sabato 30 novembre 2019

Perché il "Nuovo" MES è un gigantesco Fondo Salva Banche (di un paese in particolare)



E’ il problema politico centrale, di dimensioni incommensurabilmente più grandi di quelli che la nostra “classe politica” è in grado di concepire (e stendiamo un velo pietoso sulla sedicente “sinistra radicale”…). Più passano i giorni, più la natura del Meccanismo europeo di stabilità si precisa come “argine” a difesa di interessi nazionali e di classe molto precisi.





Niente a che vedere, insomma, con la pretesa di stabilire “regole uguali per tutti”. Al punto che, come abbiano segnalato nei giorni scorsi, anche “europeisti” senza se e senza ma sono stati costretti a spiegare che il “nuovo Mes” è una trappola per alcuni paesi e una ciambella di salvataggio per altri. In dettaglio: va bene per Germania, Francia, Olanda, Finlandia e pochi altri, è una ghigliottina per l’Italia e gli altri Piigs (ma non solo per loro).




Ogni ora che passa c’è un altro “europeista” storico che se ne accorge. Tra gli altri, e questa è veramente una “sorpresa”, arriva persino Repubblica, che affida la sua critica ad Alessandro Penati (un “esterno”, per delimitare in qualche modo la portata della propria “conversione” in itinere).


Il meccanismo è complesso, sul piano regolamentare, ma per di più è comprensibile nella sua “strategia” soltanto se si riesce a tener presente le normali dinamiche “di mercato”. Le quali essendo presupposte come “naturali” non entrano mai nella definizione delle “regole” dei rapporti tra Stati. Ma esistono eccome; anzi, sono determinanti.


Per chiarire il funzionamento del “nuovo Mes” proponiamo ancora una volta i passaggi più rilevanti dell’analisi di Guido Salerno Aletta, apparsa sabato su Milano Finanza – testata specializzata in misfatti finanziari ed economici, nel prezioso formato settimanale – che illustra in modo decisamente chiaro come queste “regole” siano state pensate ad un’unica scopo: combattere la guerra finanziaria attualmente in corso a livello globale.


E, come in ogni guerra, ci sono gli interessi, i comandanti, i nemici, gli alleati, i neutrali.


I “nemici” dichiarati, nell’era Trump, sono Stati Uniti e Cina. Ma l’Unione Europea si presenta come un insieme sfilacciato, non come un “esercito in assetto da battaglia”. Quasi inutile, a questo punto, ripercorrere i perché (una unione politica mai avviata, una politica economica comune sempre rifiutata, l’ammissione – eufemismo – di politiche fiscali concorrenziali all’interno dello stesso mercato comune, il nazionalismo dei più forti nascosto sotto la retorica “solidaristica”, ecc) e discutere di correttivi. Il nemico è alle porte, chi è in grado di combattere si prende il posto di comando e agli “alleati” viene riservato il ruolo di portatori d’acqua, addetti ai rifornimenti, donatori di sangue. Subordinati, insomma…


La divisione dei ruoli è chiara; lo è da decenni. Germania e Francia guidano le danze, qualche alleato meglio messo può dare una mano (l’Olanda e pochi altri), tutto il resto si deve mettere a disposizione.




Il problema è che in una guerra finanziaria – per ora – armi e munizioni sono i patrimoni, mobili o immobili. E queste risorse vanno “centralizzate”. In modo niente affatto ingenuo e niente affatto “paritario”. E siccome lo “stato maggiore” franco-tedesco (hanno persino varato un mini-Parlamento comune, in barba a quello di Strasburgo!) è messo finanziariamente malissimo, la prima mossa è garantirsi la possibilità di “sottrarre” legalmente le risorse altrui. Anzi, basta creare un meccanismo tale per cui ci penserà “il mercato”, con la speculazione, a fare il lavoro di trasferimento da un portafoglio a un altro.


Potremmo gridare allo scandalo per molte ragioni, leggendo il dispositivo del Mes. Per esempio, quella “ristrutturazione del debito pubblico” che è stata addirittura negata, nel dibattito politico e da parte di alcuni “esperti” truffaldini, non solo è presente, ma addirittura in forme inaudite.


Gli Stati che dovessero chiedere aiuto al Mes, infatti, dovrebbero avere “condizioni economiche e finanziarie forti e un debito pubblico sostenibile”. Per un paese come l’Italia o la Spagna (per non dire della povera Grecia, già spolpata senza risanare un tubo…) ciò sarebbe possibile solo con “una ristrutturazione preventiva o la confisca nottetempo dei conti correnti bancari italiani”.


Immaginate di alzarvi una mattina , andare al bancomat per fare la spesa, e leggere che il vostro misero conto è stato svuotato o quasi…


Ma non vorremmo buttarla in “populismo”…


La questione centrale è la guerra finanziaria mondiale. In cui l’Unione Europea sagomata dall’asse franco-tedesco è chiaramente il vaso di coccio, anche per lo stato disastroso in cui si trovano le grandi banche di questi due paesi. E allora un discorso che in astratto potrebbe essere svolto – o frainteso – in termini “nazionalistici” diventa immediatamente, e con assoluta chiarezza, un discorso di classe.


Stiamo infatti parlando degli interessi vitali di banche e industrie che da anni fanno fatica a reggere la competizione globale. Deutsche Bank è uno zombie incurabile, Mercedes ha annunciato un piano di tagli da 1,5 miliardi, sono cominciati i fallimenti bancari (NordLb, in Germania) e i salvataggi con i soldi pubblici (vietato altrove!).


“Non si può andare avanti così”, si sono detti i boss tra Berlino, Francoforte e Parigi; “prendiamoci tutto e proviamo a resistere meglio”.


E’ questo il processo di cannibalizzazione che sta marciando nell’economia europea: sacrificare i “marginali” per salvaguardare – illusione disperata – “l’asse centrale”.





Due parole sulla nostra “classe politica” vanno però dette. Per quasi 30 anni, e sicuramente da Maastricht in poi (1992), i governi italiani hanno sottoscritto trattati asimmetrici, probabilmente senza capirli o addirittura senza leggerli (memorabile la “riforma costituzionale” che ha introdotto il vincolo al pareggio di bilancio nell’art. 81, votata quasi all’unanimità – Lega compresa – e senza discussione parlamentare).


Sul “nuovo Mes” abbiamo avuto una sceneggiatura appena più articolata. Tutti i partiti (o come volete chiamarli) hanno concordato in silenzio sui termini della trattativa in corso per la sua “riforma”. Solo quando la configurazione della maggioranza è mutata la Lega ha cominciato in modo criptico a dire che non andava bene. E Conte ha avuto facile gioco nel perculare Salvini, per molti mesi seduto ai tavoli “a sua insaputa”. Il Pd, da parte sua, ha addirittura messo un funzionario europeo sulla poltrona di via XX settembre, chiarendo fin da subito che trovava quella “riforma” del tutto normale.


Ma una volta aperta la diga, tutti sono stati costretti ad andare a legge cosa c’è effettivamente nel testo del “nuovo Mes”.


Ora possiamo sapere. E se non vogliamo capire, siamo proprio scemi.

Alcune citazioni molto significative dell’editoriale di Guido Salerno Aletta:

“C’è una guerra economica e finanziaria in corso, a livello globale, e l’Italia si trova sulla linea di frontiera. La crisi americana del 2008 ha aperto un processo di riequilibrio che è appena cominciato con la Presidenza Trump: non riguarda solo la Cina, ma soprattutto l’Europa.

La riforma del MES si colloca a pieno in questo scenario, nella prospettiva di fronteggiare una prossima crisi e la speculazione che si innescherebbe.
Qualcuno rimarrà schiacciato, e non è affatto detto che si tratti dell’Italia sotto il peso del suo debito pubblico. Saranno ancora una volta le crisi bancarie, per via degli impieghi insussistenti, a spezzare le ginocchia dei colossi“.

Sulla questione degli aiuti agli Stati.

“E’ evidente che per l’Italia hanno montato una ghigliottina, tutta a favore della speculazione: c’è solo da tirar via il laccio che trattiene la lama. Siamo di fronte ad una serie di ferrei sillogismi, che portano ad una conclusione assolutamente risibile: secondo la riforma, infatti, sono dichiarati ammissibili agli aiuti precauzionali solo i Paesi che non hanno squilibri macroeconomici quali definiti dalla Unione europea e che, di converso, hanno invece un debito pubblico sostenibile. E quest’ultimo è sostenibile solo se si rispettano le regole del Fiscal Compact, che obbligano a ridurre di 1/20 l’anno la quota eccedente il 60% del pil“.

“Per gli Stati che non rientrano tra quelli ammissibili agli aiuti precauzionali, in quanto non rispettano alcuni dei criteri previsti, è stato previsto un pertugio: nell’Annesso III, al n.2, ed in appena tre righe di testo, si prevedono le Condizioni avanzate per la concessione di linee di credito: devono comunque avere ‘condizioni economiche e finanziarie forti e un debito pubblico sostenibile’“.

Ma come si ottiene in poco tempo un “debito pubblico sostenibile” secondo i parametri previsti dai trattati?

“L’unica via è quella della sua preventiva ristrutturazione, o la confisca nottetempo dei conti correnti bancari italiani per un ammontare equivalente: è questa la taciuta, ignominiosa verità. Non per caso, nel Trattato si modificano le regole per le CAC, le clausole di azione collettiva, al fine di semplificare la procedura di contrattazione finalizzata alla ristrutturazione del debito.

L’Italia dovrebbe portare il rapporto debito/pil al 100%, più o meno al livello della Francia: una botta da 500 miliardi di euro, visto che il debito oggi gira intorno a 2300 miliardi di euro ed il pil sta a 1800 miliardi. Per i risparmiatori italiani, le banche, le assicurazioni, i fondi di investimento e previdenziali sarebbe una catastrofe“.

Tanta durezza “tecnica” deriva per forza da un diverso punto di vista politico e geostrategico:

“L’asse franco-tedesco ci ha mollato, è indubbio: la Lega ed i partiti sovranisti cui si collega sono un pericolo per l’Unione europea, e l’attuale governo di Roma è troppo debole per affrontare le riforme strutturali di cui si parla da anni: tanto dolorose in termini di crescita e di occupazione, quanto inutili ai fini del risanamento del bilancio“.

Ma anche imporre “sacrifici” tanto catastrofici ad un paese di 60 milioni di abitanti, comunque ancora terza economia del Vecchio Continente, sarebbe una bomba posta sotto la stessa Unione Europea, che verrebbe a quel punto chiaramente identificata come la causa di tutti i mali, nazionali e continentali. Per questo le “regole” proposte con il Mes e la bozza di unione bancaria avanzata dal ministro delle finanze Olaf Scholz non sono scritte in modo esplicitamente punitivo per i singoli paesi.

“Il lavoro sporco, per abbattere il debito pubblico italiano ed insieme l’intera struttura economica e finanziaria, come è accaduto alla Grecia, lo farebbe la speculazione.

La speculazione sa bene che non è affatto il debito pubblico italiano a far paura, ma il default di alcune grandi banche tedesche. Uno scenario assai poco scandagliato. Ed infatti, leggendo per intero il testo della riforma del MES, risulta chiaro che si tratta di un organismo del tutto nuovo: non è altro che un gigantesco Fondo salva-banche, e non più il modesto salva-Stati ad imitazione del Fmi, varato nel 2011.”

Come si fa a dire una cosa del genere? Perché il dispositivo del Mes – alla cui testa da anni è stato posto il vero regista del varo dell’euro, Klaus Regling – “è congegnato curiosamente, in modo da consentire la ricapitalizzazione diretta delle banche che ne abbiano bisogno, senza più passare per lo Stato cui appartengono come è successo finora, ad esempio per la Spagna, facendo aumentare a dismisura il suo debito pubblico.”

Fin qui, uno Stato si indebitava con il MES e poi ricapitalizzava le sue banche, sottoponendosi a una serie di condizioni molto stringenti. “Ora non più: la ricapitalizzazione è diretta, con un meccanismo iper semplificato che non prevede le severe condizionalità che si pongono fin d’ora per concedere gli aiuti agli Stati“.

Vi sembra un ragionamento troppo tecnico? E allora vediamo qualse sarebbe la conseguenza pratica:

“Se le banche tedesche dovessero ricevere aiuti, il debito pubblico tedesco non ne risentirebbe.” Bingo! Alle banche – quelle tedesche o francesi – verrebbe concesso in automatico quel che uno Stato dovrebbe “guadagnarsi” affamando la propria popolazione. Ma non è finita.


“C’è un’altra innovazione profonda: la creazione di un meccanismo di backstop, una rete di sicurezza da parte del Fondo che viene definito addirittura “prestatore di ultima istanza”, una garanzia di tutela che non richiede né garanzie né collaterali, che non esiste invece per gli Stati europei, e che viene istituito a favore del Meccanismo centralizzato di risoluzione bancaria e del Fondo unico di Risoluzione“.

Ma si è sempre detto che il Mes non può fare il “prestatore di ultima istanza” perché non dispone – come necessario – di “risorse illimitate” (la possibilità di “stampare moneta” nella misura necessaria per tamponare i problemi). Il suo fondo, fin qui, è di soli 2.600 miliardi di euro, appena sufficienti per far fronte a un improbabile default della sola Italia.

Ma il “nuovo Mes” non serve per gli Stati (troppo grandi per essere “protetti” davvero), ma soltanto le banche private… Scrive Salerno Aletta:

“Più che condivisione dei rischi sovrani, sempre avversata dalla Germania, siamo arrivati alla condivisione delle perdite bancarie. Altro che bail-in, dunque. Il quadro della riforma del Mes si fa più chiaro, e la speculazione ne prende buona nota.”

Qui, insomma, si nasconde il “segreto” del processo che abbiamo chiamato “cannibalizzazione”, tra “partner” europei.

“Mors tua, vita mea […] La Germania, mentre ci impone la riduzione del debito attraverso il default distruttivo, difende a tutti i costi il suo sistema bancario, in gravi difficoltà. E per farlo ha trasformato il MES in un Fondo Europeo Salva-banche. Non per caso, la Germania si è detta finalmente favorevole anche ad un sistema europeo di assicurazione dei depositi: da una parte si preoccupa di salvare le sue banche, e dall’altra i suoi risparmiatori.”

Di fatto, dunque, il sistema-Italia viene usato “non solo come uno scudo umano, alla maniera dei terroristi, ma come detonatore di una crisi globale“. Il 2020 è considerato un anno di “transizione”, nella guerra finanziaria montante. Le elezioni inglesi e poi quelle statunitensi avranno il compito di chiarire se, e in che misura, il capitalismo anglosassone avrà una linea d’azione unitaria oppure no; e in che misura incrementerà lo scontro con la Cina e il mal-incollato vaso europeo.

La strategia dell'”arrocco” franco-tedesco spinge oggettivamente l’Italia e altri paesi verso “l’Anglosfera” (l’inconsistenza della nostra classe dirigente, e l’assenza di visioni per il futuro, non permettono considerare altre e più robuste soluzioni, come lo sviluppo di un’area EuroMediterranea e l’implementazione, per esempio, della Via della Seta). Ma la cosa più terribile è che tutto questo affannarsi per “succhiare risorse” dai partner europei è decisamente inutile. Infatti:

“Ad essere ostaggio della speculazione finanziaria non è l’Italia. Nel mirino ci sono le banche tedesche e le loro filiali americane, già da tempo sono sotto l’occhiuta vigilanza della Fed. Farle saltare in aria, prendersi asset, spazi di mercato e depositi, sarebbe un gioco da ragazzi.”

Ed è proprio la strategia messa in piedi da Berlino a ritorcersi contro i suoi “austeri” imbecilli:

“Il lungo e travagliato iter di approvazione e di ratifica del nuovo Trattato istitutivo del MES, che non si limita ad emendare il precedente ma lo riscrive di sana pianta, darà alla speculazione tutto il tempo necessario per montare il clima di sfiducia generalizzato in cui è solita operare. Ma probabilmente non sarà neppure necessario agitare il mercato come una clava, senza pietà: si prenderanno tutto per 1 dollaro.

Chi ha sacrificato la Grecia per mera voluttà di potenza, subirà la stessa sorte, perderà tutto. Nemesi placherà l’ira di Giove.”

Lo possiamo dire con un mese di anticipo: Buon Anno!



LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Sabato 30 Novembre 2019

SANT'ANDREA

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Grado della Celebrazione: FESTA
Colore liturgico: Rosso 

Antifona d'ingresso
Sulle sponde del mare di Galilea 
il Signore vide due fratelli, Pietro ed Andrea, 
e li chiamò: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. (cf. Mt 4,18-19) 

Colletta
Dio onnipotente, esaudisci la nostra preghiera 
nella festa dell’apostolo sant’Andrea; 
egli che fu annunziatore del Vangelo 
e pastore della tua Chiesa, 
sia sempre nostro intercessore nel cielo. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo... 

PRIMA LETTURA (Rm 10,9-18)
La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratello, se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. 
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».
Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!».
Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaìa: «Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato?». Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro:
«Per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino agli estremi confini del mondo le loro parole».

Parola di Dio 

SALMO RESPONSORIALE (Sal 18)
Rit: Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio. 

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio. 

Canto al Vangelo (Mt 4,19) 
Alleluia, alleluia.
Venite dietro a me, 
vi farò pescatori di uomini
Alleluia. 

VANGELO (Mt 4,18-22
Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Parola del Signore 

Preghiera dei fedeli
Fratelli, apriamo il nostro cuore a Dio, che continuamente ci chiama e con bontà e pazienza attende la nostra risposta. Diciamo insieme: 
Rendici testimoni del tuo amore. 

Signore del mondo, ti preghiamo per la Chiesa, affinché, sull'esempio di sant'Andrea, ti segua con fedeltà e sia tra gli uomini il segno della tua misericordia. Preghiamo: 
Signore della Chiesa, fà nascere anche oggi persone che con coraggio e gioia seguano il tuo invito e facciano conoscere agli uomini Gesù Cristo come guida, amico, fratello. Preghiamo: 
Signore del nostro tempo, fà che come cristiani siamo attenti alla tua chiamata, e rispondiamo con responsabilità e coerenza alle attese del mondo d'oggi. Preghiamo: 
Signore dei poveri, aiutaci ad essere segno del tuo amore e ad avere un'attenzione particolare per chi, nella società, soffre la povertà e la solitudine. Preghiamo: 
Signore degli apostoli, incoraggia la nostra comunità, perchè sull'esempio di sant'Andrea non si vergogni di testimoniare, in pubblico e in privato, la fede in Cristo Gesù. Preghiamo: 
Perchè la nostra comunità sia un segno di unità. 
Perchè la nostra comunità sia sensibile alle vocazioni sacerdotali e religiose. 

O Dio, tu ci conosci e ci chiami per nome; per te siamo tutti importanti e siamo scritti nel tuo cuore di Padre; insegnaci a conoscerti e a seguirti con gioia come l'apostolo Andrea. Per Cristo nostro Signore. Amen. 

Preghiera sulle offerte
Accogli, Signore, con i doni che ti presentiamo 
nella festa di sant’Andrea apostolo 
l’umile offerta di noi stessi 
e donaci in cambio la tua vita divina. 
Per Cristo nostro Signore. 

Prefazio degli Apostoli. 

Antifona di comunione
Andrea disse a suo fratello Simone: 
“Abbiamo trovato il Messia, il Cristo”. 
E lo condusse da Gesù. (Gv 1,41-42) 

Preghiera dopo la comunione
La partecipazione al tuo sacramento, Signore, 
ci fortifichi e ci dia la gioia di portare in noi, 
sull’esempio di sant’Andrea apostolo, 
i patimenti del Cristo, 
per partecipare alla gloria della risurrezione. 
Per Cristo nostro Signore. 

Commento
Oggi celebriamo la festa dell'Apostolo Andrea, fratello di Simon Pietro e amico di Giovanni e di Giacomo. Il Vangelo ci narra come Andrea ha ascoltato la parola di Dio che gli era rivolta: ""Seguitemi, vi farò pescatori di uomini". Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono". E questa adesione pronta che ha permesso agli Apostoli di diffondere la parola, la "buona notizia" della salvezza. La fede viene dall'ascolto e ciò che si ascolta è la parola di Cristo, che anche oggi la Chiesa diffonde fino alle estremità della terra. 
Siamo dunque sollecitati ad ascoltare la parola, ad accoglierla nel cuore. Essa è un rimedio salutare. E una parola esigente, ed è questo il motivo per cui facilmente vorremmo chiudere le orecchie a Dio che ci parla: capiamo che l'ascolto avrà delle conseguenze. Dobbiamo pensare che la parola di Dio è davvero un rimedio, che se qualche volta ci fa soffrire è per il nostro bene, per prepararci a ricevere i doni del Signore. 
Ma la parola non è solo un rimedio, è un cibo, il cibo indispensabile per l'anima. E detto nei profeti che Dio metterà nel mondo una fame, non fame di pane, ma di ascoltare la sua parola. E di questa fame che abbiamo bisogno, perché ci fa continuamente cercare e accogliere la parola di Dio, sapendo che essa ci deve nutrire per tutta la vita. Niente nella vita può avere consistenza, niente può veramente soddisfarci se non è nutrito, penetrato, illuminato, guidato dalla parola del Signore. 
Nello stesso tempo la parola di Dio è una esigenza. Gesù ne parla come di seme che deve crescere e diffondersi Ovunque. Da questa parola viene la fecondità di Ogni apostolato. Se si dicono parole umane, non è il caso di considerarsi apostoli, ma se abbiamo accolto in noi la parola di Dio, essa ci spinge a proclamarla, a diffonderla dappertutto, per mettere gli uomini in comunicazione con Dio. 
Da san Giovanni sappiamo che non è facile ascoltare la parola di Dio, che non è opera umana. 
Gesù rimprovera ai farisei di non essere capaci di ascoltare la sua parola, perché non sono docili a Dio: 
"Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me" (Gv 6,45), dice il Signore: per ascoltare la parola di Dio bisogna essere stati intimamente docili al Padre. 
La parola di Dio fa la nostra felicità, perché è il mezzo della comunicazione con Dio. Se vogliamo essere in comunione con Dio dobbiamo accogliere in noi la sua Parola. 
D'altronde è lui che nella sua bontà e generosità ci dà la sua parola, ci mette in comunicazione, è lui che parla per primo, che ci apre le orecchie perché possiamo ascoltare, come dice un salmo, e ci dà la gioia di parlare con lui. La parola di Dio è anche il mezzo migliore per essere in comunione fra noi. Non facciamoci illusioni: la vera fraternità è possibile soltanto nella parola di Dio. Se noi la rifiutiamo, i più bei desideri, i più bei propositi di essere in comunione con gli altri sono destinati al fallimento, perché manca il vero fondamento, che è la comunione con Dio. 
Domandiamo a sant'Andrea di insegnarci ad ascoltare, ad accogliere la parola di Dio molto generosamente, molto semplicemente, molto fraternamente, per essere in comunione con Dio e gli uni con gli altri.

venerdì 29 novembre 2019

Così Bergoglio ha distrutto l’Ordine di Malta


Wikileaks


ASSOCIARE MASSONERIA, VATICANO E ANTICRISTO PUO' COSTARE LA CARRIERA? 


Dopo la vicenda dei contraccettivi, con il clamoroso reintegro di colui che li faceva distribuire (von Boeselager) e il “commissariamento” del Vaticano, continuano i problemi per i Cavalieri di Malta. Secondo lo storico Henry Sire la fazione tedesca sta imponendo «una purga stalinista» e molte trame avrebbero al centro i soldi. E poi la Messa in rito antico: vietata.


di Marco Tosatti (30-06-2019)

Henry Sire, lo storico inglese autore del libro Il Papa Dittatore, e cacciato dall’Ordine di Malta proprio per questo, in una maniera che Sire (e non solo lui) giudica illegale, lancia un allarme sulle colonne di OnePeterFive. Lo storico Ordine cavalleresco sta subendo — grazie al “commissariamento” della Santa Sede prima, e all’occupazione tedesca poi — il rischio di una trasformazione genetica, e forse di una possibile scomparsa. Vi riassumiamo brevemente la saga, così come si è sviluppata.

L’ex Gran Maestro, l’inglese Matthew Festing, ha avuto notizia che una sezione dell’Ordine, sotto il controllo del Gran Cancelliere, Albrecht von Boeselager, distribuiva contraccettivi. Ne ha informato il cardinale Patrono, Raymond Burke, che ne ha parlato con il Pontefice, che gli ha dato via libera a risolvere la questione. Festing ha messo Boeselager davanti alle sue responsabilità, chiedendogli di dimettersi. Boeselager si è rifiutato, ed è stato dimesso d’autorità. Ma ha fatto valere la sua amicizia con il segretario di Stato, Pietro Parolin (in tutto questo c’è anche la strana storia di un ricchissimo lascito in Svizzera) e le sue aderenze in Vaticano (il fratello è nel Consiglio dello IOR), ed è successo di tutto.

In pratica il Pontefice ha obbligato il Gran Maestro a dimettersi (anche se aveva ragione nella querelle con Boeselager, come ha dimostrato un tribunale civile ad Amburgo), ha esautorato Burke, mettendo al suo posto l’allora sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu. Il Vaticano – fatto mai accaduto nella storia plurisecolare dell’Ordine – ha quindi “commissariato” i Cavalieri e Boeselager è stato reintegrato.

Becciu, von Boeselager e Dalla Torre nel 2018.

Da questo punto Henry Sire riprende il racconto: “Nel 2018 Boeselager ha insistito per l’elezione a Gran Maestro di una nullità, Fra Giacomo dalla Torre, che ora è la facciata per il regime di Boeselager. Poi, lo scorso maggio, l’acquisizione fu completata dalle elezioni del nuovo governo dell’Ordine, che equivalevano alla vittoria totale del partito tedesco… La lista che i tedeschi hanno presentato è stata eletta quasi invariata: tutti e quattro gli alti ufficiali dell’Ordine, cinque dei sei membri del Sovrano Consiglio e tutti e sei i membri del Consiglio di governo, che ha un ruolo sussidiario”.

E gli effetti sono stati immediati. “Nel giro di poche settimane, qualsiasi idea che questo potere assoluto potesse essere esercitato con discrezione e moderazione è stato cancellato. In Portogallo, un emissario del Gran Magistero è arrivato, ha destituito l’intero consiglio dell’Associazione portoghese e ha nominato un nuovo consiglio, in barba all’usanza che tali organi siano eletti dai membri locali. In Inghilterra, il Gran Priore è stato licenziato e un Procuratore è stato imposto, ancora senza elezioni. A Roma, l’intero consiglio della Delegazione (il corpo che riunisce tutti i cavalieri dell’area romana) si è dimesso. Questo è significativo, dal momento che questi sono i membri dell’Ordine più vicini a quello che sta succedendo nel Gran Magistero e ciò che vedono li sconvolge. Ciò che gli atti precedenti sembrano mostrare è una purga stalinista del nuovo regime, quando sono al potere da meno di due mesi”.

Dalla Torre con Bergoglio nel 2017.

Qualche settimana fa un ukase del Gran Maestro vietava (in modo illegittimo) l’uso del Vetus Ordo in qualsiasi cerimonia dell’Ordine. L’input, ancora una volta, è tedesco: “Il presidente dell’Associazione scandinava, che aveva chiesto il divieto, è in realtà una donna tedesca – un aspro oppositore della liturgia tradizionale – che è stata imposta all’Associazione in qualità di presidente dal regime a Roma, con l’aiuto di un’altra donna tedesca residente in Scandinavia. L’Associazione scandinava nel suo complesso si era finora distinta per il suo entusiasmo per il Vecchio rito; ma il divieto su di esso è stato richiesto e imposto alle loro spalle. Questo è tipico del modo in cui Boeselager manipola i vari rami dell’Ordine, intrufolando le sue talpe, ed è quindi in grado di fingere che un atto di intolleranza come questo provenga da una fonte indipendente”.

Ma è in atto un’altra manovra, ancora più pericolosa e di lunga portata. Scrive Sire: “Il regime di Boeselager è in realtà un esercizio di ipocrisia istituzionalizzata e la scorsa settimana ha prodotto il suo capolavoro con l’emissione di una lettera dal Gran Maestro ai cavalieri professi riguardo al voto di povertà. Per anni, il barone Boeselager ha lavorato per una politica in cui i cavalieri professi saranno costretti a rinunciare alle loro proprietà a favore dell’Ordine, che poi pagherebbe loro un assegno di sussistenza. La lettera del Gran Maestro la scorsa settimana ha richiesto ai cavalieri di fare una dichiarazione delle proprietà che possiedono, con una stima di ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere”.


Ora, a prima vista sembra anomalo che gli uomini che fanno un voto di povertà debbano possedere proprietà; tuttavia ciò era necessario perché l’Ordine di Malta, a differenza di altri ordini religiosi, finora non aveva i mezzi per sostenere i suoi religiosi. In effetti, l’Ordine nei tempi moderni non ha semplicemente permesso, ma ha richiesto ai suoi professi di conservare fondi sufficienti per sostenersi.

I cavalieri di giustizia che hanno fatto la loro professione religiosa su questa regola ora si trovano davanti alla richiesta unilaterale di rinunciare alle loro proprietà. “Nessuno dubita che questo sia un modo per costringere alcuni dei cavalieri — quelli che non accetteranno il cambiamento — a uscire dall’Ordine, e per rendere il resto indifeso e dipendente dal regime tedesco. Quale minaccia più potente potrebbe esserci se non togliere i mezzi di sussistenza della gente? Questo è lo stalinismo con una raffinatezza in più — non semplicemente la confisca delle proprietà, ma la finzione del dovere religioso nell’imporre questo”.

Sire afferma che tutto questo rientra nel piano di Boeselager di fare in modo che i tre Gran Priorati italiani passassero all’istituzione centrale le loro proprietà, e parla di una “tendenza materialistica” emersa nella crisi recente, quando Boeselager ha ottenuto il rovesciamento della situazione perché “il Vaticano era preoccupato per la perdita di un fondo svizzero che Boeselager avrebbe potuto recuperare. Il motto del presente regime è «afferra i soldi»”.

La lettera del Gran Maestro ai professi dà loro tempo apparentemente fino alla fine di agosto per fare una dichiarazione delle loro proprietà; ma è solo una formalità. “Ora la notizia interna del Vaticano è che sta per essere scatenata una crisi, in base alla quale la maggior parte dei professi di Malta sarà costretta a lasciare l’Ordine, lasciando il suo governo completamente in balìa dell’attuale regime stalinista. Gli osservatori dovrebbero prendere nota, quindi: ci sono tutte le indicazioni che entro pochi mesi l’Ordine di Malta vecchio di novecento anni si unirà alla lista degli ordini religiosi che Papa Francesco è riuscito a distruggere nei suoi brevi sei anni di potere. Possiamo essere sicuri che il lavoro verrà eseguito con la stessa ipocrisia e i falsi pretesti degli altri casi. Resta da vedere se i Cavalieri di Malta si lasceranno condurre al massacro”.


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Bergoglio e la persecuzione ai Frati Francescani dell’Immacolata


Bergoglio, la persecuzione di frati colpevoli di pregare ed essere davvero poveri. Un capitolo dal libro “IL PAPA DITTATORE”, da leggere per capire quanta criminalità governa il Vaticano.

Quando Jorge Mario Bergoglio è uscito sulla loggia della Basilica di San Pietro ed è divenuto il primo Papa ad assumere il nome di Francesco, sembrava adattarsi perfettamente al ruolo di Papa riformatore che il pubblico avrebbe voluto. Prendendo quel nome, ha scelto di rendere omaggio al grande santo medievale e riformatore, San Francesco, oggi più strettamente che mai associato alla “santa povertà”, il tema principale del nuovo pontificato del Papa. Un’agiografia faziosa ha ridotto San Francesco a un pacifista e animalista con i sandali, ma l’uomo vero è stato uno strenuo difensore della fede che ha predicato l’obbedienza a Dio attraverso la Sua Chiesa. Lungi dal disdegnare un proselitismo attivo – invitando senza mezzi termini i non Cattolici alla conversione – San Francesco ha viaggiato in Egitto per affrontare il sultano e predicare il nome di Cristo a rischio del martirio. Inoltre le sue lettere attestano la sua insistenza nell’onorare Dio nella liturgia con arredi d’altare pregiati e ricercati.


PREDICOZZI

“La Chiesa è una storia d’amore …. E se non capiamo questo, non capiamo nulla di cosa sia la Chiesa. È una storia d’amore”. Papa Francesco, Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae, Mercoledì, 24 aprile 2013


La spiritualità “francescana” autentica è stata riscoperta e richiamata in vita ai nostri tempi grazie alla fondazione di un nuovo istituto religioso, i Frati Francescani dell’Immacolata, nel 1970 a Frigento, in Italia. I Padri Stefano Maria Manelli e Gabriele Maria Pellettieri erano Francescani Conventuali che hanno voluto tornare ad una forma più rigorosa di vita religiosa. Padre Manelli è considerato un pioniere nella vita spirituale, avendo scritto la “Traccia Mariana” un piano Mariano per la vita Francescana che spiega il carisma dell’ordine, la preghiera e la devozione alla Vergine Maria. Essa può essere vista come il nucleo della spiritualità unica dell’istituto.

Padre Stefano Maria Manelli, fondatore dei Francescani dell’Addolorata, perseguitato da Bergoglio

La speciale devozione del nuovo istituto a Maria era radicata nella spiritualità di San Massimiliano Kolbe, il francescano polacco morto a Auschwitz. Nel 1990, l’istituto è stato innalzato al rango di “istituto di diritto diocesano” dall’Arcivescovo di Benevento. Mentre il resto della Chiesa è precipitato in una grave crisi vocazionale, le vocazioni dei Frati Francescani dell’Immacolata abbondavano ed è presto diventata evidente la necessità di un ramo femminile.

Nel 1993 il Vescovo di Monte Cassino ha fondato le Suore Francescane dell’Immacolata, istituto religioso di donne che vivevano secondo la Regula Bullata[1] e la Traccia.

Nel 1998 Papa Giovanni Paolo II ha eretto i Frati Francescani dell’Immacolata a “istituto di vita religiosa di diritto pontificio”, e lo stesso anno ha esteso questo riconoscimento al ramo femminile. L’Istituto ha continuato a crescere, diffondendosi in tutto ìl mondo in Argentina, Austria, Benin, Brasìle, Camerun, Francia, Italia, Portogallo, Nigeria, Filippine e Stati Uniti. Esso operava soprattutto nei paesi poveri nei quali era difficile trovare altri ordini che intraprendessero un’opera missionaria. Grazie a questo rinnovamento padre Manelli ha seguito l’ideale proposto dal decreto del concilio Vaticano II, Perfectae Caritatis, sul rinnovamento della vita religiosa che richiamava un “ritorno alle fonti”, ai carismi originali dei rispettivi fondatori.

Bergoglio e i suoi fiduciari

La nomina di Rodriguez Carballo alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata è stata la prima nomina vaticana importante del Papa nell’aprile 2013, a meno di un mese dal Conclave. Ma Rodriguez Carballo aveva già una nota reputazione, essendo coinvolto in un grande scandalo finanziario durante i suoi dieci anni come Ministro Generale dell’Ordine Francescano, prima della sua nomina in Vaticano.


Dalla loro storia e dal loro spirito, i Francescani dell’Immacolata sembravano incarnare tutto quello che San Francesco aveva stabilito e che Papa Francesco poteva desiderare da un istituto religioso: la povertà più severa, un’intensa vita di preghiera, e un impegno missionario. La povertà soprattutto era vissuta dai Frati in modo letterale: le loro comunità vivevano di donazioni, confidando nella Provvidenza per trovare persone disposte a provvedere loro. Si potrebbe definire un caso esemplare della perseveranza di Papa Francesco sulla povertà e sull’assistenza ai poveri.

Eppure solo pochi mesi dopo l’apparizione di Papa Francesco nella loggia di San Pietro, la storia dei Frati avrebbe preso una brutta piega. La storia di ciò che può essere descritta solo come la persecuzione papale di un ordine religioso fiorente sarà forse ricordata come una delle cose più strane dell’era moderna.

Un errore fatale: l’amore per la liturgia tradizionale

Negli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI i Frati dell’Immacolata avevano iniziato ad usare l’ordine della Messa antecedente al Vaticano II. Anche dopo la promulgazione del Motu Proprio, Summorum Pontificum di Benedetto, nel 2007, l’uso dell’antica forma liturgica è stato ampiamente osteggiato dai vescovi, specialmente in Italia. Tuttavia, l’interesse per il suo uso ha visto una crescita costante e può essere stato proprio questo crescente interesse delle vocazioni più giovani dei Frati Francescani dell’Immacolata per la forma tradizionale di liturgia ad aver attirato l’ira del Vaticano. Quando l’ordine ha deciso di usare preferibilmente il rito antico, è subito diventato il secondo gruppo più grande della Chiesa a farlo, con più di 200 sacerdoti, 360 frati e 400 suore. Il segnale dato a tutta la Chiesa da questa comunità popolare che abbandona la Forma Ordinaria non poteva essere sopportata dagli uomini dediti al nuovo paradigma cattolico.


Quando Jorge Bergoglio è stato eletto Papa nel 2013 ha approvato l’indagine sui Frati dell’Immacolata. Nessuna accusa ufficiale è mai stata mossa contro il fondatore, padre Stefano Manelli, e nessuna prova è mai stata prodotta. È emersa nei media una campagna di diffamazione contro padre Manelli, che è stato punito con gli arresti domiciliari e non ha avuto la possibilità di difendersi.


I Frati Francescani dell’Immacolata avevano adottato l’uso regolare del rito antico dopo la pubblicazione del Summorum Pontificum. Nel capitolo generale del 2008 avevano preso la decisione di adottare la Forma Straordinaria della Messa nell’ordine, pur continuando a celebrare nella Forma Ordinaria nelle comunità e parrocchie a loro affidate; questo tentativo di diventare “bi-rituale” doveva risultare poi catastrofico. Sensibile alle conseguenze politiche derivanti dall’essere etichettati come “tradizionalisti”, padre Manelli ha insistito per continuare a celebrare nella Forma Ordinaria quando visitava le parrocchie dell’ordine. Egli è stato ben attento a spiegare che i suoi frati non rifiutavano il Vaticano II nelle sue decisioni liturgiche. Nel maggio 2012 il capitolo generale delle Suore Francescane dell’Immacolata, come anche il ramo contemplativo, hanno espresso la preferenza per l’uso del rito antico nelle loro cappelle.

Fino alla fine del 2011 questa decisione aveva ricevuto una scarsa risonanza a Roma. In una lettera del 21 novembre 2011 scritta da padre Manelli e dai suoi consiglieri, ìl Segretario Generale dei Frati aveva inviato a tutte le case alcune norme indicative per l’utilizzo della Forma Straordinaria, cosicché alcune comunità avevano dato priorità al rito antico e altre avevano mantenuto la Forma Ordinaria. Tutto ciò era stato approvato dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei in una lettera del 14 aprile 2012.

Il decreto e l’inizio della persecuzione aperta

Tutto questo è cambiato quando il cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz è stato nominato nel gennaio 2011 Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata: l’anno successivo ha ordinato un’indagine sul funzionamento dell’ordine. L’11 luglio 2013, la Congregazione ha emesso un decreto che impone ad ogni sacerdote dei Frati Francescani dell’Immacolata di cessare la celebrazione della Messa nel rito antico. “Eventualmente, della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere esplicitamente autorizzata [sic] dalle competenti autorità, per ogni religioso e/o comunità che ne farà richiesta”. La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata ha sciolto il Consiglio Generale dell’Ordine e ha nominato un Commissario Apostolico, il padre cappuccino Fidenzio Volpi, divenuto superiore di fatto di tutte le comunità della congregazione nonché la persona incaricata di gestire le spese dell’ordine. È divenuto anche ampiamente noto che ci sono state misteriose “accuse” contro l’ordine e il suo fondatore, padre Manelli, ma sia Volpi che il Vaticano si sono rifiutati di fare chiarezza su ciò, mentre le voci giravano in Rete. Esse includevano racconti sinistri di un non meglio specificato “voto” che i membri sarebbero stati costretti a professare. Sono stati fatti trapelare alla stampa foschi racconti, nei quali “ex suore” anonime raccontano che alle sorelle era stato ordinato di scrivere i loro voti in sangue e di “flagellarsi” per la durata di “cinque Padre Nostro, cinque Ave Maria e cinque Salve Regina”.




Mentre i Francescani dell’Immacolata sono cresciuti esponenzialmente in poco più di quarant’anni, i Frati Francescani Minori hanno subito un crollo delle vocazioni, da 27.009 membri nel 1965 a 15.794 nel 2005, una diminuzione del 41%. Vale la pena chiedersi se sia stato effettivamente il successo dell’approccio più tradizionale dei Frati Francescani dell’Immacolata ad aver attirato l’ira dei “progressisti” ìl cui esperimento durato 50 anni sembra va essere fallito.



Lentamente, tuttavia, i fatti sono diventati chiari, mentre le informazioni sono trapelate da fonti più attendibili, spesso in seguito confermate dalle persone incaricate delle indagini. È divenuto noto che un gruppo di cinque o sei «dissidenti” dell’ordine si era lamentato presso il cardinale Braz de Aviz, in particolare contestando l’uso del rito antico, ma suggerendo in modo poco chiaro l’esistenza di qualcos’altro, problemi che sarebbero stati presto annunciati, ma che alla fine non sono mai emersi.

Tra questi dissidenti c’è stato padre Alfonso Maria Bruno, ben noto per i lavori mediatici che lo hanno reso popolare in Italia. Padre Bruno è stato subito nominato portavoce dell’ordine in Italia, e ha dichiarat o alla Catholic News Agency che la questione della Messa era «solo la punta dell’iceberg», anche se poi non ha voluto specificare altro. I Frati Francescani dell’Immacolata erano ormai apertamente sospettati di comportamenti indegni, insinuazione letale causata dall’allarme degli scandali degli abusi sessuali dei sacerdoti. Un altro nome importante nella saga è quello dell’Americano, padre Angelo M. Geiger. Anch’egli vantava una presenza massiccia sui social media ed era diventato ìl vero custode dell’informazione dell’ordine, facendo trapelare le notizie dal sito e dal profilo YouTube e Facebook dell’ordine. Padre Bruno si è spinto fino al punto di accusare le sorelle contemplative della congregazione della possibilità di cadere in «eresia e disobbedienza». Poiché a nessun giornalista era permesso di accedere alle fonti, ma lo era solo a questi due, è stato impossibile verificare tali affermazioni.

Dato tutto ciò i Frati e le Suore dell’Immacolata hanno ritenuto necessario rilasciare una nota “ufficiale” il 3 agosto 2013, che spiegava la falsità delle accuse. “È nostro dovere rispondere, in scienza e coscienza, che in realtà, P. Stefano non solo non ha mai imposto a tutte le Comunità F.l. l’uso -tant o meno l’uso esclusivo – del Vetus Ordo, ma non vuole nemmeno che ne diventi l’uso esclusivo, e lui stesso ne ha dato l’esempio celebrando ovunque secondo l’uno o l’altro Ordo.” (fonte: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV569_Nota_FFII_su_Vatican_insider.html, si può leggere qui). Questa risposta ha tuttavia ottenuto un effetto modesto; il decreto del Vaticano è stato eseguito, e di gran lunga sorpassato nei tre anni successivi.

Il Papa lo sa?

Più importante della questione della forma della Messa, anche con le sue più ampie implicazioni politiche, la vicenda è stata una sorta di indicatore dei metodi del nuovo Papa. Il modo di trattare la lettera dei dissidenti è stato visto fin dall’inizio come una rottura radicale con il modo di governo di Benedetto XVI. La legge della Chiesa comprende i principi della prova e dell’equo processo, ma la mancanza di qualsiasi giustificazione ragionevole per la prima visita del 2012 o per la successiva nomina del Commissario parlavano in modo chiaro. Né nel decreto, né in qualsiasi altro documento successivo ad esso, è stato mai indicato alcun motivo concreto di cattiva condotta. Le ragioni per le misure canoniche adottate sono sembrate insufficienti, anche banali.

Il secondo firmatario del decreto, Mons. José Rodriguez Carballo è una figura di particolare importanza. Il vaticanista Sandro Magister ha scritto: “Rodriguez Carballo gode della piena fiducia del papa. La sua promozione a numero due della congregazione è stata voluta dallo stesso Francesco all’inizio del suo pontidicato”. La nomina di Rodriguez Carballo alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata è stata infatti la prima nomina vaticana importante del Papa nell’aprile 2013, a meno di un mese dal Conclave. Ma Rodriguez Carballo aveva già una nota reputazione, essendo stato precedentemente coinvolto in un grande scandalo finanziario durante i suoi dieci anni come Ministro Generale dell’Ordine Francescano, prima della sua nomina in Vaticano. Lo scandalo aveva messo in pericolo la stabilità finanziaria dell’Ordine Francescano, come padre Michael Perry, successore di Carballo, aveva spiegato in una lettera ai suoi confratelli. Quella che i media avevano chiamato una “maxi frode” aveva colpito duramente l’Ordine Francescano: la frode e l’appropriazione indebita di decine di milioni di euro lo aveva messo finanziariamente in ginocchio. Sotto la guida di Rodriguez Carballo l’ordine aveva investito denaro in società offshore in Svizzera, società a loro volta coinvolte nel commercio di armi, nel traffico di droga e nel riciclaggio di denaro.

Sembra che egli abbia permesso l’intenzionale cattiva gestione dei fondi in Italia da parte di persone esterne, che si sono arricchite con l’aiuto di membri dell’ordine. Padre lvlichael Perry ha scritto nella sua lettera che l’ordine “si trova in grave, e sottolineo ‘grave’, difficoltà finanziaria, sotto il peso oneroso del debito” e ha aggiunto: “I sistemi di supervisione e controllo finanziario per la gestione del Patrimonio dell’Ordine erano troppo deboli o erano compromessi, così hanno ridotto la loro efficacia nel garantire una gestione responsabile e trasparente”. I Frati sono stati coinvolti in “una serie di attività finanziarie discutibili” e padre Perry ha dovuto chiamare avvocati e autorità civili per far luce sullo scandalo.

Senza aspettare il rapporto definitivo delle autorità svizzere sul caso dei Francescani, Papa Francesco ha promosso il suo uomo di fiducia ad una posizione più influente e tra le più alte nella gerarchia della Chiesa.

“Il regno del terrore” di padre Fidenzio Volpi

La reazione di padre Manelli al decreto di luglio è stata ritenuta esemplare. Nonostante fosse sotto attacco, e successivamente accusato di cattiva gestione dell’istituto e dei peggiori crimini, ìl fondatore dell’ordine ha raccomandato a tutto l’istituto l’obbedienza al Santo Padre e ha espresso la sua fiducia che questa obbedienza avrebbe portato “maggiori grazie”. La sua speranza potrebbe esser stata che il nuovo papa avrebbe promosso una valutazione oggettiva della situazione dell’Istituto e avrebbe fatto giustizia in una situazione in cui pochi frati si erano ribellati contro la maggioranza del loro istituto.

È stato rivelato che padre Volpi, il quale sosteneva che il suo “lavoro” era stato “specificamente ordinato dal Vicario di Cristo”, era stato incaricato di far rientrare i “dissidenti” nei ranghi, ristabilire l’unità e di stimare le finanze dell’ordine. Nei fatti è stata una completa assunzione del controllo dell’istituto, sacerdoti, frati, suore e terziari. Il dominio di padre Volpi è stato spietato: il governo generale è stato deposto e il fondatore padre Manelli è stato messo de facto agli arresti domiciliari, essendogli stato ordinato di rimanere in solitudine nel Sud Italia, dove risiede tuttora, senza la possibilità di comunicare con il mondo esterno, inclusa la sua famiglia o qualsiasi frate. I frati che autonomamente hanno fatto una petizione al Vaticano sono stati puniti o minacciati di espulsione. È stata scritta una petizione contro il divieto della Forma Straordinaria da quattro studiosi laici, ma è stata ignorata.

Già dal dicembre del 2013 molti Cattolici ne avevano abbastanza e hanno diffuso una petizione che chiedeva la rimozione di padre Volpi. “Nello spazio di cinque mesi padre Volpi ha sfasciato l’istituto provocando caos e sofferenze al suo interno, scandalotra i fedeli, critiche sulla stampa, disagio e perplessità nel mondo ecclesiastico”. Anche questa lettera è stata ignorata.

Già 1’8 dicembre 2013, padre Volpi ha risposto in una lettera indirizzata a tutti i frati, con una nuova serie di sanzioni, tra cui la chiusura del seminario dell’ordine. In essa lamentava “atti di disobbedienza e intralci alla mia azione, [di] atteggiamenti di sospetto e di critica verso la Chiesa che è nostra madre, fino alla calunnia di attribuirle la “distruzione del carisma” (sic), attraverso la mia persona.”

Questa lettera è la prima accusa “ufficiale” di cattiva condotta contro padre Manelli che, egli disse, aveva ordinato “il trasferimento delle disponibilità dei beni mobili e immobili dell’Istituto, a fedeli laici, noti figli spirituali e familiari del fondatore padre Stefano Manelli, nonché ad alcuni genitori di suore”, per metterli al riparo dal potere del Commissario. Padre Volpi ha denunciato tutti i religiosi che volevano inoltrare una richiesta per fondare un nuovo istituto orientato verso il rito antico. Ha anche ordinato la sospensione dell’organizzazione laicale dei terziari fino a nuovo ordine.

A causa dell’interruzione degli studi nel seminario e della sospensione del programma di studi privati dell’istituto, gli studenti di teologia sono stati trasferiti a Roma per continuare nel loro percorso formativo. Gli studenti di filosofia sono stati inviati all’università diocesana di Benevento. Le ordinazioni diaconali e sacerdotali sono state sospese per un anno. A tutti i candidati ai sacri ordini è stato formalmente richiesto di sottoscrivere la loro accettazione della Forma Ordinaria della Messa e dei “documenti del Concilio Vaticano II” in quello che era definito un “giuramento” di sottomissione. I candidati che non lo avrebbero rispettato sarebbero stati allontanati dall’istituto. Inoltre ogni religioso ha dovuto esprimere in forma scritta la sua volontà di continuare come Frate Francescano dell’Immacolata nella forma riveduta dell’Istituto. La Missione dell’Immacolata Mediatrice dei laici in Italia è stata formalmente sospesa in Italia, così come il Terzo Ordine dei Frati Francescani dell’Immacolata e come sono state sospese tutte le attività editoriali, un impegno importante dell’ordine.

Padre Volpi ha promosso uno dei cinque dissidenti originari, padre Bruno, Segretario Generale (da allora è stato rimosso). Sotto padre Manelli, padre Bruno è stato il responsabile delle pubbliche relazioni, incluse le reti dei social media. La sua posizione nei mezzi di comunicazione è tornata particolarmente utile quando la Commissione ha iniziato la sua opera; è stato il primo a rendere pubblica la decisione del Vaticano di nominare un Commissario e ha informato i giornalisti in modo unilaterale. Alcuni lo consideravano il capo dei frati che si sforzavano di indirizzare l’Istituto in senso liberale.

Durante il “regno del terrore” di padre Volpi numerosi frati hanno abbandonato l’istituto. Anche se resta difficile ottenere informazioni dettagliate sullo stato attuale dell’ordine, alcuni calcolano che più di due terzi dell’istituto ha cercato di trovare un’altra soluzione; alcuni hanno chiesto una rifondazione. Un piccolo gruppo di frati ha domandato di abbandonare l’istituto, cercando rifugio nelle Filippine. Sei frati hanno fatto richiesta a Mons. Ramon Cabrera Argüelles di Lipa di valutare la possibilità di rifondare l’istituto con il suo carisma originario nella sua diocesi. Essi sono stati rintracciati da padre Volpi e padre Bruno, puniti con la sospensione a divinis ed è stata negata loro l’opportunità di difendersi. La sospensione a divinis è l’azione penale normalmente imposta solo per una grave trasgressione e la persona accusata ha il diritto canonico di difendersi.

Tutta questa procedura è stata contro il diritto canonico, ma non è mai stata affrontata come tale né è stata mai riesaminata. Normalmente la richiesta di lasciare una congregazione, un ordine o un istituto è comune e viene concessa a molte persone per le più svariate ragioni.

Nel caso dei Frati dell’Immacolata, a tutti i membri è stato impedito collettivamente l’abbandono e sono stati costretti a vivere in un’atmosfera di repressione, un comportamento che non ha alcuna giustificazione canonica. In tutto questo, padre Volpi non ha mai reso noto di quale comportamento illecito l’ordine si sarebbe reso colpevole.

Nel frattempo sono state lanciate tramite i tribunali secolari le accuse di Volpi contro padre Manelli di voler scappare con le proprietà dell’ordine. Volpi ha intentato una causa per presunta frode, falsificazione di documenti e appropriazione indebita, e a tutto ciò padre Manelli ha risposto denunciando padre Volpi per diffamazione.

I tribunali hanno ordinato a padre Volpi di restituire i beni, lo hanno condannato a pagare 20.000 Euro e gli hanno imposto scuse pubbliche. Nel luglio del 2015, il tribunale di Avellino ha deliberato che né da parte di padre Manelli né di altre persone associate ai Frati Francescani dell’Immacolata c’era stata alcuna cattiva amministrazione e ha ordinato lo sblocco dei beni appartenenti alla Missione dell’Immacolata Mediatrice (MIM) e al Terzo Ordine del Frati Francescani dell’Immacolata (TOFI) che erano stati sequestrati da Volpi. Il valore delle proprietà ammonta a circa 30 milioni di Euro.

Mons. Ramon Cabrera Argiielles di Lipa nelle Filippine, che aveva accolto i sei frati infuga dal regime del Commissario, ha concesso loro il celebret, il permesso di dire la Messa, nella sua arcidiocesi. La reazione di padre Volpi è stata rapida: ha partecipato alla riunione della Conferenza Episcopale Italiana nell’autunno 2014 e ha esortato i vescovi a non incardinare i sacerdoti che cercavano di lasciare l’istituto perseguitato, accusando i frati di un complotto per “rovesciare” il papa. Nel frattempo Mons. Cabrera Argüelles ha presentato le sue dimissioni tre anni prima dell’età obbligatoria per ìl pensionamento ed esse sono state accettate da Papa Francesco nel febbraio 2017. Anche se le dimissioni potrebbero non essere state legate agli eventi riguardanti i Frati, ciò non può essere escluso del tutto.

Il 4 aprile 2016 la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha deliberato, con il Rescriptum ex Audientia, che i vescovi devono consultarsi con il Vaticano prima di istituire un istituto di diritto diocesano. Questa è stata l’unica risposta formale alla vicenda da parte del Papa e rappresenta un passo verso la burocraticizzazione, lontano da un approccio orientato al decentramento per la fondazione di un nuovo ordine religioso. Molti osservatori hanno commentato che questa azione ha avuto un solo obiettivo: la diocesi delle Filippine che aveva cercato di rendere possibile la rifondazione dei Frati dell’Immacolata.

Le Suore dell’Immacolata

Un anno dopo il commissariamento dei frati, il Vaticano ha rivolto la sua attenzione alle suore. Il cardinale Braz de Aviz ha ordinato una visita condotta da suor Fernanda Barbiero della Congregazione delle Suore di Santa Dorotea, nota per le sue tendenze moderatamente femministe, tipiche di un ordine “aggiornato”. A suor Barbiero sono stati concessi poteri pari a quelli del Commissario dei Frati. Ma con una differenza importante: mentre la visita dei Frati era stata causata da un piccolo gruppo di dissidenti, le Suore si sono unite contro la visita, né hanno inviato denunce al Vaticano.

Tra il maggio e il luglio 2014, suor Barbiero ha richiesto altri due Visitatori Apostolici per il ramo contemplativo dell’Istituto, la abbadessa delle Clarisse suor Damiana Tiberio e suor Cristiana Mondonico, che a quanto risaputo, tengono il rito antico in un atteggiamento generale di disprezzo. I visitatori hanno detto alle suore che pregavano troppo e che facevano troppa penitenza! Le hanno anche accusate di essere troppo claustrali” e di avere bisogno di un programma di rieducazione secondo i criteri del Concilio Vaticano Il.

Le Suore dell’Immacolata hanno presentato un appello al Tribunale della Segnatura Apostolica, allora guidata dal cardinale Raymond Burke che aveva tentato di difendere i frati, contro il crescente strapotere dei loro Visitatori. La Segnatura è stata concorde nel riconoscere il fatto che i Visitatori erano andati oltre le loro competenze come erano descritte nel diritto canonico. Quattro mesi dopo il cardinale Burke è stato rimosso da Papa Francesco dalla sua posizione di Prefetto della Segn atura.

Cosa è successo?

Il 7 giugno 2015 queste misure estreme hanno subito un inaspettato arresto: padre Fidenzio Volpi è stato colpito da un ictus. Immediatamente ricoverato in ospedale nonostante ciò è morto alle ore 11:00 della mattina dello stesso giorno. Il nuovo Commissario scelto per l’Istituto è il salesiano padre Sabino Ardito, canonista, che ha svolto lo stesso compito, ma con un approccio più moderato. Nel momento in cui scriviamo, lo stato completo dell’ordine, compresi i numeri di coloro che sono rimasti, non è stato reso noto. Le ultime notizie sono che almeno quindici delle case dei Frati Francescani dell’Immacolata sono state chiuse, 60 fratelli hanno ufficialmente chiesto di essere sciolti dai loro voti, non si sa quanti se ne sono semplicemente andati via, e almeno alcune case delle suore sembra abbiano perso vocazioni a causa della crisi. Il nuovo Commissario si prepara a riscrivere le costituzioni dell’ordine per abolire la speciale consacrazione a Maria, una disposizione approvata dal Papa Giovanni Paolo II. È stato anche proposto di cambiare il voto di assoluta povertà in modo che l’Ordine possa in futuro possedere proprietà; l’oggetto di questa modifica sembra essere quello di rendere possibile al Vaticano di controllare l’Ordine attraverso le sua proprietà.

Le lettere e le azioni di padre Volpi hanno messo in chiaro un punto: “L’intervento presso i Francescani dell’Immacolata è stato causato dalla loro crescente adesione a posizioni teologiche Cattoliche Tradizionali non solo per la Messa Latina Tradizionale”. [Corsivo nell’originale]. Mentre molti Cattolici hanno tentato minimizzare la partecipazione e l’approvazione alla vicenda da parte di Papa Francesco, la distruzione dell’ordine proseguita dopo la morte di padre Volpi, in particolare dopo tanti interventi da parte dei fedeli che si sono appellati al papa, può lasciare pochi dubbi.

Il vaticanista Sandro Magister ha scritto dello “stupore” del mondo cattolico davanti all’attacco del Vaticano contro l’ordine, ricordando che “i Francescani dell’Immacolata sono una delle comunità religiose più fiorenti nate nella Chiesa Cattolica negli ultimi decenni”. Ma è notevole che i religiosi nominati per sovrintendere al commissariamento erano essi stessi membri di congregazioni in drastico declino, compresi i Cappuccini di padre Volpi e i Salesiani di padre Ardito.

Mentre i Francescani dell’Immacolata sono cresciuti esponenzialmente in poco più di quarant’anni, i Frati Francescani Minori hanno subito un crollo delle vocazioni, da 27.009 membri nel 1965 a 15.794 nel 2005, una diminuzione del 41%. Vale la pena chiedersi se sia stato effettivamente il successo dell’approccio più tradizionale dei Frati Francescani dell’Immacolata ad aver attirato l’ira dei “progressisti” ìl cui esperimento durato 50 anni sembra va essere fallito.

Questa riflessione è stata ripresa nel settembre 2016 dal vaticanista Giuseppe Nardi, che ha scritto: “Il Commissario e il capo della congregazione religiosa hanno confermato ciò che gli osservatori avevano sospettato sin dall’inizio: la ragione è stata la suddetta caratteristica dell’Ordine. Un ordine che usava il nuovo rito, e che poi ha adottato il rito tradizionale, ha attirato numerose vocazioni di giovani e ha suscitato un crescente interesse da parte degli altri ordini legati al nuovo rito, che hanno cominciato ad essere interessati a questa ‘storia di successo’, ovviamente non dovrebbe esistere”. La distruzione dei Frati Francescani dell’Immacolata è stato un messaggio ben compreso dagli altri ordini che sono stati attenti a mantenere giù la testa.

In tutto questo l’atteggiamento di Papa Francesco è stato tipicamente opaco. Si è mostrato sordo alle innumerevoli petizioni e suppliche dei frati e dei fedeli, seduto come uno spettatore olimpico a guardare le forze che si sono date battaglia in Vaticano, José Rodriguez Carballo e il cardinale Braz de Aviz, che erano in posizioni di potere, ma con un discutibile passato. Nessun caso canonico formale è mai stato istituito contro padre Manelli, le accuse informali sono rimaste infondate e nessun tribunale ecclesiastico o laico ha mai condannato padre Manelli per comportamenti impropri. Ma anche le conclusioni dei tribunali secolari che hanno dato torto al suo Commissario non hanno suscitato alcuna risposta da parte del Papa.

Rimangono molte domande, ma forse la più pressante è questa: qual è stato il vero motivo dell’attacco ai Frati Francescani e alle Suore dell’Immacolata? Se non è stata la questione liturgica, perché è stata questa la prima cosa a subire restrizioni? Perché non è mai stata data nessun altra ragione? Perché non è stato affrontato il fatto che il decreto del cardinale Braz de Aviz è in opposizione al Summorum Pontificum, un decreto papale?

Queste domande diventano sempre più pressanti quando il caso dei Frati Francescani Immacolata si paragona a quello dei Legionari di Cristo. Il primo istituto fu fondato in modo santo da padre Manelli, le accuse contro il quale sono state tutte respinte dai tribunali secolari; il secondo è stato fondato da Marcial Maciel, tossicodipendente e sessualmente promiscuo, che ha dedicato il suo tempo alle sue amanti e a raccogliere dai ricchi una fortuna in donazioni. Poche entità rappresentano più dei Legionari l’alleanza tra Chiesa e capitalismo contro cui Papa Francesco ha lanciato ripetute condanne. Al contrario, i Francescani dell’Immacolata si sono comportati come bambini nel mondo della politica ecclesiastica. La loro sequela di San Francesco era totale, nella loro genuina povertà, nella loro innocenza illimitata e nella loro dedizione a una vocazione spirituale. Qui, se è mai esistita, c’è stata la “Chiesa dei poveri” che Papa Francesco ha invocato all’inizio del suo pontificato.

Nel caso dei Legionari di Cristo, le accuse contro il fondatore e una spiegazione delle misure che dovettero essere prese furono pubblicate fin dall’inizio. Il cardinale Velasio de Paolis si è comportato come un padre benevolo verso i Legionari, anche se il loro carisma era molto diverso dal suo.

Quando il cardinale Joseph Ratzinger è stato eletto Papa nel 2005 ha personalmente deciso di indagare sul caso di Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo. Il comportamento gravemente immorale, sostenuto da prove nei tribunali secolari ed ecclesiastici, era dimostrato e doveva essere affrontato. Benedetto XVI non ha punito la Congregazione nel suo complesso, ma ha cercato con prudenza e meticolosità di individuare quali effetti aveva avuto la cattiva influenza del fondatore, e quali parti del carisma potevano essere mantenute. Quella è stata la linea seguita dal cardinale de Paolis. L’inchiesta è stata lunga e difficile, ma è stata chiusa all’inizio del 2014.

Due facce del potere

Quando Jorge Bergoglio è stato eletto Papa nel 2013 ha approvato l’indagine sui Frati dell’Immacolata. Nessuna accusa ufficiale è mai stata mossa contro il fondatore, padre Stefano Manelli, e nessuna prova è mai stata prodotta. È emersa nei media una campagna di diffamazione contro padre Manelli, che è stato punito con gli arresti domiciliari e non ha avuto la possibilità di difendersi. Oltre ciò, il suo ordine è stato governato in modo tirannico da un padre cappuccino che ha demolito l’ordine dalle fondamenta e fin dall’inizio ha cominciato a distruggere un elemento significativo del carisma dell’Istituto, ìl rito antico della Messa.

Confrontando i diversi modi di procedere, si può notare una differenza nella forza mondana dei due istituti. I Legionari di Cristo si distinguevano fin dalla loro fondazione per il loro stretto rapporto con ricchi donatori e con istituzioni finanziarie, e le donazioni abbondanti che hanno elargito al Vaticano sono stato il motivo per cui le accuse contro il loro fondatore erano state bloccate e messe a tacere per tanto tempo. I fatti parlano da soli, e vediamo quale di questi figli della Chiesa ha sperimentato la misericordia e quale ha subito una severità raramente riservata a qualsiasi altro ordine.

[1] Regola francescana approvata con la Bolla papale del 1223