mercoledì 19 giugno 2019

Il Nesso tra Crop Circle, Notre-Dame e Apocalisse...




ANCHE A BAILLET-EN-FRANCE IN VAL D'OISE NEL 2017 UN INCENDIO HA DISTRUTTO IL TETTO DELLA CHIESA DI NOTRE DAME. COINCIDENZA?....



Il 1° giugno di quest'anno a Baillet-en-France, in val d'Oise, presso la piccola "chiesa Notre-Dame" è apparso un crop circle molto interessante che sembra esser stato concepito proprio per ricordare il tragico incendio avvenuto il 15 aprile 2019 a Notre-Dame de Paris, da cui dista, in linea perfetta nord-sud, 20 chilometri.


Anche lì infatti, esiste un'antica e celebre scultura dedicata a "Notre-Dame" di cui più avanti racconterò la storia, a due passi dall'omonima chiesa che, "guarda caso", nella notte tra il 20 e il 21 agosto 2017 è stata invasa anch'essa dalle fiamme che ne hanno devastato gran parte del tetto (ved. QUI).


Che insolito e misterioso legame "di fuoco" ha unito, 20 mesi più tardi (si noti il numero), le due "Notre-Dame" ‒ de France e de Paris ‒ all'incendio della Moschea di Al Aqsa a Gerusalemme! (cfr. QUI e QUI).


Dai calcoli risulta inoltre che la differenza in gradi di latitudine nord tra questa raffigurazione a Baillet-en-France [49,053°] e la cattedrale di Notre-Dame de Paris [48,853°] è esattamente di 0,200°! (Ancora la stessa cifra, un 2, che spiritualmente si riferisce a Cristo ‒ la seconda Persona della Trinità ‒ delineante la "fatica nel tempo" attraverso la Croce!)


Ed è proprio nel campo attiguo all'agroglifo che si trova una grandissima croce formata da alberi, come evidenzia l'inquadratura. Entrambe le immagini puntano a nord da un lato, e dall'altro a sud, verso Parigi.


Prima però di entrare nei dettagli del significato nascosto della nuova formazione è necessario che io parli degli aspetti inerenti alla grandiosa effigie di Nostra Signora che non passa certo inosservata a chi percorre l'autostrada e gli snodi attigui. (Ved. QUI).


La strana Storia di Notre-Dame-de-France a Baillet


Agli inizi del XX secolo viveva a La Courneve, in Senna-Saint-Denis (dipartimento francese comprendente 40 comuni) padre Lamy, un santo prete simile al Curato d'Ars per la sua umiltà.


A lui appariva la Madonna che un giorno gli domandò di creare la "Congregazione dei Servi di Gesù e Maria".


Il notaio Edmond Fricoteau, che era devotissimo a padre Lamy e che si era convertito improvvisamente a Roma nel 1984 in occasione dell'annuncio fatto da Giovanni Paolo II per le Giornate della Gioventù, pregando sulla sua tomba gli chiese di far nascere in lui un amore "smodato" per la SS. Madre e di ispirarlo in una o più azioni che lo avrebbero reso degno di essere un buon servitore laico di Gesù e Maria.


Desiderava tanto offrire un "regalo" alla Vergine Santa. Così nel 1985 ebbe l'idea di farLe erigere una statua altissima in prossimità di un grande crocevia.


Per questo, entrò in contatto telefonico con il sindaco del comune dove aveva pensato di posizionarla, poi incontrò anche il superiore generale dei Servi di Maria e René Laurentin, conosciuto per i suoi numerosi scritti e le apparizioni mariane nel mondo.


Padre René Laurentin - mariologo - (1917-2017)

Il primo si dichiarò estremamente favorevole al progetto; il secondo, padre Stoecklin, avrebbe sostenuto l'idea se ci fosse stato anche il consenso del vescovo; il terzo precisò che avrebbe visto meglio la raffigurazione della Madre con il piccolo Gesù tra le braccia.


Edmond però, non era molto d'accordo con quest'ultima proposta perché temeva che l'inserimento dell'Infante nella statua che aveva immaginato avrebbe potuto compromettere la collocazione sul capo di Nostra Signora della corona ornata con le dodici stelle. (Cfr. QUI).


Padre Laurentin suggerì allora di consultare un suo amico esperto di tali cose ‒ il signor Antoine Legrand ‒ che, incuriosito, chiese il perché di quella strana richiesta delle stelle.


Quando gli fu raccontata la storia fin qui descritta, tranquillamente dichiarò: "la statua esiste!".


All'istante il suo interlocutore non dette molta importanza alla sua asserzione precisando che l'avrebbe commissionata ad un artista italiano o francese.


Legrand replicò, con un tono di voce più autorevole, che non sarebbe stato necessario ordinarla, perché la figura da erigere "esisteva" già!


Si trattava di una statua chiamata «Notre-Dame-de-France» (opera dello scultore Roger de Villiers che l'aveva creata ispirandosi a quella veduta a Gerusalemme presso l'istituto degli Assunzionisti), che nell'esposizione universale del 1937 dominava il Padiglione pontificio e fu l'unica ad essere conservata.


L'Arcivescovo di Parigi, il cardinale Verdier aveva espresso il desiderio che fosse eretta su una collina nei pressi della capitale francese. Era stata indetta anche una sottoscrizione nazionale, ma la guerra mondiale del 1939 la bloccò e l'enorme statua scomparve.


Edmond Fricoteaux, però, nonostante la suggestiva storia raccontatagli, continuava ad insistere sul modello scultoreo da lui immaginato, sino a quando Antoine Legrand lo rassicurò che la figura di Maria era proprio come lui la desiderava: alta sette metri, con la corona di dodici stelle e col Bambino sollevato in alto per benedire il mondo.


Da quel momento iniziarono ampie ricerche, fintanto che la figliola dell'architetto responsabile dell'antico Padiglione pontificio non dichiarò di sapere dove poteva trovarsi, e infatti fu poi rinvenuta, sezionata in vari pezzi, nel seminterrato di una scuola pubblica nella città di Amiens in attesa dei fondi per il restauro, mai arrivati.


Finalmente nel 1988, dopo 50 anni da quel lontano 1938 (il tempo di un giubileo), la monumentale rappresentazione della Vergine Maria col Bimbo e le dodici stelle sul capo fu eretta in pompa magna a Baillet-en-France, piccolo comune ridente tra il verde delle colline nelle vicinanze di Moisselles, a 20 chilometri a nord di Parigi.


L'inaugurazione della "rediviva" Notre-Dame-de-France avvenne il 15 ottobre 1988 alla presenza del card. Lustiger, insieme a sette vescovi e al nunzio apostolico Mons. Antonetti, unitamente a Mons. Rousset, vescovo della diocesi di Pontoise, e alla partecipazione di 52.000 fedeli.


In quell'anno si compì il desiderio del cardinale Verdier che, per lo scoppio della guerra e per il suo decesso nel 1940, non riuscì a veder realizzato il suo sogno di fare "pendant" con il Sacro Cuore di Montmartre presso Parigi.


Inoltre, il medesimo giorno fu anche quello della ricorrenza straordinaria dei 350 anni (dal 1638) in cui il re Luigi XIII consacrò la Francia alla Vergine Maria.


Solo il piedistallo di tale monumento è alto 25 metri, a cui vanno aggiunti i 7 della statua, ed è per questo che risulta ben visibile a chiunque percorra le grandi arterie stradali adiacenti.


Ora, vediamo l'attinenza della comparsa del crop circle con i tempi che stiamo vivendo, la tragedia di Notre-Dame de Paris e la Donna vestita di sole dell'Apocalisse.


Premetto che nel testo originale in inglese la località indicata non corrisponde in modo preciso al sito in questione, ma riporta il comune limitrofo, Moisselles, forse perché più grande e indicato subito dalle mappe.


Per prima cosa osserviamo che col 1° giugno, giorno della comparsa del "cerchio nel grano", inizia per tradizione il mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù (questo ci riporta al desiderio del card. Verdier di appaiare la statua della Vergine al Sacro Cuore di Montmartre).


Secondariamente, dal giorno dell'inaugurazione della "ritrovata" statua di Notre-Dame-de-France (il 15 ottobre 1988) all'incendio di Notre-Dame de Paris (il 15 aprile 2019) sono passati 30 anni e 6 mesi (ossia 30,5 che riconducono ai 350 trascorsi dalla consacrazione della Francia a Nostra Signora), per mano di Luigi XIII.


L'agroglifo presenta molteplici piccoli cerchi seguiti da due grandi forme a mezzalunarivolte con la parte esterna a nord, e due grosse sfere in basso; una di queste punta verso l'alto, mentre l'altra è rivolta a sud verso Parigi. In tale posizione il crop circle sembra evocare una famosa frase ermetica: "Così in alto, come in basso".


Riflettendo su questo concetto e sul legame esistente tra le due chiese dedicate a "Notre-Dame" ‒ l'una a Baillet-en-France e l'altra a Parigi ‒ dobbiamo ricordare che la Francia viene considerata in ambito cristiano ma soprattutto dalla Vergine Madre,la figlia maggiore della Chiesa.


Osservando la nuova recente formazione sul grano, non ci si può trattenere dal pensare che da sempre Maria SS. viene rappresentata con la mezzaluna ai suoi piedi,e il nome stesso è per antonomasia l'emblema della femminilità più elevata ed umile, collegata pertanto alla Luna che riflette la luce del Sole: quella del Cristo.


Ma nell'agroglifo ci sono ben 4 mezzelune, che raffigurano perciò 4 "Marie"; tutte legate all'arco vitale del Cristo-Sole, dalla nascita alla morte ed oltre... fino alla Risurrezione.


La prima mezzaluna in basso, a sud, contiene due sfere: la maggiore simboleggia la Vergine che dà alla luce il Figlio (la sfera piccola).



La seconda mezzaluna riporta a Maria Maddalena, l'unica rivolta con la parte esterna a sud, ossia al mondo, a Parigi, perché dal mondo è stata tratta e salvata dal Cristo, e la sua conversione è stata così profonda tanto da meritare, fra tutti i discepoli, di vederlo risuscitato per prima e portare loro il grande annuncio.


La terza mezzaluna si riferisce a Maria di Cleofa (o Alfeo, fratello di Giuseppe, padre putativo di Gesù) che è la madre di Giacomo il Minore; era presente al Calvario, alla sepoltura e alla Risurrezione del Cristo.


La quarta ed ultima mezzaluna rappresenta Maria Salomé, madre dei due fratelli Giovanni e Giacomo figli di Zebedeo, l'uno l'Apostolo e l'altro detto il Maggiore,chiamati in aramaico Boanerghes, ossia "Figli del tuono". Anch'ella era presente al Calvario, alla sepoltura e alla Risurrezione del Cristo.




Le tre Marie, che la tradizione associa alle tre stelle della cintura di Orione, sono le donne che si sono recate al sepolcro con gli aromi e gli oli profumati per ungere il corpo di Gesù ma hanno ricevuto da un "giovane vestito di bianco" la notizia della Sua Risurrezione. (Mc. 16, 1-8).


È una velata cosmologia spirituale quella che mostra la Luna nelle sue 4 fasi (le Marie) con il Sole (Cristo) al centro. Questo aspetto esoterico è necessario per una migliore comprensione della simbologia dei crop circles, visto che in Francia, negli ultimi anni, ne sono apparsi diversi simili a questo.


Non dimentichiamo che tale Paese ha avuto il privilegio di ripetute manifestazionimariane, di cui le più importanti sono: Parigi (Rue du Bac), La Salette, Lourdes, Pontmain e molte altre.


Ma tornando alle 4 Marie che con la loro presenza hanno scandito la parabola del Cristo fino alla Morte e Risurrezione, è impossibile non notare la grande croce che affianca ad oriente l'agroglifo di Baillet-en-France, completandone mirabilmente il significato.


Contando gli alberi che la compongono guardando l'immagine, si nota che la somma finale è equivalente a 99, perché sul braccio destro della fila in basso ne manca uno,così come tra le mezzelune e le sfere allineate nel crop circle il conteggio è di 11 mentre dovrebbe essere di 12, come le stelle della corona e i fedeli devoti sotto il manto di Maria, quindi, anche lì manca un elemento.




Non dimentichiamo che, dopo il tradimento di Giuda, gli apostoli erano rimasti in 11,ma l'integrazione di Mattia li ha resi ancora 12. Allora perché le immagini allineate sui due campi vicini mostrano entrambe l'assenza di un componente?


Perché Giovanni, l'autore dell'Apocalisse, è colui del quale il Cristo, rispondendo alla domanda di Pietro, disse: "E se Io voglio che lui rimanga fino al Mio Ritorno, a te che importa? Tu seguimi!" (Gv. 21, 20-24).


Infatti Giovanni, così come Elia ed Enoch, non è mai morto! È solo uno "scomparso", ma è ben presente sul pianeta, rappresentando l'umanità secondo il mandato ricevuto dal Cristo sotto la croce come "Figlio" affidato a Maria, mentre Lei di rimando ne è diventata Madre. (Gv. 19, 26-27).


Ecco perché manca un elemento in ciascuna delle immagini rappresentate sul terreno! Ma questo non fa che convalidare il segnale apocalittico che l'agroglifo raffigura, ossia la Donna vestita di sole che partorisce il Bimbo maschio (ved. Ap. 12, 1-18), analogamente alla bella formazione apparsa il 25 maggio scorso, esposta nel riquadro, dove viene evidenziata la rottura di un "uovo", simbolo della nascita,indicata con il tratto rosso in direzione del crop circle di giugno.



Già nei post passati, QUI, QUI e QUI, ho parlato dei Segni grandiosi di questi tempi,soprattutto quello astronomico della Vergine incoronata apparso nei cieli il 23 settembre 2017 e quello eclatante dei delfini indicante l'imminente Ritorno del Cristo,e con l'ultimo crop circle che sto descrivendo ne viene mostrata la sorprendente continuità.


Esso, infatti, non solo ribadisce il nuovo parto (simbolo del "piccolo resto" che viene rapito in cielo), ma anche l'avvento della Chiesa Vera, quella Mistica (ved. QUI, QUI, e QUI), risorta, come la Fenice, dalle ceneri causate dagli incendi che hanno segnato la fine di un'epoca durata quasi 2020 anni. (Ancora il numero 2! Indicante l'era del Cristo, del secondo Adamo... come il nome della foresta "Isle-Adam" (isola di Adamo) confinante con l'agroglifo. 


Questo profetico cerchio nel grano, con l'allineamento di sfere, lune e forse un gigantesco corpo celeste (ved. QUI), annuncia anche la sequenza in arrivo di forti onde cosmiche ed elettro-magnetiche, concausa di intensi e diffusi sconvolgimenticome terremoti, potenti eruzioni e dissesti idrogeologici.


Nondimeno, il linguaggio apocalittico, col quale ripetutamente il cielo ci allerta per mezzo dei suoi Messaggeri come ora, sembra condurci proprio verso la battaglia finale della Donna vestita di Sole e il Dragone infernale che sta già facendo guerra ai figli di Lei, cioè alla sua discendenza, per distruggerli (Ved. QUI, QUI e QUI).


Ma non vi riuscirà... perché, come riporta la bella immagine iniziale che ricalca a pennello il crop circle, il Suo manto proteggerà chi in Lei si rifugia e il suo Cuore Immacolato trionferà per sempre.


Traduzione libera con riflessioni personali di Sebirblu.blogspot.it




Corsa all'Acquisto dell'Oro: i governi di tutto il mondo si stanno preparando al collasso dell'egemonia statunitense


A COSA SI STANNO PREPARANDO?....

Di recente, i governi di tutto il mondo hanno partecipato a una "corsa all'acquisto di oro". Questi paesi hanno una buona ragione per farlo, e questo motivo è direttamente legato all'anticipazione dell'inevitabile fine dell'egemonia statunitense.

Le banche centrali sono tra i maggiori acquirenti di oro. Finora nel 2019, hanno acquistato 145,5 tonnellate di oro, in un quarto di anno le banche centrali hanno acquistato più che nei sei anni precedenti. Per dirla chiaramente, questa cifra rappresenta un aumento del 68% rispetto all'anno precedente. Lo scorso anno le banche centrali hanno aumentato le proprie riserve di 651,5 tonnellaterispetto alle 375 tonnellate del 2017. Si tratta, secondo le stime, del più grande acquisto netto di oro dal 1967.

La cosa più interessante, tuttavia, è che la classe dei paesi che si sta avviando ad accaparrarsi sempre più oro, molti sono considerati avversari di Washington.

Come sempre, la Russia è il più grande acquirente di oro. Nel 2018, la Banca centrale russa ha acquistato 274,3 tonnellate di oro. Ha anche scaricato l'84% dei suoi debiti del Tesoro USA (torneremo sul perché questo è importante in seguito).

La Turchia, un altro paese che ha segnalato uno spostamento dall'alleanza USA-UE e una maggiore disponibilità a cooperare con i rivali economici e militari statunitensi come la Russia, la Cina e persino l'Iran, ha venduto circa il 38% del debito USA e acquistato sempre più oro.

Altre nazioni degne di nota che aumentano la loro offerta di oro includono Kazakistan, Ecuador, Qatar, Serbia e Colombia, secondo recenti statistiche. Persino le Filippine si sono unite al carro d'oro, aumentando le riserve auree nelle riserve estere, oltre che approvando una legislazione specifica sull'oro per aiutare i minatori su scala ridotta nel paese.

Perché l'oro?
Come merce, l'oro è interessante per una serie di motivi. Mentre molti paesi possono avere un interesse personale ad allontanarsi dalla morsa degli Stati Uniti e contare sempre meno sul dollaro, dobbiamo ancora chiederci: perché l'oro fornirà una soluzione significativa nel frattempo?

Bene, come spiega il rapporto annuale di "In Gold We Trust" di Incrementum AG : "la fiducia guarda al futuro, si forma nel presente e si nutre del passato. Come bene monetario, l'oro può contare su una storia di successo di cinquemila anni in cui è stato in grado di mantenere il suo potere d'acquisto per lunghi periodi di tempo e non è mai diventato inutile. L'oro è il patrimonio di riserva universale a cui le banche centrali, gli investitori e i privati ​​di ogni angolo del mondo e di ogni religione e ogni classe ritornano sempre ad esso. "

Vedete, questo non riguarda solo un desiderio segreto e contorto di una manciata di nazioni che cercano la distruzione dell'economia degli Stati Uniti. In effetti, mi azzarderei a dire che è l'esatto contrario. Riguarda l'erosione della fiducia. Non ci si può più fidare degli Stati Uniti per agire equamente sulla scena internazionale. Impone la sua volontà ad altre nazioni, usando la leva finanziaria inoltre mantiene il dollaro USA in altri paesi con la forza armata fino alla sottomissione. Come ha affermato il Ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif in una recente intervista:

" Questo è ciò che credo stia accadendo alla comunità internazionale ... cioè che le persone ci pensano due volte prima di dialogare con gli Stati Uniti perché sanno che ciò che su cui trovano in accordo oggi potrebbe non valere nulla domani. ”
In sostanza, l'oro dà alle persone "conforto". Non devi andare troppo lontano per vedere diffondersi questo tipo di pensiero tra nazioni che un tempo erano considerate stretti alleati di Washington. Secondo quanto affermato dal giornale Free Malaysia Today, il Primo Ministro malaysiano Dr Mahathir Mohamad ha recentemente chiesto la formazione di una nuova valuta sostenuta dall'oro, che secondo lui avrebbe protetto le economie dell'Asia orientale dalla manipolazione dei commercianti.

Ha anche riferito di aver parlato dell'influenza degli Stati Uniti e di come non fosse vantaggioso che i mercati finanziari internazionali fossero legati a una moneta unica appartenente a uno stato nazionale.

" Voi [gli Stati Uniti] non siete democratici ", ha detto Mohamad. " Non è un singolo potere a decidere. Se vuoi vivere in un mondo unito, un mondo stabile, dobbiamo fare ricorso alla sostenibilità attraverso l'accordo tra tutte le nazioni che hanno un interesse su questo problema ".

Il tallone d'Achille economico di Washington
C'era una volta, il dollaro USA era sostenuto dal gold standard in un quadro noto come l'accordo di Bretton-Woods. Il sistema fù di breve durata, dal momento che il presidente Richard Nixon annunciòche gli Stati Uniti avrebbero abbandonato il gold standard nel 1971. Nel mentre, l'amministrazione Nixon raggiunse un accordo con l'Arabia Saudita che divenne noto come il sistema di riciclaggio delPetrodollaro in quanto le nazioni coinvolte avrebbero dovuto obbligatoriamente investire gli utili in eccesso negli Stati Uniti. Prima o poi, ogni singolo membro dell'OPEC avrebbe iniziato a scambiare petrolio in dollari USA.

Sebbene sia tipicamente redatta come una teoria della cospirazione, una teoria economica ampiamente sottovalutata stabilisce che la capacità di Washington di dominare i mercati finanziari globali è principalmente spiegata dal fatto che tutte le esportazioni di petrolio sono fatte con transazioni con il dollaro USA sul mercato internazionale (a eccezione di un piccolo numero). Il dollaro USA è anche la valuta di riserva mondiale, il che significa che la maggior parte delle transazioni globali viene comunque effettuata utilizzando il dollaro.

" Poco importa che il commercio avvenga in genere in dollari. Ciò significa che coloro che desiderano acquistare petrolio devono acquisire dollari per acquistare il petrolio, il che aumenta la domanda di dollari nei mercati finanziari mondiali ".Quelle persone che scrivono di questo accordo come una teoria della cospirazione non stanno leggendo i commenti giusti. Fin dal 1989, scrive nel suo libro The Roaring '80, primo studio Rhodes Scholar, conduttore televisivo vincitore di un Emmy Award e membro di Wall Street, George Goodman(aka Adam Smith), ha brillantemente spiegato perché il dollaro USA era così forte e e non era ancora scoppiata la bolla:

"In primo luogo, abbiamo una grande riserva di credito morale dalla nostra posizione di leader militare mondiale e dal nostro passato di investitori e prestatori. In secondo luogo, il dollaro è la valuta chiave. I dollari sono un'assicurazione su ciò che il mondo si affida negli investimenti. Prima del dollaro, era la sterlina inglese, e gli inglesi ottennero un'estensione del mandato del loro impero perché il mondo non aveva trovato un'altra valuta su cui affidarsi. Se operi come valuta chiave, ci vuole più tempo perché se ne avvedano gli effetti . "Anche se fosse una teoria pazzesca, senza fondamento e cospirazione per le comunità di YouTube marginali, questi sono i termini con cui il resto del mondo vede questo accordo finanziario unilaterale. Questa linea di pensiero spiega anche perché gli Stati Uniti usano la sua morsa del dollaro per spaccare altri paesi e indurli alla sottomissione con l'uso di sanzioni. Spiega anche perché le altre nazioni vedono il potere di Washington, nel settore finanziario globale, alla fine come un tallone d'Achille.

Come ha affermato il capo della seconda banca russa Andrei Kostin in un discorso dello scorso anno:

" Il regno del dollaro deve finire ... Questa frusta, che gli americani usano sotto forma di dollaro, non avrebbe, in larga misura, un impatto così grave sul sistema finanziario globale. "

URGE UNA LEGGE SULLE ONG. DA ONG A ORGANIZZAZIONI GOVERNATIVE DI SUPPORTO SOTTOPOSTE ALLA LEGGE ITALIANA

IN ITALIA CI VUOLE UNA LEGGE CHE SOTTOPONGA ANCHE LE ONG ITALIANE ALLA GIURISDIZIONE DELLO STATO DI BANDIERA. UNA LEGGE DI NAZIONALIZZAZIONE DELLE ONG. SOLO COSI' PUO' FINIRE VERAMENTE LA PACCHIA PER SOROS E COMPANY....


"Una organizzazione non governativa (ONG) è un'organizzazione senza fini di lucro che è indipendente dagli Stati e dalle organizzazioni governative internazionali. Di solito una organizzazione non governativa è finanziata tramite donazioni oppure da elargizioni di filantropi, sebbene tutte quelle più grandi siano sostenute anche da denaro pubblico. Le ONG sono organizzazioni molto diverse tra di loro, sono impegnate in una vasta gamma di attività e assumono forme differenti nelle diverse parti del mondo. Alcune possono avere lo status di enti benefici, mentre altre possono essere registrate per l'esenzione fiscale basata sul riconoscimento di scopi sociali. Altre possono costituire dei fronti per interessi politici, religiosi o di altro tipo....Sono organizzazioni indipendenti dai governi e dalle loro politiche e generalmente, anche se non sempre, si tratta di organizzazioni non aventi fini di lucro (non profit) che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. Nel mondo anglosassone vengono spesso identificate con la sigla PVO (di private voluntary organizations), preferita a NGO (sigla di non-governmental organization). 

I due caratteri essenziali per definire un'organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono quindi costituiti dal carattere privato, non governativo dell'associazione, e da quello dell'assenza di profitto nell'attività. 

Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata all'obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente più arretrati; esse rientrano nel circuito della democrazia partecipata, in quanto coinvolgono masse idealmente motivate in iniziative non strettamente politicizzate".

Urge una regolamentazione giuridica più stringente che preveda la dipendenza delle ONG italiane dalla giurisdizione dello Stato di bandiera, una loro nazionalizzazione, dato che l'attuale regime libertario con donazioni private può metterle alla berlina di chiunque, fatti alla mano, può provare che i "filantropi" che le finanziano in realtà sono loschi personaggi che altro non fanno se non favorire e incoraggiare l'immigrazione clandestina, reato per il quale la legge italiana prevede anche la galera. Praticamente quello che sta succedendo da qualche anno a questa parte, e che ha fatto aprire diverse inchieste alla magistratura italiana che vuole vederci più chiaro sul loro modus operandi. Un provvedimento di tutela per le stesse ONG che anche loro avrebbero interesse ad accogliere con favore, per provare l'assoluta buona fede del proprio operato.  


Nell’ordinamento giuridico italiano, come anche negli altri paesi di tradizione marittima, la nazionalità è legata alla proprietà nazionale e, dopo diversi interventi di riforma, alla proprietà di cittadini ed enti di altri Stati europei. L’art. 143 del codice della navigazione, come modificato dall’art. 7, d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito in legge 27 febbraio 1998, n.30, elenca i requisiti per chiedere l’attribuzione della nazionalità alla nave e stabilisce che “Rispondono ai requisiti di nazionalità per l’iscrizione nelle matricole o nei registri di cui all’articolo 146: le navi che appartengono per una quota superiore a dodici carati a persone fisiche giuridiche o enti italiani o di altri Paesi dell’Unione europea; le navi di nuova costruzione o provenienti da un registro straniero non comunitario, appartenenti a persone fisiche, giuridiche o enti stranieri non comunitari i quali assumano direttamente l’esercizio della nave attraverso una stabile organizzazione sul territorio nazionale con gestione demandata a persona fisica o giuridica di nazionalità italiana o di altri Paesi dell’Unione europea, domiciliata nel luogo di iscrizione della nave, che assuma ogni responsabilità per il suo esercizio nei confronti delle autorità amministrative e dei terzi, con dichiarazione da rendersi presso l’ufficio di iscrizione della nave, secondo le norme previste per la dichiarazione di armatore”.
Per quanto concerne gli aeromobili, invece, l’art. 756 del codice della navigazione al comma 1 prevede che “Rispondono ai requisiti di nazionalità richiesti per l’iscrizione nel registro aeronautico nazionale gli aeromobili che appartengono in tutto od in parte maggioritaria: a) allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni e ad ogni altro ente pubblico e privato italiano o di altro Stato membro dell’Unione europea; b) ai cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea; c) a società costituite o aventi una sede in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea il cui capitale appartenga in tutto od in parte maggioritaria a cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea, ovvero a persone giuridiche italiane o di altro Stato membro dell’Unione europea aventi le stesse caratteristiche di compagine societaria e il cui presidente, la maggioranza degli amministratori e l’amministratore delegato siano cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea”.
Sebbene non ci sia una definizione a livello internazionale dei requisiti necessari, la Convenzione UNCLOS stabilisce, all’art. 91, che per l’attribuzione della nazionalità tra la nave e lo Stato della bandiera dovrebbe esistere un collegamento effettivo, il c.d. genuine link. Tuttavia, diverse sono le difficoltà che si riscontrano nell’attuazione di tale principio dal momento che, nell’assenza di sanzioni per le navi che battono bandiere di convenienza, gli Stati possiedono giurisdizione esclusiva e non permettono alcuna interferenza di terzi sui mezzi.
La tendenza attuale degli Stati tradizionalmente marittimi, utilizzata per arginare il fenomeno dell’outflagging, o meglio la fuga verso i registri di convenienza, è stata quella di prevedere dei registri internazionali da affiancare a quelli ordinari con requisiti meno rigidi per la concessione della nazionalità. Le navi sono sottoposte esclusivamente al potere dello Stato di bandiera, perciò rappresentano un’estensione della nazionalità anche al di fuori del limite delle acque territoriali. Il principio di giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera, eppure, subisce delle deroghe nel momento in cui la nave entra nelle zone sottoposte alla sovranità dello Stato costiero o portuale.

Quando si parla di favoreggiamento all'immigrazione clandestina?

Qui, valutiamo le disposizioni di legge, le condotte lecite o illecite, soprattutto alla luce dei timori che si sono innescati circa la possibilità che il soccorso in mare, con lo sbarco dei recuperati nel territorio italiano, possa tradursi, nel caso dei “naufraghi della speranza”, nel reato di “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”, previsto dal Testo unico sull’immigrazione” (D. L.vo 286/1998 e succ. mod.). E, dal momento che spesso i naufraghi da soccorrere si trovano "casualmente" sempre in acque italiane, c'è motivo di credere che vi sia una regia pianificata che in malafede fora i gommoni dei migranti in prossimità delle coste italiane. Il business dell'immigrazione clandestina è molto ben spiegato nel libro inchiesta della giornalista Francesca Totolo Inferno SPA (vedi https://www.analisidifesa.it/2019/02/inferno-spa/ e il video sotto).






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Ma vediamo cosa prevede il Testo unico sull'immigrazione:

“Articolo 12:

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”;


al successivo comma 2°, con riguardo al tema che stiamo trattando, esclude il reato:

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale (di seguito riportato. N.d.R.), non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”.

E il codice penale, fa appello allo “stato di necessità”:

“Articolo 54.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Va con se che, procurare fraudolentemente lo "stato di necessità" per aggirare la legge, rientra tra le furbizie degli speculatori che lucrano sul fenomeno. Dunque una legge di nazionalizzazione delle ONG che dovrebbero cambiare denominazione in OGS (organizzazioni governative di supporto), risolverebbe il problema degli sbarchi clandestini a monte.

CINZIA PALMACCI

Fonti:












Sea Watch, il Tar del Lazio dà ragione a Salvini: «Legittimo negare l’accesso in Italia»




E ADESSO CARE ONG COME LA METTIAMO? LA SENTENZA DEL TAR FA GIURISPRUDENZA

Con le nuove regole introdotte nel decreto voluto dal Viminale, la Sea Watch3 – con 43 naufraghi a bordo – rischia di dover cercare un altro porto sicuro.


Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso della Sea Watch per contestare il divieto di ingresso in acque territoriali e il «no allo sbarco» della Sea Watch 3 che si trova a sud di Lampedusa con a bordo 43 migranti soccorsi una settimana fa. A renderlo noto è stata l’agenzia Ansa, citando fonti del Viminale e non, come da prassi, il Tar.

I legali della Sea Watch hanno riferito a Open di non aver ricevuto per il momento alcuna notifica dal Tar e di non essere a conoscenza per via diretta dell’esito del ricorso, quindi neppure del decreto con le motivazioni in base alle quali il ricorso è stato rigettato.


Per Antonello Ciervo, avvocato legale della Sea Watch, «è evidente che, in uno stato di diritto, che sia il Viminale a comunicare al mondo che ha vinto la causa contro la Sea Watch rappresenta un problema per la separazione dei poteri, perché l’unico che può dare questa comunicazione è il Tar».
Inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

La Sea Watch è ancora ferma in acque internazionali, a 16 miglia da Lampedusa, ma è già sotto inchiesta. La procura di Agrigento ha aperto un fascicolo al momento contro ignoti. Il reato ipotizzato è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’indagine di Agrigento è legata allo sbarco a Lampedusa di 10 persone dalla nave: donne, bambini e uomini con gravi problemi di salute. La notizia dell’inchiesta arriva a poche ore dal monito del Consiglio d’Europa che ha chiesto di «dare subito un porto a Sea Watch».

«I migranti salvati in mare non dovrebbero mai essere sbarcati in Libia, perché i fatti dimostrano che non è un Paese sicuro», ha detto Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Mijatovic ha espresso preoccupazione «per l’atteggiamento del governo italiano nei confronti delle ong che conducono operazioni di salvataggio nel Mediterraneo».

Il commissario si riferisce alla posizione di Matteo Salvini che ha subito negato un porto a Sea Watch, applicando per la prima volta il decreto di sicurezza bis e invitando la nave ad andare in Libia. Non si è fatta attendere la risposta del ministro dell’Interno.

«In Italia per quello che mi riguarda e col mio permesso non arriva nessuno, possono mandare i caschi blu dell’Onu, gli ispettori del consiglio d’Europa, il commissario Basettoni, Pippo, Pluto e i Fantastici 4. Barchini e barconi non ne arrivano», ha detto il vicepremier leghista a margine dell’assemblea di Confartigianato.
La guardia di finanza «nel cuore della notte»

La Sea Watch 3 è stata raggiunta dai militari della Guardia di Finanza. Come riporta su Twitter la stessa Ong: «Questa notte la Guardia di Finanza ha fatto visita, per 2 volte, alla SeaWatch3 per notificare il Decreto Sicurezza bis alla nostra comandante. Non si comprende la necessità di farlo nel cuore della notte. Restiamo al largo di Lampedusa e reiteriamo la richiesta di sbarco».

Dieci dei 53 migranti a bordo della Sea Watch, ferma al limite delle acque territoriali italiane, hanno avuto l’autorizzazione a sbarcare a Lampedusa. Lo sbarco è stato autorizzato dal Viminale per 8 persone, perché necessitano di cure mediche. Con loro, anche 2 accompagnatori.

Nel dettaglio, si tratta di tre minori, tre donne (di cui due incinte), due accompagnatori, due uomini malati. I migranti verranno trasferiti a Lampedusa con una motovedetta della guardia costiera.
«Per me può rimanere lì per mesi»

«Sono stati autorizzati a scendere bimbi, donne incinte e malati. Io voglio il bene di tutti ma per quello che riguarda questa nave fuorilegge per me può stare lì per settimane, per mesi, fino a Capodanno». Queste le parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo lo sbarco a Lampedusa di 10 migranti della Sea Watch.

«Ci sono persone a bordo per scelta di questi delinquenti, per scelta di questi sequestratori di esseri umani – ha detto Salvini -. Bambini, donne incinte e malati scendono, ma questi delinquenti risponderanno alle loro coscienze di eventuali problemi. Dovevano andare in Libia, potevano andare in Tunisia o a Malta: sono arrivati in Italia. L’hanno chiesto loro il porto alla Libia, la Libia lo ha dato e loro hanno disobbedito».
A 15 miglia da Lampedusa

La nave della ong Sea Watch rimane comunque ferma 15 miglia a largo di Lampedusa. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha comunicato di aver: «Firmato il divieto di ingresso, transito e sosta alla nave SeaWatch3 nelle acque italiane, come previsto dal nuovo decreto sicurezza. Ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa: stop ai complici di scafisti e trafficanti». 

L’alternativa per la nave della ong resterebbe a questo punto la Libia, che aveva già proposto un proprio porto. Un’opzione che però trova la contrarietà tanto dalla Commissione Ue, quanto dalle varie agenzie delle Nazioni Unite. Una linea condivisa dalla SeaWatch: «La Libia non è riconosciuta come porto sicuro a livello internazionale – ha detto in un video la portavoce Giorgia Linardi – Lo dicono la Missione ONU in Libia UNSMIL, l’agenzia ONU per i rifugiati UNHCR, la Commissione Europea e il Ministero degli Esteri. Se riportassimo i naufraghi in Libia, commetteremmo un respingimento collettivo: crimine per cui l’Italia è già stata condannata».

Da Twitter: Sea Watch Italy

La nave ong Sea Watch, con a bordo 53 migranti, ieri venerdì 14 giugno ha nuovamente cambiato rotta, dirigendosi verso Lampedusa. Si trova a 15 miglia dall’isola siciliana. A riferirlo è la stessa Sea Watch tramite il suo profilo Twitter. L’isola è il porto sicuro più vicino alla posizione di soccorso. Nelle scorse ore, si è rifiutata di consegnare i migranti alla Libia, poi si è diretta verso Malta e infine ha fatto rotta verso l’Italia.







Avendo ricevuto come unica indicazione il porto di un Paese in guerra, la #SeaWatch ha fatto rotta nord, verso il porto sicuro più vicino alla posizione del soccorso: Lampedusa.

Restiamo in stand by a circa 16 miglia dall’isola.


In un tweet pubblicato in precedenza, la ong ha fatto sapere di essere ancora in mare «senza un porto sicuro assegnato, con a bordo 53 persone di cui 5 minori, 2 molto piccoli». «Davvero un ministro della Repubblica italiana – ha detto rivolgendosi a Salvini – vuole costringerci a portare queste persone in un Paese in guerra? Davvero l’Ue permette una tale violazione dei diritti umani?», si chiede la ong.
La risposta di Salvini

La Sea Watch «sta andando avanti e indietro, ha dimostrato per l’ennesima volta che opera al di fuori della legge», ha detto Matteo Salvini. «Mi domando perché qualcuno in Procura non abbia confermato il sequestro e non sia andato avanti con le indagini, perché mi sembra evidente che non rispettano la legge e che favoriscano nei fatti i trafficanti di esseri umani».

La nave ong è tornata recentemente in mare dopo il sequestro, e il successivo dissequestro, della procura di Agrigento, guidata dal procuratore capo Luigi Patronaggio, il magistrato che ha indagato Salvini per il caso Diciotti. Il sequestro permise ai 47 migranti che erano a bordo di scendere dalla nave ong.

Il caso del divieto di sbarco imposto dal Viminale per la Sea Watch 3 è ora sotto indagine da parte della procura di Palermo. La vicenda è stata inserita anche nei fascicoli della procure di Catania e Agrigento, che indagano per fatti precedenti. E Salvini non ha dimenticato.

«Se la sequestra e dissequestra un’altra volta – dice – io vado a piedi ad Agrigento a farmi spiegare perché. Una va bene, due va bene, la terza volta no». Per il ministro, la nave avrebbe dovuto obbedire all’indicazione che ha ricevuto dalla Libia, Paese che stava coordinando il soccorso: far sbarcare i naufraghi a Tripoli. Ma l’Unione europea gli ha ricordato che la Libia non è un porto sicuro.

«Tutte le navi con bandiera europea sono obbligate a rispettare il diritto internazionale e il diritto sulla ricerca e salvataggio in mare che comporta la necessita’ di portare delle persone in un posto o posto sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni non si ritrovano in Libia», ha detto in giornata una portavoce della Commissione Ue.







#SeaWatch rimane senza un porto SICURO assegnato con a bordo 53 persone di cui 5 minori, 2 molto piccoli.

Davvero un Ministro della Repubblica Italiana vuole costringerci a portare queste persone in un Paese in guerra? Davvero l’UE permette una tale violazione dei diritti umani?


Nel tardo pomeriggio di ieri – 13 giugno – il ministro dell’Interno aveva diffuso una direttiva preventiva per diffidare l’ingresso nelle acque territoriali alla nave umanitaria.

«Non pensino di passarla liscia», aveva aggiunto a poche ore dalla pubblicazione della direttiva: «È chiaro che si tratta di una forzatura politica sulla pelle di questi disgraziati. Una sfida senza senso con a bordo 53 persone».

Poi l’affondo: «Non ci facciamo dettare le regole dell’immigrazione da una ong tedesca che usa una nave olandese fuorilegge. È la terza volta che la stessa nave ha lo stesso comportamento in pochi mesi. È ora che l’Unione Europea si svegli e che blocchi a terra le partenze rendendo sicuro un porto libico sotto il controllo delle autorità internazionali, per evitare drammi, morti, feriti e annegamenti».
La Libia è un porto sicuro?

Tripoli, luogo di sbarco assegnato a Sea Watch dai libici e verso il quale lo stesso Salvini ripete di andare, è o non è un porto sicuro? La Libia, ha scritto il vicepremier, ha preso il coordinamento di quello che in gergo si chiama evento Sar, di Ricerca e Soccorso. E ha assegnato un porto di sbarco: proprio Tripoli. È la prima volta che succede da quando il Paese ha autoproclamato all’International Maritime Organization la sua zona SAR (Search and Rescue) nel giugno 2018.








#SEAWATCH NON SBARCHERÀ I NAUFRAGHI IN LIBIA

Tripoli non è un porto sicuro.

Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine.

È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi UE ne siano complici.




Tuttavia, per la comunità internazionale, la Libia non è, e non è mai stata, un porto sicuro. I naufraghi hanno diritto a essere portati in un POS, un Place of Safety: il cosiddetto “porto sicuro”, insomma. E la Libia – come ha sottolineato anche la Commissione europea – non lo è.

Sia a causa del conflitto armato in escalation, sia perché il Paese non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1951. Le Nazioni Unite parlano nei loro rapporti di «torture e orrori inimmaginabili» cui vengono sottoposti i migranti in Libia, nei centri di detenzione.

Per una nave battente bandiera europea, di paesi quindi che aderiscono al diritto internazionale – spiegano da sempre gli esperti – riportare persone in Libia significa violare il diritto internazionale.






SeaWatch non vuole portarli in Libia? Allora spieghi perché ha chiesto a Tripoli un porto sicuro. E perché, dopo la risposta positiva, ha atteso per ore davanti alla costa africana. https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/migranti-la-libia-offre-un-porto-ma-sea-watch-non-sbarcheremo-i-naufraghi-a-tripoli-non-e-sicuro-_3214341-201902a.shtml …






Le navi hanno l’obbligo di inviare richiesta di Pos a tutti i centri di coordinamento della zona: Sea Watch 3 dice di averlo fatto con Libia, Malta, Italia. Ma avere una zona Sar (che si costituisce per prassi appunto attraverso una dichiarazione all’IMO), coordinare i soccorsi (in un contesto in cui il centro di coordinamento di Tripoli ha dimostrato nel tempo di rispondere raramente, e di non comprendere spesso l’inglese, per esempio), non vuol dire per quel paese essere un “porto sicuro”.

Salvini e Muscat hanno condiviso «l’esigenza di proseguire la collaborazione volta a sostenere le Autorità libiche per rafforzarne le capacità di soccorso in mare e di controllo delle frontiere».
La querela

Intanto Sea Watch querela Matteo Salvini. Era nell’aria: dopo le parole del ministro degli Interni – che ha definito il soccorso di 53 persone nel Mediterraneo centrale effettuato dalla Sea Watch3 «un atto di pirateria di un’organizzazione fuori legge», i legali della ong tedesca annunciano, il 13 giugno, una querela per diffamazione nei confronti del leader della Lega.

Nel mirino dagli avvocati Alessandro Gamberini e Leonardo Marino le «innumerevoli dichiarazioni diffamatorie a mezzo stampa» del ministro, «insultando la ong e l’operato della sua nave». Operato che, dicono i legali, «si sostanzia, sempre, in legittima attività di soccorso e salvataggio.

Non solo: le ragioni della querela per diffamazione a mezzo stampa risiedono anche, dicono gli avvocati, nel fatto che «l’esito delle indagini rivolte sull’operato delle ong smentisce categoricamente il ministro dell’Interno».

La Sea Watch 3 ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico, spiegano i due legali di Sea Watch.

Matteo Salvini «sa bene che fare rientrare chi fugge da guerre, violenze e soprusi in un paese che non è qualificato come “Porto Sicuro”, in costante guerra civile, costituisce una gravissima violazione dei diritti umani, del diritto del mare e del diritto dei rifugiati», dicono ancora da Sea Watch.





#SEAWATCH NON SBARCHERÀ I NAUFRAGHI IN LIBIA

Tripoli non è un porto sicuro.

Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine.

È vergognoso che l'Italia promuova queste atrocità e che i governi UE ne siano complici.






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«Utilizzare l’importante ruolo istituzionale di capo del Viminale, in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni, costituisce violazione delle proprie competenze e lascia, peraltro, perplessi sull’attenzione e le energie che il ministro ripone sull’attività svolta dalle Ong che ha soccorso solamente 53 naufraghi quando, ricordiamo, ogni giorno arrivano decine e decine di persone a bordo di barche fantasma nonché, come nelle ultime settimane, di navi militari e mercantili», attaccano gli avvocati Gamberini e Marino.

In copertina Sea Watch/Facebook