È lui, l’eterno Nemico sta tornando pieno di odio. Ci avevano ammonito, ma ora è dentro, è scatenato: ha già conquistato le posizioni chiave della Chiesa. Ecco dunque a cosa mirava la “chiesa” del Concilio: ad abolire l’inferno di Francesco Lamendola
È lui, l’eterno Nemico: sta tornando, pieno di odio
di Francesco Lamendola
È strano che molti non se sentano ancora la puzza, il respiro affannoso di bestia irsuta, l’odio di cui trasuda e che spande intorno le sue vibrazioni. È strano che molti non ne odano il ruggito di cacciatore bramoso di prede: sordo, spaventoso, benché lontano, e lo confondano con gli altri rumori della vita quotidiana. Ed è strano, infine, che tante persone non si accorgano di quanti si sono già posti al suo servizio, lo servono con ossequio, con zelo, con entusiasmo, presentendone gl’imminenti trionfi, ben decisi a trovarsi, quando sarà il momento, dalla parte del vincitore. È strano perché i suoi servitori sono ovunque, è addirittura difficile non incontrarli, riuscire a evitarli per una mezza giornata intera. Sono tutt’intorno a noi: i nostri vicini di casa, i nostri conoscenti, i nostri colleghi di lavoro; ma soprattutto i personaggi che hanno una visibilità mediatica, gli influencer dei social, i divi dello spettacolo, gli attori del cinema, e anche molti, moltissimi uomini e donne che si son dati alla politica, al preciso scopo di servirlo con canina sottomissione, ovviamente passando per l’iniziazione massonica. Eppure ci sono degli indizi, dei segnali, dei gesti, delle espressioni, che non dovrebbero consentire dubbi: perché non è vero che costoro tengano del tutto celate le loro intenzioni e la loro stessa appartenenza, al contrario, sono smaniosi di seminare ovunque le tracce che dovrebbero far capire tutto, ma con una certa infernale discrezione.Come se fosse un gioco dell’intelligenza, una sfida per vedere se gli altri sono abbastanza svegli da notare le orme diaboliche che si lasciano dietro, camminando sulle strade del loro padrone. Ed è altresì strano che tanti di noi si siano perfino scordati della sua esistenza, della sua presenza, della sua azione incessante: eppure ci era stato insegnato, quando eravamo bambini e ci preparavano a ricevere la Prima Comunione. Poi, chissà come, l’abbiamo scordato. Siamo cresciuti, siamo passati dalle aule del catechismo ai banchi del liceo, poi a quelli dell’università: forti dei nostri diplomi e delle nostre lauree dai nomi altisonanti, esaminati e approvati da fior di professoroni, non abbiamo più dedicato un solo pensiero a quegli insegnamenti, a quelle ammonizioni. Se pure vi abbiamo, qualche rara volta, dedicato un pensiero distratto, ne abbiano sorriso fra noi, come si fa quando si guardano le vecchie foto ingiallite dal tempo, e ci si rivede nel grembiulino dell’asilo o della scuola elementare, così piccoli, così ingenui, così goffi. Eh, sì, allora ci potevano raccontare ogni sorta di favola, eravamo disposti a mandar giù qualsiasi storia; mentre adesso che siamo diventati così emancipati e intelligenti, che abbiamo studiato tanti libri e capito tante cose del mondo e della vita, adesso di certo non ci lasceremmo menare per il naso a quel modo…
La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste!
Eppure, avremmo dovuto capire che qualcosa non tornava. Se non altro, avremmo dovuto andare per esclusione: qualcosa manca, e manca tuttora, nel quadro d’insieme delle nostre conoscenze, e anche nel quadro d’insieme della nostra vita. Mancava l’aspirazione alla santità. Da bambini, appunto, gli adulti, e specialmente i sacerdoti, ma spesso anche i genitori e i nonni, l’avevano coltivata in noi, esplicitamente o implicitamente: ci avevano raccomandato, e più ancora ci avevamo dato l’esempio della vita buona, della vita autentica, quella che s’incammina verso la luce, quella che vuol piacere a Dio, nostro unico signore ed amico. Ci avevano insegnato l’orrore del male e del peccato e la bellezza della vita pura, vissuta così come piace a Dio; ci avevano anche messo in guardia contro le lusinghe del diavolo, contro le sue subdole strategie per farci cadere in tentazione. Ci avevano premuniti a non fidarci di ciò che sembra buono, ma non lo è; ci avevano raccomandato di non scegliere mai la via più facile e comoda, quella che promette solo piaceri e soddisfazioni, ma di preferire la via erta, solitaria e faticosa, la via del sacrificio, la via della Croce, perché solo seguendo la seconda saremmo potuti giungere felicemente alla meta. E tuttavia ci siamo sviati, ci siamo cascati in pieno, come dei perfetti principianti: come se non avessimo avuto la grande fortuna di essere stati messi in guardia. Siamo scivolati nei suoi lacci come prede inermi, come se fossimo i suoi sciocchi zimbelli: semplicemente, non l‘abbiamo riconosciuto, né abbiamo riconosciuto i suoi perfidi e malefici ministri; li abbiamo scambiati per compagni di strada, o, peggio ancora, per amici e maestri, ai quali affidarci pienamente. Abbiamo permesso alle cose di diventare le nostre signore: pur di gratificarci con il loro possesso, ci siamo lasciati possedere; e così facendo ci siamo consegnati, legati mani e piedi, nelle sue mani, come capretti destinati al sacrificio: schiavi dei desideri del nostro cuore impuro, delle nostre passioni disordinate, della nostra insaziabile avidità. Anche gli spiriti sommi ci avevano ammonito, ci avevamo messo un guardia: avevamo ancora undici anni e già leggevamo i versi di Dante: nel mezzo del cammin di nostra vita, / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita. E Lui, il Maestro, non ci aveva ammonito a vegliare e a vigilare, a non fare come le vergini stolte, ma come le vergine savie, e a tenerci pronti, perché nessuno sa il giorno, né l’ora in cui saremo chiamati a rendere conto di quel che avremo o non avremo fatto? Il giorno del Signore verrà come un ladro nella notte: ci era stato detto, lo avevamo letto e ripetuto, eravamo stati invitati a meditare queste parole e a trarne le debite conclusioni.
Anche Dante ci aveva ammonito con i versi: "nel mezzo del cammin di nostra vita, / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita".
Eppure, ci siamo lasciati sorprendere: non abbiamo vegliato, né vigilato: abbiamo fatto come le vergini stolte, ci siamo semplicemente addormentati, carezzati dalla musica del mondo. Una musica dolce, dolcissima: una musica suadente, che era penetrata fin dentro la Chiesa, e che molti sacerdoti avevano intonato e accompagnato. Ecco: non ce ne siamo accorti perché eravamo in numerosa compagnia. Il nostro oblio, il nostro sonno, è stato quello di migliaia di sacerdoti e di centinaia di vescovi, ed è stato quello di milioni di fedeli: perciò non ci è parso nemmeno un sonno, anzi credevamo di essere ben svegli. E molti cattivi pastori, molti mercenari travestiti da pastori ci hanno lusingati e ingannati, ci hanno dato a credere che il nostro sonno era la veglia perfetta, e che solo ora, in quella felice stagione di risveglio, la cristianità aveva penetrato il senso autentico del Vangelo. E già questo avrebbe dovuto metterci in sospetto, e più che in sospetto: era come sottintendere che i cristiani, per millenovecento anni avevano capito ben poco: i mistici, i teologi, i dottori, i santi, i pontefici, per millenovecento anni avevano seguito e predicato un Vangelo che era, sì, quello di Gesù Cristo, ma insomma a cui mancava qualcosa, non era proprio quello giusto, non del tutto, non sino in fondo. E quel qualcosa che mancava erano, guarda caso, le idee fondamentali della modernità: la tolleranza, la libertà di pensiero, il pluralismo, il dialogo, l’inclusione, insomma il relativismo e la sotterranea rivolta contro Dio e contro Cristo, mascherata sotto strati di trucco per renderla accettabile da parte degli stessi cristiani. I quali, troppo vili e infingardi per ribellarsi apertamente al Vangelo, per dire chiaro e tondo: Non serviam, non aspettavano altro che questo: una “chiesa” che, con la scusa del rinnovamento liturgico e dell’aggiornamento pastorale, erodesse e liquidasse la dottrina e la morale, e che sdoganasse tacitamente il peccato, rendesse lecita la fornicazione, chiudesse un occhio sulla lussuria, blandisse la superbia e l’orgoglio umano, stabilisse un compromesso con l’avarizia e la cupidigia. Una “chiesa” che smettesse di parlare della grazia e del peccato, che smettesse di parlare della vita eterna, che smettesse di parlare di Dio, del Dio cattolico, del Dio di Gesù Cristo, per sostituirlo con un “dio” generico, buono per tutte le fedi, accettabile da qualsiasi uomo di buona volontà, ciascuno restando nella sua fede, cioè nel suo errore.
Una sotterranea rivolta contro Dio e contro Cristo? Ecco a che cosa mirava la “chiesa” del Concilio e del post-concilio: ad abolire l’inferno e una volta abolito, tutto il resto sarebbe venuto come un frutto maturo!
Ma l’errore, in una siffatta “chiesa”, non c’era più, così come non c’era il peccato; l’inferno e il paradiso, poi, meno che meno: figuriamoci, era tempo di farla finita con una simile pedagogia della paura, come la chiamano questi preti progressisti e modernisti travestiti da cattolici. No: la chiesa non deve più usare un simile linguaggio, non deve più parlare di tali cose, ma solo di amore, misericordia e perdono: perfino di Giuda che non va all’inferno, ma probabilmente si salva pure lui. Questo, almeno, avrebbe dovuto aprire gli occhi a qualcuno: arrivati a quel punto, anche i ciechi avrebbero dovuto cominciare a capire. Mai si era udito un papa dire uno sproposito del genere; mai lo si era visto tornare più volte su questo tema: che Giuda Iscariota non era poi così cattivo; che in fondo si era pentito, e quindi pure lui poteva sperare nella misericordia divina, anche se aveva tradito Cristo e anche se aveva disperato del perdono, scegliendo di suicidarsi. Ma ormai la “chiesa” era lanciatissima sulla via della demagogia più sfrenata; ai quattro Vangeli canonici si era silenziosamente aggiunto un quinto vangelo, quello di Fabrizio De André, secondo il quale non c’è l’inferno, nel mondo del buon Dio. Ecco a che cosa mirava la “chiesa” del Concilio e del post-concilio: ad abolire l’inferno (o a svuotarlo de facto, come teorizzato da Hans Urs von Balthasar). Una volta abolito quello, tutto il resto sarebbe venuto – e infatti sta venendo – come un frutto maturo. Sparisce il peccato, sparisce l’offesa fatta a Dio, sparisce l’Atto di dolore – che un sacerdote ha definito una preghiera terribile, da abolire al più presto, e che un teologo bergogliano, dalle autorevoli pagine di Famiglia Cristiana, spiega ai cattolici perché deve essere cambiato, ossia perché non siamo noi a domandare perdono a Dio, visto che Dio ci ha già perdonati. E se sparisce l’offesa fatta a Dio, e se sparisce il castigo (perché Dio non dà castighi, spiegano sempre i dotti teologi bergogliani), allora cosa ci sta a fare tutto il resto? A che scopo cercare di essere perfetti, come è perfetto il Padre nostro nei cieli? E cosa ci sta a fare il Padre, a ben guardare? Nulla: assolutamente nulla. Accoglie tutti, perdona tutti, premia tutti; buoni e cattivi. Va a finire che anche il bene e il male erano solo nostre illusioni, erano proiezioni della nostra psiche inquieta. Un Dio così può anche andarsene in punta di piedi, non se ne accorgerà nessuno: è un Dio molto moderno e democratico, tiene conto degli indici di ascolto e sa quando è ora di levare il disturbo. Non vuole imporre nulla a nessuno, lui; tanto meno la sua ingombrante e antiquata presenza.
L'eterno Nemico da duemila anni cerca di seminare la confusione e di provocare il disordine nella Chiesa di Cristo: da alcuni decenni ha trovato uno spiraglio, ha messo dentro un piede, e prima che le anime si accorgessero pienamente che stava entrando, era già fatta. Ora è dentro, ed è scatenato. Ha già conquistato le posizioni chiave: vescovi, cardinali, teologi e lo stesso papa, o meglio colui che si fa chiamare tale, sono solo degli strumenti al suo servizio. Lavorano per lui, sono suoi, e inducono in errore le moltitudini predicando un falso vangelo e promettendo a tutti un’ingannevole misericordia!
E intanto quell’altro, il Nemico, gongola e si prepara al balzo finale: ha già steso la sua rete sul mondo e sulla chiesa e gli resta solo l’ultimo passo da compiere, l’ultimo giro di vite da dare. Per duemila anni ha morso il freno, ha masticato amaro: la venuta di Cristo, la presenza della Chiesa e la santità dei cristiani lo avevano cacciato in un angolo, lo avevamo costretto a nascondersi, a camuffarsi, a travestirsi. Ma ora no: ora sente di poter uscire allo scoperto, di potersi mostrare apertamente, o quasi: sente che è finalmente arrivata la sua ora, l’ora della rivincita. Sa che non vincerà mai la guerra, ma è ben deciso a vincere la sua ultima battaglia: perché sa anche che questa sarà l’ultima. È pieno di rabbia e di furore: si aggira come un leone affamato, cercando anime da divorare. Per duemila anni, la preghiera dei santi lo ha tenuto a bada, gli ha messo la catena al collo; ora è sul punto di scrollarsela via e di scatenarsi a piacimento. Sa che c’è un ricchissimo bottino di anime da raccogliere e trascinare con sé all’inferno: deve solo raccogliere i frutti di un lavoro assai paziente, tenace, capillare. Da duemila anni cerca di seminare la confusione e di provocare il disordine nella Chiesa di Cristo; da alcuni decenni ha trovato lo spiraglio. Ha scoperto la maniera giusta per insinuarsi senza essere riconosciuto – non subito, almeno. Di quel momento di ambiguità si è avvantaggiato sino in fondo, da par suo: ha messo dentro un piede, e prima che le anime si accorgessero pienamente che stava entrando, era già fatta. Ora è dentro, ed è scatenato. Ha già conquistato le posizioni chiave: vescovi, cardinali, teologi e lo stesso papa, o meglio colui che si fa chiamare tale, sono solo degli strumenti al suo servizio. Lavorano per lui, sono suoi, e inducono in errore le moltitudini predicando un falso vangelo e promettendo a tutti un’ingannevole misericordia. Immenso è il danno che questo clero scellerato, apostatico e traditore, ha provocato al gregge di Cristo: invece di custodirlo nella Verità, lo ha sedotto e fuorviato, lo ha sprofondato nella menzogna e nel peccato. Ci vorranno decenni, secoli per rimediare ai danni morali causati da questi preti senza più fede nel vero Dio, da questi falsi pastori che hanno osato strumentalizzare il Vangelo di Cristo per entrare nelle grazie del mondo, per piacere alle folle, per guadagnarsi una pessima popolarità, gettando alle ortiche la dottrina e calpestando cinicamente la morale. Per causa loro, ogni uomo si porrà in un atteggiamento di comprensibile diffidenza non appena vedrà avvicinarsi un prete cattolico; non appena sfiorerà, in libreria, un volume di un teologo cattolico; a causa loro, disgusto e disprezzo accompagneranno per chissà quanto tempo la Sposa di Cristo. Saranno ricordati non per le “belle” parole di cui si riempiono la bocca, ma per gli atti ignominiosi di avidità, di superbia, di lussuria e specialmente di sodomia, coi quali si sono guadagnati l’esecrazione universale.
Star televisive attente agli indici di gradimento: colui che si fa chiamare papa saluta il suo "elemosiniere" in partenza per una missione speciale? Hanno perso il senso autentico del Vangelo: il loro non è più il Vangelo di Cristo!
Saranno anche ricordati per i pessimi esempi che hanno dato, come quel cardinale che è andato a staccare i sigilli dal contatore di un condominio romano, occupato abusivamente da anni e che ha accumulato 300 mila euro di bollette inevase: l’esempio dell’incitamento all’illegalità, del disprezzo della proprietà privata, del parassitismo sociale come stile di vita; di un falso vangelo in cui non si deve dare a Cesare quel che è di Cesare, e sempre per la smania malsana di farsi applaudire dalle folle. Intanto il Nemico ringrazia di cuore: mai era giunto a ottenere tali successi in un tempo così breve e con sì lieve fatica: si accinge a trebbiarci come grano maturo. Santa Maria, prega per noi peccatori.
Del 15 Maggio 2019