieri Rauhnacht (“L’aspra notte”) e il canto Astro del ciel venne riscritto, sostituendo il Salvatore Gesù con il salvatore Hitler. Persino Babbo Natale, e cioè san Nicola da Bari, venne restituito alla paganità: venne trasformato in Odino.

Anche Benito Mussolini, che pure non arrivò mai ad imporla agli italiani la sua visione, aveva una certa avversione per il Natale (ne ho parlato anche nella appendice al testo di Mussolini, Dio non esiste, pubblicato da Gondolin qualche mese orsono).

Se ne trova traccia in vari articoli dell’epoca in cui era socialista e direttore de l’Avanti (“Il Natale cattolico è una mistificazione. Cristo è morto e la sua dottrina agonizza”), nel suo Diario di guerra, ma anche più tardi, nella stagione del fascismo.

Ne abbiamo testimonianza, per esempio, nelle memorie di Galeazzo Ciano, così come in quelle di Quinto Navarra, che nel suo Memorie del cameriere di Mussolini (Longanesi, Milano, 1946) scrive: “Mussolini odiava la domenica e le altre feste comandate dell’anno. Starace, che conosceva questa antipatia di Mussolini, fece ufficialmente vietare le celebrazioni dell’ultimo dell’anno e l’uso tradizionale dell’albero di Natale. Il Natale riconosciuto divenne soltanto il Natale di Roma e l’inizio dell’anno da festeggiare non era il I gennaio, ma il 28 ottobre, principio dell’anno fascista”.


Per concludere: anche oggi si fa di tutto per occultare il Natale, per tornare alla festa d’inverno. Ma non c’è bisogno di fare ciò apertamente: anche i presepi “attualizzati”, più o meno strumentalizzati e politicizzati, in fondo, hanno la stessa visione: mettono in secondo piano Dio, il Redentore, per puntare l’attenzione sull’uomo, per dare vita ad un nuovo umanesimo (che non si dichiara ateo, ma lo è). Dimenticando che senza Dio, l’uomo non è nulla, non vale nulla, perchè non ha un’Origine né un Fine.

GLI OSSEQUI DI GOVERNO E PARLAMENTO AI LORO PADRONI IN GREMBIULINO

QUESTO ARTICOLO APPARSO SUL SITO DEL GRANDE ORIENTE D'ITALIA PUO' DARE UN'IDEA DELLE "OBBEDIENZE" RISERVATE ALLA MASSONERIA DA EMINENTI PERSONAGGI POLITICI DEL NOSTRO PARLAMENTO E DEL GOVERNO. LA DEMOCRAZIA STA ALLA MASSONERIA COME LA LIBERTA' STA AL COMUNISMO....  


Tanti i messaggi dall’Italia e dall’estero arrivati anche quest’anno per la a Gran Loggia 2020 del Grande Oriente d’Italia che si è tenuta a Rimini l’11, 12 e 13 settembre. Tra cui quello della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati; del ministro della Salute Roberto Speranza; del ministro per l’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi; del ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano; del ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà; del ministro per l’Ambiente, la Tutela del Territorio e del Mare Sergio Costa. Dall’estero sono arrivati i messaggi audio dei Gran Maestri della Gran Loggia della Cina, delle Gran Logge Unite di Germania, della Gran Loggia del Montenegro, della Gran Loggia di New York, della Gran Loggia di Santa Caterina, della Gran Loggia di San Paolo del Brasile, della Gran Loggia di Tahiti e Arcipelago, della Gran Loggia del Distretto di Columbia, della Gran Loggia della Croazia, della Gran Loggia di Spagna, della Gran Loggia Nazionale di Romania, della Gran Loggia Regolare di Serbia, della Gran Loggia di Russia. Dal Gran Segretario per le relazioni internazionali della Gran Loggia di Austria, dal Grande Rappresentante del Distretto di Columbia e dal Gran Rappresentante della Gran Loggia dell’ Australia del Sud. Dieci le delegazioni estere che hanno partecipato in presenza alla Gran Loggia del Grande Oriente. Tra le quattro più antiche, la Gran Loggia Svizzera Alpina (1844), la Gran Loggia dell’Uruguay (1856), la Gran Loggia del Cile (1862) e la Gran Loggia Simbolica del Paraguay (1869). Delegazioni sono state inviate anche dalla Gran Loggia di Spagna, dalla Gran Loggia della Repubblica di San Marino, dalla Gran Loggia Regolare di Serbia, dalla Gran Loggia Nazionale Francese, dalla Gran Loggia di Slovenia, dalla Gran Loggia del Giappone. Messaggi audio sono arrivati dai Gran Maestri della Gran Loggia della Cina, delle Gran Logge Unite di Germania, della Gran Loggia del Montenegro, della Gran Loggia di New York, della Gran Loggia di Santa Caterina, della Gran Loggia di San Paolo del Brasile, della Gran Loggia di Tahiti e Arcipelago, della Gran Loggia del Distretto di Columbia, della Gran Loggia della Croazia, della Gran Loggia di Spagna, della Gran Loggia Nazionale di Romania, della Gran Loggia Regolare di Serbia, della Gran Loggia di Russia. Dal Gran Segretario per le relazioni internazionali della Gran Loggia di Austria, dal Grande Rappresentante del Distretto di Columbia e dal Gran Rappresentante della Gran Loggia dell’Australia del Sud.



I DISASTRI COMUNISTI: CHERNOBYL E CORONAVIRUS


Il 26 aprile 1986 verso l’una del mattino una immane esplosione all’interno del reattore nucleare numero quattro della centrale atomica di Chernobyl, in Ucraina, causò l’immediata morte degli operai presenti ed un fallout radioattivo che contaminò non solo le zone circostanti, ma spinto dalle correnti atmosferiche, buona parte dell’Europa.

Edificio arso in seguito all'esplosione della centrale nucleare

Va detto, per completezza di informazione, che la deflagrazione non si verificò semplicemente a causa di un incidente tecnico, come la Russia ha cercato di far credere al mondo intero, bensì come conseguenza di scelte devastanti e tragiche concepite dall’arroganza del potere comunista di quel tempo, che anteponeva la ferrea ortodossia impositiva del regime a qualsiasi criterio di sicurezza.
I diritti umani e la vita stessa delle persone non hanno mai assunto una rilevante considerazione nell’universo comunista, e ciò è comprovato dai cento milioni di vittime prodotte nel secolo scorso dall’apparato criminale che lo costituiva e dai gerarchi che lo hanno imposto con l’uso della violenza.
I lavori forzati e l’uso dei detenuti per ottenere manovalanza a costi vicino allo zero sono sempre stati infatti una delle prerogative del comunismo, e lo sono ancora oggi in Paesi come la Cina e la Corea del Nord, in cui i prigionieri sono reclusi in lager denominati Laogai, oppure come Centri di rieducazione attraverso il lavoro. Il più grave disastro nucleare della Storia dell’umanità sprigionò nell’atmosfera nove tonnellate di scorie radioattive, provocando come conseguenza l’insorgenza di nuovi tumori, leucemie, cardiopatie e malformazioni che si ripropongono ancora oggi a trentaquattro anni di distanza. L’esigenza sovietica di destinare la maggior parte degli stanziamenti economici alla corsa verso gli armamenti, anziché alla sicurezza delle centrali, si è rivelata uno schiaffo ai diritti umani per migliaia di persone.
Il regime comunista nascose inizialmente l’entità del disastro e la relativa emergenza, negando l’accaduto anche due giorni dopo l’esplosione.
La città di Pripjat, distante 5 chilometri da Chernobyl, costruita per ospitare i quasi 50 mila lavoratori della centrale, fu evacuata solamente quando oramai la ricaduta del materiale radioattivo andava avanti da 36 ore.
Decine di tonnellate di cesio, di stronzio e di plutonio saturarono l’atmosfera in un raggio di mille e duecento chilometri, provocando una vera e propria apocalisse.
Il parallelismo con la devastazione regalataci oggi dalla Cina comunista è d’obbligo, e ci dà la misura di continuità con cui il comunismo si rapporta alle popolazioni, oggetto e bersaglio di esperimenti incontrollati, imperizia, arroganza, e disprezzo dei diritti umani.
Oggi il coronavirus dal comunismo cinese e nel 1986 le radiazioni nucleari del comunismo sovietico costituiscono solamente due anelli di una lunga catena fatta di odio e di auto-referenzialismo.
Il giorno successivo all’esplosione, a Forsmark, un villaggio svedese sul Mar Baltico, il chimico Cliff Robinson che lavorava in una centrale nucleare rilevò una altissima concentrazione di radiazioni e diede l'allarme.

Nelle altre due centrali svedesi accade la stessa cosa, identificando la causa in una contaminazione che arrivava da sud, da Chernobyl, ma Mosca, proseguendo il suo atteggiamento di disprezzo per la vita e per i diritti umani rispose alle richieste di spiegazioni negando l’accaduto.
Nella estesa zona paludosa della Polesia circostante la centrale di Chernobyl, si sprigionarono venti milioni di curie di radiazioni, pari a duecento bombe come quella che fu sganciata su Hiroshima, e da allora ad oggi oltre 1200 incendi hanno ulteriormente devastato il territorio.
Gli abitanti dei villaggi di queste zone, in cui vivono oggi anche 600 bambini, sono quotidianamente assediati da una doppia minaccia : quella della radioattività e quella del coronavirus, entrambe imputabili al comunismo.
Un comunismo che si palesa foriero di morte ovunque si presenti, sia sotto forma di deportazioni e torture che di omicidi, stupri, violenze e sangue, ma anche come responsabile dell’assoggettamento intellettuale delle coscienze, della disinformazione, della coercizione mentale al pensiero unico, della manipolazione e dell’imposizione pseudo culturale.
L’universo comunista, ove presente, poggia sull’odio verso tutto ciò che non si inchina all’ortodossia imposta dal regime, sia esso cinese che russo, piuttosto che nord coreano o cubano.
Emergono similitudini tra i due disastri comunisti, Chernobyl e la pandemia cinese, riscontrabili nell’evidenza di consapevoli insabbiamenti e criminali ritardi nelle comunicazioni, aggravate da minacce verso coloro che responsabilmente si opponevano al “modus operandi” imposto dal regime.
Il primo maggio del 1986 il secondo Segretario dell’ambasciata sovietica negli Stati Uniti, Vitaly Churkin, dopo aver ammesso l’esplosione del reattore numero quattro dell’impianto nucleare di Chernobyl, disse :
“La situazione sta migliorando, non è fuori controllo”.
La mancanza di trasparenza e di comunicazione, unite all’occultamento di una realtà già accertata dai comunisti cinesi è esattamente ciò che il criminale Xi Jinping ha volontariamente imposto al mondo intero in occasione delle fasi iniziali dell’epidemia, trasformatasi poi in pandemia.
Il dottor Li Wenliang, fu il primo a identificare il terribile virus nel mese di dicembre 2019, ma il suo grido di allarme fu tacitato brutalmente dalla Polizia comunista cinese che lo accusò di diffondere notizie false e lesive dell’ordine pubblico.
Il mantra comunista si ripropone quindi ciclicamente e tragicamente, strangolando le democrazie occidentali che per troppo tempo sono state silenti e indifferenti al palese disprezzo dei diritti umani nei Paesi comunisti.
Nonostante Chernobyl e i Laogai, i Governi Europei si affannano a stringere rapporti commerciali con i giganti asiatici, incuranti del fatto che questi siano la cartina di tornasole del fallimento intellettuale stesso delle democrazie occidentali.
Le mutazioni genetiche generate dalle contaminazioni nucleari dopo il disastro di Chernobyl e i villaggi semi abbandonati in cui vivono come fantasmi un centinaio di sopravvissuti, dovrebbero essere sufficienti al “civile” occidente per rifiutare con decisione qualsiasi proposizione del mondo comunista.
Entropia e distropia, democrazia e comunismo, libertà e coercizione, odio e amore, sono i parallelismi entro cui si misura il grado di civiltà in cui vivranno in futuro i nostri figli e nipoti, ed è quindi importante prendere posizione e schierarsi per la difesa della dignità umana.

COMUNISMO=DISINFORMAZIONE=MORTE. IL GOVERNO FILO COMUNISTA ITALIANO E' NEMICO DELLE LIBERTA' COSTITUZIONALI

QUESTO CLIMA GENERALE DI DISINFORMAZIONE DEI MASS MEDIA DI "REGIME" SULLA SITUAZIONE DELLA PANDEMIA IN ITALIA HA RADICI STORICO-POLITICHE....


“La rivoluzione richiede un uso implacabilmente duro, rapido e deciso della violenza”. Questo il leit motiv del Comunismo duro e puro. I manifestanti pacifici di questi giorni che riempiono le piazze d'Italia sappiano chi sono i mandanti dei facinorosi che seminano violenza e devastazione tra i loro cortei....

COMUNISMO = MORTE

Da parecchio tempo, una certa parte della “intellighenzia” di stampo sinistroide europea, compresa quella che in Italia si rifà a teoremi di Togliattiana memoria, sottende subdolamente ad una forma di divulgazione socio-politica che, stante l'impersonificazione con un supposto imprimatur su cui poggerebbe la verità assoluta, denota invece una deriva colpevolmente disinformatrice, retaggio di una sub cultura filo – comunista.
In parole povere, si tenta di addossare la responsabilità dei mali e delle nefandezze intrinseche della filosofia comunista a coloro che, nei regimi in cui ha sventolato la bandiera con la falce e il martello, hanno interpretato un ruolo di dominanza politica.




In altre parole, Stalin non sarebbe il risultato prodotto da un regime comunista, e non rappresenterebbe colui che sovraintende alla dittatura del proletariato, bensì solamente un personaggio che nulla ha a che vedere col comunismo e che, anzi, ne ha snaturato l'essenza, operando una metamorfosi attraverso la quale ha disatteso la Rivoluzione di Ottobre stessa e il Trotzkismo.
I milioni di morti causati dall'holomodor, la grande carestia indotta in Ucraina da Stalin, allo scopo di procurarsi le derrate alimentari da barattare con le materie prime (all'estero) necessarie all'industria, non facevano parte di un disegno integrativo del Marxismo e della sua visione della politica economica (la famosa NEP sovietica)...?
Le purghe staliniane, operate su vasta scala, e su piani di riferimento che spaziavano da quello sociale, etnico, politico, a quello religioso, casuale, schizofrenico, non fanno parte di quella dittatura del proletariato, per il cui perseguimento si doveva attuare una politica del terrore, auspicata dallo stesso Marx?
Che dire poi degli stessi comunisti europei, tra cui molti italiani emigrati in Russia, ai quali, dopo che avevano constatato l'amara realtà del socialismo sovietico, veniva chiusa la bocca, mediante la tortura e l'internamento nei gulag, perchè non diffondessero una scomoda verità?
In questi casi, accertati e documentati, la responsabilità dei quadri dirigenti italiani, Togliatti in primis, quale dirigente del Comintern internazionale (l'organizzazione preposta alla diffusione del Comunismo nel mondo), è diretta e scatenante, concausa diretta di un vero e proprio fratricidio cosciente, criminale e inumano.
Nonostante ciò, costui, di cui mi fa schifo anche solo ripetere il nome, è considerato dai soliti intellettualoidi come un faro di riferimento e di limpidezza morale!




Il Migliore, appunto!


Secondo l'opinione di questo stuolo di solerti disinformatori, il comunismo cubano poi, non sarebbe reale, poiché manipolato per decenni da un feroce dittatore di nome Fidel Castro, che ha oppresso il suo popolo in nome di una ideologia che, pare, non coincida affatto con i prodromi anelanti ad una rivoluzione popolare.
E allora che dire di Pol Pot, e dei khmer rossi cambogiani? Lo sterminio di metà della popolazione civile a chi dovrebbe essere ascritto se non alla solita, farneticante, e aberrante ideologia comunista? Oppure neanche quello, è comunismo? Forse neanche quello cinese, allora, può essere definito tale … sempre secondo lo strano (ma non tanto) modo di interpretare la realtà dei fatti, di coloro che appartengono alla categoria dei disinformatori comunisti.
Stranamente però, l'uso degli strumenti di tortura e di repressione di tutti questi regimi comunisti, rappresenta lo stereotipo di riferimento: Laogai cinesi, gulag sovietici, lager cambogiani…. facce diverse di una stessa medaglia...
L'annichilimento della personalità, l'abbrutimento fisico mediante la tortura, la deportazione, le brutali ritorsioni sui familiari, sono solo una minima parte delle nefandezze prodotte dagli “istituti di rieducazione” proposti dai regimi comunisti.
Vorrei fare una considerazione: le potenze coloniali europee, nel periodo che va dal 1896 al 1914, istituirono campi di concentramento per schiacciare la resistenza delle popolazioni.
Spagnoli, Statunitensi, Inglesi, Italiani, hanno usufruito di questa pratica, usando la deportazione e la detenzione di massa.
A volte, come nel caso del governatorato spagnolo a Cuba nel 1896, in cui si istituirono campi di concentramento della popolazione, chi subentrò nella dominazione successiva, in questo caso gli Americani, copiarono letteralmente metodi e strutture repressive.
Nessuno si è mai sognato di ascriverne la responsabilità totale a chi, in quel momento, detenesse il comando, bensì al sistema stesso di quel potere, che ne scatenava sia gli input e le relative risposte.




In Sudafrica, nel 1900, ci fu la repressione inglese verso i boeri ribelli, mediante l'istituzione di concentration camps, che portarono alla morte di 20.000 persone, tra cui donne, vecchi, e bambini.

Che dire del nazismo?

I milioni di vittime dell'odio razziale non sono forse l'infausto epilogo di una politica che faceva della barbarie il suo cavallo di battaglia? Se applichiamo lo stesso metodo di ragionamento usato dai disinformatori sinistroidi a proposito dei regimi comunisti, dovremmo fare la stessa cosa a proposito del nazismo.
Secondo la loro logica aberrante, applicata secondo una linea di pensiero paranoide e colpevolmente mirata alla manipolazione storica, ne dovremmo dedurre che la “colpa” non fu del nazismo, ma del solo Hitler!




Raggruppiamo quindi qualche personaggio storico, come Mussolini, Stalin, Hitler, Pol Pot, oppure Amin Dada, il cannibale marxista africano, oppure Mao Tse Tung...ed ecco che abbiamo il quadro sinottico dei mali del mondo... mentre le filosofie e i sistemi politici che sono alle spalle di costoro, sarebbero ininfluenti e liberi da responsabilità... Tutto ciò è devastante nella sua aberrante logica...non logica!
Va considerato anche l'enorme substrato su cui si sono fondati questi imperi del male...e l'apparato strutturale composto da migliaia di esecutori... di realizzatori, del piano comune cui tutti aspiravano.




I comunisti russi, potevano disporre di personaggi che nulla hanno di diverso dai gerarchi nazisti, in quanto a crudeltà e a ferocia...nonostante la diversa ideologia.
Ne cito solo alcuni, perlopiù sconosciuti alle masse, a causa dell'opera disinformatrice di quella “intellighenzia” comunista che ora sta cercando di rimescolare le carte in tavola: Felix Dzerzinsky (a capo della Ceka, la famigerata Polizia segreta bolscevica), Nicolj Ezov (da cui è tratto il termine ezovscina, il periodo più drammatico delle purghe), Lavrentij Berja (chiamato da Stalin “il nostro Himmler), Genrich Jagoda (fu tra i principali organizzatori della liquidazione dei kulaki, e nella prima metà degli anni trenta si dedicò alla pianificazione della rete dei Gulag ), Nikolaj Bucharin (membro a pieno titolo del Politburo nel 1924, e presidente dell'Internazionale Comunista (Comintern) nel 1926, Aleksej Rykov (membro del Comitato Centrale del partito comunista )...




Come mai i nomi di questi criminali non sono noti al grande pubblico, così come lo sono, invece, i nomi dei gerarchi nazisti? Come mai non vengono divulgati, nemmeno a Scuola?
Voglio ricordare che, secondo varie stime, tra cui quella dell'insigne Professore di statistica Kurganov, tra il 1917 e il 1959 ( e cioè nei primi 42 anni di dominio comunista), le perdite umane dovute alle deportazioni nei campi di sterminio, alle condanne ai lavori forzati, alle fucilazioni di massa o alle carestie indotte con l'arresto e la deportazione di milioni di contadini, furono più di 60 milioni...
Veniamo ora allo specifico, e cioè alle teorie di Carlo Marx, del quale il comunismo è parte integrante e che sono alla base proprio di ciò che è successo nella Russia di Stalin.
Nel Manifesto del Partito comunista (1848) Marx elabora l'idea che “la società comunista può essere raggiunta solo attraverso la “lotta di classe” rivoluzionaria del proletariato e teorizza l'abolizione dei diritti individuali di libertà; il proletariato si servirà del dominio politico per strappare alla borghesia tutto il capitale, per accentrare tutti gli strumenti di produzione nelle mani dello Stato; deve distruggere tutte le sicurezze private e tutte le guarentigie private finora esistite”.
Si richiama esplicitamente alla “pratica del terrore” esercitata dai giacobini cinquant'anni prima. “C'è un solo mezzo per abbreviare, semplificare, concentrare, l'agonia della vecchia società e le doglie sanguinose della nuova società, un solo mezzo:

"IL TERRORISMO RIVOLUZIONARIO"

Come Marx, l'altro teorico del Comunismo, il suo amico filosofo e collaboratore, e cioè Friedrich Engels, teorizza il terrore, farneticando con dichiarazioni come la seguente: "la prossima guerra mondiale farà sparire dalla faccia della terra non soltanto classi e dinastie reazionarie, ma interi popoli reazionari".
Marx rincara la dose, affermando: "Teorizziamo l'impiego di qualsiasi mezzo, anche immorale, necessario per fare trionfare la rivoluzione".
“Dopo la rivoluzione, il partito deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi ispirano ai reazionari”.




Lo stesso Lenin, ricorda nel suo scritto “Da dove cominciare”: “Non abbiamo mai rinunciato e non possiamo rinunciare al terrorismo”. In “Stato e rivoluzione” (1917) sviluppa le idee di Marx ed Engels, insistendo sul fatto che: “La dittatura del proletariato è incompatibile col parlamentarismo e il proletariato rivoluzionario deve “pezzare” la macchina dello Stato borghese“. “La rivoluzione richiede un uso implacabilmente duro, rapido e deciso della violenza”. “Bisogna stimolare forme energiche e massicce del terrore contro i controrivoluzionari.... devono essere sterminati...”. 
Nel 1918 Lenin scrive di suo pugno: “Le rivolte contadine devono essere represse senza pietà... impiccate senza esitare...”.
Teorizza poi la “violenza sistematica contro la borghesia” e continua parlando di “annientamento implacabile” e di “sterminio sanguinoso dei ricchi”.
In perfetta sintonia col massimo teorico del Comunismo (cari disinformatori …) nel 1922 lancia la sua offensiva contro la Chiesa ortodossa, affermando: “... è quando nelle regioni affamate la gente mangia carne umana, e centinaia se non migliaia di cadaveri riempiono le strade, che noi possiamo ( e perciò dobbiamo ) effettuare la confisca dei beni ecclesiastici con la più feroce e spietata energia, senza fermarci prima di aver schiacciato ogni resistenza...”. “...applicate ai preti la più estrema forma di punizione...”.
Potrei dilungarmi ancora sulle dissertazioni, non proprio democratiche, che sono alla base dell'ideologia comunista, e da cui hanno attinto a piene mani i regimi, appunto, comunisti, ma lascio ai disinformatori il piacere di continuare la lettura di un Marx e di un Engels che, evidentemente, conoscono solo superficialmente.
Lascio ai nostalgici comunisti il pietoso compito di perseguire ancora una idolatria macabra e sanguinosa, relativa al crimine contro l'umanità che prende il nome di comunismo...


Ai disinformatori va tutto il mio disprezzo, come complici di una bestia orribile, che non di rado si è pasciuta del sangue dei suoi stessi figli e a cui è stato permesso, di nascondere la sua stessa natura...
Aggiungo, per finire, una volta per tutte, una considerazione lapidaria nella sua descrizione, ma assoluta ed oggettiva, esaustiva nella sua drammaticità, palese e incontrovertibile: COMUNISMO = MORTE