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Il filosofo conservatore Aleksander Dugin viene considerato, da tutto l’occidente capitalista, l’ideologo del leader russo Vladimir Putin. Questa proiezione ideologica nasce da un profondo fraintendimento del pensiero politico di Putin che sta puntando a restaurare il diritto internazionale, contrapponendosi tanto alle tendenze imperiali “mistico-esoteriche” da una parte quanto all’imperialismo nord-americano dall’altra.
Putin è un ex funzionario del KGB, alieno al marxismo, seppur stalinizzato, mentre Dugin inizia la sua gavetta da filosofo nei circoli “magico esoterici” promossi, segretamente, dagli Usa; la storia del Dugin filosofo, negli anni ’80 e ’90, non trova altra necessità che l’antisovietismo. Il leader russo sostiene che “un mondo unipolare è non soltanto inaccettabile, ma anche irrealizzabile nel mondo attuale”, criticando “il disprezzo sempre più grande per i principi del diritto internazionale”dell’imperialismo statunitense; per il teorico eurasiatista, al contrario, la forza è una componente necessaria sia nella gestione dei conflitti interni che su scala internazionale.
Il pensiero di Dugin non deve essere scisso dal nucleo metafisico del ‘’nazismo magico’’ – Rosenberg, Evola, Renè Guenon – solo con questa base metodologica possiamo comprendere le ragioni del ripudio della democrazia tipico del pensiero conservatore russo (ma anche statunitense) ed anti-socialista: “Abbiamo avuto una dittatura liberale, quindi la prossima dittatura sarà illiberale. Abbiamo avuto una dittatura sovietica, ma ora è passata. Quale sarà la prossima? Indovinate la terza“. Domanda: chi è e da dove viene Dugin ?
Il giovane eurasiatista aderisce al circolo Juzhinskij dove propagandò l’occultismo ed il pensiero di Julius Evola, l’aristocratico amico di Himmler che, negli anni ’60, divenne un megafono di Washington e Tel Aviv in sostegno degli imperialismi statunitense ed israeliano contro i popoli resistenti vietnamita e palestinese. Evola resta, dall’inizio alla fine, il padrino del ‘’Dugin pensiero’’. Il giornalista indiano, Hari Har Dash, ci ha spiegato che: ‘’Quando Dugin aderì al circolo nel 1980, si legò a tale ‘fazione’. Nel circolo, Golovin propagò progressivamente occultismo, esoterismo, opere di René Guénon e di altri autori e, in seguito, la rivoluzione conservatrice e i classici fascisti ‘tradizionalisti integrali’. La ‘fazione’ di Golovin fu caratterizzata da una ‘filosofia che negava la realtà circostante come qualcosa di malvagia, ostile, erronea ed artificiale’. Per via dell’affiliazione di Dugin al circolo ‘Juzhinskij’ per la prima volta partecipò a un ‘movimento’ che percepiva la transitorietà del presente, possiamo supporre che in tale ‘movimento’ Dugin fu incoraggiato nella sua via alla sintesi confusa (mazeway resynthesis), che avrebbe imposto a seguaci e compagni di viaggio negli anni successivi’’ 1.
La giravolta più pericolosa di Dugin è il passaggio da un iniziale antisemitismo alla simpatia dichiarata per Israele e l’esaltazione del fondamentalismo ebraico – Talmud di Babilonia – prescindendo, in modo omertoso, dai numerosi crimini sionisti, crimini interni ad un progetto colonialista e razzista che minaccia la Russia stessa. Dugin segue la svolta filosionista di Evola, i suoi scritti testimoniano un’ attrazione per le correnti più radicali dello sciovinismo ebraico: ‘’Anche il grande scrittore Arthur Koestler indicò il tema della fondamentale dualità dell’ebraismo, offrendo una tesi discutibile dal punto etnologico ma alquanto espressiva dal punto di vista tipologico, riguardo la derivazione razziale «turca» degli ebrei est-europei «askenaziti», eredi dei giudaizzati zohariti – da cui anche il noto dualismo fra askenaziti e sefarditi (semiti puri). Nel caso dei karaiti, altra direzione anti-talmudica presa dall’ebraismo, la loro derivazione dai khazari è considerata come inequivocabilmente dimostrata (si veda L.Gumilev). E’ curioso come Douglas Reed abbia aderito alle teorie su una derivazione turca degli «ashkenazi» (in ebraico la parola significa «del nord»), considerando questo tipo di ebrei come una ramificazione della «razza turco-mongola»!’’ 2. E continua: ‘’E’ importante sottolineare un differente aspetto. L’orientalismo ebraico non è un fenomeno tipicamente moderno, né esclusivamente sovietico. E’ radicato nelle profondità della storia nazionale’’.
Ma a quale componente giudaica fa riferimento Dugin chiamando in causa l’ideologia degli azhkenaziti come necessaria per la ricomposizione dell’ identità spirituale russa ? Si tratta del sionismo religioso di Meir Kahane fondatore della neonazista Lega di difesa ebraica che, secondo il giornalista liberale Gideon Levy, ‘’costituisce la nuova elite israeliana non più interessata a compromessi’’. Per Levy, Israele è diventato uno Stato del male a causa dell’ultranazionalismo religioso che si nasconde sotto il logoro nome di ‘’sionismo religioso’’.
Dugin considera il sionismo ed il nazismo due correnti politiche, con basi mistico esoteriche, necessarie alla resistenza all’americanismo e al sovietismo. Per questa ragione, la sua produzione ideologica degli anni ’80 e ’90, è caratterizzata dalla fusione tra gli aspetti etnicisti del totalitarismo nazifascista ed il nucleo metafisico ‘’talmudista’’ dell’imperialismo israeliano. Il fanatismo religioso azhkenazi, condannato tanto dai rabbini Neturei Karta che dagli ebrei progressisti come Israel Shahak e Gideon Levy, per il ‘‘neofascista’’ Dugin è qualcosa da elogiare sulla base di inspiegabili pregiudizi religiosi: ‘’Ma può trattarsi di un fenomeno temporaneo. L’identificazione nazionale di una certa parte dell’ebraismo è inconcepibile senza spirito di sacrificio, grande compassione, agonia e ricerca idealistica del vero, senza profonda contemplazione mistica, senza disgustato disprezzo per le oscure leggi schiavistiche «di questo mondo» – le leggi del mercato e del beneficio egoistico’’.
La debolezza ‘’duginiana’’ verso il talmudismo ben presto diventa accettazione del sionismo e della presenza di uno Stato imperialista ‘’per soli ebrei’’ 3. Julius Evola, il suo ‘’maestro spirituale’’, si spinse ad esaltare i militari israeliani presentando i loro crimini contro i palestinesi come manifestazione di ‘’straordinarie virtù militari’’. Per Evola, mai stanco d’elogiare la dittatura hitleriana, ‘’il problema della razza ‘interiore’ è molto più importante’’ e in Israele ha trovato la sua soluzione definitiva: uno Stato etnicamente omogeno. Dugin, il teorico del ‘’neo-eurasiatismo’’, su questi aspetti rappresenta l’approdo definitivo dell’’’evolismo’’: l’etnicismo nazifascista si fonde con la teocrazia israeliana delineando una ripartizione imperiale del mondo fra ‘’elite guerriere’’.
Il mondo della destra radicale e neofascista è, come Dugin, strettamente legato all’occultismo ed al simbolismo mistico, quindi: ‘’La freccia a otto punte di Dugin, simbolo ufficiale della sua organizzazione, fece la prima apparizione sulla copertina di Geopolitikij Osnovij, posta al centro dei contorni dell’Eurasia. Tale simbolo è una versione modificata della ‘Stella del Chaos’ e farebbe riferimento al ‘Chaos Magico’, una dottrina occulta basata sui testi di Crowley, Austin Osman Spare e Peter Carroll. Sembra opportuno considerare il ‘Chaos Magico’ stesso un prodotto della via alla sintesi confusa’’ ( cit. Hari Har Dash ). Questa ambiguità gli ha permesso, in un primo momento, di tenere insieme i settori più bigotti della Chiesa Ortodossa coi movimenti neonazisti; la seconda parte del progetto politico ‘’duginiano’’ riguarda l’infiltrazione nei movimenti di sinistra e progressisti con l’obiettivo di sviarli.
Il giornalista Wahid Azal scrive che: ‘’This is especially in evidence in the recent talking points adopted by a number of otherwise progressive and left-leaning pundits who regularly appear on RT (Russia Today) and elsewhere in the alternative media where their usually consistent antiwar stance with regard to Syria specifically (and western imperialism generally) has, in paradoxical fashion, given way instead to a melange of reactionary narratives over the European refugee crisis. In short, we have a situation where certain progressives (and even some Muslims) have adopted the contemporary white supremacist kulturkampf rhetoric of fascists and fellow travellers that largely victimizes Mid East/North African immigrants and asylum seekers in Europe, and where rightwing hysteria over a perceived threat to ‘European culture’ and ‘its way of life’ is uncritically repeated, to varying degrees, parrot fashion’’ 4.
Questo calameontico personaggio ha cercato di dividere Russia Today spostando l’attenzione dalla lotta all’imperialismo statunitense e alla lobby sionista, su tematiche reazionarie come l’ingiusta criminalizzazione dei migranti. Dugin ha rapporti tanto con le organizzazioni di sinistra, come Syriza, quanto coi neonazisti di Alba Dorata usando, in tutte le circostanze, un linguaggio eclettico del tutto inadatto a comprendere i reali problemi sociali. Domanda: si tratta di un frutto indigesto dell’eclettismo politico oppure siamo davanti ad una vera e propria operazione d’infiltrazione politica ed ideologica ?
Dugin riconosce Israele e, mantenendo ottimi rapporti con l’ultrarazzista Lieberman, spera di spostare il regime sionista su posizioni filorusse. I ‘’russo-israeliani’’, per la maggior parte esponenti della borghesia sionista a suo tempo espropriati dal PCUS, dovrebbero essere i referenti politici di un nuovo riposizionamento geostrategico di Tel Aviv. Le sorprese non finiscono qui: l’esoterismo islamista dei Fratelli Musulmani turchi, per questo controverso pensatore, è un interlocutore rispettabile nella realizzazione dell’Eurasia. Domanda: per questo motivo, nonostante la rottura delle relazioni fra Russia e Turchia, i ‘’dughiniani’’ continuano a fare proselitismo nelle sedi dei Fratelli Musulmani di Ankara? Dove va Dugin? Di certo il suo orizzonte politico non può essere quello di Putin.
Dugin ha influenzato molte organizzazioni ‘’antimperialiste’’ ignare del suo passato neonazista e delle sue attuali ambiguità. Domanda: si possono sostenere gli Hezbollah e i coloni sionisti nello stesso tempo? Dugin ed il ‘’duginismo’’ rappresentano, nel migliore delle ipotesi, un grandissimo equivoco della teoria politica: russa ed internazionale.