lunedì 16 settembre 2019

AUTOSTRADE, INTERCETTAZIONI SHOCK: «I REPORT SUI PONTI? LI INVENTI»


AGLI ARRESTI DOMICILIARI FUNZIONARI E DIRIGENTI DELLE SOCIETA’ ASPI E SPEA SOTTO ACCUSA AD ANCONA PER LA MORTE DEI CONIUGI SCHIACCIATI DAL VIADOTTO PER LA FINANZA ALTERAVANO LE RELAZIONI CRITICHE IL GIUDICE: «A RISCHIO LA SICUREZZA DEGLI UTENTI» MA PER IL GESTORE: «NON CI SONO PERICOLI»


___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___



85 morti per manutenzioni assenti o difettose non sono bastati. Le 43 vittime del crollo del Ponte Morandi a Genova, le 40 precipitata dal viadotto Acqualonga per i new-jersey coi bulloni corrosi e le altre due rimaste schiacciate dal manufatto in riparazione vicino a Loreto non sono state sufficienti per indurre Autostrade per l’Italia spa (Aspi) a cambiare metodi operativi. Ma nemmeno per indurre i giudici a spalancare le porte di una cella per spazzare via il senso di impunità che emerge dal comportamento di dirigenti e tecnici Aspi e Spea, azienda specializzata in grandi infrastrutture.



Se prima erano i pm a censurare la politica aziendale «che non pensa alla sicurezza, ma risponde alla logica del profitto», disse il procuratore di Avellino Rosario Cantelmo nel chiedere ed ottenere la condanna di 6 dirigenti Autostrade per la strage sull’A16, oggi sono gli stessi tecnici, intercettati dal I Gruppo della Guardia di Finanza di Genova nell’inchiesta bis sul collasso del viadotto Polcevera, ad ammettere di infischiarnese della sicurezza…




IL GIUDICE: «GRAVI RISCHI PER GLI UTENTI DELLA STRADA»

Lo scrive chiaramente il giudice per le indagini preliminari Angela Nutini, lo stesso che ha disposto la perizia sul Ponte Morandi che dimostra la grave corrosione nei giunti di sostegno, nell’ordinanza per le misure cautelari emesse nei confronti di nove dirigenti di Aspi e Spea per i report taroccati sulle condizioni critiche di alcuni viadotti gestiti da Autostrade.


Il gip nell’ordinanza delle misure cautelari scrive che le condotte degli indagati sono “gravemente minatorie della sicurezza degli utenti della strada”. Le misure cautelari, tre arresti domiciliari e sei misure interdittive, riguardano le presunte false relazioni sull’imponente viadotto Pecetti della A26 Genova-Gravellona Toce, in Liguria (nel comune di Mele), e il Paolillo, piccolo ponte che sovrasta l’omonimo torrente, sull’A16 Napoli-Canosa a Canosa di Puglia (Barletta-Andria-Trapani).

In particolare, sono finiti ai domiciliari Massimiliano Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (direzione VIII tronco) e Lucio Torricelli Ferretti (direzione VIII tronco). Le misure interdittive, sospensione dai pubblici servizi per 12 mesi, riguardano tecnici e funzionari di Spea e Aspi: Maurizio Ceneri; Andrea Indovino; Luigi Vastola; Gaetano Di Mundo; Francesco D’antona e Angelo Salcuni.


Il viadotto Gargassa sull’A26 e nel riquadro le gravi tracce di corrosione dei piloni

Oltre al Paolillo e al Pecetti, nel mirino degli investigatori erano finiti anche i report sul viadotto Moro, vicino Pescara, il Sei Luci e il Gargassa in Liguria e il Sarno sull’A30. Nell’inchiesta sui falsi report risultano indagati anche l’ad di Spea Antonino Galatà e Michele Donferri Mitelli, ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Aspi trasferito ad altro incarico.

La circostanza era emersa nel corso degli interrogatori dei testimoni durante le indagini sul crollo di Ponte Morandi. In particolare i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report “talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore Maurizio Ceneri mentre in altri casi era stato Ceneri stesso a modificarli senza consultarsi con gli altri”.


Il viadotto Pecetti sull’A26 Genova-Gravellona Toce

La falsificazione della relazione sul viadotto Pecetti in A26, sarebbe servita a garantire il passaggio di un trasporto eccezionale da 141 tonnellate: con lauto guadagno di pedaggio per la società Autostrade. Un cavo si era rotto nell’agosto del 2018 e Maurizio Ceneri avrebbe compilato il documento che attestava falsamente la perdita di precompressione al 18% a fronte di quella reale del 33%. I report erano stati redatti a settembre e ottobre, a indagini già in corso.


IL DIRIGENTE ASPI: «DEVO RIDURRE I COSTI. IL REPORT LO INVENTI»

L’allarme per il Pecetti, lungo 140 metri con un’altezza di oltre 30 dal suolo, era finito su tutti i media sia nel dicembre 2018, quando fu riportata anche l’immagine di un pilone con evidenti segni di corrosione, sia nel gennaio 2019 quando si diffuse la notizia dell’inchiesta bis sul Ponte Morandi per le precarie condizioni di sicurezza di altri viadotti e l’iscrizione di 21 funzionari e tecnici Aspi e Spea nel registro degli indagati.


L’allarme lanciato nel dicembre scorso anche da un reportage del TG LA7 sul viadotto Pecetti

Quello che oggi desta sconcerto è la spavalderia emersa dalle intercettazioni telefoniche nonostante l’utilizzo da parte degli interessati persino di uno “jammer”, un disturbatore di frequenze. Dalle chiacchierate emerge una totale consapevolezza ed incuranza per la sicurezza a vantaggio di logiche di profitto condivise come in una vera affiatata “cricca”. Un jammer portatile a 8 bande: un disturbatore di frequenze per impedire le intercettazioni telefoniche

Va rammentato che entrambe le società Aspi e Spea sono controllate da Atlantia, la finanziaria che vede soci di maggioranza i fratelli Benetton ma è partecipata anche dalla Fondazione Cassa Risparmio Torino e dal potentissimo fondo americano BlackRock, e per tutte e due la Procura di Ancona ha chiesto il rinvio a giudizio (insieme ad un’altra società del gruppo e altri 19 soggetti) per il crollo del ponte 167 sull’A14 dove, nei pressi di Loreto, il 9 marzo 2017 morirono i coniugi Emilio Diomede ed Antonella Viviani.


E proprio in merito ai lavori nelle Marche è stata registrata una delle conversazioni più inquietanti. «Tra i tecnici e dirigenti di Spea c’è il sospetto di essere i “parafulmini” di Autostrade – scrive l’ANSA – E per tutelarsi qualcuno registra gli incontri, le riunioni con i vertici di Aspi e li conserva pure nel proprio computer. Grazie a quei file custoditi nel pc di uno degli indagati nell’inchiesta sui falsi report sui viadotti, gli investigatori scoprono che già nel 2017 le carte venivano truccate sempre per un obiettivo: ridurre i costi, una logica di comportamento che “prevale sulla finalità di garantire la sicurezza dell’infrastruttura”».


Il viadotto crollato il 9 marzo 2017 vicino al casello Loreto Sud

A maggio 2017 si discute del ripristino del viadotto Giustina, sulla A14. A fare la voce grossa è Michele Donferri Mitelli, l’ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Aspi. “Devo ridurre i costi – dice Donferri – Adesso te inventi quello che c… te pare e te lo metto per obbligo”. Lucio Torricelli Ferretti, di Aspi, (ai domiciliari da ieri insieme a Gianni Marrone di Aspi e a Massimiliano Giacobbi di Spea) prova a fare capire che non basta e Donferri risponde che “non ha alcuna rilevanza se sia vero o no”.


ATTI AD AVELLINO PER L’INCHIESTA ACQUALONGA

La procura di Genova ha anche trasmesso alcuni atti ai colleghi di Avellino che hanno indagato sulla strage del bus precipitato nel 2013 dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa, causando la morte di 40 persone. In particolare, i magistrati genovesi hanno inviato le intercettazioni relative a Paolo Berti, all’epoca del crollo del ponte Morandi direttore Operazioni centrali di Autostrade.


Il disastro trovato dai soccorritori dopo la caduta del bus dei pellegrini dal viadotto Acqualonga

In quella conversazione telefonica, secondo quanto emerso nell’inchiesta sui falsi report sui viadotti autostradali, Berti parla con Michele Donferri Mitelli, ex responsabile nazionale manutenzione di Aspi. Il primo manifesta disappunto per essere stato condannato (5 anni e 10 mesi) per quell’incidente lamentandosi che avrebbe potuto dire la verità e mettere nei guai anche altri. L’altra risponde che non ci avrebbe guadagnato nulla mentre, alla luce del suo comportamento, può “stringere un accordo col capo”. “Tu hai ragione ma non è che se metti in galera anche un altro a te cambiava qualcosa. Quindi a questo punto fregatene! Aspettali al varco e pensa solo a stringere un accordo col capo”.


Ed è anche per queste frasi che il Gip genovese Angela Nutini ha disposto arresti domiciliari. «Per la maggior parte degli indagati le esigenze cautelari sono anche correlate al pericolo di inquinamento probatorio – scrive il giudice nell’ordinanza riportata da Telenord – Se rispetto ad alcuni può ritenersi che l’interdizione sia sufficiente, vi sono altri che hanno dimostrato un’assoluta spregiudicatezza a compiere attività per contrastare le indagini. Per questi non possono ritenersi adeguate le misure interdittive, poiché non consentirebbero di prevenire l’inquinamento probatorio, anche in relazione della distorta logica aziendale. Esiste il concreto e attuale pericolo che, in relazione a taluni indagati, l’allontanamento dal ruolo ricoperto non li distolga dal continuare a inquinare le indagini, potendo confidare in un tornaconto, anche di tipo economico, come ventilato da Donferri a Berti in relazione a un’acquisizione documenti sul ponte di Avellino: Donferri gli suggerisce di tenere una certa condotta perché è più proficua rispetto a collaborare».


AUTOSTRADE: «NESSUN PERICOLO». SOSPESI INDAGATI ASPI E SPEA

Il gruppo Atlantia, precipitato in borsa nei giorni scorsi dopo la notizia delle misure cautelari sui falsi report e la società controllata Aspi ha rilasciato una nota ufficiale in cui contesta l’esistenza di pericoli per la viabilità: «Per garantire ai cittadini la più ampia informazione sulle condizioni di sicurezza dei viadotti della propria rete, Autostrade per l’Italia comunica di aver pubblicato sulla homepage del sito www.autostrade.it, nell’area ‘Sicurezza Viadotti’, schede di dettaglio sulle condizioni di sicurezza del viadotto Pecetti e del ponticello Paolillo e le relative comunicazioni inviate al Mit. Dalle informazioni e dai documenti consultabili da chiunque emerge una condizione di piena sicurezza delle due opere».

Mentre Benetton fa sapere che verranno prese le iniziative necessarie “a salvaguardia della credibilità” ed il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ribadisce “la volontà di revocare le concessioni ai Benetton”, le società del gruppo agiscono contro i loro “parafulmini” come riferito dall’Ansa: «Il Cda di Spea Engineering “ha disposto la sospensione immediata dall’incarico dei dipendenti medesimi”. Inoltre il Cda “Si è reso disponibile a rimettere il proprio mandato nelle mani del Presidente per consentire la più efficace tutela della Società. Ogni atto ulteriore e conseguente sarà assunto dal Consiglio di Amministrazione già convocato per il prossimo martedì 17 settembre”.


Ma anche Autostrade per l’Italia ha sospeso i due dipendenti “coinvolti nel procedimento di falso sui viadotti Pecetti e Paolillo”. Un Cda di Autostrade è stato convocato lunedì. Va anche rammentato che la sospensione degli indagati è un atto direttamente consequenziale alla interdizione dai pubblici servizi disposta dal giudice.


Le precarie condizioni della soletta del ponte Paolillo – foto Dagospia

In merito alle conversazioni sul ponte Paolillo, sull’A16, la Direzione di Tronco di Bari di Autostrade per l’Italia entra nel dettaglio comunicando che “si riferiscono a un’incongruenza nella documentazione della costruzione, negli anni ’70”, “incongruenza superata dal collaudo e dalle relative prove di carico sulla trave installata”, mentre “non vi e’ nessun riferimento alla staticita’ del ponte, la cui sicurezza e’ sempre stata confermata”, né c’è mai stata volonta’ di omettere informazioni. La sede barese Aspi “ritiene opportuno chiarire che si tratta evidentemente di frammenti estrapolati da un confronto piu’ articolato tra committente e fornitore” omettendo però di specificare che entrambi, ovvero Autostrade per l’Italia e Spea fanno parte del Gruppo Atlantia.



Il ponticello Paolillo sull’A16 Napoli-Canosa sull’omonimo torrente

«I contenuti delle intercettazioni – da valutare alla luce dei fatti e delle circostanziate evidenze gia’ rappresentate al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti nella corrispondenza intercorsa con la Direzione di Tronco sul caso in questione – non delineano la volonta’ di omettere informazioni rilevanti per la sicurezza del ponticello, ma solo l’opportunita’ di esporre in un modo meno soggetto a possibili fuorvianti interpretazioni un’apparente discrepanza rilevata tra i documenti di costruzione (risalenti agli anni ’70)» aggiunge la Direzione di Tronco.

Una dichiarazione apparentemente coerente che non basta però a confutare le prove documentali e le sconcertanti intercettazioni raccolte dalla Finanza in quasi un anno di indagini sui report manipolati per il profitto ad ogni costo. Anche a spese della vita degli ignari automobilisti.


Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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