giovedì 14 febbraio 2019

SPAGNA: RESPINTO IL BILANCIO. Verso elezioni anticipate, esercizio provvisorio e salta il tetto debito/PIl.


Sanchez, durerà meno di Maduro, e questo è assodato. respinta la proposta di legge di bilancio del governo spagnolo. Venerdì prossimo l’ex Primo Ministro annuncerà  la data delle elezioni anticipate.
Ricordiamo che il governo Sanchez era un governo di minoranza  che si reggeva sull’appoggio esterno di Podemos e di alcune forze autonomiste. La grande manifestazione della  scorsa domenica, 10 febbraio, a favore dell’unità nazionale, con una folla enorme in piazza (come minimo 50 mila,ma  gli organizzatori parlano di 300 mila) ha messo nell’angolo il PSOE e le sue posizioni filo autonomiste.
Iglesias di Podemos ha provato a mediare la prosecuzione dell’alleanza, ma non è stato possibile raggiungere un accordo per la sterzata
Ora la legge di bilancio proposta  da Sanchez è stata respinta e ci sarà un divertente, e gradevole, effetto per gli spagnoli: infatti mentre le spese per aumenti pensionistici (3% le minime) , delle remunerazioni dei funzionari e la definizione di un reddito di cittadinanza sono già stati definiti da decreti approvati fra il 28 dicembre ed il 22 gennaio, la legge finanziaria definiva le coperture con extra entrate , ma ,  essendo saltata, sparisce anche la copertura (solo noi abbiamo l’articolo 81…). quindi il deficit viene a passare dal 1,3% previsto, tra l’altro alte ultima crisi, almeno al 2,1- 2,4%. diciamo almeno perchè la Spagna ha avuto una caduta della produzione industriale di oltre il 6% a gennaio, per cui, se l’obiettivo di rispetto del bilancio è complesso per l’Italia, figuriamoci per la Spagna.
I sondaggi indicano che si potrebbe, dopo le elezioni, formare una diversa  maggioranza PP+Ciudadanos+VOX che, tra l’altro, avevano manifestato uniti in piazza domenica contro il governo. VOX è un partito sovranista in forte crescita, di destra ed unionista, contro le autonomia locali debordanti, nel futuro gruppo europeo della Lega.

Lo schiaffo dell’Italia a Macron: asse con gli Usa su Alitalia


Il Cda di Ferrovie dello Stato ha recentemente approvato il via libera all’ingresso del tandem Delta Air Lines-EasyJet nel capitale della nuova società che dovrebbe prendere in gestione Alitalia, nella quale l’operatore ferroviario dovrebbe ottenere una quota di circa il 30%, lo Stato italiano riservarsi un 15% della partecipazione e le due compagnie aeree ottenere il 40% complessivo, con una distribuzione che vedrebbe Delta maggioritaria.

La mossa del gruppo guidato da Gianfranco Battisti apre la strada a un piano di salvataggio coinvolgente il colosso aereo statunitense a pochi giorni di distanza dal dietrofront di Air France che sembrava aver notevolmente complicato le prospettive di salvataggio di Alitalia. Ma non solo. Se il piano dovesse definirsi nella maniera in cui è concepito, lo Stato italiano otterrebbe numerosi obiettivi di primo piano: mantenere la maggioranza italiana nella compagnia, rafforzare l’asse economico con Washington e avviare un processo di graduale marginalizzazione di Parigi.
L’asse Ferrovie-Alitalia è strategico per il Paese

Sul primo punto, il Mise di Luigi Di Maio vuole ottenere una vittoria strategica di ampia portata. “La nuova Alitalia dovrebbe”, secondo Formiche, “avere almeno il 51% di soci pubblici italiani (Fs, il Mef con la conversione di parte del prestito statale di 900 milioni, altri soci pubblici, tra cui un veicolo riferito alla Cdp e forse le Poste, anche se finora la società guidata da Matteo Del Fante ha sempre smentito un coinvolgimento). Nessuno avrebbe da solo la quota di maggioranza”. Al tempo stesso, data la necessità del Paese di orchestrare sul lungo periodo lo sviluppo delle sue infrastrutture, di garantire ai suoi attori nel campo dei trasporti una maggiore capacità di interoperatività e di razionalizzare l’offerta, la prospettiva di una sinergia Ferrovie-Alitalia mediata da Delta risulta molto interessante.

Su Alitalia l’asse Italia-Usa funziona

Il governo Conte, aprendo a Delta, arriva al contempo a garantire ulteriore vitalità all’asse politico-economico con Washington, testimoniato dalla vicinanza tra l’esecutivo e l’amministrazione Trump. Dopo la scelta italiana di puntare con convinzione sugli F-35 e l’apertura di credito degli Stati Uniti alle operazioni dei colossi italiani della Difesa (Leonardo, Fincantieri), dunque, Italia e Stati Uniti orchestrano una nuova operazione comune in un settore strategico, testimoniando una volontà di cooperazione comune che neanche le diversità d’opinione sul delicato tema di Huawei e del 5G hanno scalfito.

Certo, il trasporto aereo è sicuramente questione di importanza meno dirimente per le prospettive securitarie rispetto ai grandi temi della Difesa e della cybersecurity. Tuttavia, parliamo di un settore che genera un giro d’affari notevole sul piano del prodotto interno lordo e dell’indotto, permette di rafforzare la connettività tra i Paesi e, soprattutto, crea legami strategici che si estendono anche al piano industriale, espandendo ad Alitalia le forniture statunitensi che già costituiscono l’ossatura della flotta di Delta Air Lines. E per la compagnia di Atlanta, forte di un fatturato superiore ai 40 miliardi di dollari, l’espansione nel mercato europeo risulta una prospettiva di notevole interesse.
La Francia rimane spiazzata

Chi perde, in questo contesto, è la Francia di Emmanuel Macron. Che affossando il salvataggio di Alitalia da parte di Air France pensava di aver imposto un duro pedaggio all’amico-rivale italiano. Dopo la fusione con l’olandese Klm, il colosso del trasporto aereo transalpino ha costituito un gruppo di notevoli dimensioni che ha, tuttavia, la sua orbita gravitante attorno all’Europa del Nord e all’asse renano. Il passaggio di Alitalia sotto il diretto controllo di Air France avrebbe significato l’abdicazione dell’Italia al controllo di un ennesimo settore industriale e di servizi destinato a finire sotto gestione francese.

Al tempo stesso, portando Delta nel suo capitale Alitalia potrebbe essere favorita da un incremento di importanza nel contesto dei collegamenti intercontinentali. Delta ha attualmente l’unico suo hub europeo all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, ma la sinergia con Roma potrebbe spostare verso il nostro Paese investimenti e interessi. Discorso analogo per EasyJet, che ha messo nel mirino il rilancio dell’aeroporto di Milano Linate.

L’operazione è delicata e andrà gestita con calma e perseveranza, ma sul dossier Alitalia la strada dell’alleanza Italia-Stati Uniti è tracciata. E la posizione del Paese nel settore dei trasporti non potrà che beneficiarne.

STATI UNITI D'EUROPA E GOVERNO MONDIALE IN UN DOCUMENTO DELLA MASSONERIA DEL 1902

PROSSIMA MOSSA DEL GOVERNO? STATI UNITI D'EUROPA, ADDIO SOVRANITA' NAZIONALE E POPULISMO


SAPETE PERCHE' CI PARLANO SEMPRE DI PIU' DI AUTONOMIE REGIONALI? PER AVVIARE L'ITALIA AL PROCESSO DI CONFEDERAZIONE DEGLI STATI EUROPEI A MODELLO DEGLI USA. STATI UNITI D'EUROPA=NUOVO ORDINE MONDIALE!

AUTONOMIA DELLE REGIONI DEL NORD (e Stati Uniti d’Europa) – di Guido Grossi

Lo sai? Te lo raccontano i telegiornali che il ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie sta elaborando in un testo “top secret” una profonda Riforma delle autonomie regionali, ma pensata solo per tre regioni del nord: Emilia, Veneto e Lombardia?
Facciamo mente locale: guarda che già Trentino, Valle d’Aosta e Friuli hanno i loro statuti speciali. Si profila dunque un Nord Italia “diverso”, tentato dal rinchiudersi in sé stesso, meno solidale che mai.
Certo, se “leggi” il mondo attraverso lo squallore della contabilità, e ti capita di confondere il fine ultimo della vita con l’accumulazione di ricchezze materiali, la tentazione si spiega.

Forse, però, sull’altare del dio denaro si finisce per sacrificare qualcosa di più prezioso, come le origini antiche, la cultura, la storia, la lingua, le tradizioni, la solidarietà ed un sentire comune che ha avuto nella Costituzione della Repubblica italiana il punto più alto di condivisione, ed ora rischia di dissolversi, per sempre, prima ancora di essere portato a compimento.
Quel disegno costituzionale è fatto, nella sua essenza, di una comunità repubblicana che avverte inderogabili doveri di solidarietà verso tutti i suoi membri, e di un lavoro dignitoso e ben remunerato per tutti, che sia contemporaneamente strumento di piena realizzazione della persona umana e modo per contribuire alla crescita materiale e spirituale della nazione. Che riconosce la proprietà privata e la libertà di iniziativa economica, ma le subordina all’utilità sociale.
È un modello consapevole dei bisogni non solo materiali degli esseri umani, che vivono di relazioni sane ed equilibrate.
In tal senso, mina alla radice gli interessi del capitalismo globale, e perfino quelli che erano a suo tempo gli interessi del comunismo reale.
Forse è per questo che sin dall’inizio, la sua attuazione è stata ostacolata da forze più o meno occulte che hanno infestato le Istituzioni italiane.

Sicuramente ha influito la circostanza che, quando è stata promulgata la Costituzione, gran parte degli italiani non sapevano né leggere e né scrivere. Sarebbe stato necessario un grande sforzo per spiegare il contenuto, il significato ed il valore di quel modello sociale; sforzo, purtroppo, appena accennato, ed oggi completamente abbandonato.
Ma, attenzione: finché vive, la Costituzione della Repubblica italiana rappresenta una minaccia mortale per il pensiero – ormai unico – del capitalismo globale.
Teniamo a mente la circostanza, importantissima, che la Costituzione è sempre una legge fondamentale (che fa da fondamenta a tutto il diritto), dalla quale discende la legittimità di qualsiasi altra legge ordinaria, e perfino di qualsiasi Trattato internazionale.
Nessuna norma è legittima, se contrasta con la Costituzione.
Purtroppo, questi principi non sono stati spiegati all’immaginario collettivo: non si insegna il “diritto” nelle scuole! Così finisce che il popolo, che è sovrano ma non sa di esserlo, è rassegnato a sottostare ai potenti che pretendono il rispetto di leggi, norme e regolamenti, che con la Costituzione fanno letteralmente a cazzotti, e pertanto non dovrebbero neppure esistere.

Osserva questa informazione alla luce del fatto che le moderne democrazie liberali di tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti d’America, si vantano un po’ ipocritamente di essere fondate sulla “rule of low”: sul rispetto della legge.
Il malinteso, è che i furbi pensano ed usano una qualunque legge. Il rispetto della “legalità formale” finisce così per essere la pretesa di rispetto di leggi scritte in maniera illeggibile dai potenti per i potenti, imposte un po’ attraverso la confusione interpretativa, che fa prevalere il potere organizzato, e quando serve attraverso la “violenza di stato”, con l’uso e l’abuso delle forze dell’ordine.
Tutto ciò viene accettato come “normale” e perfino “giusto”, nel mondo controllato dalle élite, quello che “appare”: quello dei giornali, delle TV, delle riunioni istituzionali e degli incontri mondani.
Allora capisci perché i difensori del capitalismo globale hanno bisogno di farla sparire, la nostra Costituzione italiana.
E capisci anche l’accanimento a fabbricare leggi elettorali che impediscano al popolo sovrano di scegliersi liberamente i propri rappresentanti per accedere alle Istituzioni repubblicane, perché un partito che sia realmente espressione della volontà popolare, farebbe tabula rasa di queste ipocrisie, e riprenderebbe saldamente in mano quel progetto da attuare.

Torniamo ora alle Regioni del Nord, e domandiamoci: che strano mondo è questo che da una parte vuole disgregare lo Stato Nazione verso il basso, passando il potere alle Regioni (ma solo ad alcune), e dall’altro lo vuole sciogliere verso l’alto, concependo gli Stati Uniti d’Europa? Perché lo hai capito, sì, che le élite di tutto il mondo stanno lavorando alacremente, ma dietro le quinte, per preparare il terreno agli Stati Uniti d’Europa?
Guarda: sembra una contraddizione, ma la realtà potrebbe essere un filino più cinica: il disegno “Regioni autonome + Stati Uniti” potrebbe essere un disegno unitario, ed avere il principale obiettivo di declassare o addirittura far sparire le Costituzioni repubblicane.
Dentro gli Stati Uniti d’Europa, infatti, le Regioni (o le macroregioni, di cui “l’Italia del Nord” sarebbe certamente una delle espressioni) avrebbero una forte autonomia normativa ed amministrativa, così come oggi avviene negli Usa per gli stati federati.
Naturalmente, verrebbe esclusa da questa autonomia il controllo della moneta, affidato ad una banca centrale fortemente “autonoma” dalle tentazioni della politica. Così come sarebbe escluso il controllo delle principali forze militari e di sicurezza: il diritto di esercitare la “violenza legale”, resta fortemente accentrato.
Ecco dunque il probabile senso di quella autonomia: libertà, ma solo di fare commerci.
Libertà, di accumulare ricchezze materiali. Protetti dalle forze di sicurezza federali, europee. Mai e poi mai, invece, verrebbe concessa la libertà di manovrare democraticamente i veri strumenti di controllo sociale: forze dell’ordine, e moneta.

Sarò strano io, ma a me quello appare il trionfo di uno squallido egoismo affaristico, dove “fare business”, SENZA IL FASTIDIO DI UNO STATO SOCIALE, diventa l’unica “licenza” (mi viene troppo difficile chiamarla libertà).
Si perfezionerebbe così il sogno perverso delle élite aristocratiche di tutto il mondo, di distruggere il modello costituzionale italiano; di seppellirlo nell’oblio della storia.
Un triste baratto, alla fine, fra élite sopra nazionali ed élite locali: io ti garantisco che puoi continuare a commerciare liberamente, inseguendo l’illusione della ricchezza, tu mi lasci in mano il potere vero, con il quale viene tenuto a freno il “fastidio della democrazia”.

Altro aspetto – importantissimo – di cui non si rendono conto i piccoli e medi imprenditori del nord Italia, ossatura delle élite locali fortemente tentata dall’idea di diventare “una delle regioni più ricche d’Europa, è che il contesto altamente competitivo è pensato e organizzato su regole concepite per sfiancare, alla distanza, la piccola dimensione, favorendo un processo lento ma inarrestabile di concentrazione verso l’altro. Sono “prede designate” di un grande capitale sopra nazionale che non ha fretta.
Mi domando se i nostri ricchi concittadini delle regioni del nord (élite locali) siano consapevoli dei rischi insiti in questa sostanziale cessione definitiva di sovranità, mascherata da autonomia. E non finiscano piuttosto per essere pedine di un gioco, abilmente manovrato dall’alto.
Attenzione, comunque: anche nelle “ricche regioni”, ovunque nel mondo, i poveri saranno tanti di più, quanto più spinta sarà la libertà di circolazione di capitali e merci. Questa è una regola universale, che andrebbe scolpita nella roccia, e che le fasce meno protette della popolazione del nord Italia dovrebbe attentamente considerare. Nei processi di concentrazione aziendale, sono sempre i lavoratori che scivolano verso la povertà.


Come difenderci, allora?
Ora, ragioniamo: l’Autonomia è una cosa serissima, su questo non ci deve essere dubbio. Ma va capita, definita nella sua essenza, e portata al giusto livello. Innanzitutto, va portata il più vicino possibile al Popolo Sovrano, se vogliamo rimanere nell’ambito definito dalla Costituzione di democrazia e di sovranità popolare.
Le Istituzioni regionali, con i loro uffici, assessori e dirigenti, sono a portata di mano delle lobbies economiche del territorio regionale (e soprattutto di quelle sopra nazionali), ma restano lontanissime dai cittadini: praticamente irraggiungibili, se non ai più testardi, organizzati e determinati.
L’Autonomia va data piuttosto ai Comuni, che sono senz’altro più vicini e accessibili tanto ai singoli cittadini, quanto alle loro aggregazioni politiche e sociali.
Le Regioni non servono, e vanno eliminate, perché rappresentano una inutile tentazione: un livello amministrativo in grado di minacciare gravemente l’unità statale (come stanno facendo) senza arrivare a portata di sovranità popolare.
Certo, a volte sono troppo piccoli, i Comuni, e allora vanno incentivate forme di integrazione, aggregazione e collaborazione, ma sempre per libera scelta, mai per imposizioni calate dall’alto. E le aree metropolitane, certamente poco “accessibili” ai cittadini, devono concedere una reale autonomia, anche finanziaria, ai Municipi.

Poche leggi quadro a livello statale, chiare e comprensibili da tutti, che garantiscano livelli standard minimi per tutti, e più autonomia possibile ai Comuni, compresa quella di gestire le risorse, di definire i “Beni Comuni” locali, e di controllare l’economia locale e perfino la finanza, inclusa la possibilità – disciplinata per legge statale – di emettere una moneta locale, che favorisca l’economia circolare nel territorio.
Perché una cosa va detta da subito, aspettando il giorno in cui anche i sassi avranno capito che il commercio fra territori deve tendere al pareggio, se amiamo la pace: facciamola finita con questa idea pelosa della finta solidarietà fatta di trasferimenti di soldi, con la quale gli sfruttatori si lavano la coscienza!

Quei trasferimenti (dai ricchi ai poveri) sono il segno ipocrita che garantisce l’equilibrio dello sfruttamento. Pensare di compensare con i trasferimenti di vile denaro le follie del modello mercantilista, che antepone i diritti dei capitali e delle merci di accumulare sbilanci, alla dignità degli esseri umani, è un’offesa intollerabile.
Decidiamoci a rimettere noi esseri umani, divini e sovrani, nel posto che ci spetta ed è immensamente al di sopra di quello che oggi riserviamo follemente ai capitali ed alle merci, se la pace ci sta a cuore.

Garantiamo a tutti l’accesso alle informazioni rese libere dal controllo del potere economico, e garantiamo l’accesso popolare diretto alle istituzioni dove si prendono le decisioni che ci riguardano, modificando strutturalmente sia le leggi elettorali, sia gli strumenti della partecipazione diretta.
Proteggiamoci dai prepotenti, garantendo la legalità nei territori con una la forza pubblica resa democratica e popolare.
Prendiamoci la responsabilità di gestione dell’economia del territorio, inclusa l’autonomia monetaria.

E il mondo cambia. Si rivoluziona. Torna ad essere a dimensione umana (che è sempre divina, e sovrana).

A quel punto, resta da domandarci: a cosa altro possono servire, gli Stati Uniti d’Europa?
Siamo proprio sicuri che per trovare forme di collaborazione pacifica, alle quali tutti noi sicuramente aspiriamo, dobbiamo costruire Istituzioni Politiche, grandi e lontane, di qualsiasi forma?
Quanto più il potere di decisione è lontano dai popoli sovrani, tanto più è vicino ed accessibile solo ed esclusivamente ai rappresentanti del grande capitale sopra nazionale, che della democrazia, non sanno cosa farsene.
Gli Stati Uniti d’Europa, sono a dimensione di multinazionale, non di popoli sovrani. Esattamente come lo sono, già oggi, gli Stati Uniti d’America.
Pensaci, seriamente: per collaborare, servono piuttosto luoghi di incontro, dove si dialoga, dove si espongono i punti di vista e si confrontano le esperienze. Luoghi di consultazione, di elaborazione di pensiero e di proposte e, eventualmente, di programmazione comune.
Più Relazioni fra i popoli, e meno Istituzioni per le élite, e viviamo tutti meglio, ed in pace.

LA VERA PROPOSTA RIVOLUZIONARIA DEI GILET GIALLI CHE I MEDIA NON CI DICONO





CRISI FINANZIARIA E RECESSIONE. TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE



UE E BCE: CORSA ALL’ORO

CONSEGNARE L'ORO ALLA BCE? E' COME CONSEGNARSI AL CARNEFICE SPONTANEAMENTE. MEGLIO USCIRE DELL'UE QUANTO PRIMA PER NON RISCHIARE LA DERIVA ECONOMICO-FINANZIARIA DEL PAESE! 

Ue e Bce: corsa all’oro



L’Italia è la terza nazione del pianeta per riserve auree, detiene 2.451,80 tonnellate d’oro per un controvalore di 69 miliardi di euro. Nella sua dettagliata relazione la Banca d’Italia rivela che 1.194,40 tonnellate (quasi la metà della riserva) sono stivate nei caveau di Palazzo Koch, a Roma in via Nazionale a Roma. La parte restante è immagazzinata presso i depositi della Federal Reserve di New York. E in parti più modeste l’oro italiano è conservato presso la Banca d’Inghilterra, a Londra, e presso la Banca Nazionale Svizzera a Berna. Presso la Sede della Banca d’Italia le riserve custodite sono sotto forma di monete per 4,1 tonnellate (871.713 pezzi, cosiddetto “oro monetato”) mentre le altre parti sono in forma di lingotti. E qui iniziano i problemi, entro il 2019 la Banca centrale europea dovrebbe pretendere (su espressa richiesta di maggiore integrazione da parte dell’Ue) che tutto l’oro italiano venga consegnato alla Bce. Operazione che verrebbe “consigliata” a tutti i Paesi a regime Euro, e per scongiurare nuove “Brexit”. Una parte dei lingotti italiani sono già stati consegnati alla Bce, componente delle riserve valutarie conferite alla Bce (ai sensi dell’articolo 30 dello Statuto del Sebc, Sistema Europeo Banche Centrali).


Nei documenti di Bankitalia si sostiene che “revisori esteri” già controllano annualmente le riserve auree di Palazzo Koch. Di fatto l’Unione europea intende continuare la guerra al denaro contante anche togliendo agli Stati il possesso materiale dell’oro. E questo perché il passo successivo è colpire i proprietari di oro, ovvero quelle persone che hanno fronteggiato la crisi acquistando oro e preziosi in genere.

“Il denaro contante e l’oro in lingotti - dicono dall’Ue - sono utilizzati per attività criminali, come il riciclaggio o il finanziamento del terrorismo, quindi vanno colpite tutte le tesaurizzazioni che non avvengono in moneta elettronica”. Di fatto Ue e Bce vogliono colpire ogni forma di risparmio, ben guardandosi dal rivolgere accuse a chi investe in Bitcoin e monete elettroniche varie. A Bruxelles hanno deciso di introdurre la facoltà di sequestrare contante e preziosi se superano il valore soglia dei 10mila euro: per valori superiori s’innescherebbe il sospetto di “presunta attività criminale”. Anche per la moneta elettronica non sarà più possibile l’anonimato, le carte prepagate verranno monitorate e sospettate di far parte della rete del “gioco illegale”.

L’eurodeputato Mady Delvaux aveva detto due settimane fa che “l’Ue lavora a rendere più severi i controlli sul contante, facilitare le ispezioni della polizia transfrontaliera e accelerare il congelamento dei beni e le decisioni di confisca: tutto fa parte del pacchetto denominato Unione per la sicurezza”.

In pratica l’Ue sta spingendo verso la “tesaurizzazione domestica” chi ancora ha dei risparmi. Persone che prelevano dai propri conti bancari a causa della crescente paura d’azzeramento dei conti, della fuga e volatilizzazione del contante. Il divieto sul denaro contante sta esacerbando gli animi. Le normative Ue si stanno rivelando degne delle “democrazie bancariamente protette”, dittature fiscali e finanziarie gestite dalle alte burocrazie di Unione europea e Bce.


Perché Russia, Turchia e Cina comprano oro a ritmo record

Lingotti d'oro

Le banche centrali di tutto il mondo stanno aumentando le loro riserve auree ad un ritmo incredibile. Solo negli ultimi tre mesi hanno acquistato oro per un valore di 5,82 miliardi di dollari, ovvero circa un quarto in più rispetto all'anno precedente. La Banca di Russia e la Banca centrale turca hanno infranto vari record in questi termini.
La corsa all'oro
Secondo i dati forniti dal World Gold Council, le banche centrali hanno acquistato fino a 148 tonnellate di oro, il 22%in più rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. La Banca di Russia è leader negli acquisti, che ammontano a 92 tonnellate. La Russia in precedenza aveva acquistato una quantità comparabile del metallo prezioso solo al culmine delle riforme del mercato del 1993.
Tenendo conto delle 106 tonnellate acquistate dal paese nel primo semestre, la riserva aurifera russa ha ora superato le 2.036 tonnellate, per un valore di circa 78 miliardi di dollari. La Russia è quindi entrata nelle prime cinque nazioni che detengono più oro, superata solo dagli Stati Uniti, la cui riserva ammonta a 8.133,5 tonnellate, dalla Germania con le sue 3369,7 tonnellate, dall'Italia (2,451,8 tonnellate) e dalla Francia (2.436 tonnellate).
Se la Russia continua i suoi acquisti allo stesso ritmo, supererà la Francia entro il 2020, mentre la Banca centrale sembra determinata a voler aumentare la sua riserva d'oro alla luce dello slogan del primo vice capo della Banca centrale Dmitry Tulin "una garanzia del 100 per cento contro rischi legali e politici".
Nel frattempo, lo status di alcuni dei più attivi compratori di oro è stato recentemente rivendicato da Turchia e Cina, entrambi paesi che hanno avuto recentemente un rapporto teso con gli Stati Uniti. Sono anche diventati importanti venditori di titoli del Tesoro USA nel corso dell'anno, con la Russia che ha tagliato i suoi investimenti nel debito nazionale USA a 1/8 di quello che era in precedenza.
Margine di sicurezza
Il mondo si approccia a una nuova era di instabilità, con la prospettiva di una crisi globale che sembra sempre più tangibile, e molti esprimono la certezza che l'imminente sconvolgimento inciderà principalmente sull'economia americana e sul dollaro. A metà ottobre, Ulf Lindahl, a capo della società AG Bisset Associates, specializzata in mercati valutari, ha dichiarato che il valore del dollaro potrebbe diminuire del 40% rispetto all'euro nei prossimi cinque anni.
Le aspettative negative degli investitori si riflettono anche in un recente sondaggio condotto da 174 gestori di fondi di investimento, le cui attività totali ammontano a 518 miliardi di dollari. Il sondaggio è stato condotto dalla Bank of America (BofA). Gli intervistati hanno affermato che negli ultimi due mesi hanno ridotto la quantità di titoli statunitensi del 17% in media, a causa della maggiore volatilità dei mercati del paese.
Le tariffe in alluminio e acciaio, così come i limiti delle importazioni cinesi introdotte da Donald Trump all'inizio di quest'anno, hanno già avuto un effetto negativo sui bilanci trimestrali delle principali società americane, 3M e Caterpillar in particolare. Separatamente, la guerra commerciale con la Cina ha portato a uno sconvolgimento per gli agricoltori statunitensi, dopo che Pechino ha frenato gli acquisti di prodotti agricoli statunitensi in risposta alle tariffe. I prezzi per i semi di soia sono diminuiti del 18%, il mais è venduto al 12% in meno e il maiale è sceso del 29%.
La Federal Reserve è pericolosa?
Il 31% dei gestori di fondi di investimento considera le politiche della Federal Reserve come il secondo più grande rischio. "Aumentando i tassi di interesse per i prestiti in dollari, la Federal Reserve incrementa simultaneamente il ritmo del recupero di 3,5 trilioni di dollari, riversato nei mercati internazionali dopo la crisi del 2008", ha sottolineato il chief economist di ING Bank James Knightley. "Da ottobre, il volume delle operazioni volte a ridurre il saldo è cresciuto fino a 50 miliardi di dollari al mese: la Federal Reserve pondererà buoni del Tesoro del valore di 30 miliardi di dollari e mutui del valore di 20 miliardi".
A partire dalla fine di luglio, la Cina possiede un debito pubblico di 1,2 trilioni di dollari in titoli di debito nazionali statunitensi. Liberandosi dei titoli nel mercato, si ritiene che Pechino condanni l'economia americana ad una nuova crisi finanziaria, con il dollaro che dovrebbe perdere di valore. Pertanto, sulla soglia dei nuovi sconvolgimenti economici, sia gli investitori che le banche centrali continuano a fare affidamento sul buon vecchio oro.

DIFENDIAMO IL CATTOLICESIMO E LA TRADIZIONE

SCONCERTANTI ASSERZIONI DEL VESCOVO DI ROMA DA SUOI  DISCORSI PUBBLICI ED ENCICLICHE. SCONCERTANTE....

Papa Francesco che sarebbe più veritiero chiamare il signor Bergoglio sta distruggendo 2000 anni di storia della chiesa attraverso una strategia del terrore che paralizza i consacrati e una serie di affermazioni che confondono le menti dei fedeli.







Attacco all'oro dell'Italia

IL GOVERNO DIFENDA L'ORO ITALIANO CHE DEVE RIMANERE AL POPOLO CHE HA CONTRIBUITO A CREARLO.
UN ARTICOLO DEL 2011 CHE DENUNCIAVA L'ATTACCO AL NOSTRO SISTEMA ECONOMICO E ALLE RISERVE AUREE DELL'ITALIA COME SISTEMATICO E "SISTEMICO".  


Cosa si nasconde dietro gli attacchi all’Italia? L’Italia è un paese in crisi economica con un debito pubblico che rappresenta praticamente il 120% del PIL, ma ha ancora enormi ricchezze e tante imprese pubbliche che fanno grossi guadagni e quindi molto appetibili. Ma c’è una ricchezza di cui nessuno parla: l’Italia ha la quarta riserva di oro al mondo. L’attacco all’Italia è finalizzato a “derubarla” delle sue imprese pubbliche e delle sue immense riserve auree. L’oro è un prodotto strategico e lo sarà sempre di più nel futuro immediato, per cui fa gola.
Lo scorso mese di maggio l’agenzia di rating, Standard & Poor's, aveva tagliato la prospettiva italiana da stabile a negativa, con la motivazione che il potenziale ingorgo politico poteva contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico, da cui derivava un impegno incerto nelle riforme a sostegno della produttività. Quindi per S&P's diminuiscono le prospettive dell'Italia per ridurre il debito pubblico.
Dopo Standard & Poor's anche Moody's inizia il pressing contro l’Italia, annunciando che il rating italiano ”Aa2” è sotto osservazione e potrebbe essere ridotto. Le motivazioni, ovviamente sono le solite: le debolezze strutturali dell’Italia, la probabile crescita degli interessi, l’incapacità di tenere sotto controllo i conti pubblici e quindi il debito pubblico.
Dalla settimana scorsa, l’attacco all’Italia si concretizza: inizia il crollo della borsa, aumentano gli interessi sul debito pubblico Italiano e la manovra presentata dal Governo con l’inasprimento di bolli e balzelli sui titoli di stato potrebbe far allontanare gli investitori da questi titoli, con la conseguenza di far aumentare ulteriormente gli interessi. Successivamente tale manovra è stata ritirata.
Nella sola giornata del’11 luglio i buoni italiani a due anni sono crollati del 19,88%, passando da 3,53 a 4,203; negli ultimi giorni hanno un pò recuperato, ma siamo sempre a livelli che triplicano i tassi dell’aprile del 2010, poco più di un anno fa; infatti il 16 aprile i bond a 2 anni erano a 1,27.
Anche la borsa italiana è scesa fino a 18.295,19 l’11 luglio, per poi risalire leggermente nei giorni successivi e chiudere la settimana del 15 luglio a 18.450,45; se consideriamo che lo scorso 18 febbraio aveva raggiunto il massimo per l’anno in corso a 23.273,80, significa che da allora, in questi ultimi cinque mesi ha perso il 20% circa.
Inoltre, se consideriamo che l’indice della borsa italiana era a 41.074,00 il 9 di ottobre del 2007, giorno in cui il Dow Jones fece registrare il suo massimo storico, significa che da allora sta perdendo circa il 55% e se, infine, consideriamo che approssimativamente 4 anni fa, il 18 maggio del 2007 l’indice della borsa italiana era a 44.364,00 significa che da allora sta perdendo il 60% circa. Ricordiamo anche, che il 9 marzo del 2009 l’indice FTSE MIB era sceso a 12.332,00; quindi al momento è ancora ben sopra quella quota e dunque se dovesse continuare a scendere non sarebbe una novità. Due anni fa, insomma la borsa era in una situazione peggiore.
Come mai l’attacco all’Italia?
Il Financial Times in un articolo dello scorso 10 luglio titolava: "Gli hedge fund Usa scommettono contro i bond italiani". In realtà, da anni i giornali anglo-americani ed in particolare gli organi ufficiali del capitalismo, come il “The Economist” o il “Financial Times” sono all’attacco dell’Italia. Si sono scagliati anche contro Silvio Berlusconi, massimo rappresentante del capitalismo italiano, praticamente da 17 anni alla guida del paese, alternandosi con i rappresentanti del liberismo del centro-sinistra (Ciampi, Dini, Amato, Prodi).
Come abbiamo già scritto in varie occasioni, il signor Berlusconi, sceso in politica per risolvere esclusivamente i suoi problemi, nel pensare troppo agli affari suoi ha finito per frapporsi agli interessi delle grandi multinazionali, della globalizzazione, dei fautori di progetti vuoti come il "Nabucco". 
Il Cavaliere sa bene che le necessità energetiche (primariamente quelle sue e poi, indirettamente quelle degli italiani) non possono essere coperte dai globalisti, dagli anglo-statunitensi e con la sua adesione al progetto di oleodotto South Stream, che si contrappone all’oleodotto “Nabucco”, di interesse anglo-statunitense, necessariamente ha finito per inimicarsi gli USA, che evidentemente hanno deciso di scaricarlo, di liberarsi di lui quanto prima (consiglio sul tema l’articolo: “Gli Stati Uniti, il gasdotto South Strean, Berlusconi e la sinistra”).
Per questa ragione, ultimamente abbiamo assistito a continui viaggi in Usa di politici italiani, alleati (oggi ex) ed avversari di Berlusconi. Negli USA sono stati il suo ex alleato Gianfranco Fini (vedasi: "E' Fini la nuova carta degli USA" oppure "Gianfranco Fini interlocutore privilegiato degli USA") e Massimo D'Alema, rappresentante del partito anglo-statunitense in Italia, di cui la fedeltà al liberismo è ben provata, fin dall'epoca dei bombardamenti della ex Jugoslavia, quando era capo del governo italiano; negli USA è stato perfino Nichi Vendola che ha incontrato il non certo progressista Schwarzenegger (vedasi: "Vendola incontra Schwarzenegger").
Sembra veramente strano, ma tutti stanno giocando contro l’Italia ed in particolare contro Berlusconi che alla fine, per certi versi, un po' facendo marcia indietro, un po' grazie alle circostanze è risuscito, almeno per il momento, a salvare la pelle, ovviamente quella politica, ossia la sua carica di capo del governo. In ogni caso il suo destino è segnato; non andrà avanti per troppo tempo. 
E gli italiani, in particolare il proletariato italiano, andrà di male in peggio! I neo moralisti e puritani nostrani che stanno attaccando Berlusconi per via degli scandali sessuali e che presto si sostituiranno al governo di Silvio Berlusconi, sono i rappresentanti di Goldman Sachs, della BCE, del FMI, del partito dei globalisti e degli anglo-statunitensi, che continuamente attaccano l’Italia.
Dunque, perchè i continui attacchi anglosassoni al Cavaliere ed all’Italia? Berlusconi certamente non è attaccato per i suoi scandali sessuali! E’ da ingenui credere una cosa del genere.
L’Italia è un paese in crisi, in profonda crisi economica, con un debito pubblico praticamente impagabile, attorno al 120% del PIL e con le principali imprese del paese che a causa della caduta dei tassi di guadagno si stanno spostando altrove, in zone che permettono guadagni superiori a quelli dell’Italia. Ma l’Italia, pur in profonda crisi ha ancora tanti gioielli, molto appetibili e che le multinazionali anglo-americane sperano di “comprare” a prezzi stracciati.
Gli interessi dei globalisti e degli anglosassoni puntano a privatizzare quanto c'è rimasto da privatizzare in Italia: dall'ENI, di cui una parte è ancora in mano allo stato, così come pure l’Enel, oltre a Finmeccanica, Fincantieri, Trenitalia, Poste, Televisione pubblica, Ospedali e centri sanitari all’avanguardia nella ricerca, Università, Scuole e imprese municipalizzate, come quelle dell'acqua e della raccolta dei rifiuti. A tutto ciò va aggiunto che l’Italia possiede un ricco patrimonio paesaggistico e ambientale, decisamente invidiabile e un ricchissimo patrimonio artistico; in Italia è concentrato il 60/65% di tutti i beni artistici e archeologici dell’umanità.
A tutto questo va aggiunta una ulteriore ricchezza posseduta dall’Italia, di cui nessuno parla: il suo oro!
Nessuno ne parla, ma l’Italia ha la quarta riserva di oro del mondo, che allo scorso giugno ammontava a ben 2.451,80 tonnellate, che al prezzo odierno dell’oro equivale a circa 100 miliardi di euro. Solo FMI e due stati, USA e Germania, hanno riserve auree superiori alla riserva italiana. L’oro è un prodotto altamente strategico destinato a rivalutarsi fortemente nel futuro immediato, per cui questa ricchezza è molto appetibile.
In questo momento, l’oro italiano è il principale obiettivo su cui hanno messo gli occhi i globalizzatori.
Quindi, l’Italia pur essendo un paese in forte crisi, possiede ingenti ricchezze. Come impossessarsi o meglio derubare queste ricchezze all’Italia ed al popolo italiano? Approfittando dell’enorme debito pubblico, i grandi predatori con l’aiuto dei propri rappresentanti all’interno del paese, ovvero i liberisti nostrani, gli stipendiati di Goldman Sachs, FMI, BCE, Federal Reserve, World Bank, WTO ed affini faranno pressione per ridurre il debito pubblico attraverso la privatizzazione, la vendita, ovviamente a prezzi fortemente scontati, dei beni sopra citati. Come già successo con la privatizzazione delle grandi banche statali, ad esempio, negli anni novanta, lo stato incasserà delle somme che andranno ad incidere in minima parte sulla riduzione del debito, ma allo stesso tempo l’Italia perderà definitivamente i grandi guadagni che queste imprese producono.








La privatizzazione, come insegna la storia, non è mai servita a risolvere i problema di un paese, anzi li ha ingigantiti. Pertanto, nei prossimi anni l’Italia andrà incontro a problemi economici molto più gravi. Il mancato introito dei guadagni derivanti dalle imprese pubbliche privatizzate, la riduzione della spesa pubblica e lo smantellamento del welfare state, dello stato assistenziale, ma anche l’incremento della disoccupazione e la riduzione dei consumi accentuerà la crisi, che porterà alla chiusura di ulteriori imprese; tutto ciò si ripercuote ovviamente anche sugli introiti dello stato, dato che si determina una riduzione del gettito fiscale, una riduzione delle imposte dirette ed indirette e per conseguenza lo stato avrà sempre meno soldi da distribuire. Come insegna la storia recente, per esempio dell’Argentina o dell’Ecuador, per restare all’America Latina, la conseguenza diretta sarà una inevitabile esplosione sociale, placabile solo con la repressione, con la forza ovvero con una dittatura.
Il futuro dell’Italia appare sempre più nero ed inevitabilmente il popolo italiano sarà costretto a riprendere la via dell’emigrazione.
Come mai gli attacchi a Berlusconi, uno dei massimi rappresentati del capitalismo italiano? Berlusconi, da quando è al governo, fra una orgia e l’altra non ha avuto il tempo di continuare con la svendita del patrimonio italiano, occupandosi esclusivamente degli affari suoi, ovvero di come risolvere i propri problema giudiziari. Ai globalizzatori ha concesso poco, certamente molto meno di chi lo ha preceduto e quindi è normale che sia attaccato. Berlusconi, però dovrebbe comunque essere ringraziato dai globalizzatori anglo-americani, perchè con la sua politica ha contribuito non poco ad incrementare il debito pubblico italiano, dando quindi una grossa mano ai globalizzatori che sulla base del forte debito pubblico, lasciato in eredità anche da Berlusconi, potranno chiedere a gran voce che si proceda con la massima urgenza alla privatizzazione di tutto quanto è possibile svendere.
Ricordiamo che Berlusconi, la prima volta che arriva al Governo era stato preceduto da Carlo Azeglio Ciampi, e questi poco dopo essere diventato capo del governo, il 30 giugno del 1993 nomina un Comitato di consulenza per le privatizzazioni, presieduto da Mario Draghi, uomo Goldman Sachs, non a caso, oggi, arrivato alla presidenza della BCE.
Ciampi aveva proseguito la svendita del patrimonio italiano iniziata dal socialista Giuliano Amato, braccio destro di Craxi (inspiegabile miracolato dai giudici che provvidero a far piazza pulita della classe politica italiana di allora) e dal “lottizzatore” democristiano Romano Prodi; Romani Prodi venne così definito, per il suo comportamento quando era presidente dell’IRI, da Franco Bechis in un articolo pubblicato su Milano Finanza: “Prodi, all'Iri, lottizzò come un democristiano“.
Sul tema delle privatizzazioni in Italia, invitiamo ancora una volta a leggere l'articolo di Eugenio Caruso su Impresa oggi: "Iri tra conservazione e privatizzazioni"
Insomma l’attacco al Cavaliere si spiega perchè non è considerato all'altezza dei suoi predecessori privatizzatori e quindi si preme per un immediato ritorno di questi.
L’attacco all’Italia è finalizzato al furto del suo oro, del suo enorme patrimonio ambientale, artistico e archeologico e delle imprese pubbliche dai grandi guadagni.

Così i nazisti sottrassero l'oro della Banca d'Italia

Con l'8 settembre l'Italia precipitò in una situazione di caos enorme. Ci andò di mezzo anche la riserva aurea della Banca d'Italia. Un quantitativo enorme di ricchezza che nessuno fu capace di salvare dalle rapaci mani dei nazisti: per la precisione 119.252 chilogrammi d'oro. La storia ha dell'incredibile e i contorni della vicenda non sono mai stati chiariti del tutto. Già nel 1941 Mussolini aveva pensato di far trasferire le nostre riserve a L'Aquila. I lavori per creare le necessarie strutture blindate, però, procedettero enormemente a rilento. Nella primavera del '43 il problema divenne ancora più pressante e si stava pensando a un qualche luogo nel nord Italia, anche l'Aquila iniziava ad apparire come troppo vulnerabile. Poi la caduta del regime, il 25 luglio, congelò qualunque piano. Anche se, a quanto pare, il governo Badoglio tornò rapidamente a porsi il problema.


E qui cominciano i misteri e i rimpalli di responsabilità. Badoglio sicuramente disse al governatore della Banca, Vincenzo Azzolini, di organizzare un trasporto blindato dell'oro verso nord in località sicura e vicina alla Svizzera (per poter spostare l'oro oltre confine?). Azzolini sostenne a più riprese di aver girato l'incarico organizzativo al direttore generale Giovanni Acanfora. Nei processi seguiti al Conflitto Acanfora negò di aver ricevuto qualunque delega. Sta di fatto che le 119 tonnellate rimasero a Roma in via Nazionale. Così quando la città cadde il loro destino fu segnato. La storia di come l'oro prese la strada della Germania e di quanto fu difficile per l'Italia recuperarne almeno una parte (circa 2/3) è raccontato nel saggio scritto da Sergio Cardarelli e Renata Martano I nazisti e l'oro della Banca d'Italia. Sottrazione e recupero (1943-1958).