giovedì 14 febbraio 2019

IL VENEZUELA COME LA LIBIA


J’accuse di Colombani: «Così l’Italia finisce nell’orbita di Putin»

DICHIARARE CHE IL GOVERNO ITALIANO USI LA FRANCIA DI MACRON COME CAPRO ESPIATORIO DELLA RECESSIONE SEMBRA DAVVERO TROPPO. ANCHE PERCHE', LA SITUAZIONE DIFFICILE DEL POPOLO FRANCESE E' SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI, E UN'ALLEANZA SOVRANISTA E POPULISTA TRA PAESI FA PAURA A MOLTI EUROCRATI, MACRONIANI IN PRIMIS. MA POI, COSA C'ENTRA PUTIN?! COME AL SOLITO, VIENE TIRATO IN BALLO A SPROPOSITO....

Intervista all’ex direttore di Le Monde



«Quanto durerà? Considerando i protagonisti, temo abbastanza». È pessimista Jean- Marie Colombani, giornalista e saggista, tra i fondatori di Slate. fr storico direttore diLe Monde quando gli chiediamo se vede una soluzione alla crisi diplomatica esplosa giovedì scorso tra Parigi e Roma. E dopo che, per «accuse reiterate», «attacchi senza fondamento» e «dichiarazioni oltraggiose» il ministro degli esteri francese ha ritirato l’ambasciatore Christian Masset.

È di ieri la conferma che l’ambasciatore tornerà a Palazzo Farnese «a tempo debito». A che punto siamo di questa inedita battaglia diplomatica?
Certamente è una crisi grave: per trovarne una analoga bisogna risalire ai peggiori anni bui del xx secolo ed è davvero spiacevole per la Francia e ancora di più per l’Italia, che certo da un simile atteggiamento ha molto più da perdere che da guadagnare. Quale alternativa avrebbe al di fuori di una relazione stretta con la Francia nell’Unione europea: diventare un satellite della Russia? Fare come Viktor Orban e mettersi sulla scia di Putin? È assurdo anche perché questa situazione è frutto di considerazioni determinate esclusivamente dalla politica interna che si riflettono su entrambi i paesi.

A cosa si riferisce?
Tutti hanno capito bene qual è il gioco di Matteo Salvini e con quale profitto, visto che ha appena vinto le elezioni in Abruzzo e non può che felicitarsene. Ma il nuovo governo ha portato l’Italia in recessione, cosa che non accadeva da tempo, e lo ha fatto attuando misure non sufficienti e andando a cercare un capro espiatorio, la Francia di Emmanuel Macron quando avrebbe potuto agire in maniera diversa e scegliere atteggiamenti non violenti. Il fatto che Di Maio sia venuto ad incontrare non i Gilet jaunes ma uno dei leader dei Gilet jaunes ( Chalençon, ndr), il peggiore, che incita al colpo di stato militare e chiede che i generali prendano il potere e il fatto che lo abbia fatto solo perché in competizione elettorale con Salvini è evidentemente assurdo e irresponsabile.

Tra italiani e francesi c’è un rapporto che oscilla tra antichi risentimenti e passioni altalenanti. Cosa pesa oggi su questa relazione le scelte del passato o gli atteggiamenti più recenti?
Vede, in passato sono state fatte scelte anche errate. Prendiamo l’accordo con Fincantieri: Macron l’ha riconsiderato più per rivalsa nei confronti di Hollande che in risposta all’Italia e anche in quel caso la politica interna ha pesato sulle relazioni bilaterali. Oppure la politica che Parigi mette in atto alle frontiere, a Mentone per esempio, che è eccessivamente dura. Potrei fare un elenco di torti che un paese ha fatto all’altro su questioni che solitamente si gestiscono in parità, senza polemiche o scandali. Oggi però si è andati oltre: quello che trovo disastroso è che Salvini e Di Maio sono riusciti a creare negli italiani un sentimento anti- francese il che è assurdo in questo momento. Nessuno dei nostri paesi resisterà nel mondo che stiamo costruendo se l’Europa non si rafforzerà e questo non può accadere se si resta su piani differenti: è una constatazione storica e l’Italia, come la Francia, non deve trascurare il suo ruolo nel cuore dell’Unione. Ma non è rivoltandosi contro la Francia che le cose miglioreranno.

A cento giorni dalle elezioni europee bisogna credere che questa situazione sia davvero il frutto di strumentalizzazioni a fini elettorali? È una delle accuse che il Quai d’Orsay muove all’Italia…
Certo, sono strumentalizzazioni che continueranno fino al voto europeo. Salvini e Di Maio sono all’interno di una battaglia elettorale e penso che ritengano si debba continuare così.

Quali tracce resteranno di questo affaire?
Non saprei ma spero sinceramente che non ce ne siano. Mi auguro davvero che le persone apprezzino quello che c’è tra i nostri due paesi e spero che non si faccia ulteriormente largo questo movimento di opinione anti- francese. Bisogna risalire al 1400 o al 1500 per trovare qualcosa di simile. Spero che la saggezza prenda il sopravvento ma purtroppo questo non è un periodo in cui c’è molto spazio per questo: siamo in un’epoca di irrazionalità e di demagogia e questo è spaventoso.



Dunque qual è oggi l’urgenza per la Francia? Risolvere la crisi con i Gilet jaunes? E quale per l’Italia?
La priorità della Francia è innanzitutto trovare una via d’uscita a questa rivendicazione che è sempre più malsana perché sta generando risentimenti e atteggiamenti antisemiti, appelli alla violenza, odio per il sistema repubblicano come negli anni Trenta. Il grand débat ( il dibattito nazionale lanciato dal presidente Macron, ndr) può aiutare a uscire da questa situazione perché permette di dimostrare che discutendo si possono risolvere i problemi, che la democrazia è la risposta, non la violenza. Sfortunatamente, questo è un cammino molto molto lento. Quanto all’Italia, deve quanto prima ritrovare una gestione corretta che la possa rimettere sui binari: non è su questo che si era scommesso e che il vostro paese sia in recessione non è normale.

«Io medico, pago per aver detto no al mobbing dell’Asl Roma B»


Nel 2006 il dottor Antonio Auricchio chiede, all’azienda sanitaria presso cui presta servizio, orari e condizioni meno sfibranti: «Lì inizia il mio calvario, fatto di referti che negano i danni alla salute e stipendi tagliati, che ora mi lasciano con una pensione da 800 euro»

Si può essere stritolati dal mobbing perché “antipatici”? Pare di sì, almeno ad ascoltare l’amarezza di Antonio Auricchio, 66 anni, medico in servizio all’Asl Roma B fino al 2017, dall’anno scorso in pensione e in condizioni economiche indegne di un ente previdenziale come l’Enpam. «Sopravvivo con 800 euro al mese perché ho preteso di vedere riconosciuti i miei diritti», dice. «Mi spiego: ho lavorato all’Asl per oltre un quarto di secolo, dal 1991. Mansioni durissime: visite fiscali ai detenuti ai domiciliari o agli inquilini destinatari di sgomberi. Nel 2006 chiedo di poter lavorare per qualche ora settimanale in più ma in condizioni meno sfibranti. L’Asl lo prende come un affronto. Mi ammalo. E a quel punto inizia un calvario di visite mediche in cui la mia stessa Azienda sanitaria di appartenenza non riconosce le patologie gravi che imporrebbero di risarcirmi. Al contrario, giacché sono in stato di malattia, mi decurtano lo stipendio, ed ecco perché oggi ho una pensione da fame».

Ha chiesto l’invalidità permanente, l’esenzione dai ticket e agevolazioni banali come la tariffa ridotta sugli autobus della Capitale: «Niente da fare, grazie a certificazioni predisposte ad arte, come vendetta per aver osato chiedere condizioni di lavoro migliori». Sette anni fa, in un colloquio con la legale di Auricchio, Federica Giandinoto, il direttore amministrativo dell’Ordine dei medici di Roma, Dino Cosi, taglia corto: «Il suo assistito? Puntano a farlo fuori, così si liberano del problema».

Esagerazioni? Intanto pende, non archiviato, un fascicolo presso la Procura di Roma aperto in seguito a un esposto di Auricchio, che ancora due settimane fa ne ha presentato un altro ai Carabinieri di Casalbertone. «Sono stato penalizzato, hanno ignorato i rischi di trombosi e di infarto, riscontrati da altre strutture sanitarie già nel 2012. Infarto che poi si è verificato. Nei certificati prodotti dall’Asl», racconta Auricchio, «le mie richieste di non essere calpestato, come dipendente e come persona, sono ribaltate in diagnosi del tipo ‘affetto da disturbi paranoici’, ‘soggetto vendicativo e disforico’. Ho chiesto a un noto psichiatra di verificare queste valutazioni, ha trovato nulla più di qualche inevitabile sintomo ansioso-depressivo. Hanno persino negato che l’ipotiroidismo mi fosse stato provocato da orari e condizioni incompatibili con il diritto del lavoro».

Resta in ogni caso l’assurdo di un medico ridotto in condizioni drammatiche, a cui neppure si riconosce la piena invalidità e che forse ha il solo torto di essersi battuto con ostinazione. Anziché adattarsi all’adulazione gerarchica, unico infallibile sistema di autopromozione per i dipendenti pubblici.

A 35 anni dal caso Tortora, le associazioni denunciano: «Le vittime degli errori giudiziari senza risarcimento»


Risultati immagini per FOTO arresto Enzo Tortora

LA MAGISTRATURA DOVREBBE RIPENSARE L'INTERO IMPIANTO DELLE DEPOSIZIONI E UTILIZZO DELLE "INFORMAZIONI" DEI COSIDDETTI "PENTITI", CHE POI COSI' PENTITI NON SONO MAI. UN CRIMINALE RESTA UN CRIMINALE SOPRATTUTTO QUANDO, PER SALVARSI DA UNA LUNGA DETENZIONE, NON CI PENSA DUE VOLTE AD ACCUSARE UN INNOCENTE! SONO NECESSARIE PROVE CERTE E RISCONTRATE PRIMA DI ROVINARE LA VITA AD ALTRE PERSONE! I CASI TORTORA E GULOTTA NE SONO LA DESOLANTE TESTIMONIANZA.... 


Disse Ferdinando Imposimato (giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo, tra cui il rapimento di Aldo Moro) che l’errore giudiziario è un virus, capace di inocularsi in qualsiasi parte del processo e di rimanerci se il sistema non è in grado di espellerlo. Reazione che, talvolta, non avviene e che, dal più famoso caso di Enzo Tortora – del quale ricorre il trentacinquesimo anniversario dal suo ingiusto arresto – passando per il più eclatante, quello di Giuseppe Gulotta, ha prodotto, dal 1991 a oggi, circa ventiseimila e cinquecento errori giudiziari, compresa l’ingiusta detenzione, e per risarcire i quali lo Stato, dal 1992 al 2017, ha speso 768.361.091 milioni di euro, quasi 29 milioni di euro l’anno.

Utilizzati, principalmente, per corrispondere gli indennizzi per le ingiuste detenzioni, che oggi, dopo la legge Carotti che li elevò da cento milioni di lire a un miliardo, hanno un tetto massimo di 516mila euro. «L’unico che lo ottenne fu Clelio Darida, ex guardasigilli e sindaco di Roma. Per tutti gli altri, è una somma simbolica che viene elargita come ristoro», racconta a Left, il presidente dell’associazione Art643, Gabriele Magno. Che precisa: «Il vero problema è l’abuso della questione della custodia cautelare preventiva, ossia per il solo fumus del reato, i presunti colpevoli vanno in carcere o ai domiciliari: per loro non è previsto il risarcimento (che, invece, spetta a chi ha subìto condanna definitiva e solo dopo la revisione del processo, grazie a nuove prove, viene assolto) bensì un indennizzo». Sempre più spesso poco riconosciuto: «un po’ perché, così facendo, si cerca di tutelare l’infallibilità del magistrato e un po’ per una questione di principio», continua Magno. Per esempio, «i magistrati che hanno assolto Enzo Tortora – prosegue Magno – sono stati ampiamente criticati perché assolvendolo hanno creato i presupposti perché vincesse il referendum dei radicali sulla responsabilità civile dei giudici».
Quello del tetto massimo dell’indennizzo e quello relativo agli errori del magistrato sono due limiti che l’associazione Art643 ritiene da superare. «La nostra casistica – riferisce il suo presidente – ci ha portato a constatare che chi è stata vittima di un’ingiusta detenzione, nei due anni successivi all’assoluzione – il tempo previsto per proporre istanza di riparazione – si preoccupa di recuperare i propri rapporti umani, deteriorati e persi». E, raramente, di pensare all’indennizzo. Ma, spiega Magno, «dietro il termine dei due anni dall’assoluzione, si cela (furbescamente) la prescrizione dell’errore del magistrato. E la cosa scandalosa è che, in Italia, non abbiamo una casistica: la legge c’è ma non è stata mai applicata per evitare precedenti. Senza precedenti, il problema non esiste».
Non solo. «Dal governo Monti in poi, c’è stato un grosso restringimento per il riconoscimento per l’ingiusta detenzione: i requisiti per ottenerlo sono giudicati in maniera molto più severa tanto che, in un anno, dei circa mille e settecento che finiscono in carcere ingiustamente, è accolto solo il 40 per cento delle domande», aggiunge Valentino Maimone, cofondatore, insieme a Benedetto Lattanzi, di Errorigiudiziari.com, il primo archivio on line su errori giudiziari e ingiusta detenzione. Che continua: «Le cause che stanno alla base degli errori giudiziari sono tante e molto diverse tra loro. Per citarne alcune, la superficialità delle indagini durante la fase investigativa che genera tante falle; poi, una certa propensione dei magistrati a innamorarsi delle tesi degli investigatori; inoltre, la scarsa affidabilità dei testimoni oculari, come dimostrano ormai diversi studi scientifici, della quale, invece, si tiene poco conto; e, infine, le false confessioni indotte dalla pressione psicologica esercitata dagli investigatori durante le indagini».
E, così, le persone, distrutte in un solo giorno, subiscono una “condanna a morte” (anche) mediatica: dal mostro sbattuto in prima pagina all’assoluzione relegata a un trafiletto, quando, addirittura, non riportata. Chissà che con l’approdo della riforma del sistema carcerario in Commissione giustizia alla Camera – il cui iter è rimasto inconcluso nella scorsa legislatura – i nuovi deputati, oltre a prestare attenzione alle (indiscutibili) garanzie della vita detentiva e al lavoro dei reclusi, tengano nella giusta considerazione anche la riabilitazione dell’immagine di quei tanti certi innocenti.

22 anni in cella da innocente: Giuseppe Gulotta chiede 66 milioni allo Stato




Accusato dell’omicidio di due carabinieri, fatto confessare a suon di botte e condannato all’ergastolo viene scagionato al processo di revisione.


Per la prima volta, nella storia italiana, viene citata l’Arma dei carabinieri per responsabilità penale nella richiesta di un risarcimento di oltre 66 milioni di euro per il danno esistenziale da errore giudiziario subito da Giuseppe Gulotta, vittima di uno degli errori giudiziari più gravi della storia della Repubblica. L’atto è stato depositato al Tribunale di Firenze dagli avvocati Baldassarre Lauria e Pardo Cellini, che lo hanno assistito sin dal processo di revisione. Vengono citati, tra gli altri, la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Interno, il ministero della Difesa e il ministero dell’Economia. Ad aprile del 2016, ricordiamo, la vittima da errore giudiziario, è riuscito ad ottenere sei milioni e mezzo di euro di risarcimento per aver trascorso 22 anni in carcere da innocente.

Per decenni era stato considerato un assassino, dopo che lo hanno costretto a firmare una confessione con le botte, puntandogli una pistola in faccia, torturandolo per una notte intera. Si era autoaccusato: era l’unico modo per farli smettere. Ricordiamo che Giuseppe Gulotta oggi ha 60 anni. Quando ne aveva appena 18, nel 1976, è stato accusato di aver ucciso due giovani carabinieri che dormivano nella caserma Alkmar di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Arrestato, è stato costretto sotto tortura a confessare un reato mai commesso.

Chi fece il suo nome? Dopo quella strage, una Fiat, correndo ad alta velocità, si schianta tra due muri. Interviene una gazzella dei carabinieri nelle vicinanze. L’uomo è armato, si chiama Giuseppe Vesco, ha 22 anni. Gli viene sequestrata una pistola calibro 7,65, stesso calibro di quella che ha fatto fuoco sui carabinieri di Alkamar.

Vesco viene arrestato e trasportato in caserma ed ammanettato ad un termosifone. Il ragazzo, sotto ordine del comandante, viene massacrato di botte da altri carabinieri. Il brigadiere Renato Olino sente le urla di Vesco, protesta con il suo comandante, ma non viene ascoltato. Nel pomeriggio Vesco viene denudato, viene fatto sdraiare su delle grandi casse e legato da braccia e gambe. Viene messo un imbuto nella bocca del ragazzo e, tappato il naso, viene costretto ad ingoiare ingenti quantità di acqua e sale.

Dalla bocca di Vesco devono uscire fuori necessariamente dei nomi. Non avendo successo con litri di acqua e sale, viene eseguita la successiva atrocità: vengono collegati ai testicoli di Vesco degli elettrodi, collegati ad un generatore di corrente. Dopo un interminabile supplizio di acqua e sale e scariche elettriche, il ragazzo, esausto, pronuncia quattro nominativi: Giovanni Mandalà, i minorenni Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, compreso il diciottenne Giuseppe Gulotta. Al processo di primo grado, Gulotta, è stato assolto per insufficienza di prove, ma dopo vari gradi di giudizio è stato definitivamente condannato all’ergastolo nel 1990. Con lui furono accusati innocentemente degli omicidi altri quattro ragazzi, nomi citati da Vesco sotto tortura. Due fuggirono in Brasile per scampare al verdetto, uno venne ritrovato impiccato in cella, un altro ancora morì di tumore in carcere, privato delle cure in ospedale perché ritenuto un pericoloso ergastolano.

Dopo 36 anni, di cui 25 trascorsi dietro le sbarre, Gulotta ha ottenuto la revisione del processo grazie alla confessione dell’ex brigadiere Olino. È stato assolto definitivamente nel 2012. Poi, nel 2016 riuscì ad ottenere un primo risarcimento di 6,5 milioni di euro, la cifra più alta che lo Stato italiano abbia mai sborsato per riparare a un errore giudiziario. Ora chiede il risarcimento per il danno esistenziale da errore giudiziario, sì perché tale richiesta rappresenta un caso emblematico dello “sconvolgimento esistenziale” che ha procurato l’intera vicenda.

Ci sono due aspetti che sono contenuti nella richiesta: il primo riguarda la responsabilità dello Stato per non aver codificato negli anni il reato di tortura; mentre il secondo è quello che attiene agli atti di tortura avvenuti in una sede istituzionale da personale appartenente all’Arma che ha generato un gravissimo errore giudiziario.






OGGI SAN VALENTINO. PREGHIERE AL SANTO

14 FEBBRAIO

SAN VALENTINO


PREGHIERA a SAN VALENTINO
 Nel mio cuore, Signore, si è acceso l'amore per una creatura che tu conosci e ami.
Fa che non sciupi questa ricchezza che mi hai messo nel cuore.
Insegnami che l'amore è un dono e non può mescolarsi con nessun egoismo,
che l'amore è puro e non può stare con nessuna bassezza,
che l'amore è fecondo e deve, fin da oggi, produrre un nuovo modo di vivere in me e in chi mi ha scelto.
Ti prego, Signore, per chi mi aspetta e mi pensa, per chi ha messo in me tutta la sua fiducia, per chi mi cammina accanto, rendici degni l'uno dell'altra.
E per intercessione di San Valentino fa che fin da ora le nostre anime posseggano i nostri corpi e regnino nell'amore.


ORAZIONE A SAN VALENTINO 

O glorioso martire San Valentino, 
che per la vostra intercessione liberaste
i vostri devoti dalla peste e da altre terribili malattie,
liberateci, vi supplichiamo, dalla peste
terribile dell'anima, che è il peccato mortale.
Così sia.


PREGHIERA a SAN VALENTINO

Glorioso San Valentino, dagli splendori della gloria dove state beato in Dio, rivolgete pietoso lo sguardo sui vostri devoti, che fidenti nella potenza di intercessione che godete in Cielo per le sante opere vostre, invocano il vostro amoroso patrocinio.
Benedite le nostre famiglie, i terreni e le industrie nostre, tenendo lontani da noi i castighi, che purtroppo abbiamo meritato coi nostri peccati.
Ma soprattutto sostenete e avvalorate in noi quella Fede, senza la quale è impossibile salvarsi e della quale voi foste apostolo e martire invitto.
Proteggete, o gran Santo, la Chiesa di Gesù nelle lotte funeste, che tanto la travagliano in questi tempi infelicissimi, e fate che sempre più cresca lo stuolo dei santi e valorosi leviti, che, informati dal vostro spirito, camminino sulle vostre orme luminose, a gloria di Dio, a onore della Chiesa, a salute delle anime nostre.
Così sia.
Pater, Ave, Gloria.


A SAN VALENTINO patrono di Terni

O nostro protettore San Valentino, che fosti in vita esempio di virtù, pastore vigilante, padre dei poveri e martire di Gesù Cristo, ora che risiedi glorioso nel cielo soccorrici con la tua celeste protezione.
Proteggi la nostra città, affinché da essa allontanata ogni disgrazia, vi risieda la benedizione di Dio, la pace fraterna e la fede di Gesù Cristo.
Guarda i giovani che da te attendono aiuto e protezione, ottieni loro la grazia del discernimento necessario, dell'impegno e della serietà nel cammino intrapreso e del rispetto reciproco.
Dà alle nostre famiglie l'amore di Gesù Cristo perchè sappiano rendere grazie a Dio nella gioia, ritrovarsi nelle difficoltà, perdonarsi nella debolezza, sostenersi nella fatica del cammino che porta alla vita eterna di Dio da cui ognuno è venuto.
Amen.

SAN VALENTINO, IL VESCOVO CHE REGALAVA ROSE AI FIDANZATI




SAN VALENTINO, IL VESCOVO CHE REGALAVA ROSE AI FIDANZATI
14/02/2019 Secondo la leggenda il vescovo di Terni, decollato sotto l’Imperatore Aureliano a Roma il 14 febbraio 273, era amante dei fiori che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un'unione felice. Oggi è festeggiato in tutto il mondo come il "Santo dell'amore". A Vienna, vengono distribuite alle coppie le "Lettere d'amore da parte di Dio"
Perché il vescovo e martire Valentino è il Santo degli innamorati? La leggenda vuole che la sua festa, a metà febbraio, si riallacciasse agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pan, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire di Terni la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli. Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice. Oggi in tutto il mondo la festa di San Valentino è celebrata ovunque come “Santo dell’Amore”.


LA BIOGRAFIA: UNA VITA DI CARITÀ CHE GLI COSTÒ IL MARTIRIO

Le notizie storiche su di lui cominciano nel secolo VIII quando un documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del secolo VI, raccontano che San Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. 

Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma. Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia. Fu tra i primi vescovi di Terni, consacrato da San Feliciano vescovo di Foligno nel 197. Oggi a Terni è nata la “Fondazione San Valentino”, che cura il culto del Santo durante l’intero mese di febbraio attraverso varie iniziative di fede e di cultura, di arte e di scienza, di spettacolo e di divertimento.

LE TRADIZIONI 

Nella Mitteleuropa (in particolare Francia, Belgio, Germania e Austria) la festa di San Valentino è assai diffusa sin dal Medioevo al pari di santi come Nicola e Martino. Secondo il Fair Trade Austria, ad esempio, il fatturato della vendita di fiori in Austria in concomitanza con il 14 febbraio, la Festa della Mamma e giorno di Natale è pari ad un quarto del totale di un intero anno. Solo di rose, nel paese delle stelle alpine, ne vengono vendute più di 110 milioni.

Anche varie diocesi austriache, come quelle di Eisenstadt e Linz, Salzburg con Graz-Seckau e Innsbruck, si sono attrezzate per momenti di festa e riflessione con le coppie di innamorati. Tra le iniziative, le “Lettere d’amore da parte di Dio”, distribuite non solo nelle parrocchie, ma soprattutto all’esterno, in giro per la città da parte dei volontari con una frase biblica sull’amore di coppia, voluto e benedetto da Dio. Nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna anche una solenne Benedizione degli innamorati con l’imposizione delle mani e al termine un concerto romantico.

LITURGIA E PROPONIMENTO DI OGGI


LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
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 PRIMA LETTURA 

At 13,46-49
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, [ad Antiòchia di Pisìdia] Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono [ai Giudei]: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore:
“Io ti ho posto per essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».
Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. 


  SALMO  

Sal 116
Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Canto al Vangelo (Lc 4,18)
Alleluia, alleluia.
oppure (in Quaresima):
Lode e onore a te, Signore Gesù.

Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.


 VANGELO 

Lc 10,1-9
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
 





Oggi mi impegnerò a sfuggire dalla tentazione di scoraggiarmi, di vedere il futuro in negativo, di pensare a quello che mi fa soffrire e mi affiderò a Gesù e a Maria chiedendo, e confidando, nel loro aiuto.