mercoledì 19 giugno 2019

URGE UNA LEGGE SULLE ONG. DA ONG A ORGANIZZAZIONI GOVERNATIVE DI SUPPORTO SOTTOPOSTE ALLA LEGGE ITALIANA

IN ITALIA CI VUOLE UNA LEGGE CHE SOTTOPONGA ANCHE LE ONG ITALIANE ALLA GIURISDIZIONE DELLO STATO DI BANDIERA. UNA LEGGE DI NAZIONALIZZAZIONE DELLE ONG. SOLO COSI' PUO' FINIRE VERAMENTE LA PACCHIA PER SOROS E COMPANY....


"Una organizzazione non governativa (ONG) è un'organizzazione senza fini di lucro che è indipendente dagli Stati e dalle organizzazioni governative internazionali. Di solito una organizzazione non governativa è finanziata tramite donazioni oppure da elargizioni di filantropi, sebbene tutte quelle più grandi siano sostenute anche da denaro pubblico. Le ONG sono organizzazioni molto diverse tra di loro, sono impegnate in una vasta gamma di attività e assumono forme differenti nelle diverse parti del mondo. Alcune possono avere lo status di enti benefici, mentre altre possono essere registrate per l'esenzione fiscale basata sul riconoscimento di scopi sociali. Altre possono costituire dei fronti per interessi politici, religiosi o di altro tipo....Sono organizzazioni indipendenti dai governi e dalle loro politiche e generalmente, anche se non sempre, si tratta di organizzazioni non aventi fini di lucro (non profit) che ottengono almeno una parte significativa dei loro introiti da fonti private, per lo più donazioni. Nel mondo anglosassone vengono spesso identificate con la sigla PVO (di private voluntary organizations), preferita a NGO (sigla di non-governmental organization). 

I due caratteri essenziali per definire un'organizzazione non governativa di cooperazione allo sviluppo, sono quindi costituiti dal carattere privato, non governativo dell'associazione, e da quello dell'assenza di profitto nell'attività. 

Caratteristica di queste organizzazioni è una forte spinta ideale, finalizzata all'obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed economicamente più arretrati; esse rientrano nel circuito della democrazia partecipata, in quanto coinvolgono masse idealmente motivate in iniziative non strettamente politicizzate".

Urge una regolamentazione giuridica più stringente che preveda la dipendenza delle ONG italiane dalla giurisdizione dello Stato di bandiera, una loro nazionalizzazione, dato che l'attuale regime libertario con donazioni private può metterle alla berlina di chiunque, fatti alla mano, può provare che i "filantropi" che le finanziano in realtà sono loschi personaggi che altro non fanno se non favorire e incoraggiare l'immigrazione clandestina, reato per il quale la legge italiana prevede anche la galera. Praticamente quello che sta succedendo da qualche anno a questa parte, e che ha fatto aprire diverse inchieste alla magistratura italiana che vuole vederci più chiaro sul loro modus operandi. Un provvedimento di tutela per le stesse ONG che anche loro avrebbero interesse ad accogliere con favore, per provare l'assoluta buona fede del proprio operato.  


Nell’ordinamento giuridico italiano, come anche negli altri paesi di tradizione marittima, la nazionalità è legata alla proprietà nazionale e, dopo diversi interventi di riforma, alla proprietà di cittadini ed enti di altri Stati europei. L’art. 143 del codice della navigazione, come modificato dall’art. 7, d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito in legge 27 febbraio 1998, n.30, elenca i requisiti per chiedere l’attribuzione della nazionalità alla nave e stabilisce che “Rispondono ai requisiti di nazionalità per l’iscrizione nelle matricole o nei registri di cui all’articolo 146: le navi che appartengono per una quota superiore a dodici carati a persone fisiche giuridiche o enti italiani o di altri Paesi dell’Unione europea; le navi di nuova costruzione o provenienti da un registro straniero non comunitario, appartenenti a persone fisiche, giuridiche o enti stranieri non comunitari i quali assumano direttamente l’esercizio della nave attraverso una stabile organizzazione sul territorio nazionale con gestione demandata a persona fisica o giuridica di nazionalità italiana o di altri Paesi dell’Unione europea, domiciliata nel luogo di iscrizione della nave, che assuma ogni responsabilità per il suo esercizio nei confronti delle autorità amministrative e dei terzi, con dichiarazione da rendersi presso l’ufficio di iscrizione della nave, secondo le norme previste per la dichiarazione di armatore”.
Per quanto concerne gli aeromobili, invece, l’art. 756 del codice della navigazione al comma 1 prevede che “Rispondono ai requisiti di nazionalità richiesti per l’iscrizione nel registro aeronautico nazionale gli aeromobili che appartengono in tutto od in parte maggioritaria: a) allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni e ad ogni altro ente pubblico e privato italiano o di altro Stato membro dell’Unione europea; b) ai cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea; c) a società costituite o aventi una sede in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea il cui capitale appartenga in tutto od in parte maggioritaria a cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea, ovvero a persone giuridiche italiane o di altro Stato membro dell’Unione europea aventi le stesse caratteristiche di compagine societaria e il cui presidente, la maggioranza degli amministratori e l’amministratore delegato siano cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione europea”.
Sebbene non ci sia una definizione a livello internazionale dei requisiti necessari, la Convenzione UNCLOS stabilisce, all’art. 91, che per l’attribuzione della nazionalità tra la nave e lo Stato della bandiera dovrebbe esistere un collegamento effettivo, il c.d. genuine link. Tuttavia, diverse sono le difficoltà che si riscontrano nell’attuazione di tale principio dal momento che, nell’assenza di sanzioni per le navi che battono bandiere di convenienza, gli Stati possiedono giurisdizione esclusiva e non permettono alcuna interferenza di terzi sui mezzi.
La tendenza attuale degli Stati tradizionalmente marittimi, utilizzata per arginare il fenomeno dell’outflagging, o meglio la fuga verso i registri di convenienza, è stata quella di prevedere dei registri internazionali da affiancare a quelli ordinari con requisiti meno rigidi per la concessione della nazionalità. Le navi sono sottoposte esclusivamente al potere dello Stato di bandiera, perciò rappresentano un’estensione della nazionalità anche al di fuori del limite delle acque territoriali. Il principio di giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera, eppure, subisce delle deroghe nel momento in cui la nave entra nelle zone sottoposte alla sovranità dello Stato costiero o portuale.

Quando si parla di favoreggiamento all'immigrazione clandestina?

Qui, valutiamo le disposizioni di legge, le condotte lecite o illecite, soprattutto alla luce dei timori che si sono innescati circa la possibilità che il soccorso in mare, con lo sbarco dei recuperati nel territorio italiano, possa tradursi, nel caso dei “naufraghi della speranza”, nel reato di “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”, previsto dal Testo unico sull’immigrazione” (D. L.vo 286/1998 e succ. mod.). E, dal momento che spesso i naufraghi da soccorrere si trovano "casualmente" sempre in acque italiane, c'è motivo di credere che vi sia una regia pianificata che in malafede fora i gommoni dei migranti in prossimità delle coste italiane. Il business dell'immigrazione clandestina è molto ben spiegato nel libro inchiesta della giornalista Francesca Totolo Inferno SPA (vedi https://www.analisidifesa.it/2019/02/inferno-spa/ e il video sotto).






9439410_3733541
Ma vediamo cosa prevede il Testo unico sull'immigrazione:

“Articolo 12:

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”;


al successivo comma 2°, con riguardo al tema che stiamo trattando, esclude il reato:

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale (di seguito riportato. N.d.R.), non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”.

E il codice penale, fa appello allo “stato di necessità”:

“Articolo 54.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Va con se che, procurare fraudolentemente lo "stato di necessità" per aggirare la legge, rientra tra le furbizie degli speculatori che lucrano sul fenomeno. Dunque una legge di nazionalizzazione delle ONG che dovrebbero cambiare denominazione in OGS (organizzazioni governative di supporto), risolverebbe il problema degli sbarchi clandestini a monte.

CINZIA PALMACCI

Fonti:












Nessun commento: