venerdì 26 febbraio 2021

AMBASCIATORE UCCISO IN CONGO: UN PAESE DEVASTATO DA MULTINAZIONALI E POTENZE STRANIERE



Si sono svolti ieri i funerali di Stato dell’Ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, rimasti uccisi in un agguato lo scorso 22 febbraio nei pressi della città congolese di Goma, ma rimangono dubbi sui veri mandanti.
L’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e l’autista Milambo stavano viaggiando a bordo di un veicolo del World Food Program, da Goma, capitale del Nord Kivu, verso Rutshuru, per visitare un progetto scolastico del WFP quando, all’altezza di Kilimayoka, nella località Nyragongo, un gruppo di uomini armati ha attaccato il convoglio su cui viaggiavano il diplomatico e il militare italiano.

Le dinamiche ancora non chiarite

Restano ancora poco chiare le dinamiche che hanno portato a quest’omicidio. L’Ambasciatore si trovava infatti all’interno di un convoglio del World Food Programme, agenzia delle Nazioni Unite, per recarsi nella località di Rushturu dove avrebbe dovuto effettuare una visita di monitoraggio ad uno dei tanti progetti finanziati dalle Nazioni Unite e dalla Cooperazione italiana per le scuole congolesi.

Il gruppo di macchine è stato però fermato da un gruppo non identificato e a seguito di un conflitto a fuoco ancora non chiaro l’Ambasciatore è rimasto ucciso insieme al carabiniere e all’autista. Il Governo congolese ha dichiarato di non essere stato informato sul viaggio dell’Ambasciatore e per questo non ha fornito la dovuta scorta armata per il viaggio.

Sembrerebbe il classico scarico di responsabilità, ma l’assenza di scorta è stata confermata dalla stessa agenzia ONU. Inoltre, dalle foto del convoglio, si evincerebbe come la macchina utilizzata dall’Ambasciatore non fosse blindata.

Chi sono gli assalitori?

Oltre a queste presunte carenze dal punto di vista della sicurezza, ci sono ancora diverse zone d’ombra sull’identità degli assalitori. Il Governo di Kinshasa si è infatti subito affrettato ad accusare la formazione armata FDLR, un gruppo ribelle hutu ruandese che opera da anni in Congo. Lo stesso gruppo ha però smentito subito con un comunicato stampa qualsiasi coinvolgimento. E su questo punto abbiamo raccolto la testimonianza del ricercatore e giornalista congolese Boniface Musavuli:

L’accusa contro i gruppi ribelli hutu ruandesi è un’accusa che non ha fondamento per diverse ragioni. La prima è che la zona dove l’attacco è stato realizzato è una zona controllata dall’esercito del Governo (congolese). È una zona dove gli ispettori dell’ONU hanno anche identificato la presenza dell’esercito del Governo ruandese.

Quindi si tratta di una zona sotto il controllo di due eserciti, l’esercito del governo congolese e l’esercito del governo ruandese. È quindi una zona dove l’FDLR non può assolutamente entrare o rischiare di operare. L’FDLR è una ribellione hutu che sta in Congo e opera in zone molto lontane dalla città di Goma e non operano in questa zona.

Il Kivu: la zona dove confluiscono gli interessi economici di molti

Se è quindi da escludere la pista che porta a gruppi ribelli organizzati, le indagini dovrebbero invece rivolgersi verso piccole bande in cerca di soldi facili. L’assalto al convoglio delle Nazioni Unite potrebbe quindi essere il risultato di un fallito tentativo di rapimento.

Quello che emerge in maniera chiara ed evidente dalla vicenda è la pericolosità della regione del Kivu, dove è avvenuta l’imboscata. Una zona dove si trovano giacimenti minerari di oro, diamanti, cobalto, avorio, ma soprattutto coltan.

Il minerale necessario per la fabbricazione di smartphone e computer. La regione del Kivu è stata quindi al centro delle mire tentacolari di multinazionali senza scrupoli che da tempo contribuiscono alla creazione di disordini e violenze.

Foraggiando bande armate, sfruttando il lavoro minorile con l’obiettivo di rendere quella zona un porto franco dove non convenga a nessuno avvicinarsi.

Un dato è certo: l'ambasciatore era impegnato in una missione umanitaria oltre che diplomatica. Si era adoperato molto, nell'ambito della ONG "Mama Sofia" della moglie Zakia Seddiki, a favore dei bambini sfruttati e schiavizzati ed aveva riaperto il canale delle adozioni internazionali per strappare questi bimbi da un destino segnato. Bambini non solo sfruttati nel lavoro minorile, ma vittime innocenti del traffico di organi e di tratta degli esseri umani. Troppi e potenti interessi si erano frapposti sul percorso dell'ambasciatore per poter credere che si sia trattato solo di un tentativo di rapimento finito male. Lo volevano morto. Poi ci sarebbe da aprire tutta una serie di inchieste sul motivo per il quale lo Stato Italiano non ha predisposto un cordone di sicurezza adeguato per una zona così pericolosa abbandonando a se stessi Luca Attanasio e l'unico carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci. Un pensiero commosso e sentito va alle loro famiglie e alle tre bimbe di Luca che, durante i funerali, composte e confuse si chiedevano ancora dove fosse il loro papà. Il loro papà non era in quella bara, ma accanto a loro e alla moglie per finire il lavoro iniziato. Ci potete giurare.


Cinzia Palmacci

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