Il sistema Mose e “Mafia Capitale”
Pubblicato da Redazione EcoMagazine 24/07/2017
Ieri, proprio in contemporanea con il servizio del TG3 veneto con intervista agli ingegneri del progetto alternativo al Mose “Paratoia a gravità” (che invito tutti vedere, link), siamo stati subissati dai commenti della stampa nazionale sulla sentenza del processo “Mafia Capitale”.
Lo scandalo Mose e “Mafia Capitale” sono certo episodi corruttivi non comparabili, sia in termini quantitativi, il maltolto con il Mose ammonta a circa un miliardo di euro – la più grande rapina del secolo, mentre “Mafia Capitale” mi pare solo un centinaio di milioni, che in termini temporali, qualche anno il “mondo di mezzo” di Carminati-Buzzi, addirittura dal 1984 – anno di definizione per legge della concessione unica al Consorzio Venezia Nuova per i lavori di salvaguardia in Laguna. Inoltre oggetto del ladrocinio per Roma sono gli appalti su verde pubblico, assistenza agli immigrati e campi Rom, mentre per Venezia l’imposizione di una grande opera inutile e ambientalmente devastante.
Ora il Tribunale di Roma ha condannato a pene pesantissime gli imputati per corruzione ed altri reati, ma non ha riconosciuto l’associazione mafiosa, individuando però due associazioni a delinquere contigue che si sono spartite, con l’appoggio di personaggi politici in modo bipartisan, sia di centrodestra che di centrosinistra (come per il Mose), appalti e subappalti del Comune di Roma.
A Venezia invece sta proseguendo il processo agli unici 8 imputati che non hanno patteggiato pene ridicole, in cambio di qualche spicciolo di risarcimento (rispetto all’entità del maltolto) e sempre con la spada di Damocle della prescrizione.
Ora ci chiediamo perché la Magistratura (i cui PM hanno indagato in modo encomiabile, pur in ritardo) non abbia imputato i reati associativi. Non dico associazione di stampo mafioso (anche se alcuni episodi pongono alcuni dubbi: dai legami con alcuni servizi segreti, all’invito a Baita in carcere – prima che cominciasse a parlare – da parte degli avvocati del Consorzio a sottoporsi ad una delicata operazione al cuore – di cui non aveva bisogno), ma almeno per associazione a delinquere.
L’inchiesta ha dimostrato che c’era una vera e propria cupola, costituita da Mazzacurati e i manager delle “grandi” imprese del CVN e delle “piccole” delle cooperative di tutti i colori, che si divideva lavori e dazioni da pagare a tecnici e politici più o meno eccellenti. Lo scopo non era ottenere appalti, visto la concessione unica, ma far ottenere tutti i via libera ad un progetto sbagliato e ultra costoso e senza il confronto con altri (gli ingegner Di Tella, Vielmo e Sebastiani progettisti della “paratoia a gravità” sono stati pure portati in Tribunale per diffamazione dal CVN).
La gestione politica del caso Mose invece, da parte dell’ex procuratore generale C. Nordio (ora in pensione) è stata che “il Mose è la più grande opera di ingegneria ambientale al Mondo, ma c’è stata qualche mela marcia” (conferenza stampa del 4 giugno 2014, subito dopo la grande retata).
Ricordo, nel dicembre 2014, alla presentazione del libro dei giornalisti del Gazzettino G. Amadori e M. Dianese “Mose: la grande retata”, una domanda “cattiva” della prof. Zitelli al giudice Nordio appunto, sul perché non fossero stati imputati reati associativi e la non risposta di Nordio, che si è appellato al silenzio per una inchiesta ancora in corso.
Non sono certo competente in questioni giudiziarie, ma presumo che se ci fosse stata l’imputazione di associazione a delinquere (che di solito non negano neppure ad una banda di rubagalline) di certo la “prescrizione” sarebbe stata più in là nel tempo, con la possibilità di un processo sull’intera vicenda della salvaguardia, con l’emergere dei veri motivi dello scandalo Mose: un progetto sbagliato che si sta rivelando e si rivelerà un grande bidone (così come emerge dal libro “Il Mose salverà Venezia? dei succitati ingegneri delle “paratoie a gravità”, che invito a leggere – si trova ancora su Amazon).
E invece sta continuando tutto come prima, con lavori che proseguono senza quella verifica tecnico-scientifica sul progetto che le associazioni ambientaliste chiedevano, con la permanenza della concessione unica – a parte qualche appalto che in passato la Comunità Europea aveva imposto – e pure degli oneri di concessione al 12%, una maggiorazione su tutti i lavori, una vera e propria tangente legalizzata.
Le associazioni ambientaliste non sono state neppure riconosciute parte civile al processo: secondo il Tribunale si trattava di corruzione e non di reati ambientali.
Credo che con l’approssimarsi della fine del processo Mose – ai primi di settembre – si debba cercare di far emergere questo punto di vista, magari con mobilitazione con presenza in Tribunale il giorno della sentenza.
Scadenza che tra l’altro potrebbe essere in preparazione e in avvicinamento delle giornate internazionali del 23 e 24 settembre. Del resto Mose, salvaguardia della laguna e grandi navi sono questioni strettamente collegate e sulla vicenda delle grandi navi stiamo assistendo a giochi e giochetti poco trasparenti che ricordano la vicenda Mose (*).
Venezia, 22 luglio 2017
Stefano Micheletti per l’associazione AmbienteVenezia
(*) Vedi sul Gazzettino del 19 luglio: Grandi navi l’idea, in linea con la volontà del Comune, illustrata a Musolino Marghera porto per i colossi delle crociere.
E’ stato presentato a Musolino l’intento di elaborare il progetto di D’Agostino per Marghera; proponente una nuova ATI tra Technital, Net Engineerig, Fm ex Favero & Milan, ED di Roberto D’Agostino. Se non sbaglio Technital è il progettista del Mose e Net Engineering è un altro studio ingegneristico di riferimento dell’ex (?) sistema Galan.