mercoledì 31 luglio 2019

PREGHIERE E LITURGIA DEL GIORNO


PREGHIERE DEL GIORNO
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Mercoledì 31 Luglio 2019




DEVOZIONI DEL GIORNO



 Mese di Luglio dedicato al PREZIOSISSIMO SANGUE

  SANTO ROSARIO  da recitare on-line 


  VANGELI 





LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -




 PRIMA LETTURA 

Es 34,29-35
Dal libro dell’Èsodo

Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore.
Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.
Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato.
Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore.


  SALMO  

Sal 98
Tu sei santo, Signore, nostro Dio.

Esaltate il Signore, nostro Dio,
prostratevi allo sgabello dei suoi piedi.
Egli è santo!

Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti,
Samuèle tra quanti invocavano il suo nome:
invocavano il Signore ed egli rispondeva.

Parlava loro da una colonna di nubi:
custodivano i suoi insegnamenti
e il precetto che aveva loro dato.

Signore, nostro Dio, tu li esaudivi,
eri per loro un Dio che perdona,
pur castigando i loro peccati.

Esaltate il Signore, nostro Dio,
prostratevi davanti alla sua santa montagna,
perché santo è il Signore, nostro Dio!


 VANGELO 

Mt 13,44-46
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

venerdì 26 luglio 2019

La forza invincibile del Preziosissimo Sangue


(Cooperatores Veritatis – 25 luglio 2019) Siamo negli ultimi giorni di luglio, mese dedicato al Preziosissimo Sangue del Signore. Per questo pubblichiamo un ottimo articolo sull’argomento scritto dal prof. Roberto de Mattei — ringraziandolo per la gentile concessione — e che il giornale americano The Remnant Newspaper ha già divulgato in inglese lo scorso 14 luglio.


La forza invincibile del Preziosissimo Sangue

Una molteplicità di chiese hanno ospitato la Messa tradizionale a Roma nei cinquant’anni che vanno dalla promulgazione del Novus Ordo Missae di Paolo VI (3 aprile 1969) ad oggi, ma quella che più si è distinta per la continuità con cui il Rito Romano antico vi è stato da allora celebrato è la chiesa di San Giuseppe a Capo le Case, in via Francesco Crispi, in prossimità della più celebre via Sistina. Questa chiesa custodisce una preziosa reliquia del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo. Il Sangue di Cristo, a cui si deve la nostra redenzione, dà alla vita di ogni cristiano un carattere sacrificale, come partecipazione all’immolazione che Cristo fece di Sé sul Calvario. Esso è intimamente legato al santo sacrificio della Messa, che è il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce. E non è privo di significato il fatto che la chiesa di san Giuseppe a Capo così intimamente legata alla reliquia del Sangue di Cristo, abbia il privilegio di essere la più antica chiesa di Roma, dove si celebra con regolarità la Santa Messa secondo il Rito romano antico.

Gianluca Orsola, in un recente libro dedicato a San Longino nella tradizione greca e latina di età tardo antica (Graphe.it Edizioni, Ponte Felcini (PG) 2008, ristampa 2017), basandosi sulle testimonianze degli Acta Pilati, del Martyrologium Hieronimianum, e di numerose altre fonti greche e latine, ricostruisce la figura di san Longino, il centurione romano che sul Calvario trafisse con la Sacra Lancia il costato di Gesù per constatare se fosse morto. Dopo aver riconosciuto e confessato per vero Dio l’uomo da lui crocifisso (Mc 15, 39), Longino raccolse il “sangue e l’acqua” (Gv 19, 34) che sgorgava dal divino costato e cadeva ai piedi della croce, riponendolo in un vaso, che portò in Italia, assieme alla spugna usata per dare da bere l’aceto a Gesù. Si fermò nella città cesarea di Mantova, sotterrando le reliquie in una piccola cassetta di piombo, con sopra la scritta “Jesu Christi Sanguis”. Nella stessa città, il 15 marzo del 37 d.C., san Longino subì il martirio per decapitazione in un sobborgo chiamato Cappadocia. Dopo quasi otto secoli, nell’anno 804, apparve a un fedele l’apostolo sant’Andrea, indicandogli il luogo dove si trovavano le ossa del martire e la cassetta da lui seppellita. La notizia giunse alla corte di Carlo Magno, che pregò il papa Leone III di accertare la veridicità della scoperta. Il Pontefice si recò a Mantova e approvò l’apparizione di sant’Andrea e l’autenticità delle reliquie, portandone a Carlo Magno un frammento, che poi fu conservato nella Sainte Chapelle di Parigi. Il Papa elevò quindi Mantova a diocesi, nominandone il primo vescovo, Gregorio da Roma. Nell’XI secolo fu costruita in onore di sant’Andrea una grande basilica, ristrutturata a partire dal 1472 su progetto di Leon Battista Alberti. La canonizzazione del centurione avvenne il 2 dicembre 1340 sotto il pontificato di Innocenzo III e la sua memoria si celebra il 15 marzo. Una statua scolpita da Gian Lorenzo Bernini lo raffigura alla base di uno dei quattro piloni che sorreggono la cupola della basilica di San Pietro. All’interno della basilica di Sant’Andrea, una cappella ospita le spoglie di san Longino, mentre nella cripta della basilica si conserva la fiala del Preziosissimo sangue. A Mantova ogni anno, nel pomeriggio di Venerdì Santo, si svolge la cerimonia per l’apertura dei forzieri che custodiscono le sacre reliquie, poi esposte alla venerazione dei fedeli ai piedi del Cristo crocifisso nell’abside della Cattedrale.

Ma ai piedi della Croce non fu solo Longino a raccogliere il sangue di Cristo. Secondo un’antica tradizione riconosciuta dalla Chiesa, un altro soldato romano, appartenente alla famiglia dei Savelli, ebbe, come altri, la veste spruzzata da alcune stille del Preziosissimo Sangue di Gesù e si convertì. Il milite staccò dall’abito la parte rossa di Sangue e tornato Roma la conservò nel suo palazzo di Monte Savello, chiusa in un reliquiario di ebano e cristallo, dove restò gelosamente custodita per molti secoli. I Savelli, una delle prime famiglie baronali romane, diedero alla Chiesa due papi, Onorio I e Onorio IV, e furono marescialli del Conclave. Il principe Giulio Savelli (1626-1712), ultimo della sua casa, donò la reliquia alla Chiesa di San Nicola in Carcere, adiacente al suo palazzo, sul Teatro di Marcello. La reliquia fu chiusa in una cassetta d’argento e deposta in venerazione all’altare del Santissimo Crocifisso, lo stesso che aveva un giorno parlato a santa Brigida. In occasione del primo centenario del dono, l’8 dicembre 1808, il canonico Francesco Albertini, rettore della Chiesa, fondò, con un gruppo di devoti della reliquia una Pia Associazione in onore del Preziosissimo Sangue e ne assegnò la predicazione al neo sacerdote Gaspare del Bufalo (1786- 1837), da lui diretto spiritualmente. Il canonico Albertini, è considerato il “padre segreto” di tutto il movimento devozionale ottocentesco verso il Sangue di Cristo, colui che spinse san Gaspare del Bufalo alla fondazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, a cui si ispirò anche santa Maria De Mattias (1805-1866), fondatrice delle Adoratrici del Sangue di Cristo.

Erano però giorni di tempesta per la Chiesa. Il 2 febbraio 1808, l’esercito francese, su ordine di Napoleone, occupò la città di Roma. Le intimidazioni e le violenze morali ai danni del Papato si moltiplicarono, finché il 10 giugno del 1809 fu calato lo stemma pontificio da Castel Sant’Angelo e innalzata la bandiera francese. Pio VII firmò la bolla di scomunica contro Napoleone e nella notte del 6 luglio fu fatto prigioniero e deportato. Alla richiesta di giurare fedeltà a Napoleone, don Gaspare del Bufalo risposta con fermezza: “Non posso, non debbo, non voglio”, una frase che sarà utilizzata anche da Pio IX durante la “questione romana”. Il giovane sacerdote subì quattro anni di esilio e di deportazione, fino alla caduta di Napoleone. Il 15 agosto 1815 Gaspare del Bufalo fondò la congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue ai quali Pio VII, e poi Leone XII, affidarono la missione di predicare contro le società segrete, che svolgevano un’attiva propaganda nel popolo e di evangelizzare i briganti che infestavano lo Stato Pontificio per riportarli alla fede. Il sacerdote romano morì il 28 dicembre 1837, in una stanza del palazzo sopra il Teatro di Marcello, passato dalla famiglia dei Savelli a quella degli Orsini. San Vincenzo Pallotti vide la sua anima salire al cielo in forma di stella luminosa e Gesù venirle incontro. Canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954, san Gaspare del Bufalo fu definito da Giovanni XIII nel 1960 “gloria tutta splendente del clero romano” e “il vero e più grande apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue di Gesù nel mondo”. Il suo corpo riposa a Roma, nella chiesa di Santa Maria in Trivio.

Quando, nel 1849, Pio IX fu costretto a lasciare Roma occupata dai rivoluzionari per rifugiarsi a Gaeta, ebbe un incontro con il venerabile don Giovanni Merlini, successore di san Gaspare del Bufalo e stimatissimo dal Pontefice per la sua santità e saggezza. Al Papa, che gli chiedeva quando sarebbero passati quei terribili momenti per la Chiesa, il santo missionario, rispose che se Pio IX avesse introdotto la Festa del Preziosissimo Sangue, sarebbe tornato a Roma liberata. Dopo averci riflettuto, il 30 giugno il Papa comunicò al Merlini che accettava il suo consiglio. La domenica del 1° luglio di quell’anno i rivoluzionari furono costretti a lasciare Roma e il Papa, con decreto del 10 agosto 1849, estese la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa, da celebrarsi con rito doppio di seconda classe nella prima domenica di luglio. Pio X la fissò definitivamente al 1° luglio e Pio XI, a ricordo del XIX centenario della redenzione, nell’aprile del 1934, la elevò a rito doppio di prima classe. Paolo VI, in seguito alla riforma liturgica post-conciliare abbinò la Festa del Preziosissimo Sangue a quella del Corpus Domini, ma la sua decisione provocò un vivo malcontento tra i devoti dell’una e dell’altra devozione. Ricevendo i Missionari del Preziosissimo sangue, il Papa comunicò loro che potevano ugualmente celebrare la Festa nel 1° luglio, con liturgia di solennità.

La Pia associazione del Preziosissimo Sangue fondata da mons. Albertini, eretta ad Arciconfraternita dal papa Pio VII nel 1815, nel 1936 si trasferì presso la chiesa di san Giuseppe a Capo le Case, tenuta dalle carmelitane, dove, dietro l’Altare, ancora si conserva l’antico reliquiario venerato da san Gaspare del Bufalo e dove continuano a venerarla i fedeli della Messa tradizionale che da cinquant’anni frequentano questa piccola chiesa.

Ma non si può concludere questa ricognizione della devozione al Preziosissimo Sangue, senza ricordare che prima di essere versato in maniera cruenta durante tutta la Sua Passione, il Sangue di Cristo fu offerto a Dio e distribuito sacramentalmente agli Apostoli il Giovedì Santo. Durante l’Ultima Cena, per la prima volta il pane e il vino furono trasformati da Gesù stesso nel Suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità e la coppa utilizzata da Nostro Signore per celebrare la prima Messa costituisce la più preziosa reliquia della Passione dopo la Santa Croce.

Janice Bennett nello studio St. Laurence And The Holy Grail: The Story Of The Holy Grail Of Valencia (Ignatius Press, San Francisco 2012) e l’abbé Bertrand Labouche, nel suo libro Le Saint Graal ou le vrai Calice de Jésus-Christ. Histoire, archéologie et th éologie du Calice de Valencia, Editions de Chiré, Chiré 2015), raccontano la storia di questa reliquia, così legata al Preziosissimo Sangue, oggi venerata nella cattedrale della città spagnola di Valencia. Una ricercatrice universitaria spagnola, Ana Mafé Garcia, nella tesi di dottorato in storia dell’arte presso l’università di Valencia, svolta nel 2010, basandosi su nuovi dati iconografici e archeologici, ha confermato le conclusioni di questi studi, dicendosi sicura, al 99,9% che il calice di Valencia è quello che Gesù Cristo usò nell’Ultima Cena.

Janice Bennett sostiene che il calice, una coppa di cornalina, sarebbe stato di proprietà della famiglia di san Marco Evangelista che lo avrebbe affidato a San Pietro. È probabile però, che esso sia stato custodito nel suo oratorio dalla Vergine Maria, fino alla sua Assunzione al Cielo e poi consegnato al principe degli apostoli. A Roma, san Pietro e i suoi successori usarono spesso questo santo calice per celebrare la Messa. L’ultimo papa che celebrò i santi Misteri con questo calice fu san Sisto, martirizzato il 6 agosto 258, sotto la persecuzione di Valeriano, con l’accusa di non aver consegnato ai pagani tutti i beni della Chiesa, tra cui il Sacro Calice. Chi custodiva questi beni era il diacono Lorenzo che, il 10 agosto fu anch’egli martirizzato, a causa del suo rifiuto di consegnare le reliquie che custodiva. Lorenzo, originario della città spagnola di Huesca, nella zona dei Pirenei, riuscì a inviarlo alla sua città. Un antico mosaico che ornava la navata centrale della basilica di San Lorenzo fuori le Mura, e che fu distrutto durante la seconda Guerra mondiale, rappresentava san Lorenzo che affidava il calice a un soldato romano in ginocchio. Questo soldato, che si chiamava Precelius ed era anch’egli spagnolo, portò il calice a Huesca dove rimase per oltre quattro secoli, fino all’invasione musulmana del 711. Quando si avvicinarono gli invasori, il vescovo di Huesca fuggì nella grotta di Yebra, nei monti Pirenei, dove però fu raggiunto dai musulmani e martirizzato. Il sacro calice venne portato in salvo a San Pietro di Siresa, il più antico monastero di Aragona, presso Roncisvalle, e dopo molte peripezie giunse nel monastero di San Juan de la Peña dove rimase fino al 1399 quando i religiosi lo donarono al re Martino I di Aragona. Nel 1437 trovò finalmente il suo rifugio definitivo nella cattedrale di Valencia, dove oggi è venerato in una sontuosa cappella, in cui hanno pregato e celebrato la Messa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Una delle prime concessioni della Santa Sede di un ufficio De Sanguine Christi è proprio quella data nel 1582 alla diocesi di Valencia. 


L’odissea del Sacro Calice non era terminata. Dopo essere sfuggita ai musulmani la sacra reliquia riuscì miracolosamente a sfuggire nel 1809 al vandalismo dell’esercito napoleonico e nel 1936 a quello anarco-comunista. Ma un’aggressione più sottile oggi l’aggredisce: le favole diffuse dagli ambienti esoterici attorno al Graal mirano ad offuscare l’autentico significato del Preziosissimo Sangue di Gesù. Ma il Sangue del Verbo Incarnato, effuso nella Passione di Cristo e nell’Eucarestia, è, come dicono le Litanie a lui dedicate, vittorioso sui demoni, fortezza dei martiri, virtù dei confessori, pegno di vita eterna, “omni gloria et honore dignissimum” e, potremmo aggiungere, arma potentissima e trionfante contro i nemici della Chiesa.

Cardinale Gerhard Müller: Sul Processo Sinodale in Germania e il Sinodo per l’Amazzonia

Cardinal Muller

Pubblichiamo la nostra traduzione approvata dal Cardinale Gerhard Müller di una sua dichiarazione che appare contemporaneamente in lingua inglese su LifeSiteNews, in lingua tedesca su Die Tagespost e in lingua spagnola su InfoVaticana.

“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente” (Rom. 12:2)

Sul Processo Sinodale in Germania e il Sinodo per l’Amazzonia

del Cardinale Gerhard Müller

1. La secolarizzazione della Chiesa è la causa della crisi e non il suo rimedio

Colui che crede che “Cristo abbia amato la Chiesa e abbia dato Sé stesso per lei, affinché potesse santificarla” (Ef 5, 25), non può non essere scosso dalle ultime notizie provenienti dalla Germania, e cioè che nel 2018 oltre 216.000 Cattolici hanno lasciato la loro casa spirituale abbandonando esplicitamente la Chiesa, voltando bruscamente le spalle alla madre nella Fede. Può darsi che i motivi delle singole persone membra del Corpo ecclesiale di Cristo in virtù del loro Battesimo siano svariati come diversi sono semplicemente gli esseri umani tra di loro. È chiaro, tuttavia, che la maggior parte di loro lascia la Chiesa con lo stesso spirito con cui si annulla l’appartenenza a un’organizzazione secolare; o quando ci si dissocia dal proprio partito politico di sempre, dal quale ci si è allontanati o da cui si è profondamente delusi. Non sono nemmeno consapevoli – o non è mai stato detto loro – che la Chiesa, sebbene composta da uomini imperfetti fino ai suoi massimi rappresentanti, è, nella sua essenza e nel suo mandato, un’istituzione divina. Perché Cristo ha fondato la sua Chiesa come Sacramento per la salvezza del mondo, come “segno e strumento sia di un’unione molto stretta con Dio sia dell’unità dell’intera razza umana” (Lumen Gentium 1)

L’autore della Lettera agli Ebrei è ben consapevole della difficoltà pastorale “di riportare di nuovo al ravvedimento coloro che una volta erano stati illuminati, che avevano gustato il dono celeste e che erano stati fatti partecipi dello Spirito Santo e avevano gustato la bontà della parola di Dio e le potenze del mondo a venire, e poi commettono apostasia, in quanto crocifiggono il Figlio di Dio per loro conto nuovamente e lo espongono a infamia” (Ebr 6: 4-6).

La ragione principale per lasciare la Chiesa senza la sensazione di peccare tanto gravemente contro l’amore di Cristo nostro Redentore e mettere così a rischio la propria salvezza eterna, è l’idea che la Chiesa sia un’associazione secolare. Non sanno nulla del fatto che la Chiesa pellegrina è necessaria per la salvezza e che è indispensabile per ciascuno che è venuto alla Fede Cattolica. “Non è salvato, tuttavia, colui che, sebbene parte del corpo della Chiesa, non persevera nella carità. In verità, rimane nel seno della Chiesa, ma, per così dire, solo in maniera “fisica” e non “nel suo cuore”. (Lumen Gentium 14)

Questa crisi di una massiccia uscita dalla Chiesa e del declino della vita della Chiesa (una scarsa partecipazione alla Messa, pochi battesimi e cresime, seminari sacerdotali vuoti, il declino dei monasteri) non può essere superata attraverso un’ulteriore secolarizzazione e auto-secolarizzazione della Chiesa. Non è perché il vescovo è così gentile e incoraggiante – vicino al popolo e mai timoroso di esprimere ovvietà – che il popolo ritornerà nella comunità salvifica di Cristo o parteciperà devotamente alla celebrazione della Divina Liturgia e dei Sacramenti; ma piuttosto perché ne riconoscono il vero valore come mezzo di Grazia. Se la Chiesa dovesse tentare di legittimarsi davanti a un mondo scristianizzato in modo secolare come lobby natural-religiosa del movimento ecologico, o tentare di presentarsi come un’agenzia di soccorso per i migranti che elargisce denaro, perderebbe ancora di più la sua identità di Sacramento universale di salvezza in Cristo, e non riceverà affatto quel tanto desiderato riconoscimento da parte dell’opinione corrente verde di sinistra.

La Chiesa allora può solo servire gli uomini nella loro ricerca di Dio e di una vita nella Fede proclamando a tutti gli uomini il Vangelo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e rendendoli discepoli di Gesù attraverso il Battesimo. Lei è il Corpo di Cristo, perciò Gesù Cristo è il suo Capo e rimane presente attraverso di Lei e in Lei, fino alla fine del mondo (vedere Matt. 28:19 seq.). Cristo ci parla attraverso le parole dell’omelia; rende presente il proprio sacrificio sulla Croce nella Santa Messa; e si dona a noi come cibo per la vita eterna; perdona i peccati e trasmette lo Spirito Santo – nel nome di Gesù Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza ai servitori della Chiesa vescovi e sacerdoti ordinati – che agiscono e pertanto Lo rendono visibile nella parrocchia (Sacrosanctum Concilium 41).

Il cosiddetto percorso sinodale della classe dirigente della Chiesa in Germania, tuttavia, mira a un’ulteriore secolarizzazione della Chiesa. Anziché su un rinnovamento dello spirito del Vangelo, attraverso catechesi, missione, cura pastorale, mistagogia [una spiegazione mistica] dei Sacramenti, ora si fa conto piuttosto – e questo è già andato avanti per mezzo secolo – su altri temi, attraverso i quali si spera di ricevere l’approvazione dell’opinione pubblica del mondo occidentale e si auspica di compiacere quel modo di pensare che riduce l’uomo a un’immagine materialistica.

Nella sua essenza, il percorso sinodale verte: 1. sul cambiamento del Sacramento degli Ordini Sacri in un sistema professionale di funzionari ben retribuiti; 2. sul passaggio del “potere” percepito come politico, da vescovi e sacerdoti ai laici, con una clausola aggiuntiva che prevede che, a parità di qualifiche, le donne dovranno essere preferite. Ciò che per loro è irritante è (3.) che la morale cristiana poiché scaturisce dalla nuova vita in Cristo, ora viene squalificata in quanto si pone “contro il corpo”, e, presumibilmente, non è compatibile con gli standard della moderna scienza sessuale. La pietra d’inciampo dopo la Riforma protestante e il naturalismo dell’Illuminismo è (4.), ovviamente, il celibato sacerdotale; così come le raccomandazioni evangeliche (povertà, castità, obbedienza) per la vita consacrata con voti solenni. In una Chiesa che – come mera istituzione umana con scopi puramente secolari – ha abbandonato la sua identità di mediatrice della salvezza in Cristo, e che ha perso ogni riferimento trascendentale ed escatologico alla Venuta del Signore, il celibato liberamente scelto “per amore del regno (Mt 19,12) o, finalizzato ad “occuparsi dell’opera del Signore” (1 Cor. 7:37) è ora percepito come un imbarazzo – come un elemento alieno o un rifiuto residuo dal quale ci si debba liberare il più rapidamente e scrupolosamente possibile. Al massimo, questo celibato potrebbe essere concesso ad alcune persone stravaganti come forma masochistica di un’autodeterminazione estremamente autonoma. 

2. I Tedeschi e il popolo Amazzonico su un’unica Barca

Come già accaduto con i Sinodi sulla Famiglia, la “Chiesa Tedesca” rivendica l’egemonia sulla Chiesa Universale e si vanta orgogliosamente e arrogantemente di essere colei che decide la direzione che un Cristianesimo in pace con la modernità debba prendere – nonostante la Lettera al Popolo di Dio Pellegrino in Germania, di Papa Francesco del 29 giugno 2019. Tuttavia, non è stato spiegato – ed è anche difficile capire per un osservatore interessato – perché, di fronte a uno stato di desolazione della Chiesa nel proprio paese, essa la si consideri ora chiamata ad essere un modello per le altre. Si usa l’espressione neutrale e che ben suona della “sana decentralizzazione” (Instrumentum Laboris 126) e della de-Romanizzazione della Chiesa Cattolica (in precedenza, questa era chiamata avversione anti-Romana); ma si valorizza effettivamente e unicamente, invece, la mitologia dell’Amazzonia e la teologia ecologica occidentale, al posto dell’Apocalisse; così come l’egemonia dei loro ideologi, anziché l’autorità spirituale dei successori degli Apostoli nell’ufficio episcopale. 

Nell’ecclesiologia cattolica, tuttavia, non si tratta di un equilibrio di potere tra centro e periferia, ma piuttosto della responsabilità comune del Papa – che viene assistito dalla Chiesa Romana sotto forma di Collegio dei Cardinali e della Curia Romana – nonché dai vescovi per la Chiesa Universale, che consiste in e di chiese specifiche sotto la guida di un vescovo (Lumen Gentium 23).

La mia proposta è la seguente: se si desidera veramente fare del bene alla Chiesa riguardo entrambi gli elementi, allora ci si dovrebbe astenere, ad esempio, dal licenziare dei vescovi senza una regolare procedura canonica (che include il diritto a un’auto-difesa) e astenersi dal chiudere i monasteri senza nemmeno fornire motivazioni – con il pretesto che non si è sussidiari di Roma – e dal minare il giusto primato magisteriale e giurisdizionale del Papa. Si tratterebbe anche di affrontare in modo cristiano fratelli e impiegati che non hanno commesso alcuna colpa, tranne quella di aver difeso una posizione lecita, nel quadro di una legittima pluralità di opinioni e di linee, che si discosta, tuttavia, dall’opinione privata dei loro superiori.

Il processo sinodale nell’ambito della Conferenza Episcopale Tedesca viene ora collegato al Sinodo per l’Amazzonia, e questo viene fatto per motivi politico-ecclesiali e come leva per la ristrutturazione della Chiesa universale. Inoltre, in entrambi gli eventi i protagonisti sono quasi identici e sono persino collegati finanziariamente e organizzativamente tramite le agenzie umanitarie della Conferenza Episcopale Tedesca. Non sarà facile controllare questa valanga devastatrice. Dopo, nulla dovrà essere più come prima, ed è stato detto che dopo la Chiesa non sarà nemmeno più riconoscibile. Così ha parlato uno dei protagonisti rivelando quindi i veri scopi. 

Forse si fa un errore di calcolo, proprio come fece il re Creso di Lidia (590-541 a.C.). Una volta egli chiese all’Oracolo di Delfi quali fossero le sue possibilità di vittoria se avesse attaccato l’Impero persiano e poi fraintese la risposta profetica: “quando passi Halys, distruggerai un grande impero”. I nostri Halys sono la costituzione divina della dottrina, vita e culto della Chiesa Cattolica, (Lumen gentium).

Sfortunatamente, anche nell’America meridionale un tempo quasi completamente cattolica, i Cattolici, proprio come in Germania, hanno lasciato la Chiesa Cattolica a milioni, senza che ciò abbia portato a nessuna valutazione delle radici di questa catastrofe, né a una seria determinazione volta a favorire il suo rinnovamento in Cristo. Anche qui la soluzione non è una pentecostalizzazione della Chiesa, vale a dire la sua protestantizzazione liberale in modo latinoamericano, ma la riscoperta della sua Cattolicità. I vescovi ora possono, come nel “Santo Sinodo” del Concilio Vaticano II, rivolgere la loro “attenzione in primo luogo ai fedeli Cattolici. Basandosi sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione, si insegna che la Chiesa, attualmente in esilio sulla terra, è necessaria per la salvezza. Cristo, presente con noi nel Suo Corpo, che è la Chiesa, è l’unico Mediatore e l’unica via di salvezza. …. Sono pienamente inseriti nella società della Chiesa coloro che, possedendo lo Spirito di Cristo, accettano il suo intero sistema e tutti i mezzi di salvezza che le sono stati dati, e sono uniti a lei come parte della sua struttura corporea visibile e attraverso lei con Cristo, che la governa attraverso il Sommo Pontefice e i vescovi. I legami che uniscono gli uomini alla Chiesa in modo visibile sono la professione di fede, i sacramenti, il governo ecclesiale e la comunione”. (Lumen Gentium 14).

La pittoresca diversità di opinioni contraddittorie e l’arbitrarietà della decisione in coscienza non sono cattoliche davanti alla Santa Volontà di Dio, ma è cattolica piuttosto l’unità nella Fede di molti popoli che ci introduce all’unione con il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. “perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in Te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato”. (Giovanni 17:21). Ed è per questo che ci viene detto di prendere a cuore la seguente esortazione: “sforzatevi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione, vi è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti (Efesini 4: 3-6). 

Come via d’uscita dalla crisi della Chiesa, l’Instrumentum Laboris e il processo sinodale in Germania contano entrambi su un’ulteriore secolarizzazione della Chiesa. Quando, nell’intera ermeneutica del Cristianesimo, non si inizia con l’auto-rivelazione storica di Dio in Cristo, ma piuttosto con l’inclusione della Chiesa e della sua liturgia in una visione mitologica del mondo intero; o quando si trasforma la Chiesa nella parte di un programma ecologico per il salvataggio del nostro pianeta, allora la sacramentalità – e in particolare l’ufficio ordinato di vescovi e sacerdoti nella successione apostolica – è vago, indefinito. Chi vorrebbe davvero costruire un’intera vita che richiede totale dedizione su una base così instabile?

3. Il Sacramento degli Ordini Sacri come Fulcro Centrale della Crisi

Attraverso la concessione da parte di Cristo della Sua Ordinazione e Missione (Lumen gentium 28), gli apostoli e i loro successori nell’ufficio episcopale – che rappresenta anche l’unità della Chiesa locale con i sacerdoti, i diaconi e tutti i fedeli battezzati – esercitano la loro autorità in Nome e autorità di Cristo (Lumen Gentium 20). Questo non è un potere politico-sociologico, ma l’autorità data dallo Spirito Santo per santificare, insegnare e governare il Popolo di Dio. “I vescovi, quindi, con i loro aiutanti, sacerdoti e diaconi, sono assunti al servizio della comunità, presiedendo sul gregge come pastori al posto di Dio, come insegnanti di dottrina, come sacerdoti per l’adorazione sacra e come ministri per il governo.” (Lumen Gentium 20) Qui, non si tratta di tre diversi uffici che sono stati raggruppati insieme per casualità storica, per cui ora sarebbe possibile anche smontarli o riassemblarli in un modo diverso.

Non è neppure appropriato fare un paragone con il potere del mondo dei monarchi assoluti contro cui giustamente – e riferendosi al barone di Montesquieu – si reclama il modello della separazione dei poteri (di governo, legislativo, giurisdizionale). Perché qui si tratta del servizio unico di Cristo Maestro, Pastore e Sacerdote, che viene esercitato dagli Apostoli e dai loro successori nel Nome di Cristo e nella potenza dello Spirito Santo. E non è una forma di potere sugli altri, ma piuttosto un servizio per loro e la loro salvezza (Mt. 23:11). Ecco perché la prontezza dichiarata pubblicamente da alcuni vescovi con la quale rinuncerebbero liberamente al “potere” non è espressione della loro modestia, ma, piuttosto, un segno della loro mancanza di comprensione di ciò che realmente è un vescovo cattolico. La forma di “potere” a cui ora desiderano rinunciare è qualcosa che sarebbe stato meglio non avessero avuto fin dall’inizio; e l’autorità spirituale che hanno ricevuto da Cristo alla loro ordinazione, non possono darla via, dal momento che non è una loro proprietà a cui ora possano proporre di rinunciare. Al massimo, potrebbero chiedere di essere sollevati dalla giurisdizione della loro diocesi, perché non sono più in grado di far fronte alle proprie responsabilità.

È sorprendente che, sia l’Instrumentum Laboris per il Sinodo sull’Amazzonia, sia il percorso sinodale tedesco non prendano l’avvio da basi bibliche per poi orientarsi secondo l’insegnamento emergente della Chiesa nella Tradizione e le decisioni dottrinali definitive dei Concili e del Papa. Invece traggano norme e regole dalle presunte necessità sociologiche del mondo globale o dalle forme tradizionali di organizzazione delle tribù amazzoniche.

Se in Amazzonia si ordinano al sacerdozio uomini stimabili che vivono unioni dichiaratamente stabili (che si tratti di matrimoni canonicamente validi o no?), al fine di fornire (!) i Sacramenti alla comunità – anche senza una formazione teologica (IL 129, 2) – perché questo non dovrebbe infine rappresentare anche la leva per introdurre i viri probati in Germania, dove il celibato non è più accettato nella società e dove molti teologi sposati sarebbero disponibili ad occupare, come sacerdoti, i posti vacanti all’interno del clero celibe? 

Non si può dedurre dalla chiamata “dei sette uomini di buona reputazione che erano pieni di Spirito e Verità” (Atti 6: 3) al servizio delle mense (Atti 6: 1-7) – a cui venne in seguito collegato il grado dei diaconi ordinati sacramentalmente – la conclusione clericale-teologica che la Chiesa possa ora creare in qualsiasi momento nuovi uffici sacramentali per necessità sociologiche (IL 129), o che non si possa fare affatto. Il triplice ufficio ordinato è scaturito, da un lato, dalla necessaria successione degli Apostoli e dal loro mandato di proclamare il Vangelo, per mediare sacramentalmente la Grazia e per guidare, come buoni pastori, l’ovile di Cristo. Dall’altro lato, nasce dalla creazione di chiese specifiche quali rappresentanti locali della Chiesa Universale. Qui, pertanto, Uno dei sacerdoti è il Primo nel Collegio dei Presbiteri, insieme ai diaconi; e, a partire dal II secolo, viene sempre più frequentemente chiamato solamente vescovo (Ignazio di Antiochia, Mag. 6,1). Nel vescovo, l’unità della chiesa locale è rappresentata in modo sacramentale e l’unità con le origini apostoliche, nella misura in cui l’insieme dei vescovi, con il Papa alla testa, segue il Collegio degli Apostoli con San Pietro a capo (Prima Lettera di Clemente, 42:44; Lumen Gentium 20 seq.)

4. Un Ufficio Sacramentale per le Donne?

Il triplice ufficio – nel modo in cui ha avuto storicamente origine dall’apostolato nella Chiesa Primitiva come istituito da Cristo – esiste in virtù di una “istituzione divina” (Lumen Gentium 20), ed è esercitato da coloro che, secondo la terminologia attuale, sono “chiamati vescovi, presbiteri/sacerdoti, diaconi” (Lumen gentium 28). In tempi migliori, i vescovi tedeschi all’unanimità si opposero al Kulturkampf di Bismarck e dichiararono: “La costituzione della Chiesa si basa, in tutti i punti essenziali, sull’ordine divino ed è esente da qualsiasi arbitrarietà umana” (DH 3114). Parte di ciò è anche la visione che vescovo, sacerdote e diacono siano solo gradi dell’unico Sacramento dell’Ordine Sacro. “Nessuno può dubitare che la santa ordinazione sia veramente ed essenzialmente uno dei sette Sacramenti della Santa Chiesa – unum ex septem sacramentis“. (Trento, Decreto sul Sacramento degli ordini sacri: DH 1766; 1773). Questo è il motivo per cui non ha senso dare all’ “Ordinatio sacerdotalis” (1994) l’interpretazione speciosa secondo cui non è stata presa alcuna decisione sull’indivisibile Sacramento dell’Ordine Sacro nel suo insieme, ma piuttosto meramente sui gradi dell’episcopato e dell’ufficio sacerdotale che solo gli uomini possono ricevere. 

Quando si fa un’analisi teologica dei fatti dottrinali ed ecclesiastico-storici, nel contesto delle dichiarazioni vincolanti riguardanti il ​​Sacramento degli Ordini Sacri, si vede chiaramente che l’ordinazione sacramentale, nel grado e con il titolo ufficiale di “diacono” nella Chiesa Cattolica non è e non è mai stata conferita alle donne.

Deriva dalla “costituzione divina della Chiesa”, come ha responsabilmente deciso Papa Giovanni Paolo II, che la Chiesa non ha l’autorità di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale. Questa non è una conclusione che discende dalla storia, ma piuttosto deriva dalla costituzione divina della Chiesa. Questo ovviamente si applica a tutti e tre i gradi sacramentali. È diventata consuetudine nel grande pubblico ed è in uso nella Chiesa utilizzare la parola aperta “servo” nella versione greca “diakonos” come termine tecnico per il primo dei tre gradi di ordinazione. Pertanto, non è utile ora parlare di diaconi femminili non-sacramentali, creando in tal modo l’illusione che si tratti di far rinascere un’antica -ma solo temporaneamente e regionalmente limitata- istituzione delle diaconesse della Chiesa Primitiva.

Ciò contraddice anche l’essenza dell’ufficio episcopale e dell’ufficio sacerdotale quando viene ridotta alla santificazione per consentire ai laici – vale a dire a uomini e donne in un servizio non sacramentale – di tenere l’omelia durante la Messa celebrata da un sacerdote o da un vescovo. In tal modo i sacerdoti diventerebbero “altaristi” [“Altaristen“: una parola umiliante per i sacerdoti che celebrano la Messa senza omelia e cura pastorale; questo fu un abuso che Lutero individuò e usò per le sue polemiche; G.M.], qualcosa che all’epoca causò la protesta della Riforma. La Messa è – in quanto Liturgia della Parola e del Corpo e il Corpo di Nostro Signore – “un solo atto di adorazione” (Sacrosanctum Concilium 56). Ecco perché spetta ai vescovi e ai sacerdoti predicare e, al massimo, a volte lasciare che il diacono ordinato tenga un’omelia. Il servizio nella Parola e nel Sacramento ha un’unità interiore. L’ufficio più importante dei vescovi è l’annuncio, da cui derivano per logica interna anche i doveri sacramentali (Lumen Gentium 25). Proprio come gli Apostoli sono “servitori della Parola” (Lc. 1: 2; Atti 6: 2), anche il compito dei sacerdoti (vescovi, presbiteri) viene definito come servizio nella “Parola e nella Dottrina” (1 Tim. 5:17).

All’ordinazione, non vengono trasferite competenze particolari individuali senza alcun ordine interno e interconnessione. È un unico servizio nella Parola, attraverso il quale la Chiesa viene riunita come comunità di Fede, in cui vengono celebrati i Sacramenti della Fede e attraverso i quali il gregge di Dio è governato dai suoi pastori nominati, nel Nome e Autorità di Cristo. Ecco perché gli uffici sacerdotali nella dottrina, adorazione e governo sono uniti alla radice e sono semplicemente diversi nei loro aspetti teologici, in base ai quali li osserviamo (Presbyterorum Ordinis 4-6). Nella prima descrizione del rito della Messa a Roma intorno al 160 d.C., il martire e filosofo Giustino afferma che durante la liturgia domenicale – dopo le letture dei libri biblici – il presidiante (vescovo, presbitero) tiene l’omelia, e in seguito celebra la Santa Eucaristia con Offertorio, Consacrazione e Comunione (vedi Giustino, II. Apologia 65-67). 

I Sacramenti sono segni e strumenti della Grazia Divina, con l’aiuto dei quali Dio costruisce il singolo Cristiano e la Chiesa nel suo insieme. Ecco perché non ci si può rivolgere alle autorità secolari e rivendicare, in nome dei diritti umani, il diritto ad essere ordinati (né come uomo né come donna), perché i diritti umani sono infusi nella natura dell’uomo. Sull’ordine della Grazia e l’ordine della Chiesa, tuttavia, l’autorità civile non ha alcuna competenza. Solo un Cattolico di sesso maschile può essere ordinato – se riceve la chiamata e se la Chiesa, rappresentata dal vescovo, riconosce l’autenticità di questa vocazione e quindi ordina come vescovo, sacerdote o diacono un candidato idoneo secondo le condizioni canoniche. 

Solo coloro che considerano la Chiesa al massimo come un’istituzione secolare e che successivamente non riconoscono l’ufficio ordinato come un’istituzione divina, hanno difficoltà ad accettare questa visione. Queste persone, piuttosto, riducono il titolare dell’ufficio cristiano a un semplice funzionario di un’organizzazione religioso-sociale. Con quanta facilità si potrebbe, in questo caso, esortare i fedeli con le parole: “Obbedite ai vostri capi e sottomettetevi a loro; poiché vegliano sulle vostre anime, come uomini che dovranno renderne conto. Lasciate che facciano questo con gioia, e non tristemente, perché non sarebbe di alcun vantaggio per voi” (Ebr 13:17)

Il Magistero del Papa e dei vescovi non ha alcuna autorità sulla sostanza dei Sacramenti (Trento, Decreto sulla Comunione sotto entrambe le specie, DH 1728; Sacrosanctum Concilium 21). Pertanto, nessun sinodo – con o senza il Papa – e neppure nessun concilio ecumenico, o neanche il Papa, anche se parlasse ex cathedra, potrebbero rendere possibile l’ordinazione delle donne come vescovi, sacerdoti e diaconi. Verrebbero in contraddizione con la chiara dottrina della Chiesa. Non sarebbe valida. Indipendentemente da ciò, c’è l’uguaglianza di tutti i battezzati nella vita della Grazia, e nella vocazione a tutti gli uffici e funzioni ecclesiali per i quali non è necessario esercitare il Sacramento degli Ordini Sacri.

5. Su cosa è importante riguardo all’Ufficio sacerdotale

Nel corso di 2000 anni di storia della Chiesa, anche le costellazioni culturali e le condizioni politico-sociologiche per la vita della Chiesa sono cambiate in maniera sensibile. Tuttavia, l’ufficio sacerdotale è sempre stato lo stesso nei suoi elementi essenziali, sia in una società feudale, o nel sistema di chiesa ad etichetta tedesca, durante l’istituzione della corte e dei principi vescovi, o al tempo dell’Ufficio di Pietro fino al 1870 con i vantaggi e gli oneri dello Stato Pontificio. Come oggi questo ufficio riguarda servire la Parola e i Sacramenti per la salvezza del mondo ed è cura del pastore che, come Gesù, “il pastore e vescovo delle vostre anime” (1 Piet. 2:25), il “Pastore Supremo”, dia la vita per le pecore che gli sono state affidate (1 Pietro 5 1: 4). La sostanza dei Sacramenti non è soggetta all’autorità della Chiesa. E non si può costruire un nuovo modello di sacerdozio, con il supporto di elementi remoti della Scrittura e della Tradizione omettendo di distinguere le decisioni dogmaticamente vincolanti dalle valorizzazioni di aspetti minori. Né sono importanti le immagini sacerdotali sviluppate dagli strateghi pastorali, ma solo l’unica Immagine di Cristo, il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, che è eternamente impressa nelle anime dei consacrati e nel Cui nome e forza santificano, istruiscono e governano i fedeli (Presbyterorum Ordinis 2; 12).

Tuttavia, gli acuti pensatori tedeschi coinvolti nel processo sinodale hanno diffamato l’affermazione centrale secondo cui i sacerdoti agiscono – in virtù della natura che hanno ricevuto alla loro ordinazione – proprio come gli Apostoli, “in persona Christi” (2 Cor. 2:10; 2 Cor. 5:20), capo della Chiesa (Presbyterorum ordinis 2), definendola la causa del clericalismo e persino la causa dell’abuso sessuale dei giovani. Questo non è solo un insulto incredibile a molti pastori diligenti. Questa affermazione significa invece credere a Gesù che ha detto prima ai 12 Apostoli e poi agli altri 72 discepoli: “Chi ascolta voi, ascolta Me, e chi rifiuta voi, rifiuta Me e chi rifiuta Me rifiuta Chi mi ha mandato” (Lc. 10,16). Un professore di liturgia tedesco si è involontariamente messo in cattiva luce e apertamente in contraddizione con il Concilio Vaticano II, quando ha affermato che la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia – in cui il sacrificio di Gesù sulla Croce, per amore dell’umanità, diventa presente al mondo – è la ragione dell’abuso pedofilo e omofilo della sessualità. Perché il Concilio dice: “Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono il loro più grande compito, è quando l’opera della nostra redenzione viene costantemente portata avanti; e quindi la celebrazione quotidiana della Messa è fortemente incoraggiata” (Presbyterorum ordinis 13).

Quando durante il processo sinodale in Germania, non si discuteranno anche argomenti essenziali sulla trasmissione della Fede, il declino sarà sempre più accelerato. 

Forse stiamo per diventare un “piccolo gregge”. Ma queste parole di Gesù non sono intese in senso sociologico e non hanno nulla a che fare con numeri piccoli o grandi. Dio “desidera che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della Verità” (1 Tim. 2: 4), con l’aiuto dell’unico mediatore Gesù Cristo, all’interno della “famiglia di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, pilastro e baluardo della verità” (1 Tim. 3:15).

La Chiesa è il Popolo di Dio in mezzo ai popoli. E, se in una nazione la maggioranza delle persone è cattolica, e quindi la comunità e lo Stato sono permeati dalla cultura cristiana, è certamente Volontà di Dio. Siamo un “piccolo” gregge in mezzo alla maggioranza o in una diaspora, perché essere Cristiani imitando il Signore Crocifisso non è una questione di adattamento alla cultura dominante, o un modo di contraddire quella cultura, ma, bensì, una decisione personale.



È certamente tanto bello essere sul Reno e sognare l’Amazzonia. Ma gli scenari di fiumi maestosi non possono calmare il desiderio del cuore umano, né le loro acque possono placare la sete di vita eterna. Solo l’acqua, che Gesù, Verbo di Dio Incarnato, ci dà, diventa in noi “una sorgente d’acqua che fluisce fino alla vita eterna” (Giovanni 4:14).

PREGHIERE E LITURGIA DEL GIORNO

PREGHIERE DEL GIORNO
Venerdì 26 Luglio 2019
  
  






 Venerdì: Pia pratica della VIA CRUCIS on-line 

(recitata online - per le Anime del Purgatorio)



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -






 PRIMA LETTURA 

Es 20,1-17
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole:
«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile:
Non avrai altri dèi di fronte a me.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricòrdati del giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo ha consacrato.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».


 SALMO 

Sal 18
Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.


 VANGELO 

Mt 13,18-23
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».