INVECE DI GUARDARE IL DITO ANZICHE' LA LUNA COME FANNO I DISINFORMATI, ECCOVI IL VERO MOTIVO DEI DEVASTANTI INCENDI IN AUSTRALIA....E GRETA THUNBERG? C'ENTRA ANCHE LEI....
Il Senato dell’Australia ha votato l’abolizione della cosiddetta “carbon tax”, la tassa sulle emissioni inquinanti decisa e approvata dal precedente governo laburista guidato da Julia Gillard a partire dal 2012. Nel voto finale ci sono stati 39 sì – tra cui quello decisivo del Palmer United, partito del magnate australiano Clive Palmer – e 32 no: quelli del Partito Laburista (ALP) e dei Verdi.
L’abolizione della legge è stata fortemente sostenuta dal primo ministro conservatore Tony Abbott, che durante la sua campagna elettorale – è stato eletto nel settembre del 2013 – ne aveva parlato come di un «patto di sangue» che lo legava al suo elettorato: al momento della sua approvazione, nel 2012, Abbott aveva definito la misura una “toxic tax” (“tassa tossica”) che avrebbe colpito duramente l’economia australiana. Dopo essere stata respinta una prima volta dal Senato, l’abolizione è stata infine approvata come risultato di una complicata e lunga trattativa. La “carbon tax” era al centro del dibattito politico e di dure polemiche da almeno otto anni.
Votata nel luglio del 2012 dal governo australiano presieduto dalla laburista Julia Gillard, la tassa imponeva alle aziende del paese che inquinavano di più di pagare 23 dollari australiani (circa 18 euro) per ogni tonnellata prodotta di gas serra. L’Australia risultava essere il paese con il più alto tasso di emissioni inquinanti per persona e i laburisti sostennero che imporre un’imposta diretta ai soggetti che producevano inquinamento era l’unico modo per riuscire a rispettare gli impegni internazionali sulla riduzione dell’emissione dei gas serra. In realtà la tassa si rivelò il simbolo del fallimento di quel governo, che non venne riconfermato nelle successive elezioni.
Le 500 più grandi aziende del paese – tra cui quelle minerarie e per la fornitura di energia elettrica – furono costrette a comprare dei “permessi” per le emissioni di CO2 trasferendone il costo sui consumatori, e rendendo di conseguenza la tassa stessa molto impopolare. Il costo dell’elettricità era nel frattempo aumentato del 10 per cento e quello del gas del 9 per cento. Il governo laburista aveva cercato di compensare gli aumenti ridistribuendo alle famiglie più povere la metà delle entrate fiscali derivate dalla tassa, e investendone l’altra metà per lo sviluppo di programmi per la lotta contro il riscaldamento globale. Aveva inoltre promesso di anticipare di un anno (dal 2015 al 2014) il passaggio dalla “carbon tax” a uno schema di “emission trading” con lo scopo di allentare la pressione dei costi dell’energia sulle famiglie (il prezzo per unità di emissione non sarebbe insomma stato fissato per legge, ma legato all’andamento del mercato dell’energia).
Il conservatore Tony Abbott aveva costruito la propria campagna elettorale soprattutto contro la “carbon tax” dei laburisti, parlandone come di un furto ai danni degli australiani e come di un ostacolo per la crescita dell’economia del paese, rallentata dalla crisi generale degli ultimi anni. Tony Abbott aveva anche promesso che entro il primo anno dalla sua elezione la tassa sarebbe stata abolita e che le famiglie avrebbero potuto averne considerevoli risparmi (in media 550 dollari all’anno). Dopo l’elezione di Abbott e il voto del Senato sull’abolizione, il primo ministro ha definito il suo governo «ambientalista» precisando di avere pronto un nuovo piano per intervenire sulle emissioni (il cosiddetto “Direct Action Plan” che consiste nel pagare le aziende che riducono le emissioni e che secondo le previsioni del governo porterà a una riduzione del 5 per cento di CO2 entro il 2020).
I critici di Abbott sostengono che in realtà l’Australia è rimasta priva di una concreta politica sul clima – tra l’altro, dopo il suo insediamento, Abbott aveva abolito il ruolo di ministro del Cambiamento climatico incorporandolo nel Ministero dell’Ambiente – e che l’alleanza in occasione del voto sull’abolizione della “carbon tax” con Clive Palmer costerà molto cara al primo ministro: Palmer ha infatti già annunciato che voterà contro il “Direct Action Plan” e che chiederà al governo di prendere in considerazione le sue proposte sull’ambiente. L’attuale leader dei laburisti, Bill Shorten, ha detto che Tony Abbott «ha ridicolizzato gli australiani» e «ha spinto l’Australia indietro, mentre il resto del mondo sta andando avanti».
LA CARBON TAX VOLUTA DA GOLDMAN & ROTHSCHILD
Mettiamoci nei panni dei grandi speculatori. Tutte le loro «bolle», da cui hanno estratto miliardi, sono scoppiate. E’ finito il tempo in cui riuscivano a spacciare le più incredibili forme di debito come fossero moneta, cioè quasi senza rischio e infinitamente liquidi. I Fondi-Pensione americani, gli hedge funds e le banche più stupide sono strapiene di quello pseudo-denaro, che è diventato illiquido (non possono sbolognarlo ad altri, perchè nessuno compra più titoli «garantiti» da mutui, nè obbligazioni con rating BBB, nè Credit Default Swaps, nè gli altri prodotti dell’ingegneria finanziaria emessi dalle banche d’affari), sicchè non sono disposte a comprarne altro. Anche volessero, non possono: non esiste più risparmio da prosciugare, migliaia di pensionati hanno perso tutto nel collasso della finanza, Goldman e i compari l’hanno prosciugato praticamente tutto. Nessuno sano di mente compra più spontaneamente prodotti della finanza creativa.
Ciò vuol dire che sono scomparsi o congelati i cosiddetti «mercati finanziari» da cui Goldman e pochi altri ricavavano i loro profitti. Mettetevi nei panni di Goldman Sachs. Cosa deve fare?
Deve creare un «mercato» di un nuovo tipo di titoli. Un mercato a cui gli attori - in questo caso le imprese e le famiglie - siano obbligate a partecipare, anche se non vogliono: obbligate per legge. Titoli che si debbano comprare obbligatoriamente.
Voi direte: è impossibile. Invece è possibile a Goldman Sachs, perchè controlla il governo USA e diversi altri governi e Banche Centrali. Infatti, di questo si è parlato al G-8: quando si parla di tagli alle emissioni di gas-serra, quando Obama e gli altri compari minacciano una legge che riduca il riscaldamento globale, di questo parlano: di creare un «mercato» speculativo nuovo per il capitalismo terminale.
Il meccanismo è quello cervellotico fissato dai protocolli di Kyoto, noto negli ambienti speculativi come «cap-and-trade». Centrali a carbone, raffinerie, moltissime industrie pesanti (pardon, «inquinanti») avranno un limite di gas-serra che possono produrre in un anno. Se superano il limite, niente paura: potranno acquistare «diritti di inquinare» o crediti di emissioni da altre imprese che riescono a produrre meno emissioni.
Ecco qui creato il «mercato» ideale per Goldman Sachs. Un «mercato» a cui sarà obbligatorio per legge partecipare. E un mercato che vedrà un continuo rialzo, e non avrà mai ribassi, perchè - se passa il tipo di legislazione ventilata dalla Casa Bianca - ogni anno, per legge, il limite in cui le imprese possono inquinare sarà abbassato. Sicchè qui nuovissimi assurdi «titoli», quei diritti d’inquinare, saranno sempre più scarsi, e dunque sempre più cari. Lo stesso presidente Obama ha ipotizzato che in questo «mercato» saranno scambiati all’asta 645 miliardi di «crediti di carbonio» nei primi sette anni; alcuni dei suoi consulenti economici hanno ventilato che possa essere anche tre volte più grosso.
Cosa pensa Goldman Sachs di questo mercato che ancora non c’è ma che ci sarà, appena il Congresso passerà la legislazione apposita?
Basti dire che Goldman Sachs ha comprato il 10% del Chicago Climate Exchange, la «Borsa» dove i crediti d’inquinamento (veri e propri titoli d’aria fritta) saranno scambiati. Che è azionista di minoranza nella Blue Source LLC, una ditta ignota, con sede nello Utah, la cui ragione d’esistenza è la vendita di «crediti d’inquinamento» che presto per molte aziende diverrà obbligatorio acquistare. Che è nato come d’incanto, con 500 milioni di dollari di capitale, un Green Growt Fund, un fondo d’investimento che vuole investire in aziende «verdi» e «amiche dell’ambiente», gestito da un ex dirigente della Goldman Sachs chiamato Ben Kortlang. Che la nuova ditta dell’ecologista Al Gore, chiamata Generation Investment Management - che investirà in crediti di gas-serra - è guidata da David Blood, Max Ferguson e Peter Harris, tre pezzi grossi di Goldman Sachs. In più, Goldman ha fatto un bel po’ di investimenti in aziende che si occupano di energie rinnovabili.
Non sarà un rischio eccessivo, visto che la legge che creerà il «mercato» non c’è ancora?
Evidentemente no, quando si hanno amici fidati al governo, e si sa in anticipo quel che il governo farà. Hank Paulson, che poi nel 2006 Bush avrebbe nominato segretario al Tesoro nonchè membro del consiglio dei governatori del Fondo Monetario Internazionale, era presidente esecutivo di Goldman Sachs quando - nel 2005 - elaborò le «direttive ambientali» della banca: un documento estremamente interessante a suo modo.
Qui Goldman Sachs, che di solito è ostilissima ad ogni forma di regolamentazione pubblica (soprattutto per la finanza, che deve restare libera e selvaggia), già sosteneva che il riscaldamento globale andava regolamentato, ossia che il potere pubblico doveva obbligare le imprese ad emettere meno gas, con un sistema punitivo per i trasgressori, perchè - diceva Paulson - «l’azione volontaria non basta a risolvere il problema del cambiamento climatico».
Goldman, sempre affannata per il bene dell’umanità, ha creato un apposito ufficio contro il riscaldamento globale, alla cui testa ha messo Ken Newcombe, un personaggio che già quando era ai vertici della Banca Mondiale, si occupava di come estrarre quattrini dalla «lotta» all’effetto-serra: aveva fondato un Global Environment Facility e otto fondi d’investimento sotto l’egida della Banca Mondiale (ma in realtà privati) per la compravendita dei titoli d’aria viziata prossimi venturi. Una volta elevato alla poltrona di Goldman Sachs, Newcombe ha sancito che lo smercio dei titoli di carbonio non basterà a ridurre l’inquinamento globale, e occorrono grandi investimenti pubblici e lucrosi sussidii da dare alle imprese private che ricercano e sviluppano energie sostenibili. Nel frattempo, Goldman ha dato l’esempio, comprando quote di Horizon Wind Energy (mulini a vento hi-tech), nella BP Solar (pannelli fotovoltaici), e in una ditta chiamata Changing World Technologies, che si occupa di ricavare gasolio pseudo-ecologico dalle granaglie e dagli oleaginosi. Tutte aziende in perdita, fino a quando non arriveranno i sussidi statali auspicati da Newcombe. Ma come disse Paulson quando aveva il cappello di presidente di Goldman Sachs, «noi non facciamo questi investimenti con l’intenzione di perderci denaro».
Certo che no. Per fare lobby presso i senatori e deputati del Congresso a favore della lotta all’effetto-serra, Goldman ha profuso 3,5 milioni di dollari nel solo 2008. Nel frattempo, ha piazzato un suo (ex?) dipendente, di nome Gary Gensler, alla presidenza della Commodity Futures Trading Commissione (CFTC), ossia l’organo di sorveglianza che dovrebbe sorvegliare il futuro mercato dei titoli-inquinamento. Come sorvegli il CFTC, si è visto nella recente fiammata speculativa sul petrolio, passato di colpo l’anno scorso a 143 dollari il barile per poi cadere a 70.
Quando era un organo non controllato da Goldman Sachs, questo CFTC, per legge, poneva limiti severi alla speculazione sui mercati delle materie prime: essenzialmente, richiedeva che a comprare e vendere futures sul greggio o sui grani fossero i produttori fisici e gli utilizzatori reali di questi beni di base, lasciando solo uno spazio marginale agli speculatori finanziari, che non erano in grado nè volevano farsi consegnare la merce reale. Recentemente si è scoperto che il CFTC ha concesso un’esenzione da questi limiti a una sola banca. Quale? Avete indovinato: a Goldman Sachs. E questa esenzione è stata mantenuta segreta per 17 anni.
Questo perchè Goldman aveva bisogno di convincere i Fondi Pensione e gli altri investitori istituzionali, ormai truffati dall’acquisto degli altri titoli tossici (mutui subprime) e quindi ragionevolmente restii a comprarne altri, che era il momento di investire sulle materie prime, beni fisici, reali. Affare garantito da Goldman Sachs.
Non a caso, fra il 2003 e il 2008, il denaro speculativo investito nelle materie prime è passato dai 13 miliardi ai 317 miliardi di dollari, un aumento del 2.300%. Nel 2008, una petroliera carica di greggio veniva comprata e venduta 27 volte in media, prima che il suo contenuto fosse realmente consegnato e consumato. E nel 2008 era Goldman che, mentre faceva salire il barile di petrolio a 143 dollari, «prevedeva» che sarebbe salito a 200: e i Fondi-Pensione si buttavano a comprare.
Ora che il greggio è sui 70 e le ultime briciole di pensioni sono state depredate con questo trucco, Goldman si assicura il dominio sul «mercato» obbligatorio dei titoli sul carbonio mettendo un suo uomo a capo del cosiddetto ente di controllo dei crediti d’inquinamento. Sarà un grasso business, da un trilione di dollari l’anno almeno.
L’Europa è già preparata a farsi pelare da questo ultimo trucco, addirittura con entusiasmo, come dimostra il recente «spontaneo» successo nelle elezioni europee del partito verde dell’ebreo-franco-tedesco Daniel Cohn-Bendit.
Gli ecologisti in buona fede farebbero meglio a domandarsi per quale motivo, per ridurre le emissioni, si debba proprio aprire un mercato dei diritti ad inquinare, secondo i protocolli di Kyoto.
Non sarebbe più logico imporre una tassa pubblica sull’inquinamento industriale, che spingerebbe le industrie più inquinanti a ridurre le emissioni per diminuire i loro costi, e intanto pagare per i danni all’ambiente che producono? Sarebbe più logico, più semplice, e a vantaggio dello Stato, percettore della tassa.
Invece no. Come spiega Matt Taibbi in una straordinaria inchiesta sulle malefatte di Goldman Sachs apparsa su «Rolling Stones», quel «mercato» è pensato apposta per imporre sì una tassa sugli inquinatori, ma una tassa che viene raccolta da privati speculatori. Wall Street sta riuscendo a trasformare un altro mercato delle commodities in una tassa a favore di Wall Street come solo beneficiario.
Ormai, la speculazione, risucchiato tutto il denaro dei risparmiatori privati, si attacca alla mammella dei fondi pubblici. Goldman non si contenta più di fare lo speculatore, vuol diventare esattore fiscale.
Il bellissimo progetto ha incontrato un grosso intoppo al G-8: Cina e India, grandi inquinatori, non accettano di entrare nel gioco della riduzione dei gas-serra. L’Europa già sta praticando i protocolli di Kyoto, gli USA di Obama seguiranno. Ma se nel «mercato» non entrano proprio tutti, il business è in pericolo.
E’ per questo che Simon Linnett, vice-presidente esecutivo dei Rotschild, ha invocato la creazione di una entità sovrannazionale, che lui chiama World Environment Agency, per regolamentare la tassa sulle emissioni e la compravendita dei relativi diritti.
L’inquinamento da gas-serra, dice il dipendente dei Rotschild, «è un problema internazionale che richiede una soluzione internazionale. Se i governi non cedono una parte della loro sovranità a un nuovo ente sovrannazionale, il progetto di scambi commerciali del CO2 non potrà essere applicato e regolamentato a livello globale».
Quante volte abbiamo ascoltato gli stessi argomenti da Bruxelles? Linnett continua:
«Sono convinto che sia essenziale che gli Stati e il settore privato lavorino insieme per risolvere il problema. Come banchiere, dico che solo (...) il settore privato può sviluppare con successo questa soluzione, ma solo i governi possono fornire la cornice legislativa per la sua applicazione a livello internazionale. Come banchiere, vedo con piacere che il sistema del «cap-and-trade» (la compravendita dei diritti d’inquinamento, ndr) si sta affermando come la metodologia dominante per controllare il COO2. Diversamente dalla tassazione o dalla semplice regolamentazione, il cap-and-trade offre il più ampio spazio per il settore privato, portatore di innovazione».
Si può essere più chiari di così?
Linnett prosegue: «Tasse e regolamentazioni possono essere impose solo a livello nazionale, mentre il cap-and-trade può funzionare a livello globale; e ricordate, il problema è globale».
«Come convincere il settore privato a partecipare con entusiasmo al mercato mondiale del gas di carbonio?», si domanda il signor Rotschild. E si risponde: «I governi devono tutti insieme stabilire una robusta cornice legislativa entro cui il commercio (dei titoli d’aria fritta) possa aver luogo. Questa cornice deve essere lunga, forte e legale».
E poi passa a spiegare:
«Lunga, ossia deve essere imposta per un lungo periodo di tempo».
«Forte: deve essere il meccanismo dominante per imporre cambiamenti nel comportamento, e noi lo renderemo chiaro ai popoli del mondo intero».
«Legale: deve essere imposto per legge». Magari vi domanderete come Linnett dei Rothschild intenda «rendere chiara ai popoli del mondo» la serietà del progetto. Egli risponde:
«Quando un individuo riceve la bolletta dell’elettricità, deve capire il costo che sull’ambiente esercita ogni volta che accende la luce o apre il rubinetto del gas. Acquisterà una nuova consapevolezza del peso che impone al resto del mondo».
Insomma: la bolletta aumenterà, anche perchè l’individuo cominci a sviluppare un senso di colpa, a sentirsi un inquinatore, un nemico dell’umanità. Uno che merita la punizione inflitta da Goldman e Rotschild.
«Allo stesso modo», prosegue Linnett, «se lo schema sarà esteso geograficamente ad includere India, Cina e USA, questi crediti (i titoli di inquinamento) potranno diventare la valuta di riserva mondiale, assumendo il ruolo che fu dell’oro».
Sì, avete capito bene: questi signori vogliono vendervi dei titoli, che rappresentano una certa quantità di biossido di carbonio, come oro. Rothschild sogna il tempo in cui non ci sarà più il dollaro come moneta di scambio mondiale, ma solo i titoli di aria fritta emessi da Goldman e Rothschild. E che dovrete comprare, vi piaccia o no, perchè avranno - a modo loro - corso legale. E di fatto li comprerete con la bolletta rincarata.
«In questo modo», conclude liricamente Linnett, «il trading delle emissioni può creare un nuovo ordine mondiale per un pianeta sostenibile... Allocare questa ‘risorsa’ nel modo più pieno e adeguato richiede spirito d’intrapresa e immaginazione globali». Che non mancano certo a Goldman & Rothschild.
L’Unione Europea viene indicata come il modello del futuro governo globale: «Le nazioni europee già lo fanno, consegnando la loro sovranità alla UE. Col tempo la stessa UE dovrà consegnare il suo potere ad una istituzione più larga, che comprenderà le potenze industriali, India e Cina».
E’ già tutto deciso. La finanza ha bisogno di un nuovo «mercato», per continuare a prelevare profitti dalla gente che lavora: la nuova tassa sul lavoro, sugli allevamenti e sul respiro, raccolta da Goldman & Rothschild.
L'improvvisa "passione ambientalista" di David De Rothschild. Qualcuno parla di lui come un lupo vestito da pecora e come l'anticristo delle Scritture
In questo video dichiara di amare Satana buttandola sullo scherzo sforzandosi di voler apparire simpatico e ironico. Le Scritture dicono che l'anticristo sarà un convinto ambientalista e sarà ebreo. I Rothschild sono ebrei sionisti. Il suo nome David richiama la discendenza messianica dalla quale il VERO Cristo discende. Poi, basta guardare il suo aspetto per capire chi vuole inutilmente imitare. Qualcuno aveva già azzardato un'ipotesi sulla sua identità....
REVELADA LA IDENTIDAD DEL ANTICRISTO' DAVID MAYER DE ROTHSCHILD PARTE I
PARTE II
A proposito di Greta Thunberg....
"Tra le varie accuse che hanno travolto la piccola Greta, quella che ha avuto più seguito riguarda i suoi presunti rapporti con la massoneria e con i poteri forti. In particolare l’attivista secondo alcuni sarebbe protetta, ma anche spinta e finanziata, dai Rockfeller e dai Rothschild, due delle più potenti famiglie nel mondo dell’economia e della finanza. Le prove a sostegno di questa teoria? Per ora solo due. La presenza di Greta al World Economic Forum, considerato un emblema del potere dei Rothschild, e la sua partecipazione al Climate justice now, che ha tra i promotori l’organizzazione Friends of the Earth, fondata, tra gli altri, da David Brower, amico dei Rockfeller.
Non solo teorie per descrivere la sua ascesa repentina a ruolo di difensore dei diritti dell’ambiente, ma anche complotti per screditare la sua azione. Moltissime le ipotesi che circolano online. La più famosa quella che ritrae Greta durante un viaggio in treno circondata da confezioni di plastica. Un’immagine autentica subito sfruttata da chi disapprova l’opera della ragazza."