sabato 23 marzo 2019

Ecco i nomi delle aziende italiane che mangiano sulle guerre



TRA LE AZIENDE ITALIANE CHE MANGIANO SULLE GUERRE COMPAIONO PURE BANCA ETRURIA, CARIGE E MONTE DEI PASCHI

Vergognosa ipocrisia, profughi che scappano dalla guerra, associazioni umanitarie che raccolgono fondi che adesso si sa dove finiscono… ma la verità è ancora una, In Italia il potere marcia sulla guerra 
più che in ogni altro paese. Prima di tutto sui profughi, c’è chi ha messo da parte milioni di euro, poi sulla guerra e sulle armi. La relazione annuale del governo sull’export militare italiano 2015 – appena trasmessa al Parlamento e anticipata da Nigrizia – mostra un aumento del 200% per le autorizzazioni all’esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014, un dato senza precedenti. Boom verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso vari escamotage, della legge 185/1990: il volume di vendite autorizzato verso l’Arabia Saudita è salito a 257 milioni dai 163 del 2014: +58%. Cresce il ruolo delle banche, Unicredit la più attiva


A conti fatti quindi, nell’ultimo anno è triplicata la vendita di armi italiane all’estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra: in particolare quelle verso l’Arabia Saudita, condannata dall’Onu per crimini di guerra nel conflitto in Yemen e per la quale il Parlamento europeo ha chiesto un embargo sulla vendita di armamenti, ma noi le leggi le rispettiamo solo se c’è da ridurre le quote latte o da cedere le nostre spiagge alla Germania.


Cresce anche l’intermediazione finanziaria delle principale banche italiane,Intesa e Unicredit, e tra i piccoli istituti coinvolti compare ancora Banca Etruria e una banca libica.


Come si legge nella relazione, “i settori più rappresentativi dell’attività d’esportazione sono stati l’aeronautica, l’elicotteristica, l’elettronica per la difesa (avionica, radar, comunicazioni, apparati di guerra elettronica), la cantieristica navale ed i sistemi d’arma (missili, artiglierie), che hanno visto, nell’ordine: Alenia Aermacchi, Agusta Westland, GE AVIO, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries, MBDA Italia e Industrie Bitossi ai primi dieci posti per valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La maggior parte di queste aziende sono di proprietà o in varia misura partecipate dal Gruppo Finmeccanica”.


Ma il dato politicamente più importante è il boom di vendite verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso escamotage, della legge 185/1990 che vieta l’esportazione e il transito di armamenti verso Paesi in stato di conflitto e responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Un sotterfugio che un ex ministro della Difesa di nome Sergio Mattarella denunciò anni fa come “un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185”: il governo può aggirare il divieto di forniture militari a un paese in guerra se con esso ha stipulato un accordo intergovernativo nel campo della difesa e dell’import-export dei sistemi d’arma. Il caso più grave riguarda le forniture belliche alle forze aeree del regime Saudita, che da oltre un anno conducono bombardamenti indiscriminati su città, scuole e ospedali in Yemen che finora hanno provocato almeno 2mila morti civili, per un quarto bambini. Crimini di guerra ripetutamente condannati dal segretario generale dell’OnuBan Ki-moon, che a febbraio hanno spinto il Parlamento europeo ha chiedere un embargo sulla vendita di armi a Riyad.


Il valore dell’export di armi ‘made in Italy’ verso l’Arabia Saudita autorizzato nel 2015 è salito a 257 milioni dai 163 milioni del 2014. Un aumento del 58% attribuibile in gran parte alle tonnellate di bombe aeree prodotte nello stabilimento sardo di Domus novas della Rwm Italia S.p.a. e spedite via aerea e navale da Cagliari tra le proteste e le denunce – anche alla magistratura – di parlamentari e pacifisti. Consegne confermate dalla relazione: 600 bombe Paveway da 500 libbre (per 8,1 milioni di euro), 564 bombe Mk82 da 500 e 2000 libre (3,6 milioni), 50 bombe Blu109da 2000 libre (3,6 milioni) e cento chili di esplosivo da carica Pbxn-109 (50mila euro).


A questo si aggiunge il forte incremento del valore delle esportazioni italiane verso l’Arabia Saudita che rientrano tra i programmi intergovernativi di cooperazione militare, saliti nel 2015 a 212 milioni dai 172 milioni del 2014. Il principale programma riguarda i cacciabombardieri Eurofighter usati ogni giorno dalla Royal Saudi Air Force nei suoi raid in Yemen. La fornitura, iniziata anni fa, riguarda l’Italia non solo per la sua partnership industriale nel consorzio europeo (con Finmeccanica), ma anche perché questi aerei, assemblati negli stabilimenti inglesi della Bae System, vengono consegnati facendo scalo all’aeroporto bolognese di Caselle. Nonostante la legge 185/90 vieti anche iltransito di armi destinate a Paesi in guerra.


Anche le forniture belliche italiane verso gli altri paesi che partecipano alla guerra in Yemen a fianco dei sauditi sono proseguite o aumentate: gli Emirati si confermano il principale cliente mediorientale (con 304 milioni come l’anno prima), mentre c’è stato un forte incremento di vendite al Bahrein (da 24 a 54 milioni) e soprattutto al Qatar (da 1,6 a 35 milioni). Il Kuwait, nel 2015 ancora tra i clienti minori, è destinato a scalare la classifica dopo la firma, poche settimane fa, di un contratto multimiliardario per la fornitura di 28 cacciabombardieri prodotti da Finmeccanica.


Ma è boom di export verso tutti i Paesi in guerra, a cominciare da un clamorosa new-entry: l’Iraq, finora mai comparso tra i clienti italiani, esordisce nel 2015 con vendite per 14 milioni (armi leggere e munizioni, quindi Beretta). Impennata di vendite verso la Turchia (da 53 a 129 milioni) che bombarda i curdi fuori e dentro i suoi confini con gli elicotteri T129 costruiti su licenza Finmeccanica; verso la Russia (da 4 a 25 milioni) che continua a ricevere blindati Lince della Fiat-Iveco nonostante l’embargo post-Ucraina, verso il Pakistan (da 16 a 120 milioni) in perenne conflitto con talebani, indipendentisti baluci e con l’India (anch’essa con forniture belliche italiane in aumento da 57 a 85 nonostante la crisi dei marò e la guerra contro la ribellione contadina naxalita). Nota a margine: nel 2015 sono incrementate le vendite all’Egitto pre-caso Regeni (da 32 a 37 milioni), comprese le armi leggere e i lacrimogeni usati dalla polizia del Cairo nelle repressioni di piazza.


Ultimo dato importante che emerge dalla relazione è l’aumento del ruolo d’intermediazione finanziaria delle banche italiane nel business delle forniture belliche. Se la parte del leone rimane alle banche straniere (Deutsche Bank e Crédit Agricole sopra tutte) si fanno strada sia Unicredit (passata dal 9 al 12% delle operazioni) che Intesa Sanpaolo (dal 2 al 7,4%) che Unicredit (dal 9 al 12%). Seguono con percentuali minori Bnl, Ubi (Banco di Brescia, Popolare Commercio e Industria, Regionale Europea) e una sfilza di “popolari” in ordine discendente (Emilia Romagna, Carispezia, Banco Popolare, Valsabbina, Sondrio, Carige, Etruria, Parma e Piacenza, Credito Cooperativo Cernusco S.N. e Versilia e Lunigiana, Spoleto, Friuladria, Bpm) e perfino Poste Italiane.


Nonostante pochi milioni di euro di operazioni, comunque in aumento rispetto all’anno precedente, merita una menzione particolare Banca Ubae: istituto controllato dalla Libyan Foreign Bank (banca offshore specializzata in esportazioni di petrolio dalla Libia) e nel cui azionariato figurano Unicredit, Intesa Sanpaolo, Montepaschi ed Eni.

Pompeo ultimatum a Israele: stop scambi intelligence se fate affari con la Cina (Roma è avvertita)

Pompeo ultimatum a Israele: stop scambi intelligence se fate affari con la Cina (Roma è avvertita)
Pompeo chiede a Israele di limitare le aperture alla Cina: a rischio la condivisione di intelligence. Altro messaggio che andrà interpretato anche dal governo italiano nei giorni della visita di Xi Jinping
“Quando la Cina è impegnata a spiare attraverso le sue imprese commerciale di proprietà statale e presenta un rischio attraverso i suoi sistemi tecnologici, società come Huawei, che sono un vero problema per il popolo d’Israele; quando queste cose succedono, noi vogliamo essere sicuri che i Paesi lo sappiano, siano al corrente dei rischi e poi prendano le loro decisioni sovrane”. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, durante un’intervista concessa a Barak Ravid, giornalista israeliano di Channel 13 News in cui il capo della diplomazia americana in visita a Gerusalemme ha fatto capire che se Israele non limiterà i suoi legami con la Cina, gli Stati Uniti potrebbero ridurre la condivisione dell’intelligence e la cooperazione per la sicurezza.
È esattamente quello che Washington sta dicendo da mesi, aspetto che dovrebbe interessare in primis all’Italia, che domani firmerà l’adesione alla Nuova Via della Seta cinese nell’ambito della visita di stato del presidente Xi Jinping a Roma e Palermo. Gli americani sono ingaggiati in un confronto globale con la Cina, aspetto enorme attorno a cui stanno costruendo un blocco di alleati, partner, amici, che ha sempre più i contorni di un patto ad excludendum.
Come già successo con l’Italia, gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno più volte sollevato il problema dell’influenza e penetrazione cinese nel paese con parti del governo israeliano, ma la dichiarazione pubblica di Pompeo segna un limite. Anche con il governo gialloverde italiano è successo così: prima c’è stata un’attività di pressione discreta, mossa attraverso diplomatici e incontri riservati, poi, quando l’Italia ha fatto sapere di voler firmare il documento per aderire alla Belt & Road Initiative, Washington s’è mossa direttamente e apertamente attraverso dichiarazioni ufficiali del Consiglio di Sicurezza nazionale, che sconsigliava a Roma di spostarsi troppo verso la Cina.
Negli ultimi anni il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha cercato molto la sponda cinese per incrementare il commercio tramite il Mediterraneo. In questo avvicinamento ha fatto concessioni per collaborazioni a livello infrastrutturale, in particolare sul porto di Haifa, dove la Shanghai International Port Group, che ha ampliato i moli, inizierà la gestione con un cronoprogramma per essere operativa nel 2021 e un contratto venticinquennale.
Haifa è il punto di scalo della US Navy in Israele, e per questo Pompeo ha detto che “se alcuni sistemi vanno in determinati posti, gli sforzi dell’America per lavorare al tuo fianco saranno più difficili e in alcuni casi non saremo in grado di farlo”. Ossia, i cinesi in quell’area potrebbero essere problematici per le attività militari americane, e potrebbero compromettere le condivisioni di informazioni. Preoccupazioni non nuove, espresse già da tempo da settori dell’intelligence israeliana.
Una problematica simile potrebbe esserci nel caso in cui la Cina entrasse di forza nel porto di Palermo: domenica il presidente cinese sarà in Sicilia, e sembra che una delle ragioni – almeno secondo il governo italiano – è un interessamento al porto palermitano nell’ambito della Nuova Via della Seta. Ma Palermo è davanti a Napoli, sede della Sesta Flotta americana e dell’Allied Joint Force Command della Nato, due infrastrutture su cui i cinesi potrebbero voler allungare le orecchie. Più a sud c’è Sigonella. E non bastasse, davanti alle acque palermitane passa uno snodo di cavi internet sottomarini tra i più importanti del mondo.
Pompeo parla di “sistemi”, che potrebbero essere radar o attività navali, ma non solo: da quando la Cina ha piazzato la sua prima base extraterritoriale a Gibuti si sono ripetuti più volte episodi in cui piloti di aerei americani (anche gli Stati Uniti hanno un’importante base nel paese del Corno d’Africa) hanno subito attacchi di disturbo mentre erano in volo attraverso raggi laser.
Il segretario americano è stato chiarissimo: “Potete immaginare molte situazioni [se non ascoltate i nostri richiami]: la condivisione dell’intelligence potrebbe essere ridotta, la co-allocazione delle strutture di sicurezza potrebbe essere ridotta. Vogliamo essere sicuri che i vari paesi capiscano questo concetto”.

India: fermano un uomo in aereoporto e in valigia teneva un piccolo bimbo


Catturato all’aeroporto con un embrione in valigia, «li contrabbando da 18 mesi»– di Leone Grotti

«Mi ha reclutato un’agenzia malese, traffico per la clinica Indo Nippon». Nonostante abbia vietato la surrogata commerciale, l’India è ancora la mecca dell’inferno procreativo.

Il 15 marzo le autorità indiane fermano un cittadino malesiano all’aeroporto di Mumbai. In valigia gli trovano un contenitore di azoto: dentro, congelato, c’è un embrione umano.

L’uomo, identificato col nome di Partheban Durai, spiega che è diretto alla famosa clinica Indo Nippon IVF, il centro per l’infertilità nel quartiere di Bandra ovest.

È lì, confessa l’uomo, che negli ultimi 18 mesi ha effettuato altre sette, otto, dieci consegne: lo schema è sempre stato lo stesso, arrivo in mattinata, consegna del “pacco”, ritorno con un volo serale. Perché è questo il lavoro di Durai: contrabbandare embrioni.

La clinica nei guai. In India, a meno che siano destinati alla ricerca, l’importazione di embrioni è vietata dal 2015, e le autorità sono convinte di aver intercettato un traffico finalizzato ad alimentare il mercato dell’utero in affitto.

Nonostante la Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento, abbia approvato a dicembre una legge che mette al bando la maternità surrogata a scopi “commerciali”, l’India è infatti ancora il più importante hub del turismo procreativo: il settore della fecondazione assistita, spiega AsiaNews, fattura ogni anno circa 5 miliardi di dollari (4,4 miliardi di euro) e nel paese sono presenti più di 500 cliniche.

Centri come la Indo Nippon IVF che ha rigettato ogni accusa tramite il suo direttore scientifico e cofondatore, la celebre embrionologa Goral Gandhi; tuttavia gli agenti della Revenue Intelligence (DRI) che hanno effettuato l’arresto di Durai, assicurano di essere in possesso di messaggi, ritrovati sul suo cellulare, e documenti che confermano la versione del malese: questo embrione andava consegnato alla Indo Nippon.

Le indagini della DRI sul contrabbando degli embrioni

L’Alta Corte di Bombay al momento ha vietato ogni tipo di misura cautelare nei confronti della dottoressa Gandhi, che sarà sentita dai giudici il 22 marzo in attesa di un’udienza che si terrà il 3 aprile.

L’avvocato di Gandhi promette battaglia sostenendo si tratti di una «cospirazione ordita dalla concorrenza». La DRI indaga intanto per capire a cosa fosse destinato quel pacco contrabbandato, se a una surrogata o alla vendita ad altre cliniche o medici.


L’agenzia malese, il piano dei reclutatoti. Durai, scrivono i giornali indiani, ha raccontato di essere stato assoldato da Heart 2 Art, un’agenzia che si occupa di coppie con problemi di fertilità che ha sede in Malesia, gestita da una persona di origine indiana insieme alla moglie, una donna inglese: «Fanno da agenti del contrabbando illegale di embrioni in India», sostiene la DRI.

Parlando all’Indian Express un funzionario ha detto che in seguito alla perquisizione dei locali del centro per la fertilità indiano sono stati recuperati «documenti compromettenti relativi al contrabbando di embrioni», o, come riporta il Times of India, comunicazioni tra la clinica e varie agenzie malesi contenenti richieste specifiche in merito alla donazione di ovuli.
Intercettato e poi catturato

Una volta intercettato, i funzionari hanno chiesto a Durai di collaborare. Lo hanno accompagnato in un hotel a cinque stelle, dove gli era stato chiesto di fare il check-in: «Durai ha inviato le immagini dell’hotel ai suoi supervisori come prova che tutto stava procedendo secondo i piani. Gli è stato detto di lasciare l’embrione alla clinica Indo Nippon. Ricevuto l’ordine, Durai ha preso il contenitore». È stato arrestato solo dopo la consegna.

Nella mecca dell’utero in affitto. In Malesia la legge islamica non consente la maternità surrogata. Gli esperti della fecondazione in vitro tuttavia ritengono che le coppie malesi possano ricorrere alla surrogazione in India dove il Surrogacy (Regulation) Bill, presentato in prima bozza dal governo nel 2016 e approvato a dicembre 2018, mette al bando l’affitto dell’utero a scopo commerciali, ma non la gestazione per altri in forma altruistica.

Secondo la normativa infatti, coppie sterili indiane sposate da almeno cinque anni, possono ricorrere alla surrogazione di maternità qualora la gravidanza venga portata a termine una parente stretta.
Il business delle tecniche di riproduzione

Single, omosessuali e stranieri sono esclusi e puniti (con la detenzione fino a dieci anni e multe fino a un milione di rupie), ma è difficile porre un freno al business delle tecniche di riproduzione che, sulla pelle dei poveri e a costi competitivi (da 18 a 30 mila dollari per una gravidanza, un terzo dei prezzi degli Stati Uniti), ha trasformato l’India nella mecca della surrogata.

Aprendo le porte all’utero in affitto nel 2002, senza alcun quadro legislativo, con a disposizione infrastrutture mediche di qualità e un enorme potenziale di donne povere ad alimentare la crescita di questa industria, il paese è diventato in brevissimo tempo un hub mondiale del turismo procreativo, con migliaia di coppie straniere (anche italiane) che si sono riversate in massa nel subcontinente.

Le aberrazioni della surrogata. Il vuoto normativo ha reso al contempo l’India la cartina al tornasole di tutte le aberrazioni dell’utero in affitto.

Basti ricordare il caso di Baby Manji, un bimbo “ordinato” da una coppia giapponese che ha divorziato un mese prima che una madre surrogata lo mettesse al mondo.

O riguardare Google Baby, documentario realizzato nel 2009 dalla regista israeliana Zippi Brand Frank che nel 2009 ha mostrato al mondo come cosa c’era dietro alla fiorente industria della surrogata in India, dove povere contadine danno alla luce bambini ordinati su internet da stranieri facoltosi: embrioni in valigia, menù di donatrici, poche fisime su aborto selettivo e committenti 57enni e single: vale tutto, basta pagare.

O ancora, rileggere il reportage di Julia Bindel pubblicato dal Guardiannel 2016 sulle fattorie umane indiane, le “surrogacy houses”, in cui vengono stipate “in batteria” le donne che conducono la gravidanza in surrogazione e che vengono sfamate e accudite solo a tale scopo: produrre esseri umani dietro il corrispettivo di un prezzo.
Le conseguenze di anni e anni di mercimonio

Nell’ottobre del 2015 la Corte Suprema dell’India accusò il governo di aver permesso «il traffico di embrioni umani», «un business che si è evoluto in turismo procreativo».

Oggi una legge prova a tutelare donne e bambini dalle conseguenze che anni e anni di mercimonio hanno inciso sulla carne viva di povera gente.

E che, come dimostra l’arresto del trafficante malese, continua a svelare i suoi orrori: embrioni in valigia, ramificazioni in più paesi, cliniche sotto indagine.

Ecco dove porta la via per il paradiso lastricata da “atti d’amore”, “progresso”, “libera scelta”. 

Fonte: Tempi

Nuova Zelanda: Si svela un massacro israeliano?

Un altro False Flag, tra i tanti eseguiti in questi ultimi vent'anni,  si recita nella lontana Nuova Zelanda; la sensazione è che il giocatore si diverta a prenderci in giro e muove le sue pedine ora in Oceania , ora in Europa, Olanda ieri, poi in America, per poi tornare in Europa e così via , siamo un po sballottati di qui e di la, da una ingerente longa manus che non riusciamo mai a scorgere, ma grazie a Gordon Duff che ci da  le giuste lenti di lettura su quanto accade qualcosa si dipana e vediamo chi sono questi gestori degli assassini, buona lettura a tutte e tutti gli amici di #SaDefenza





La canzone semi-hit del 1968 di Arthur Brown "not so rock and roll" ha fornito lo sfondo per il "video di successo" dell'omicidio accuratamente allestito e completamente teatralizzato  con un cast di gran lunga superiore a quello che avremo mai visto.


Lo sappiamo, abbiamo a che fare con un assassino professionista, un esperto, un sociopatico e una "persona falsa" senza social media, senza vicini, senza colleghi di lavoro, senza amici della scuola, senza permesso per le armi, un'auto fuori appare dal  nulla, un secondo tiratore scomparso e alcuni problemi di continuità molto gravi nel suo video con alcune vittime "pre-uccise" da Babbo Natale?

Abbiamo un giovane single di 28 anni, un "preparatore atletico" con tonnellate di denaro ereditato, che viaggia per il mondo, fotografa tutto, è amato da tutti, poi si avventura misteriosamente in un omicidio personale.
Quello che abbiamo veramente è un assassino addestrato, di 42 anni, appartenente a una famiglia ebrea, che si è formato contro i palestinesi e ha prestato servizio nella Siriameridionale e in Idlib con al Qaeda, transitando dentro e fuori dalla Turchia.


Abbiamo anche un'operazione in cui solide fonti di intelligence affermano che 4 "turiste" tutte donne l'hanno aiutato nella "gestione e logistica" e le forze antiterrorismo della polizia locale hanno fornito un secondo sparatore


Durante i suoi viaggi nel mondo come un "giovane uomo con voglia di viaggiare", non abbiamo alcuna immagine sui social media. Non abbiamo fotografie scolastiche, nessuna storia lavorativa, nessuna istruzione, nessun lavoro, un'altra "persona vuota" come il nostro "sparatore" Sandy Hook e tanti altri.

Questa volta, però,  hanno commesso l'errore di attraversare aree sorvegliate dall'intelligence russa e siriana, dove VT riceve briefing privati ​​quotidiani. Lo conoscono, dopotutto, avrebbe dovuto uccidere il presidente Assad. Si proprio quello? Ma guarda un po che la CNN non lo ha menzionato affatto, un lapsus?

 L'incidente stesso, questa volta in video live (sotto / avviso), ma prima affronteremo i legami con Trump del tiratore,  che elogia Trump come difensore del "nazionalismo bianco" e la lotta contro "gli invasori"

Naturalmente, l'incidente in sé, la polizia che non si è mai presentata, un solo tiratore, uno ha garantito la fama che cercava benché  non sia riuscito ad assassinare il presidente Assad per conto dei suoi agenti israeliani (fonti di intelligence militari russe) ora passerà la sua vita in una cella della prigione.


Guarderà InfoWars, mangiando il cibo migliore,  potrà "battere il cinque" con i secondini e la polizia, e spostarsi dentro e fuori la notte, come Julian Assange e Anders Breivik, come ricompensa per il suo ruolo nella storia, giocato attraverso i suoi amici i membri di un culto satanico di Canberra, il Forum Massonico, dove ha una posizione di comando.

Poi di nuovo, abbiamo sentito di tre arresti. Questa è una storia interessante.

Jerry Falwell Jr., il più forte sostenitore di Israele in America, chiede l'assassinio di tutti i musulmani. (prova a ottenere questo video "rimosso" per "Termini di servizio", ti auguriamo buona fortuna con quello)





Poi di nuovo, le tre persone arrestate, sono, secondo i nostri conti, condividono cellule con quelle che hanno aiutatoAnders Brevik (Breivik / Berwick / Bronstein).

E così abbiamo, come in tanti altri casi, falsi sparatori di massa, e abbiamo due varietà, sparatorie senza morti e tiratori, che sono invariabilmente agenti di polizia o di sicurezza, che fanno le sparatorie e trovano sfortunate e pazze vittime designate da uccidere o bloccare per la vita.

I tiratori sono sempre molteplici, come nei rapporti di Sandy Hook, dove sono stati fatti degli arresti e quelli arrestati sono scomparsi. Andiamo avanti con questo e poi torniamo indietro.

Il ventottenne Brenton Tarrant, è stato fotografato mentre accennava al famigerato " Segno della Bestia 666" (foto sopra)  di Trump, l'identificazione dei massoni massimi iniziati nel rituale satanico, viene ricreato sempre di più con una persona falsa. 

Dalla CNN oggi:



"I dettagli continuano ad emergere circa i viaggi estesi del sospetto uomo armato, Brenton Tarrant, prima dell'attacco di Christchurch
La CNN ha confermato che Tarrant ha visitato l' Egitto e la Grecia a marzo 2016, e l'emittente di stato turca TRT riferisce di aver visitato la Turchia lo stesso mese, prima di tornare a settembre e di rimanere nel paese per circa sette settimane. 
Le agenzie di stampa locali hanno anche riferito che Tarrant ha visitato le nazioni balcaniche di Serbia e Montenegro , Bosnia ed Erzegovina e Croazia tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017. 
Nel "manifesto" pieno di odio inviato al primo ministro della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, e altri poco prima degli attacchi della moschea, Tarrant ha scritto che la sua visione del mondo è cambiata radicalmente durante il viaggio in Europa nel 2017. 
Tarrant ha visitato Bulgaria e Romania alla fine del 2018, secondo quanto riferito dal procuratore generale bulgaro Sotir Tsatsarov ai giornalisti, secondo quanto riferito dall'agenzia di stampa statale BTA. Tsatsarov ha aggiunto che il sospettato aveva un'ottima conoscenza della storia della regione. 
La CNN ha confermato che Tarrant ha visitato anche il Pakistan nell'ottobre 2018. "


La Turchia è stata aggiunta al gruppo di visite dopo che VTha denunciato le sue 3 visite in Turchia. Ciò che non viene detto è che le sue visite in Turchia coincidono con i suoi 6 mesi in Israele a partire dal 2018 e lo hanno coinvolto nell'esportazione dalla provincia di Idlib, dove era "insanguinato" con gruppi sostenuti dagli israeliani  da Al Qaeda / al Nusra.



In precedenza, nel 2017, è entrato in Israele e da lì, è entrato in Siria dove, secondo l'intelligence militare russa, ha visitato Deraa e poi un campo profughi fuori  Tanf, doveIsraele e gli Stati Uniti hanno stazionato centinaia di combattenti dell'ISIS sotto copertura di rifugiati.

Ciò è confermato da un generale dell'esercito russo. La Russia sta seriamente considerando di affrontare l'esercito americano a Tanf.

Le fosse comuni e il campo per i cosiddetti rifugiati,  gestito  dagli Stati Uniti, visitato da Terrant (fonti siriane)




Coordinando gli sforzi c'è l'oscura FDD, la Fondazione per la difesa delle democrazie, il cui staff è composto quasi interamente da  addestrati ufficiali dell'intelligence israeliana, secondo le nostre fonti in Siria e Russia.

Tarrant era nel campo di Rukban, e da lì è andato a Deraa, dove ha incontrato le cellule dell'ISIS, e poi è stato scortato di nuovo in Israele e da lì in Turchia dove è entrato a Idlib e si è incontrato con al Nusra. Ha transitato dentro e fuori dall'ISIS / al Nusra occupato la Siria in Turchia 3 volte prima di recarsi a Belgrado.

Il contesto, dall'intelligence siriana

Tarrant è in una lista sotto controllo dal 2012 comeassassino addestrato dagli israeliani e rappresentava  una minaccia per il presidente Assad.

I loro documenti, presentati a VT in arabo il 16/03/2016, dicono che la famiglia di Tarrant era in Palestina nel 1948. Non hanno documentazione di origine familiare e, tecnicamente, questo rende la sua famiglia, ebreo per religione, "sopravvissuti all'olocausto", persino se non fossero stati in Europa durante la guerra. Questa è la definizione attuale, qualsiasi ebreo che è visuto in questo periodo, anche al di fuori dell'Europa, può in alcune circostanze richiedere un risarcimento come "sopravvissuto all'olocausto". Decine di migliaia di persone fino ad oggi, che non sono mai state in Europa, ricevono un risarcimento dal governo tedesco . Dal Times of Israel
"All'inizio di quest'anno, il governo tedesco ha accettato di riconoscere circa 25.000 ebrei algerini come sopravvissuti all'Olocausto, rendendoli idonei al risarcimento.


La  Claims Conference ha annunciato a febbraio che gli ebrei che vivevano in Algeria tra il luglio 1940 e il novembre 1942 potevano beneficiare di un pagamento una tantum di € 2556,46 ($ 3,183).

La Claims Conference è un'organizzazione no-profit che aiuta i sopravvissuti a ottenere un risarcimento. È stata fondata nel 1951 da rappresentanti di organizzazioni ebraiche internazionali e distribuisce i fondi che riceve dalla Germania ai sopravvissuti e ai loro gruppi di assistenza sociale. Secondo i dati di Claims Conference, dal 1952 il governo tedesco ha pagato circa $ 70 miliardi di risarcimento".

Non ci sono registrazioni dell'eredità di Tarrant che ha permesso il suo viaggio in Israele, Siria, Turchia e un numero sempre maggiore di nazioni ora aggiuntesi al gruppo.

Il video qui sotto dimostra chiaramente che Tarrant era abituato a maneggiare armi e uccidere civili. Non c'è dubbio. Mettiamo in guardia chiunque su questo video, è riprovevole, ma dimostra anche chiaramente qualcuno totalmente radicalizzato, crediamo, a dare "colpi di scena" sui palestinesi, inclusi i bambini, dal muro "Trump" di Israelee dalle sue centinaia di torri da cecchino.

Ascoltatelo mentre parla di "combattimento" mentre si lancia tutto tondo contro donne e bambini, spruzzando sangue in aria. Questo non è il suo primo rodeo.

Quindi il secondo video, crediamo, mostri il suo "aiutante", che riteniamo sia un operatore di polizia:

Come con Sandy Hook, abbiamo problemi con le armi usate. Ora vediamo un singolo AR15 con bizzarre modifiche "California", nessun soppressore del flash e un calcio posteriore per rimuovere l'impugnatura. In Nuova Zelanda non ci sono leggi che lo autorizzano.

Ricordatevi che Tarrant non proviene dalla Nuova Zelandama dall'Australia. Come è arrivato in Australia? Come ha avuto 5 armi militari, alcune delle quali estremamente illegali? Come sono stati trasportati sull'aereo? Da dove vengono? Dove sono adesso? Perché non si possono vedere?

Le riprese originali di Tarrant prevedevano uno spettacolo Eotech, prodotto ad Ann Arbor, nel Michigan. Questa unità ha un numero di serie. Qual'è? Può essere rintracciato. Il secondo fucile utilizzato nel video aveva una etichetta svedese di fabbricazione Aimpoint, anch'essa molto costosa e con numero di serie.

Negli Stati Uniti, "Eotech nella terminologia  è un "rafforzativo per la legge ". Inoltre, poiché l'arma fotografata era una delle prime versioni di un AR15 appositamente modificato, molto simile alle armi dell'era del "divieto" dell'era Clinton negli Stati Uniti. Non esiste, nessuno o men che meno,  AR 15 falsificati modificati provenienti dalle zone rurali dell'Australia. L'arma non è mai stata utilizzata in quel caso poiché la testina .223 / 5.56mm era inadeguata per lavori a lungo distanza e pochi sono stati rilasciati ai militari australiani, e quelli in barile da 20 pollici per il Vietnam M16  con caratteristiche E1 sono altamente riconoscibili.


Quando è stata messa al bando questa arma "australiana" in Australia? Da dove arrivano le altre armi, più AR, fucili e pistole?

Parte del contesto proviene  anche da fonti delle forze antiterrorismo olandesi che iniziarono a contestualizzare il nostro tiratore quando iniziò a contattare gruppi di Bianchi Suprematisti in tutta l'Europa centrale (mai definita in Europa orientale, cioè la Russia).

Il percorso che ha seguito, oltre alla Corea del Nord e altrove, fu il circuito di "Steve Bannon / Anders Berstein" dove venivano addestrati anche i cecchini di Maidan. Icecchini georgiani utilizzati a Maidan erano (mercenari) icontractors militari privati ​​dei gruppi che VT conosce molto bene, gruppi contractors per e dalla Bechtel Corporation alla British Petroleum, secondo il capo dell'ufficio VTJeffrey Silverman a Tbilisi, in Georgia.

Quindi, dove siamo? Abbiamo un secondo sparatore ed anche altre pistole, strani video con vittime "pre-uccise". Hanno messo a tacere i testimoni e i video bannati.

Abbiamo denaro in quantità dal cielo, addestramento inIsraele, tempo trascorso in Siria, dentro e fuori dalla Turchia, abbiamo un assassino addestrato che finge di essere unturista globale senza una foto, senza video, senza social media, senza amici, senza compagni di scuola, non ha vicini di casa e uno contesto britannico / scozzese raggiunti quando la sua famiglia ebrea emigra in Gran Bretagna dalla Palestina / Israele nel 1948.

Nel racconto dei media fatto sul terrorista ci pare che siano troppe menzogne. E così via.

«Il cristianesimo non è una religione pacifica»: Londra nega l’asilo a un iraniano convertito


ONORE ALLA CONVERSIONE DI EBRAHIM FIROUZI. I VERI RAZZISTI SONO IN INGHILTERRA E NON PER IL COLORE DELLA PELLE MA PERCHE' "COLPEVOLI" DI ESSERE CRISTIANI 

All’Inghilterra non piacciono i rifugiati cristiani, ma le motivazioni usate per respingere le richieste d’asilo sono incredibili: «Lei dice che Gesù è il suo salvatore, però non crede che possa salvarla dal regime iraniano. Quindi non è convinto». 

«Lei dice di essersi convertito al cristianesimo dopo aver scoperto che è una “religione pacifica, mentre l’islam contiene violenza, odio e vendetta”. Ma Gesù Cristo ha detto: “Sono venuto a portare non la pace, ma la spada”». Con questa incredibile motivazione il dipartimento governativo responsabile della sicurezza e dell’immigrazione nel Regno Unito ha respinto la richiesta di asilo di un iraniano convertito al cristianesimo.
«SONO DAVVERO SCIOCCATO, È INCREDIBILE»

Nonostante il codice penale non preveda una specifica punizione per l’apostasia in Iran, gli uomini che abbandonano l’islam possono essere condannati alla pena di morte mentre per le donne è previsto l’ergastolo. Tra novembre e dicembre 2018 il regime ha arrestato più di 250 cristiani in Iran. Nel 2013 ha incarcerato Ebrahim Firouzi, giovane convertito al cristianesimo, con l’accusa di «promuovere il sionismo cristiano. Le attività di evangelizzazione sono in opposizione al regime della Repubblica islamica dell’Iran».


L’avvocato dell’iraniano convertito che si è visto respingere la domanda d’asilo, Nathan Stevens, ha già fatto ricorso in appello e ha pubblicato su internet la lettera del dipartimento degli Affari interni, commentando: «Ne ho viste tante negli anni, ma sono rimasto davvero scioccato nel leggere questa motivazione incredibile. A prescindere dalla propria visione della fede, come può un funzionario del governo estrapolare in modo arbitrario dei brani di un testo sacro e usarli per umiliare la personale decisione di una persona di seguire un’altra fede?».
«SE GESÙ È IL SUO SALVATORE, PERCHÉ TEME L’IRAN?»

La pubblicazione della lettera, riporta il New York Times, ha sollevato un polverone nel Regno Unito e il dipartimento degli Affari interni ha diffuso un comunicato, spiegando che «la lettera contrasta con la nostra politica per quanto riguarda la persecuzione religiosa, comprese le conversioni a una particolare fede».

Non è la prima volta però che il Dipartimento si dimostra particolarmente insensibile alle richieste di cristiani convertiti. Come riportato dal Guardian nel 2018, un cristiano convertito si è visto respingere la domanda d’asilo perché non è stato in grado di citare a memoria i versetti del Vangelo dove si parlava del miracolo delle nozze di Cana e di quello della pesca miracolosa. Di conseguenza, si leggeva nelle motivazioni, «queste risposte vaghe sono in contrasto con la pretesa del candidato di aver letto la Bibbia e di aver partecipato a gruppi di preghiera».


Alla stessa persona hanno chiesto chi fossero i genitori di Gesù, lui rispose: «Maria, ma non aveva un padre terreno». Il Dipartimento ha giudicato errata la risposta, sottolineando: «Suo padre era Giuseppe».

L’avvocato Nathan Stevens, specializzato in casi di immigrazione e di richieste d’asilo, racconta anche un altro episodio imbarazzante. Il Dipartimento ha respinto la domanda d’asilo di un altro cristiano convertito perché, recitano le motivazioni, «lei ha affermato nel colloquio che Gesù è il suo salvatore, ma ha aggiunto che Lui non è in grado di salvarla dal regime iraniano. È evidente quindi che la sua fede non è forte e la sua fiducia in Gesù è poco convinta».
A LONDRA NON PIACCIONO I RIFUGIATI CRISTIANI

Che a Londra non piacciano i rifugiati cristiani non è una novità. Fin dal 2015 l’organizzazione benefica Barnabas Fund e la Chiesa anglicana denunciano la strana tendenza del dipartimento degli Affari interni ad accogliere solo musulmani. L’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha raccomandato al Regno Unito di accogliere nel primo trimestre del 2018 1.358 rifugiati siriani, di cui solo quattro cristiani (0,29%). Il dicastero ha accettato di prenderne l’82%, cioè 1.112 persone, tutti musulmani, rifiutando i quattro cristiani.

La stessa cosa si è verificata anche nel 2017, quando l’agenzia Onu chiese all’Inghilterra di accogliere 7.060 rifugiati siriani, di cui 25 cristiani (0,35%). Londra accettò di prenderne il 69%, 4.850 persone, di cui solo 11 cristiani. Il Regno Unito si era anche rifiutato di offrire asilo politico ad Asia Bibi per timore di scatenare «disordini e problemi di sicurezza all’interno della comunità» musulmana.
«COSÌ DISCRIMINIAMO I CRISTIANI»

A quanto pare, a nulla sono servite le rimostranze e gli appelli dell’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, che in una lettera inviata al Telegraph nel 2015 scriveva:


«Chi tra noi chiede da mesi compassione per le vittime siriane vive una grande frustrazione perché la comunità cristiana, ancora una volta, viene abbandonata e lasciata per ultima. Ma così si discriminano inavvertitamente le comunità cristiane, che sono le più colpite dai quei macellai disumani che si fanno chiamare Stato islamico. Non si troverà nessun cristiano nei campi dell’Onu, perché sono stati attaccati e presi di mira dagli islamisti e cacciati da quei campi. Per questo cercano rifugio nelle case private, nelle chiese. L’Inghilterra dovrebbe considerarli una priorità perché sono il gruppo più vulnerabile. Inoltre, noi siamo una nazione cristiana e i cristiani siriani non farebbero fatica a integrarsi. A qualcuno non piacerà quello che sto per dire, ma negli ultimi anni l’immigrazione di massa musulmana in Europa è stata eccessiva e ha portato alla nascita di ghetti che vivono in modo parallelo nella società».