FUCILI D’ASSALTO, GRANATE E DOLLARI
NELLA CASA DI UNO DEI NEMICI DI MADURO
MA USA E PANAMA INTIMANO IL RILASCIO.
LE VITTIME DELLA GUARIMBA ALL’ONU:
«GIUSTIZIA PER I NOSTRI CARI BRUCIATI VIVI
IN PIAZZA DAI GOLPISTI ASSETATI DI SANGUE»
DA GINEVRA RISOLUZIONE CONTRO LE SANZIONI USA
IN CILE MANETTE AI GIORNALISTI “BOLIVARIANI”
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Mentre da Maracaibo giunge la notizia di ulteriori stazioni elettriche esplose con un conseguente blackout che ha colpito una parte di Caracas per un trasformatore in fiamme a Palo Verde, alza il livello dello scontro tra Governo ed opposizione in Venezuela ed arrivano i primi clamorosi arresti. Quelli del braccio destro del presidente autoproclamato Juan Guaidò e di un altro suo collaboratore: finiti in carcere con la pesante accusa di terrorismo dopo che sono state trovate pericolose armi semiautomatiche di tipo militare e soldi stranieri nelle loro abitazioni. La conferma ufficiale giunge alle 14,51 ora locale (19,51 ora italiana) via Twitter. «Grazie ai servizi di intelligence, è stata smantellata una cellula terroristica che pianificava di effettuare attacchi selettivi assumendo mercenari colombiani e centroamericani per attentare ala vita di leader politici e militari e sabotare i servizi pubblici – scrive il profilo ufficiale del Ministero per le Relazioni interne, la Giustizia e la Pace – Queste indagini hanno portato all’arresto di Roberto Marrero (49 anni) e Luis Alberto Páez Salazar(34 anni)che erano direttamente responsabili dell’organizzazione di questi gruppi criminali. Durante un raid sono stati sequestrati un lotto di armi da guerra e denaro contante in valuta estera».
IN MANETTE PER TERRORISMO IL BRACCIO DESTRO DI GUAIDO’
Trova quindi conferma la notizia in merito all’arresto da parte degli 007 del Sebin (Servizio bolivariano di intelligence nazionale) denunciata sui social dai sostenitori del capo dell’opposizione i quali avevano subito parlato di un “rapimento” da parte degli uomini dei servizi segreti. All’annuncio su Twitter ha poi fatto seguito la comunicazione ufficiale ai medi del ministro dell’Interno, Giustizia e Pace, Néstor Reverol, che ha ribadito l’azione di polizia per smantellare una “cellula terroristica” mentre Guaidò aveva accusato tramite i social le stesse forze di sicurezza venezuelane di aver “collocato” armi a casa di Marrero, capo dello staff del presidente autoproclamato sostenuto dagli Usa in quello che molti bolivariani ritengono un vero e proprio golpe. C’è da ritenere che le indagini siano avvenute nell’alveo dell’inchiesta aperta dal procuratore generale venezuelano Tarek William Saab nei confronti dello stesso Guaidò, indagato per sabotaggio elettrico quale mandante intellettuale del complotto che con 150 attacchi hacker alle centrali energetiche e almeno 11 esplosioni nelle sottostazioni di distribuzione avevano creato il tremendo blackout di una settimana con la conseguente interruzione dell’acqua potabile (vedi link sotto all’articolo precedente).
FUCILI D’ASSALTO SEMIAUTOMATICI, UNA GRANATA E TANTI DOLLARI
Il tweet del Ministero dell’Interno del Venezuela con le armi sequestrate
«Le indagini condotte insieme alla Procura della Repubblica hanno portato alla detenzione del cittadino, Roberto Eugenio Marrero Borgas, che è direttamente responsabile dell’organizzazione di gruppi criminali» ha affermato il ministro del presidente eletto Nicolas Maduro mostrando poi le foto dei due fucili d’assalto semiautomatici ed una granata sequestrati dal Sebin a casa dell’arrestato insieme a parecchi contanti che dall’immagine paiono soprattutto dollari, come era facile aspettarsi visti i notevoli finanziamenti stanziati da Usaid (Us Agency for Internazional Development), l’agenzia del Dipartimento di Stato Usa cui la Casa Bianca che è accusata di supportare gli oppositori del Socialismo Bolivariano almeno dal 2009 e vuole destinare nel 2019 mezzo miliardo di dollari per il regime-chance (vedi sotto link articolo Inferno Venezuela). «Caracas ha a lungo sostenuto che l’opposizione venezuelana, che gode di un sostegno senza ostacoli da parte degli Stati Uniti ma incapace di ottenere un sostegno sufficiente attraverso un voto popolare, ricorre alla “democrazia di strada” e potrebbe persino pianificare di portare attacchi terroristici per indebolire il governo – scrive il network Russia Today – Il mese scorso, il governo del presidente Maduro ha rifiutato di permettere agli Stati Uniti “aiuti umanitari” nel paese, non solo rifiutandolo come una trovata pubblicitaria, ma anche come offerta umiliante di briciole di pane, rispetto ai miliardi di dollari sequestrati da Washington, mentre esprimendo la preoccupazione che i convogli possano essere utilizzati per contrabbandare le armi direttamente nelle mani dell’opposizione». Un sospetto che sarebbe ora confermato dal ritrovamento delle armi nella casa di Marrero, perquisita insieme a quella di Sergio Vergara, deputato di San Cristóbal nell’Asemblea Nacional e capogruppo del partito Voluntad Popular.
MINACCE DA USA E PANAMA DOPO L’ARRESTO
L’arresto ha subito suscitato le reazioni sdegnate del leader di VP presidente autoproclamato e del consulente militare della Casa Bianca. «I membri delle Forze Armate sanno che il rapimento di Roberto Marrero non risolverà il problema dell’acqua o la crisi economica» ha twittato Juan Guaidò poche ore dopo aver appreso dell’arresto ma prima che ci fosse la conferma ufficiale dell’incriminazione. Intimidatorio, come sua abitudine, John Bolton, l’esperto della Sicurezza Nazionale del presidente americano Donald Trump che più volte a sbandierato al presidente venezuelano in carica la minaccia di spedirlo a Guantanamo: «Maduro ha fatto un altro grosso errore. L’arresto illegittimo di Roberto Marrero, assistente del presidente ad interim Juan Guaidó, non rimarrà senza risposta. Dovrebbe essere rilasciato immediatamente e la sua sicurezza è garantita». A sostenere la medesima posizione, nel suo piccolo, anche un paese centroamericano: «Se non viene rilasciato immediatamente Roberto Marrero, capo di stato maggiore del presidente Guaido, il governo della Repubblica di Panama adotterà misure concrete contro questa violazione della libertà da parte del regime di fatto a Caracas» ha twittato il presidente panamense Juan Carlos Varela. Molto più cauto il messaggio dell’ong UN Human Right, osservatorio sui diritti umani accreditato all’Onu: «Siamo preoccupati per la detenzione di RobertoMarrero, capo dello staff del Presidente dell’Assemblea Nazionale, da parte dei membri dei servizi di intelligence bolivariani. Esortiamo il governo a rispettare rigorosamente il giusto processo e rivelare immediatamente dove si trova».
ARRESTATI IN CILE GIORNALISTI CHE CONTESTANO LA MOGLIE DI GUAIDO’
L’articolo di EP Mundo sui giornalisti arrestati alla conferenza della moglie di Juan Guaidò
Mentre sui social rimbalzano le notizie dei “periodistas” fermati dal Governo di Caracas (ma quasi sempre rilasciati nel giro di poche ore a differenza di quelli arrestati dalla Turchia partner Nato) non risulta, invece, che ci siano stati commenti da parte di alcuna organizzazione umanitaria circa gli arresti dei giornalisti sostenitori di Maduro in Cile dove la moglie di Guaidò ha tenuto una pubblica conferenza.
Il momento dell’arresto dei giornalisti attivisti cileni
«Il discorso di Fabiana Rosales all’Università Autonoma del Cile non è andato bene per tutti – scrive il quotidiano spagnolo EP Mundo – Mercoledì tre cittadini cileni, un rappresentante del Partito comunista cileno, sono stati arrestati per aver contestato le affermazioni di Fabiana Rosales, moglie del presidente Juan Guaidó, nel corso di una discussione tenutasi presso l’Università del Cile. Alla fine della conferenza di Rosales, arrivata in Cile per incontrare la First Lady, Cecilia Morel, sono intervenuti i detenuti, tra cui un comunista di Azione Proletaria (AP). “Abbiamo voluto confutare ciò che la moglie dell’usurpatore Juan Guaidó ha detto, semplicemente parlando ad alta voce quando il suo intervento era finito”, ha detto il militante AP, Maximiliano Correa, in un video postato su Facebook per il sindacato dall’Associazione Reporter Indipendenti (ARI). Il video mostra Maximiliano Correa, che ha risposto alle domande dei media, mentre lascia l’Universidad Autónoma de Chile sotto custodia dei tutori dell’ordine. I tre cittadini erano nel campus universitario per esprimere il loro sostegno al presidente della Repubblica, Nicolás Maduro». Nessun commento sul loro arresto da parte dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu, Michelle Bachelet, nonostante sia stata presidente del Cile, che aveva invece subito espresso preoccupazione per la sorte del radiocronista Luis Carlo Diaz, fermato dalla polizia bolivariana il 12 marzo scorso a Caracas e rilasciato il giorno successivo.
LE MADRI DELLE VITTIME DELLA GUARIMBA CHIEDONO GIUSTIZIA ALL’ONU
Orlando Figuera bruciato vivo in piazza dai golpisti che danzano intorno a lui durante le proteste chimate Guarimba istigate da Leopoldo Lopez nel 2014 – foto profilo Twitter @VictimaGuarimba
Proprio la diplomatica Michelle Bachelet ha invece censurato il comportamento del Governo venezuelano dopo l’ispezione da lei guidata una settimana fa insieme alla squadra dell’Alto Commissariato dei Diritti Umani dell’Onu: «Sono estremamente preoccupata per il restringimento dello spazio democratico e per l’incessante criminalizzazione di proteste pacifiche e del dissenso – ha detto Bachelet – Abbiamo documentato quest’anno, numerose violazioni dei diritti umani, e di abusi da parte delle forze di sicurezza e da parte di gruppi paramilitari chiamati colectivos, collettivi, dell’uso eccessivo di forza, di omicidi, di detenzioni arbitrarie, di tortura e maltrattamento in detenzione. Senza dimenticare che la gravità dellla crisi umanitaria e alimentare e dei servizi basici non è stata completamente riconosciuta dalle autorità e le misure adottate sono state finora insufficienti». Al suo rapporto ha risposto l’ambasciatore venezuelano alle Nazioni Unite di Ginevra Jorge Valero denunciando «le misure coercitive unilaterali imposte dal governo degli Stati Uniti, la guerra economica e le misure adottate dal Governo bolivariano per il benessere del popolo venezuelano». Parole e fatti che hanno convinto almeno il Consiglio dei Diritti Umani Onu della città svizzera il quale proprio ieri, giovedì 21 marzo, ha «approvato a larga maggioranza una risoluzione presentata dal Venezuela a nome di MNOAL (Movimiento de los No Alineados) sugli effetti negativi delle misure coercitive unilaterali (sanzioni) sui diritti umani»: Lo ha annunciato con grande soddisfazione il Ministero degli Esteri Jorge Arreaza definendola: «Un’altra vittoria di Multilateralismo e Diplomazia di Pace!».
Uno dei tanti manifesti di invito all’uccisione di un chavista diffusi dai manifestanti di piazza il 23 gennaio 2019 quando Juan Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim – – foto profilo Twitter @VictimaGuarimba
Per comprendere come il paese sia entrato in questa spirale di contrapposizioni, odio e violenza non bastano le tante parole che abbiamo scritto in decine di articoli dettagliatamente documentati grazie a fonti primarie e neutrali. Ma bastano le foto di alcune dei sostenitori del presidente Maduro massacrati durante le proteste negli ultimi anni dai contestatori, in gran parte guerriglieri di estrema destra ben addestrati, che sono costati la condanna a 13 anni di reclusione al precedente leader di Voluntad Popular Leopoldo Lopez proprio per incitazione alla violenza. I casi dei morti assassinati dai golpisti, infatti, sono stati segnalati al commissariato dei Diritti Umani Onu come riporta il profilo twitter Victimas Guarimba, organizzazione spontanea che fa riferimento al nome dato alle barricate e alle proteste da Robert Alonso, terorico della rivolta in Venezuela contro Hugo Chavez già nel 2004, prendendo in prestito l’innocuo nome di un gioco ninfantile simile all’occidentale “nascondino”. Lo stesso account social ricorda i sostenitori del Socialismo Bolivariano uccisi nelle strade dai manifestanti aizzati prima da Lopez ed ora da Guaidò: Orlando Figuera, bruciato vivo; Hector Anuel, linciato con un martello e bruciato; Danny Subero, linciato e assasinato con un’arma da fuoco. I loro casi sono stati portati davanti agli ispettori dell’Onu anche attraverso la testimonianza dei parenti. «Ho incontrato personalmente te e non ho mai pubblicato nulla sull’omicidio di mio figlio. Chiedo a Michelle Bachelet giustizia per tutte le vittime uccise dai violenti gruppi di opposizione» ha detto la madre di Ramzor Bracho, assassinato durante le Guarimbas del 2014. «Mio figlio è stato bruciato vivo e tutti i colpevoli sono stati portati fuori dal paese. Chiedo all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per il Diritti Umani di rendere giustizia. Non sono pacifici dimostranti, sono assetati di sangue» ha detto la madre di Orlando Figuera alla missione tecnica dell’ONU. Altri evidenti esempi sono ben visibili in un video girato da una televisione sudamericana e postato su Facebook.
Danny Subero picchiato e poi ucciso con un colpo di pistola – – foto profilo Twitter @VictimaGuarimba
Hector Anuel linciato per strada prima di essere ucciso – foto profilo Twitter @VictimaGuarimba
Hector Anuel ucciso a martellate e poi bruciato dai manifestanti contro Maduro – – foto profilo Twitter @VictimaGuarimba
Bastano questi semplici episodi per far capire che a Caracas e dintorni da anni è in corso una sorta di guerra civile non ancora combattuta platealmente dal presidente Maduro proprio per un uso moderato della forza e delle repressioni: certamente molto diverso rispetto a quello fatto anche solo negli ultimi anni da paesi come Arabia Saudita, Turchia, Ucraina e Isarele, storici alleati degli Stati Uniti d’America. Ennesima riprova che in Venezuela la questione dei diritti umani è l’ultimo degli interessi della Casa Bianca.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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