mercoledì 30 gennaio 2019

Le sconcertanti predizioni di Isaac Asimov per l'anno 2019



Nel 1984, anno emblematico, il veggente Isaac Asimov ha fatto un esercizio di profezia per l'anno 2019 e i suoi pronostici si sono sorprendentemente avverati.


Isaac Asimov è uno degli autori più celebri della fantascienza, in particolare di quella detta "epoca d'oro del genere" cioè la seconda metà del XX secolo, quando visse in concomitanza con scrittori come
  • Ray Bradbury
  • Stanisław Lem
  • Ursula K. Le Guin,
...fra i tanti.

Asimov fu un autore il cui stile si basò soprattutto sulla sua conoscenza enciclopedica, che nel caso delle sue opere letterarie, fu fondamentale per immaginare universi interi, pianificati fino al minimo dettaglio, che anche se con una fantasia tra le più stravaganti, offrono al lettore la verosimiglianza e lo sconcerto necessario per rendere piacevole la lettura.

Questa erudizione, che si espresse nello scrivere quasi 500 libri, rese Asimov anche un lucido intellettuale, capace di capire il divenire umano e le contraddizioni della nostra natura e della nostra storia.

Con questo spirito, nel 1964 lo scrittore inviò un articolo a The New York Times dal titolo "Visita La Fiera Mondiale del 2014", dove aveva immaginato come sarebbe stato il mondo 50 anni dopo.

19 anni dopo, all'inizio del 1984 (altro anno emblematico per la fantascienza) Asimov ripetè questo esercizio di immaginazione profetica, questa volta per la rivista The Star (Isaac Asimov was asked by 'The Star' 35 Years ago to Predict the World of 2019 - Here is what he Wrote), e descrisse il mondo come egli supponeva avrebbe potuto essere nel 2019.

Lo scrittore iniziò le sue predizioni con una premessa necessaria, che col senno di poi si dimostrò vera:
Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica avrebbero evitato di fare una guerra nucleare, poiché questo avrebbe voluto dire avere una situazione di "miseria globale".
Dopo questo punto, si dedicò ad altri due assi che a suo parere avrebbero dominato il futuro:
  • la "computerizzazione" della vita
  • l'utilizzo dello spazio esterno

"I computer sono diventati essenziali ai governi delle nazioni industrializzate e per l'industria mondiale, e adesso stanno iniziando a trovare il loro posto nelle case", scrisse Asimov con una notevole perspicacia, notando già in quell'anno che quei dispositivi sarebbero divenuti indispensabili per l'essere umano.
Asimov intese questa dipendenza dai computer come un effetto della complessità acquisita dalle società moderne a cui il sistema computerizzato offre una certa possibilità di ordine o almeno di non cadere nel caos.

Per questo secondo lo scrittore nel futuro delle società
"richiederanno con veemenza i computer come adesso fanno per le armi".
Comunque, l'autore di "Io, Robot" intravide anche il fatto che detta tendenza informatica avrebbe trasformato radicalmente l'idea di lavoro con la quale l'essere umano aveva vissuto negli ultimi anni e di conseguenza, informatizzare la vita,
"avrebbe distrutto le nostre menti"
...in particolare quelle di coloro che per molti anni si erano sforzati di trovare un equilibrio nel lavoro realizzato che giustamente i computer avrebbero rotto.

Per quanto riguarda il lavoro, Asimov seppe intravedere che i computer e l'informatica "rendono automatici" diversi processi dell'esistenza, che per il loro carattere meccanico e routinario possono essere realizzati da macchine e robot.

In questo senso, lo scrittore suppose che molti lavori relativi all'assemblaggio o ripetitivi, sarebbero scomparsi. In cambio, per questo contesto sarebbe stata necessaria una ampia educazione dei processi computerizzati.

Quindi per Asimov questo sarebbe stato uno dei cambiamenti fondamentali per il modo di educare le nuove generazioni, una specie di "alfabetizzazione computerizzata" alla quale avrebbero aspirato intere popolazioni.

In questo senso, lo scenario sarebbe simile a quello della Rivoluzione Industriale del secolo XIX e la necessità che portò con sé di una grande quantità di persone educate in maniera elementare, minimo col saper leggere e scrivere, il che diede luogo alla nascita della nozione di educazione pubblica.

Insomma, per Asimov la particolarità del secolo XXI sarebbe stato un adattamento più rapido, forse più rapido di quanto la società sarebbe stata capace di realizzare, il che avrebbe diviso la popolazione in due grandi gruppi:
  • coloro che avrebbero potuto essere educati secondo le esigenze della nuova società computerizzata
  • e coloro che no…
I primi, avrebbero trovato posto nel mondo, ma per gli altri, la "transizione" tra le forme di organizzazione sociale sarebbe stata dolorosa e angusta.

Più precisamente, Asimov nello scenario di questa transizione intravide queste possibilità: (le citazioni sono testuali):
Primo:
La popolazione continuerà a crescere per alcuni anni da adesso in poi, il che renderà la transizione ancora più difficile.

I governi non potranno ignorare il fatto che i problemi si acutizzeranno ad una velocità più grande di quella con cui possono risolversi.
Sotto questo aspetto, Asimov considerava il fatto che nel 2019 sarebbero esistite misure per controllare il tasso di nascite del mondo per raggiungere così una certa stabilità nella crescita della popolazione.
Secondo:
Le conseguenze della irresponsabilità umana in termini di spreco e contaminazione diventeranno sempre più evidenti e intollerabili; i tentativi per risolvere questa situazione saranno sempre più estenuanti.

C'è da sperare che per il 2019 i progressi tecnologici ci diano gli strumenti per accelerare il processo secondo cui si trasformerà il deterioramento dell'ambiente.

Terzo:
Ci sarà una cooperazione sempre più grande tra le nazioni e i gruppi all'interno delle nazioni, non per un suggerimento repentino di idealismo o di decenza, ma per la nuda certezza che qualcosa meno di questo significherebbe la distruzione di tutti noi.
E sebbene quest'ultimo punto sembrerebbe positivo, per Asimov presupponeva anche un'opportunità per alimentare i conflitti tra le nazioni.

Insomma,
"la sconfitta dovuta alla sovrappopolazione, la contaminazione e la militarizzazione",
...furono i tre principali rischi che l'autore della Trilogia della Fondazione presupponeva che sarebbero avvenuti nell'anno in cui ci troviamo.

Però, Asimov fu ottimista almeno per un aspetto:
l'educazione.
Non grazie alla scuola, ma soprattutto grazie all'ubicuità dei computer.

Secondo lui, dal momento che in ogni casa ci sarebbe stato un computer, specialmente i membri più giovani della famiglia avrebbero potuto imparare da soli e secondo il loro ritmo tutto quello che volevano, spinti solo dalla loro curiosità.

Per questo fatto, è possibile dire che lo scrittore ebbe ragione anche se in parte, poiché sebbene i dispositivi sui quali contiamo oggi in effetti ci permettono di accedere a grandi branche della conoscenza, l'uso che se ne fa nella gran parte non è proprio a questo fine.

Con lo stesso tono ottimistico Asimov scrisse:
Fintanto che i computer e i robot faranno il lavoro nella società - poiché così il mondo nel 2019 sembra che sempre più possa "guidarsi da solo" - sempre più esseri umani si ritroveranno a vivere una vita fatta di ozio.
Asimov ebbe lo stesso sogno di Bertrand Russell agli inizi del secolo XX e quello degli utopisti inglesi del secolo precedente:
le macchine ci "libereranno" dal lavoro per permettere che l'essere umano raggiunga la sua realizzazione.
La cosa certa è che una rivoluzione tecnologica dopo l'altra, ogni progresso significa per la stragrande maggioranza della popolazione umana più e più lavoro, non "una vita piena di ozio"...

Finalmente, sul punto "dell'utilizzo dello spazio", Asimov augurò all'essere umano di ritornare sulla Luna, non solo in una missione comandata dal governo statunitense ma con un gruppo internazionale.

Allo stesso tempo, lo scrittore presupponeva che il proposito di questo nuovo allunaggio non sarebbe stato solo un'esplorazione ma un vero e proprio sfruttamento del suolo lunare:
si sarebbe trovata una zona che avrebbe permesso l'estrazione di minerali che poi sarebbero trasformati in ceramica, metalli e calcestruzzo.
Secondo Asimov, l'estrazione sulla Luna sarebbe stato il primo passo per la sua colonizzazione.

In un primo momento che oggi sembra molto fantasioso, lo scrittore immaginò anche che sul satellite naturale della Terra si sarebbe costruito un impianto di raccolta di energia solare, che si sarebbe inviata sul nostro pianeta sotto forma di microonde.

Sebbene con questi pronostici Asimov si sbagliò sui suoi doni da profeta, sulla loro necessità di fondo, è possibile che non si sia sbagliato.

In effetti:
per lo scrittore la colonizzazione della Luna o l'impianto di raccolta di energia solare, non erano essenziali o capricci della nostra specie, ma erano una risposta alla reale necessità di energia che si sarebbe presentata sul pianeta Terra.

Una specie di crisi per cui l'unica soluzione sarebbe stato il lavoro congiunto e in condizioni pacifiche tra tutte le nazioni del mondo.

In caso contrario, sarebbe apparso immediatamente il fantasma della guerra.
L'energia sarebbe stata molto necessaria per tutti e data unicamente se le nazioni fossero rimaste in pace e avessero lavorato insieme, allora quella guerra diverrebbe impensabile per richiesta del popolo.

Il testo di Asimov è comunque più lungo e si può trovare nella lingua originale quì.


PER ATTACCARE SALVINI USANO PURE VIRGILIO, MA E’ UN CLAMOROSO AUTOGOL




Tutto fa brodo per andare addosso a Matteo Salvini, perfino l’Eneide. Ma sembra che le tante menti erudite e illuminate che in queste ore si stanno rimbalzando su Twitter e Facebook certi versi del poema virgiliano, non si siano rese conto di aver fatto un curioso autogol.

Ecco perché. Un paio di giorni fa mi sono accorto che impazzava su twitter e su facebook questa citazione dell’Eneide: 

“In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge./ Ma che razza di uomini è questa?/ Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia;/ che ci dichiara guerra e ci vieta di posare i piedi sul lido./ Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli Dei, memori del giusto e dell’ingiusto”. 

E’ tratta dal primo libro del poema virgiliano (versi 538-543). Anche Giuliano Ferrara, ormai tornato nel salotto della sinistra da cui proviene, vestiti i panni del Giornalista Collettivo, ha rilanciato un tweet della collega Monica Guerzoni, del “Corriere della sera”, con questa citazione e l’hashtag “migranti”. 

Come se Virgilio parlasse della nave Diciotti o della Sea-Watch. Da una rapida ricerca mi sono reso conto che tutto il solito coro progressista del “restiamo umani” da giorni diffonde questa citazione semi colta. 

Così, tramite i versi virgiliani, esibiscono la loro raffinatissima cultura (sono tutti grandi classicisti) e redarguiscono duramente il cattivone Salvini mostrando che la voce della civiltà fin dall’antichità lo condanna. 

C’è solo un piccolo problema: non basta far rimbalzare su twitter una citazione dell’Eneide, estrapolata dal contesto; bisognerebbe anche conoscere quel poema. Sarebbe utile. 

Se lo si legge infatti si comincia a sospettare che il poema virgiliano (a cominciare da quella citazione) potrebbe portare più acqua al mulino di Salvini che a quello degli autoproclamati umanitari. 

I versi citati sono pronunciati dal venerando Ilioneo a nome dei troiani. Intanto va detto che i suddetti troiani sono da considerare profughi– che fuggono dalla nota guerra che ha distrutto la loro città – e come tali, se vogliamo rapportarli al presente, rientrerebbero in quella piccola minoranza di immigrati a cui tutti (Salvini compreso) riconoscono diritto di asilo. 

In secondo luogo Ilioneo – che sta lamentando la brutta accoglienza ricevuta lì a Cartagine, “in Libia”(per una curiosa coincidenza) – sta parlando alla regina Didone le chiede di non far bruciare le sette navi troiane perché loro non hanno intenti ostili, sono stati spinti su quella costa dalle tempeste e un’altra è la loro meta, perciò ripartiranno appena hanno riparato le loro imbarcazioni. 

Quindi parliamo di pochi profughi che intendono pure restare per poco tempo e poi andarsene. Non parliamo – com’è il caso nostro, oggi – di 600 mila migranti che sono sbarcati da noi in cinque anni, che sono nostri ospiti, vogliono restare qua e hanno dietro altri milioni di persone che intendono raggiungerli. Sono due casi non paragonabili. 
Nell’Eneide dunque accade che Didone accoglie a Cartagine questi profughi capeggiati da Enea. Fra i due scoppia l’amore, ma finisce male perché Enea dà una fregatura (peraltro annunciata) alla regina: se ne va, con i suoi, e Didone è tanto disperata che si suicida per essere stata illusa così da colui che aveva accolto e amato. Quindi una storia tragica. 

L’approdo vero e definitivo dei troiani è l’Italia. Ma anche in questo caso il parallelo con coloro che arrivano oggi sulle nostre coste come migranti non regge. 

Tanto che un professore di lettere, su internet, dopo aver invitato a rispettare almeno Virgilio, commenta: “Enea è l’esempio dell’immigrato pericoloso per la cultura e la società italiana. Giunge in Italia, uccide Turno, legittimo re dei Rutuli ed eroe locale e poi si prende la sua promessa sposa, Lavinia”. Quindi fonda una nuova civiltà che spazza via le precedenti. 

Se usiamo i classici per banali polemiche politiche sull’attualità è facile fare autogol e infatti in questo caso qualcuno potrebbe usare proprio la vicenda di Enea e concludere: “ecco il futuro dell’Italia. Se non chiudiamo le frontiere saremo spazzati via da chi viene da lontano e vuole sostituire la nostra civiltà con un’altra cultura e altri costumi”. 

In realtà bisognerebbe rispettare sempre i classici e salvaguardarli dall’uso politico improprio. E’ utile capirne la complessità che è ricca di spunti sorprendenti. 

Fra l’altro, se vogliamo approfondire il “caso Enea”, scopriamo che le cose sono ancora più complesse, infatti per Virgilio i troiani non sono proprio degli stranieri che sbarcano su coste sconosciute, ma sono praticamente degli oriundi. 

Infatti il re Latino li accoglie perché dice di essere a conoscenza che Dardano, capostipite dei Troiani, era nato nella città etrusca di Còrito (Tarquinia): “Di qui, dalla sede etrusca di Còrito egli è partito” (VII, 209). 

Perciò, in qualche modo, sono tornati alle origini. E Ilioneo conferma: “Sì, qui Dardano è nato:/ qui ci richiama, e insiste con gravi moniti, Apollo,/ al Tevere etrusco, ai sacri stagni del fonte Numìco” (VII, 240-242). 

Così infatti era stato detto ai troiani: “la stessa terra che vi generò per prima dalla stirpe dei padri vi accoglierà reduci nel suo fertile grembo. Ricercate l’antica madre” (III, 93-96). 

Tutta l’architettura dell’“Eneide”, che celebra la gloria di Roma, si radica in questo “ritorno” fatale. Perché Roma sboccerà proprio da questa sintesi dei popoli italici. 

L’“Eneide” vuole cantare la grande epopea dei popoli italici che “civilizzano” il mondo, non può essere ridotta a un manifesto migrazionista, per uso propagandistico. 

E’ semmai il poema dell’identità italiana, infatti la parola “Italia” risuona fin dal suo secondo verso: “Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia/ venne in Italia fuggiasco per fato”. E’ il poema dei popoli italici. 

Antonio Socci 
Da “Libero”, 28 gennaio 2019


TERREMOTO 3.1 A LARGO CALABRIA

AGGIORNAMENTO DELLE 05:16

DI MERCOLEDì 30 GENNAIO 2019

TERREMOTO 3.1 A LARGO CALABRIA
Una scossa di terremoto di magnitudo 3.1 è stata registrata alle 3:51 al largo della costa nordest della Calabria.
Secondo i rilevamenti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il sisma ha avuto ipocentro a 8 km di profondità ed epicentro a 11 km da Cariati in provincia di Cosenza.
Non si segnalano danni a persone o cose.       



DICIOTTI: CONTE SI ASSUME RESPONSABILITA’. SEA WATCH: CORTE DI STRASBURGO, GARANTIRE ASSISTENZA



IL SOLITO INGANNO DI MACRON "FATELI SBARCARE POI CE LI DIVIDIAMO?".....


SEA WATCH, 5 PAESI UE DISPONIBILI A PRENDERE QUOTE MIGRANTI

Vertice di un’ora nella notte a Palazzo Chigi tra Conte, Salvini e Di Maio sui due fronti caldi dell’immigrazione: Diciotti e Sea Watch. Oggi in giunta Immunita’ del Senato al via l’esame della domanda d’autorizzazione a procedere contro il ministro dell’Interno, col premier che ieri s’e’ assunto la responsabilita’ politica della gestione dello sbarco. Germania, Francia, Portogallo, Romania e Malta si sono detti pronti a prendere una quota dei migranti fermi da cinque notti al largo di Siracusa.


Ancora una lunga giornata per il governo, alle prese con le questioni Sea Watch e caso Diciotti. E con il rimpallo sulla presenza in Afghanistan. Da Nicosia torna Giuseppe Conte che, a vertice euromediterraneo terminato, lancia un segnale di peso sulla questione Diciotti, che coinvolge Matteo Salvini e che vede una certa fibrillazione nella maggioranza a proposito della richiesta di autorizzazione a procedere chiesta per il ministro dell’Interno. “Sono responsabile di questa politica di governo”, scandisce il presidente del Consiglio che poi chiarisce senza mezzi termini: “Mi assumo la piena responsabilita’ politica di cio’ che e’ stato fatto e della vicenda Diciotti“.

Sul quel dossier M5s sceglie la linea della prudenza e si attesta sulla necessita’ di “studiare le carte”. Cosi’ si chiude l’incontro tra Luigi Di Maio e i senatori pentastellati della Giunta di Palazzo Madama, avvenuto a casa di uno dei senatori stessi.

Anche Matteo Salvini fa il punto con i suoi parlamentari. Un si’ a quell’autorizzazione a procedere sarebbe un problema per la maggioranza, ribadiscono i leghisti. Salvini conferma di aver agito come ministro e lascia che sia Giulia Bongiorno, ministro della P.A. ma anche nota penalista, a spiegare che il reato contestato al segretario della Lega di fatto non esiste e che un processo a suo carico durerebbe otto anni, per poi finire con un’assoluzione. Se Forza Italia e Fratelli d’Italia (alleati della Lega nella coalizione di centrodestra) hanno gia’ annunciato che diranno no a un processo contro Salvini, gli alleati del Carroccio al governo dunque valutano i documenti e studiano.

Alessandro Di Battista, invece, dagli studi di Porta a Porta, dice che Salvini dovrebbe rinunciare all’immunita’, “come – dice – avrebbe fatto Luigi Di Maio”, ribadisce che alla fine il Movimento voterebbe a favore dell’autorizzazione a procedere ma lascia anche cadere – molto prima che le auto dei protagonisti varchino il portone di Palazzo Chigi, per un nuovo vertice notturno – che “il governo debba assumersi in modo formale questa responsabilita'”, e che siccome “mancano due settimane” si puo’ uscire dall’impasse se “si mettono attorno a un tavolo Salvini, Di Maio, Conte e Toninelli per trovare una soluzione che rafforzi il governo”.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiarito che sulla presenza dei minori a bordo della nave della Ong SeaWatch, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha da poco “adottato un pronunciamento” dopo la richiesta di misura cautelare richiesta “dal capo missione e dal comandante” della nave. “Non c’e’ ordine di sbarco ma in sostanza semplicemente si invita l’Italia a perseguire quello che sta facendo, offrire assistenza sanitaria, se necessaria, e offrire generi di conforto e continuare quindi a provvedere con assistenza delle persone a bordo”, ha chiarito Conte. 

“La Corte ha riconosciuto che vi sia una violazione di diritti umani in corso e ne ha indicato a riguardo la responsabilita’ del governo italiano”. E’ Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch, a fare cosi’ il punto dopo la pronuncia di Strasburgo. “In attesa che si disponga lo sbarco dei naufraghi in mare da 11 giorni, attendiamo – spiega – la nomina dei tutori garanti per i minori non accompagnati, mentre segnaliamo come l’approvvigionamento di beni a bordo, pur necessario, abbia conseguenze deterioranti sulla salute mentale dei naufraghi, in quanto segno di una soluzione sempre piu’ lontana”. “Cio’ che sta accadendo – denuncia – e’ vergognoso e disumano. Chiediamo che ci si attivi per una soluzione immediata e accogliamo con speranza il piano di accoglienza disposto dalla citta’ di Siracusa. Stiamo tenendo esseri umani in ostaggio a un miglio da terra. Questo – rimarca ancora – riguardera’ da domani anche il capitano e l’equipaggio, che hanno necessita’ di sbarcare per il regolare avvicendamento”.

“Quei 47 bisogna farli scendere e sequestrare la nave”. Lo ha detto Beppe Grillo in un passaggio del suo spettacolo ‘Insomnia’, a proposito dei migranti a bordo della Sea Watch 3, da giorni nel Mediterraneo.

Il tema migranti, e in particolare la vicenda Sea Watch 3, sono stati al centro del vertice di Nicosia tra i capi di Stato e di governo dei sette Paesi Ue del Mediterraneo: Italia, Francia, Cipro, Grecia, Malta, Spagna e Portogallo. Al termine del summit si è arrivata ad una Dichiarazione comune dei 7 paesi in cui, sul tema migranti, in cui si ribadisce “all’unanimità la necessità di uno sforzo collettivo, di una maggiore solidarietà tra i paesi Ue anche per risolvere una questione che vede gli Stati europei del Mediterraneo in prima linea e che rimanere prioritaria”, sottolinea il presidente cipriota Nicos Anastasiades nel corso di una conferenza stampa al termine del vertice che si è svolgo al Filoxenia Conference Center. Una solidarietà che, come sottolinea il premier Giuseppe Conte, non deve rimanere una questione di principio ma essere tradotti in passi concreti. I primi passi che arrivano riguardano la vicenda Sea Watch 3 e i suoi 47 migranti. Cinque paesi, infatti, si sono dichiarati disponibili “per la redistribuzione”, annuncia Conte al termine del Summit: oltre a Germania e Romania al vertice di Nicosia “hanno dichiarato la loro disponibilità Francia, Portogallo e Malta”. Una disponibilità della Francia ad accogliere alcuni migranti della Sea Watch 3 che arriva in un momento delicato nei rapporti con l’Italia dopo le dichiarazioni del presidente francese, Emmanuel Macron, dei vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio e del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. “La Francia rispetta i tre principi che sono il rispetto del diritto umanitario, lo sbarco nel primo porto sicuro che in questo caso è in Italia e la distribuzione degli oneri. Quello che la Francia fa e che continuerà a fare. E lo dico anche per i 47 migranti della SeaWatch 3”, sottolinea Macron.


APPELLO A DELPINI , PASTORA A MESSA PERCHE’ IL VESCOVO DEVE INTERVENIRE


L’episodio, verificatosi il 20 gennaio scorso nella parrocchia di San Giovanni in Laterano a Milano, riferitoci con puntualità da un nostro lettore, merita una riflessione.

Ricapitoliamo i punti chiave dell’accaduto. Il parroco, don Giuseppe Grampa, in occasione dell’Ottavario di preghiera per l’Unità dei Cristiani, ha pensato ad una iniziativa “ecumenica”: ha invitato una signora battista, che nella propria comunità svolge il servizio di pastora, alla Messa delle 11. Durante la celebrazione, la signora è rimasta sempre sul presbiterio e ha proclamato il Vangelo, pronunciato l’omelia ed infine distribuito la Santa Comunione ai fedeli presenti.

Contattato telefonicamente dal nostro Andrea Zambrano, don Giuseppe ha spiegato che si tratta di una consuetudine che si è verificata con una certa frequenza in passato (non è stato precisato, ma ci viene da pensare che probabilmente si tratti del periodo martiniano) e che in seguito era andata un po’ scemando. Questa consuetudine dello “scambio di ambone” lo ha visto protagonista altre volte, secondo la sua testimonianza telefonica: un paio di volte lui si è recato a predicare in una chiesa valdese, permettendo la stessa cosa ai valdesi nella propria chiesa.

Cominciamo allora proprio da qui, dalla consuetudine dello scambio di ambone. Don Giuseppe, con molta onestà, ha ammesso di non sapere se vi siano documenti che regolino la cosa. In realtà, non ci sono documenti che la autorizzino, ma vi sono documenti che indicano espressamente che essa non è consentita. L’Ordinamento Generale del Messale Romano, al n. 59 dice: “Le letture […] siano proclamate da un lettore, il Vangelo sia invece proclamato dal diacono o, in sua assenza, da un altro sacerdote. Se non è presente un diacono o un altro sacerdote, lo stesso sacerdote celebrante legga il Vangelo; e se manca un lettore idoneo, il sacerdote celebrante proclami anche le altre letture”. Dunque non è contemplato che un laico possa proclamare il Vangelo durante la Santa Messa. Per fugare ogni possibilità di equivoco, l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, al n. 63 afferma chiaramente che “la lettura del Vangelo, che ‘costituisce il culmine della Liturgia della Parola’, è riservata, secondo la tradizione della Chiesa, nella celebrazione della sacra Liturgia al ministro ordinato. Non è pertanto consentito a un laico, anche religioso, proclamare il Vangelo durante la celebrazione della santa Messa e neppure negli altri casi in cui le norme non lo permettano esplicitamente”. Dunque, in quanto laica, alla signora battista non è permesso proclamare il Vangelo durante la Celebrazione Eucaristica. Il Direttorio ecumenico, a sua volta, che regola esplicitamente le “ospitalità ecumeniche”, al n. 133, non prevede questa possibilità, ma solamente quella di poter proclamare le altre letture e solo in occasioni eccezionali, con il permesso del Vescovo: “Durante una celebrazione eucaristica della Chiesa cattolica la proclamazione della sacra Scrittura è fatta da membri di questa Chiesa. In occasioni eccezionali e per una giusta causa, il Vescovo diocesano può permettere che un membro di un’altra Chiesa o comunità ecclesiale vi svolga la funzione di lettore”.

Anche per quanto riguarda l’omelia, don Giuseppe ha autorizzato un abuso. Il CIC, 767 § 1 insegna che “tra le forme di predicazione è eminente l’omelia, che è parte della stessa liturgia ed è riservata al sacerdote o al diacono”. L’Ordinamento riprende il canone ed aggiunge l’esplicitazione “mai però a un laico” (n. 66). A ciò si aggiunga che Redemptionis Sacramentum risponde anche con estrema chiarezza alla giustificazione del parroco di rifarsi ad una consuetudine: “Va ricordato che, in base a quanto prescritto dal canone 767, § 1, si ritiene abrogata ogni precedente norma che abbia consentito a fedeli non ordinati di tenere l’omelia durante la celebrazione eucaristica. Tale prassi è, di fatto, riprovata e non può, pertanto, essere accordata in virtù di alcuna consuetudine”. Neppure il Direttorio ecumenico apre alla possibilità ai laici di altre confessioni e ribadisce che “per la liturgia eucaristica cattolica, l’omelia, che è parte della liturgia stessa, è riservata al sacerdote o al diacono, perché in essa vengono presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana in consonanza con l’insegnamento e la tradizione cattolica”. Dunque non c’è ragione ecumenica che tenga.

Infine, la distribuzione dell’Eucaristia. Qui la confusione, non solo nella parrocchia di San Giovanni in Laterano di Milano, è tanta. I ministri straordinari si chiamano appunto “straordinari” per una ragione. E tale ragione sta nel fatto che essi possono aiutare il sacerdote nella distribuzione della Santa Comunione “soltanto in caso di vera necessità” (Redemptionis Sacramentum, 151). L’Istruzione Immensae Caritatis del 29 gennaio 1973 indica tre condizioni per avvalersi del servizio dei ministri straordinari: che manchino il sacerdote, il diacono o l’accolito; che questi siano impediti o perché impegnati altrove, o perché malati o molto anziani; che il numero dei fedeli che si accostano alla Comunione sia tale da prolungare eccessivamente la celebrazione (cf. AAS 65 (1973), pp. 265-266). Su quest’ultimo punto, è bene notare che tale prolungamento deve risultare eccessivo; perciò, come richiede esplicitamente l’Istruzione Su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti, art. 8, non è lecito estendere “arbitrariamente il concetto di ‘numerosa partecipazione’”.

Se dunque sussiste una vera necessità, Immensae Caritatis spiega che “la designazione della persona idonea […] si farà tenendo presente il seguente ordine preferenziale, che può essere peraltro mutato secondo il prudente giudizio dell’Ordinario del luogo: lettore, alunno di seminario maggiore, religioso, religiosa, catechista, fedele: uomo o donna”. Pare strano che don Giuseppe non abbia trovato nessuno tra queste categorie di persone. In realtà, siamo stati informati del fatto che durante la distribuzione dell’Eucaristia, erano presenti, oltre al sacerdote, altri tre ministri, di cui uno (pare) consacrato e gli altri straordinari. Non erano sufficienti?

Inoltre l’Istruzione precisa che “il fedele, ministro straordinario della santa Comunione, debitamente preparato, si deve distinguere per la vita cristiana, la fede e la condotta. Dovrà cercare di essere all’altezza di questo grande compito, di coltivare la pietà verso la santissima Eucaristia e di essere di esempio agli altri fedeli con la sua devozione e il suo rispetto verso l’augustissimo Sacramento dell’altare. Nessuno sia scelto a tale ufficio, se la sua designazione possa essere motivo di stupore ai fedeli”. Ora, che una signora protestante possa distinguersi per la pietà, la devozione ed il rispetto verso la santissima Eucaristia è perlomeno questionabile, per il semplice fatto che non si tratta solo di un certo contegno, ma di adesione alla fede cattolica nell’Eucaristia. Incalzato più volte al telefono, don Giuseppe è caduto nello stesso errore del Cardinale Coccopalmerio (vedi qui e in particolare qui), e cioè quello di ritenere che la dottrina cattolica della transustanziazione sia solamente uno dei modi per esprimere la realtà eucaristica.

Ma Paolo VI, nell’enciclica Mysterium fidei, rifacendosi al Concilio di Trento e a Cristo stesso, ricordava che “perché nessuno fraintenda questo modo di presenza […] è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e orante. Ora, questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione”. Inoltre, non ha tenuto conto della opportunità della designazione del ministro straordinario, che evidentemente per alcuni è stato motivo non solo di stupore, visto che due persone se ne sono andate dalla chiesa e un’altra ha provveduto ad informarci dell’accaduto.

Tirando le somme, auspichiamo un intervento dell’Arcivescovo di Milano, che verrà debitamente informato. Non vogliamo la testa di nessuno: chiediamo semplicemente che certi abusi cessino e che si spieghi alle persone che hanno visto queste cose perché sono sbagliate e perché non devono essere ripetute. Non bisogna sorvolare sul fatto che il messaggio che è passato è devastante: la pastora che sta in presbiterio, che proclama il Vangelo, che pronuncia l’omelia e che distribuisce la Comunione può indurre pensare ad un ministero valido presso le comunità protestanti ed anche ad una condivisione di fondo della stessa fede nell’Eucaristia come sacrificio e come sacramento. Perché la liturgia ha la sua lingua, anche se poi noi, a parole, diciamo che non volevamo dire fischi ma fiaschi.

Visioni profetiche

"Satana colpirà al cuore la società..." – del tutto sconosciute, le straordinarie profezie di Papa …



L'avverarsi di alcune rivelazioni di papa Pacelli (1876-1958), come il crollo dell'Unione Sovietica e l'elezione di un pontefice polacco, rende credibili e talora allarmanti le "ispirazioni profetiche" che riguardano il nostro futuro. La liberazione del popolo cinese, il crollo del capitalismo, l'ingovernabilità dell'Italia, l'invasione dei popoli provenienti dall'est e dai Paesi africani diverranno realtà?

ALCUNE DELLE PIÙ RILEVANTI PROFEZIE DEL "PASTOR ANGELICUS"

1. IL GRANDE PROBLEMA SARÀ LA CINA

«La Cina è una bomba demografica e quando finirà per esplodere, metterà in crisi il mondo intero».

«Quando cadranno gli idoli di Mosca, inizieranno a scricchiolare anche gli idoli di Pechino… All'esaltazione subentrerà l'anarchia e milioni di cinesi cercheranno rifugio in tutto il mondo, aggravando spesso la situazione già precaria di altri Paesi…».

«Il primo, grave pericolo del terzo Millennio sarà la Cina… E sarà coinvolta anche l'Europa, anche l'Italia…».

«Quando si presenterà il problema cinese, non ci sarà più al mondo una potenza in grado di fronteggiarlo; e non ci sarà un Paese in grado di costituire una catena di solidarietà… Sarà un quadro estremamente preoccupante».

«Un numero sempre maggiore di asiatici, soprattutto di cinesi, premerà alle frontiere dei Paesi industrializzati, soprattutto europei, mettendo in crisi economie che un tempo erano fiorenti».

«Le grandi emigrazioni della fine del Millennio turberanno il mondo. La maggior parte dei Paesi non sarà preparata ad ospitare un numero sempre maggiore di persone… La civiltà orientale conviverà con la civiltà occidentale».

«Sarà la fine di un tempo, sarà la fine degli isolamenti tradizionali della civiltà occidentale…».

Sono frasi che Pio XII ha pronunciato tra il 1946 e il 1952. Sono visioni profetiche, sulla Cina e sull'emigrazione dei popoli poveri verso i Paesi industrializzati. Questa preveggenza si sta già avverando, seppur in modo lento. Quando crollerà anche il regime cinese – come profetizzato dal Pontefice – emergerà il problema, in tutta la sua drammaticità.

2. LE DIFFICOLTÀ DELLA NUOVA GENERAZIONE SARANNO MOLTE

«Il pericolo che corre la prossima generazione sarà quello di crescere senza i due supporti fondamentali: la fede e l'umiltà… Se mancano questi due cardini, la vita sarà difficile; e alle prime difficoltà, l'uomo si fletterà su se stesso, rinunciando a lottare…».

Sono parole pronunciate da Pio XII nel 1950. Si tratta di una visione profetica. E la conferma la troviamo nelle recenti dichiarazioni di un noto educatore che, analizzando «il problema droga», arriva a questa preoccupante conclusione: «… abbiamo una generazione fragile; una generazione con poche speranze, perché priva di fede… Una generazione con mille problemi, coinvolta in una competizione frenetica, devastante, nella quale non ha alcun posto l'umiltà…».

Parlando a un gruppo di madri cattoliche, nel 1950, il Pontefice ricordava anche: «… che i giovani vanno educati a vivere una vita interiore; vanno educati alla preghiera e alla meditazione, perché l'uomo che nei momenti difficili non riesce a rifugiarsi nella preghiera, vive male e non riesce a donare la pace alle persone che gli sono vicine…».

Anche qui Pio XII aveva «visto» giusto. La conferma ci viene data anche da Giovanni Paolo II, che rivolgendosi soprattutto ai giovani, ha ripetutamente dichiarato che: «… oggi si vive male, perché non si è più capaci di vivere una vita interiore». Tutto è all'insegna dell'esteriorità. Nel mondo serpeggia una specie di culto blasfemo per le cose materiali, per i piaceri della carne. Manca la fede, manca la spiritualità, manca l'umiltà: ecco la tragedia della nuova generazione. Una tragedia che Pio XII aveva profetizzato. Una tragedia che coinvolgerà, purtroppo, un numero sempre maggiore di giovani, spingendoli spesso sulla strada disperata della droga.

3. LA SCIENZA NON PUÒ SOSTITUIRSI A DIO

«Ci sono dei limiti che la scienza non può valicare… Alcune premesse lasciano scorgere inquietanti ricerche scientifiche… Si cercherà di sostituire Dio con le equazioni matematiche».

Pio XII sapeva vedere lontano, difatti in queste parole profetiche, pronunciate all’inizio degli anni Cinquanta, si riflettono le ricerche scientifiche, soprattutto nel campo della biologia e della fisica, dei nostri giorni.

Oggi, con la Theory of Everything, «la teoria del tutto», si ha la presunzione di svelare il mistero dell’universo, per arrivare a sostituire Dio con una formula matematica.

In altre parole, non più «Dio Redentore», ma «Massimo Matematico». Questa ricerca scientifica, priva di etica, la troviamo anche in altri vaticini. Un messaggio della fine Ottocento, attribuito a una suora di clausura, dice che:

«Alla fine del Millennio, l’uomo si sentirà potente, al punto tale da violare i grandi misteri dell’Eterno… Ma l’uomo che si sentirà potente sarà più fragile di sempre perché questo sarà il tempo in cui le forze della natura si scateneranno per riportare il Creato alla sua bellezza originale… Perché alla fine del Millennio… la terra sarà avvelenata e l’uomo si dibatterà in una ragnatela di difficoltà e di dolori. Alla fine, risorgerà l’umiltà. E l’uomo, nella disperazione dei cieli fumosi, ritornerà a rivolgersi a Dio… Perché i disastri provocati dall’uomo potranno essere sanati solamente con un intervento divino…».






4. A PROPOSITO DI COSTITUZIONE ITALIANA: "DI CRISTIANO HA SOLO L'INVOLUCRO"


«È una Costituzione che non diventerà longeva. Di cristiano ha solamente l'involucro… ».

Nel 1943 un gruppo di laureati cattolici elaborava a Camaldoli un codice di etica sociale ispirato al messaggio evangelico che, in un secondo tempo, verrà considerato dai «padri della Costituzione».

I primi appunti di questo codice etico d'ispirazione evangelica vennero sottoposti al Pontefice, il quale fece un commento molto significativo: «L'amore per il prossimo e la giustizia devono essere i cardini di una Costituzione degna di essere ispirata ai principi cristiani…».

E quando, quattro anni dopo, la Costituzione venne approvata, alcuni giornali attribuirono a Pio XII un giudizio che provocò alcune polemiche: «Di cristiano ha solamente l'involucro…».

Sull'onda di questo giudizio, scaturì un vaticinio, sempre attribuito a Pio XII: «È una Carta Costituzionale che non diventerà longeva… cinquant'anni, un po' meno o un po' più».

Quarantanove anni dopo — la Costituzione è stata approvata il 27 dicembre 1947 — s'inizia a parlare di un nuova Costituente, perché la Costituzione «non corrisponde più alle esigenze politiche del nostro tempo».

Sono parole che farebbero rabbrividire l'onorevole Terracini, già presidente dell'Assemblea Costituente, il quale, in una intervista del 1947 dichiarava che: «La nuova Costituzione è quanto di meglio possa essere dato a un popolo civile, moderno e democratico… È una Costituzione che coinvolgerà certamente più generazioni». Pio XII non era dello stesso parere, perché sentiva che, nella migliore delle ipotesi, la Costituzione del 1947 avrebbe coinvolto una generazione.

5. LA MINACCIA DELLE ACQUE

«La catastrofe del Polesine dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme… invece la minaccia delle acque diventerà sempre più preoccupante».

Nel novembre 1951 il Po ruppe gli argini allagando oltre centomila ettari di terreno. Molte furono le vittime, mentre i danni vennero valutati intorno a ventisette miliardi, che per quel tempo era una cifra da capogiro.

Pio XII volle che la Chiesa si applicasse in ogni modo per aiutare le persone che erano rimaste senza casa, senza mezzi. E soprattutto per la ricostruzione.
In quelle giornate di dolore, Pio XII invitò più volte a pregare, «… affinchè il flagello delle acque non ritorni a minacciare l’uomo».

Sempre in quel periodo, Pio XII dichiarò che: «La catastrofe del Polesine dovrebbe essere un insegnamento… dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme… invece la minaccia delle acque diventerà sempre più preoccupante».

Sono parole dal contenuto profetico, che vennero ricordate dodici anni dopo, quando nel 1963, si registrò la tragedia del Vajont. Un paese intero – Longarone – venne cancellato dalle acque. Duemilacinquecento furono i morti. E anche questa volta la Chiesa si mise al servizio delle persone maggiormente colpite dalla tragedia.

La minaccia delle acque, in seguito anche all’irresponsabile abbandono delle campagne e al disboscamento, continuò negli anni futuri. Alcuni ecologisti sostengono, a questo proposito, che il vero «flagello delle acque» deve ancora venire. E, forse, si tratta di quel «flagello» per il quale Pio XII aveva invitato a pregare già nel 1951.

6. QUANDO IL PONTEFICE SARÀ ITINERANTE

«Arriverà un giorno in cui il Pontefice sarà itinerante… raggiungerà le terre più lontane e più abbandonate…».

La tradizione esigeva che il Segretario di Stato rimanesse costantemente a fianco del Pontefice. Ma quando il cardinale Pacelli divenne Segretario di Stato, questa tradizione radicata nel tempo cambiò completamente.

Il cardinale Pacelli, dopo le sue esperienze di Nunzio Apostolico in Germania, era fermamente convinto dell’efficacia del «contatto diretto» con le persone che affrontavano i grandi problemi della politica e con il popolo, con la gente, con i fedeli sparsi nel mondo, che mai avrebbero avuto la possibilità d’incontrare il Pontefice.
Così, il cardinale Pacelli, avviò quella che negli ambienti vaticani veniva chiamata «la rivoluzione itinerante».

Quale Delegato Pontificio, rappresentò il Pontefice in Francia, in Brasile, negli Stati Uniti d’America. E in tante altre parti del mondo. Pio XI aveva ben accolto «questo nuovo modo di gestire i rapporti con l’estero», anche alla luce degli ottimi risultati che si raccoglievano ovunque.

Rientrando dal Congresso Eucaristico Internazionale di Buenos Aires il cardinale Pacelli, che Pio XI chiamava bonariamente «l’oratore di Pentecoste», nell’entusiasmo del momento, disse che: «… arriverà un giorno nel quale il Pontefice sarà itinerante, raggiungerà le terre più lontane e più abbandonate, incontrerà i fedeli e i capi di Stato… e questa semina finirà per dare frutti abbondanti e preziosi».

E così è avvenuto, soprattutto per il pontificato di Giovanni Paolo II, durante il quale il Pontefice ha visitato, come aveva profetizzato Pio XII, «le terre più lontane e più abbandonate».

7. LA DISOCCUPAZIONE ESPLODERÀ ALLA FINE DEL MILLENNIO

«II grave problema della disoccupazione ricomparirà in tutta la sua drammaticità, alla fine del Millennio…».

In tutti i discorsi elettorali del dopoguerra, il complicato, grave problema della disoccupazione veniva posto al primo piano. I sindacati parlavano di «mina vagante», i politici parlavano di «problema centrale». Ma gli indici della disoccupazione, soprattutto giovanile, continuavano a crescere, soprattutto al sud, dove si considerava che almeno la metà dei giovani si trovasse senza un lavoro.

Le cose migliorarono sensibilmente al nord, con l'opera di ricostruzione. E si iniziò a parlare di benessere. Alcuni politici, con una visione limitata della realtà italiana, iniziarono allora a parlare della disoccupazione come di «un problema che ci si sta lasciando alle spalle… un problema superato».

Ma Pio XII non era dello stesso parere. Il Pontefice «era capace di vedere molto lontano», e dichiarava: «La disoccupazione è un problema tutt'altro che risolto… anzi riemergerà drammaticamente alla fine del Millennio, quando le macchine sempre più sofisticate sostituiranno l'uomo e il benessere sarà all'ultima frontiera…».

Questa preveggenza si sta avverando ai nostri giorni. I dati statistici presentano difatti percentuali di disoccupati in continuo aumento. Un terzo dei giovani è senza lavoro. Mentre il lavoro nero è una piaga che sta dilagando. In alcune località del Meridione, si supera abbondantemente la percentuale del 50 per cento dei disoccupati. II benessere, come aveva profetizzato il Santo Padre, non ha sconfitto la disoccupazione, che riemerge «in tutta la sua drammaticità».

8. IL TEMPO DEI FALSI PROFETI

«II tempo dei falsi profeti è vicino… Saranno vestiti da politici o da scienziati… e lasceranno alle spalle la desolazione».

Anche nel Vangelo di Matteo si profetizza l'evento dei «falsi profeti». «Guardatevi… perché verranno a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci». C'è quindi l'inganno, perché gli uomini «saranno presi con false parole di amore e di giustizia, per poi essere condannati a vivere nell'odio e nell'ingiustizia».

Pio XII, analizzando i tempi in cui sta vivendo l'umanità, «vede» i falsi profeti nei politici corrotti o negli scienziati che stravolgono le leggi naturali. C'è in proposito una frase significativa, pronunciata da Pio XII nel 1952: «Si sta avvicinando il tempo dei falsi profeti… inganneranno facilmente i puri di cuore, perché si presenteranno nella veste di uomini di grandi capacità e di grande cuore, invece saranno politici corrotti e scienziati senza scrupoli…».

Nel giorno dei falsi profeti siamo già entrati. Arriverà un momento in cui tutti coloro che si avvicinano alla politica saranno dei ««falsi profeti», in quanto il loro scopo non sarà quello di servire la società, ma di utilizzare la società, per scopi più o meno leciti. Ai politici corrotti e corruttori si aggiungono gli scienziati che mirano unicamente a strabiliare il mondo con le loro ricerche. E qui troviamo al primo posto i ricercatori nel campo della genetica, con gli uteri in affitto e le inseminazioni ibride. E le ricerche sono appena iniziate.





9. L'ISLAM SARÀ SEMPRE PIÙ PRESENTE IN EUROPA


«Sarà costruito un grande tempio islamico nella culla del cattolicesimo…».

C’è una profezia del XVII secolo che prevede «La grande moschea, nel cuore del cattolicesimo». «… L’ombra dell’Islam», dice il messaggio «segnerà le gradinate di San Pietro… nel tempo in cui sarà prossimo un grande evento».

Anche Pio XII aveva previsto la costruzione del «grande tempio islamico, nella culla del cattolicesimo». E, se analizziamo alcune sue parole, riportate dai biografi del Pontefice, dobbiamo dire che si può scorgere un vaticinio «sul rinnovarsi delle guerre di religione». Perché sarà soprattutto «l’islamismo che cercherà d’invadere l’Europa, per genuflettere la civiltà cristiana».

La prima parte di questi vaticini si è già avverata. Mercoledì 21 giugno 1995 è stata difatti inaugurata la grande moschea di Roma. E, com’era profetizzato, si tratta di «un grande tempio». Vennero impiegati difatti quasi vent’anni per costruirla. E oggi, con la sua possibilità di contenere oltre duemila persone, è considerata la più grande moschea d’Europa. Va messo poi in risalto il fatto che non si tratta della prima moschea in Italia, perché ne esistono già una cinquantina, con oltre duecento posti di aggregazione.

È il primo passo verso la conquista islamica dell’Europa? I messaggi profetici sembrano rispondere positivamente. Anche se una parte del mondo cattolico è convinta della pacifica convivenza tra cristianesimo e islamismo. L’infiltrazione islamica sarà, forse, facilitata da questa spaccatura tra coloro che considerano possibile la convivenza tra cristiani e islamici e coloro che la rigettano completamente.

10. L'UOMO SARÀ RIDOTTO A PURO OGGETTO DELLA SOCIETÀ

«I pericoli della spersonalizzazione dell'uomo moderno cresceranno inevitabilmente nel tempo…».

Nel radiomessaggio natalizio del 1952, Pio XII esternava le sue preoccupazioni per la spersonalizzazione dell'uomo moderno «che la società riduce a puro oggetto; vittima di una meccanizzazione delle coscienze».Su questa strada, proseguiva il messaggio, «… non troveranno posto che l'ingiustizia e il disagio, con tutte le immaginabili sciagure provocate dalla fame e dalla disoccupazione».

Questo grave problema era motivo di costante preoccupazione, da parte del Pontefice. Un giorno, parlando con un gruppo di collaboratori dichiarò: «… i pericoli della spersonalizzazione dell'uomo moderno sono ancora allo stato embrionale… ma cresceranno inevitabilmente nel tempo. E, quando l'uomo sarà spersonalizzato, sarà considerato come un oggetto… E sarà acquistato e usato, come si usa un oggetto».

E ancora: «La società dei consumi non accetta l'uomo con una sua idea… l'uomo capace di difendere le sue convinzioni; perché l'uomo dev'essere solamente uno strumento di lavoro, di produzione, di profitto…».

In alcuni discorsi, pronunciati dal Pontefice nel 1954 e 1955, emerge ancora questa sua preoccupazione per «l'uomo spersonalizzato», per «l'uomo oggetto»: «Il costo che l'uomo dovrà pagare per un illusorio benessere materiale è troppo alto, perché dovrà spesso sacrificare la sua personalità e la sua dignità… Il consumismo farà dell'uomo un oggetto. Ma le conseguenze non si vedranno a breve distanza di tempo… Sarà necessario almeno mezzo secolo prima che l'uomo si renda conto dell'inganno… O meglio, che alcuni uomini si rendano conto dell'inganno, perché la massa, formata dall'uomo-oggetto, non si renderà conto di questa tragica realtà».

E c'è una frase ancora più significativa, pronunciata dal pontefice in occasione del radiomessaggio natalizio del 1955: «La politica consumistica è un mezzo per ridurre in schiavitù l'uomo».

11. LA FAMIGLIA IN CRISI

«Satana colpirà nel cuore la società, distruggendo la famiglia… E quando si distrugge la famiglia, si distrugge l'uomo…».

Queste parole vennero pronunciate dal Pontefice nel 1951. Pio XII aveva esternato in più occasioni le sue preoccupazioni «per i pericoli ai quali andava incontro la famiglia».

Un giorno, parlando a un gruppo di genitori disse: «Diffidate di coloro che parlano molto della famiglia e del tempo in cui s'inventeranno nuovi sostegni per la famiglia, perché sarà questo il tempo in cui la cellula della società entrerà in crisi… in agonia».

E qui è significativo ricordare un recente «Studio sulla famiglia italiana», condotto dal CSS (Centro Studi Sociali): «La parola famiglia entra con sempre maggiore frequenza nelle pagine dei giornali. I progetti di legge a sostegno della famiglia sono stati triplicati nel giro di cinque anni, mentre il numero delle famiglie che si sciolgono continua ad aumentare…».

Pio XII «vedeva» pertanto bene. E «vedeva» bene anche quando dichiarava che: «… Le nostre maggiori preoccupazioni riguardano la famiglia fondata su leggi naturali, cristiane… Perché si cercherà un surrogato della famiglia tradizionale, tanto da trasformare il focolare domestico in una comunità d'interessi, priva d'amore…».

Ed è proprio la famiglia tradizionale che si sta disgregando. Al suo posto si cercano di legittimare «fantasiose unioni di persone», che possono anche avere interessi comuni, ma non sono vincolate dall'amore. Tutto questo Pio XII lo aveva profetizzato. E le amare conseguenze si vedranno nei prossimi anni.

12. E NON AVRETE PIÙ LA DEMOCRAZIA MA LA CORRUZIONE

«Quando il Millennio sarà alla fine, l'uomo onesto diventerà sempre più raro, perché la corruzione finirà per abbracciare il mondo intero…».

Nei messaggi di Pio XII, come in questo caso, si scorge la preoccupazione maggiore per i tempi che riguardano «la prossima generazione», cioè per un tempo che va collocato appunto tra la fine e l'inizio del Millennio. «Anche l'Italia», disse un giorno il Pontefice «sarà presa nel vortice della corruzione… La democrazia finirà per diventare un paravento… per nascondere malefatte di ogni genere. Uomini disonesti, guidati da Satana, saliranno nei posti più alti della politica. Inganneranno il popolo e rovineranno l'economia…».

E ancora: «Arriverà un tempo in cui non esisterà Paese senza scandali; senza una storia vergognosa… Il decadimento politico porterà inevitabilmente al decadimento morale… Arriverà un tempo in cui la corruzione sarà legge di vita».

Questa preoccupante, tragica premonizione, la troviamo anche in altri messaggi profetici. Si potrebbe parlare di un mosaico che si sta componendo. E ormai mancano poche tesserine per avere il quadro completo. Nei vaticini del Monaco Olivetano si dice a questo proposito che: «… Il Millennio finirà nella corruzione e nell'odio, ladri e impostori occuperanno i posti di comando… E gli ordini saranno impartiti da Satana; perché questo sarà il tempo di Satana».

In altri vaticini del XVII secolo si dice ancora che: «Quando morirà il Millennio, moriranno l'onestà e la giustizia… E sarà necessaria almeno una generazione prima che le piante velenose possano essere completamente sradicate».





13. IN ITALIA ASSISTERETE AL DISFACIMENTO DI UNA CLASSE POLITICA


«La classe politica di domani farà una fine ingloriosa, lasciando ampi margini al ritorno di una dittatura. .. ».

Alla fine degli anni Quaranta, iniziarono a delinearsi delle «incomprensioni» tra la Democrazia Cristiana e la Chiesa. Mentre De Gasperi, nei suoi discorsi, continuava a ribadire che la Democrazia Cristiana non costituiva una emanazione dell'autorità ecclesiastica, Pio XII sosteneva che la Chiesa aveva il diritto-dovere d'intervenire «per garantire il giusto equilibrio tra dovere e obbligo, da una parte, tra diritto e libertà dall'altra».

Con la morte di De Gasperi, avvenuta nel 1954, le preoccupazioni di Pio XII aumentarono. «Finisce un tempo…», esclamò un giorno Pio XII «e non vediamo un futuro roseo… soprattutto la classe politica di domani avrà molti problemi. Porterà il Paese alla rovina… E farà una fine ingloriosa, lasciando ampi margini per il ritorno di una dittatura…».

Sono parole profetiche che si riferiscono al nostro tempo. La Democrazia Cristiana, a quarant'anni dalla morte di De Gasperi, si è «sciolta come neve al sole». Il Partito Socialista è finito proprio miseramente. E parecchi parlamentari sono passati dal banco di Montecitorio al banco degli accusati. L'Italia, con i suoi debiti che superano il milione di miliardi, è sull'orlo della bancarotta.

Questo quadro estremamente preoccupante, così profeticamente descritto da Pio XII, lascia ampi margini per il ritorno di una dittatura. E sarà la dittatura «di chi sciupa il pane… che finirà per razionare il pane a chi ne ha sempre avuto poco».
Ma anche questo è necessario che avvenga, per preparare le coscienze al grande rinnovamento.

14. DALLA CIVILTÀ DEL MATERIALISMO ALLA CIVILTA’ DELLO SPIRITO

«Un giorno l’uomo conoscerà la civiltà dello spirito. E imparerà a vivere in una dimensione di pace…».

«La politica del grande consumismo finirà per disorientare l’uomo, che si aggrapperà ancora di più ai beni materiali e ai piaceri della vita, trascurando i contenuti profondi della vita stessa… Assistiamo all’attuazione di un progetto inquietante, perché si tende a condizionare l’uomo a un tipo di vita superficiale, rivolta esclusivamente all’esterno».

Sono parole pronunciate dal Pontefice nel 1952. Parole che meritano una riflessione. E la stessa cosa si può dire per altre «considerazioni», questa volta dal contenuto profetico, che risalgono allo stesso periodo: «Si vuole orientare l’uomo a vivere un’esistenza materialistica… dove contano solamente i beni materiali. Su questa strada, la vita finirà per diventare un’angoscia senza fine».

Nelle «visioni» del Santo Padre c’è però, probabilmente, «qualcosa» che invita alla speranza. E questo traspare in alcune «considerazioni»: «Un giorno l’uomo conoscerà la civiltà dello spirito. E imparerà a vivere in una dimensione diversa… Sarà in quel tempo che nuovi valori saranno considerati… Sarà in quel tempo che s’impareranno ad apprezzare le cose che non si vedono, perché sono eterne».

Ma prima di approdare «alla spiaggia dello spirito» dovranno certamente passare alcune generazioni. Questo si può capire, leggendo altri messaggi profetici. Nelle lettere profetiche della Monaca di Dresda si dice, a questo proposito, che: «…Giungerà un tempo in cui lo spirito guiderà il mondo… E grandi saranno gli uomini, se sapranno vivere di umiltà e di fede». Per arrivare alla civiltà dello spirito sarà necessario però distruggere la civiltà della materia: la civiltà che ha prodotto l’angoscia collettiva.

15. GLI UOMINI PARLERANNO CON GLI ANGELI

«Arriverà un giorno in cui l’uomo parlerà con gli angeli… E in quel giorno proverà una gioia tale che nessuna parola al mondo può descriverla».

Nel 1956, dopo il soggiorno estivo a Castelgandolfo, Pio XII parlò a un gruppo di seminaristi francesi: «I tempi», disse il Pontefice «tendono ad allontanare l’uomo dalla spiritualità, per renderlo schiavo delle cose terrene… Il vostro compito sarà pertanto quello di riavvicinare l’uomo alle cose eterne, alle cose che non si vedono, ma che esistono, ed esisteranno in eterno… Bisogna allargare gli orizzonti dell’uomo… Bisogna far capire all’uomo che non è solo, perché legioni di angeli sono sulla terra. E verrà giorno in cui gli uomini parleranno con gli angeli…».

Era il tempo in cui il Pontefice aveva avuto «visioni celesti». E, probabilmente, si sentiva avvolto in un’atmosfera soprannaturale: «Gli angeli», disse un giorno «sono così vicini a noi che, nei momenti di pace profonda, riusciamo a sentire la loro presenza…».

Il Pontefice viveva in una dimensione mistica, che solamente i grandi spiriti riescono a «sentire». Molti vaticini parlano delle «presenze angeliche sulla terra», soprattutto nel tempo in cui «la terra sarà aperta per essere lavata e purificata». In un vaticinio del XVI secolo, ritrovato in una chiesa della Lorena dopo la rivoluzione francese, si dice che «alla fine del Millennio, legioni di angeli scenderanno sulla terra, per contrastare la strada ai demoni…».

E gli uomini «sentiranno» la battaglia tra le forze del bene e le forze del male. «Sentiranno», ma non «vedranno» la battaglia finale. Saranno gli angeli a vincere. E, da quel momento in poi, l’uomo imparerà a parlare con gli angeli. Perché le distanze tra il cielo e la terra saranno accorciate.





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LITURGIA E PROPONIMENTO DEL GIORNO


LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -




 PRIMA LETTURA 

Eb 10,11-18
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
A noi lo testimonia anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
«Questa è l’alleanza che io stipulerò con loro
dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente»,
dice: «e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità».
Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è più offerta per il peccato.


  SALMO  

Sal 109
Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».

Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!

A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.

Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».


 VANGELO 

Mc 4,1-20
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva.
Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».

Cercherò di scoprire le ricchezze nascoste in ogni persona e di far sentire l'altro più importante e capace di esprimersi.