LE CONOSCENZE ATTUALI
La valutazione dei rischi sanitari derivanti dall’esposizione a campi elettro-magnetici è un processo caratterizzato da estrema complessità. Ciò consegue al numero elevatissimo di pubblicazioni scientifiche esistenti a livello internazionale sull’argomento, alla loro grande eterogeneità ed alla loro frequente incompletezza, oltre che al carattere multidisciplinare che la tematica di per sé presenta.
Esiste una notevole controversia sulla possibilità di un nesso fra l’esposizione a campi magnetici a frequenze estremamente basse (ELF) ed il rischio di patologie per l’uomo, in particolare il rischio della malattia tumorale.
A tal riguardo molti studi scientifici sono stati pubblicati da quando, nel 1979, Wertheimer e Leeper riportarono un’associazione tra mortalità per tumori - sia infantili che dell’adulto - e vicinanza delle abitazioni alle linee di distribuzione dell’energia elettrica; tali case vennero classificate come “abitazioni ad alta configurazione di corrente”. Emerse l’ipotesi di un aumento nel rischio di tumori infantili conseguente alla presenza di sorgenti di campo magnetico esterne.
Il Promemoria dell'OMS n. 205 fa riferimento, per la valutazione dei possibili effetti sanitari a lungo termine, ad un ampio rapporto prodotto nel 1998 dal National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) degli Stati Uniti. Nel giugno 1998, il NIEHS ha convocato un gruppo di lavoro internazionale per una revisione critica dei risultati della ricerca. Il gruppo di lavoro, usando i criteri stabiliti dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (International Agency for Research on Cancer, IARC), ha concluso che i campi ELF debbano essere considerati come un "possibile cancerogeno per l'uomo" con riferimento prevalente alla possibilità di causare leucemie infantili.
"Possibilmente cancerogeno per l’uomo" è una classificazione usata per connotare un agente per il quale vi sia una limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo ed un’evidenza meno che sufficiente negli animali da laboratorio (in questa classe ad esempio vi sono: il caffè, i gas di scarico delle auto a benzina, i fumi di saldatura).
Due studi epidemiologici particolarmente importanti per le dimensioni e per la metodologia impiegata sono stati pubblicati dopo il rapporto NIEHS (Linet et al. 1998; McBride et al. 1999). I loro risultati sembrano indebolire l'ipotesi di una cancerogenicità dei campi magnetici ELF.
L'OMS ha presentato nel 2001 una valutazione (effettuata congiuntamente alla IARC) degli effetti cancerogeni dei campi ELF; nel 2002 seguirà una valutazione di altri possibili effetti sanitari.
Nel dicembre 2001 è stata pubblicata la rassegna effettuata dall’ICNIRP sui dati esistenti in letteratura riguardo ai campi ELF in cui si mette in evidenza la possibile associazione delle ELF con le leucemie infantili.
Per quanto riguarda le radiazioni elettromagnetiche a radio-frequenza la revisione dei dati scientifici svolta dall’OMS (1996) nell’ambito del Progetto internazionale CEM ha concluso che, sulla base della letteratura attuale, non c’è alcuna evidenza convincente che l’esposizione a RF abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro.
I ricercatori non hanno trovato indicazioni che esposizioni multiple al di sotto dei livelli di soglia provochino alcun effetto negativo per la salute.
Non si verifica alcun accumulo di danni per effetto di esposizioni ripetute a bassi livelli di campi a RF.
Comunque, la stessa revisione ha anche evidenziato che sono necessari ulteriori studi per delineare un quadro più completo dei rischi sanitari, specie per quanto concerne un possibile rischio di cancro connesso all’esposizione a bassi livelli di campi RF. Da questa riconosciuta incompletezza della conoscenza scientifica scaturisce, a nostro avviso, la necessità di attuare comportamenti che siano in linea con i principi di precauzione e responsabilità.
L’INTERAZIONE DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE CON I SISTEMI BIOLOGICI
I tre parametri che caratterizzano le onde elettromagnetiche-m (lunghezza d’onda, frequenza ed energia per singolo quanto di energia (fotone)) sono legati fra loro ed ognuno influenza l’effetto che il campo può avere su un sistema biologico. A maggiore frequenza corrisponde una maggiore energia ed una minore lunghezza d'onda.
Le onde elettromagnetiche possono essere anche classificate in base alla loro frequenza ed energia in radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti (NIR). Leradiazioni ionizzanti, che comprendono per esempio la radiazione X e la radiazione gamma, a causa della loro elevata energia sono in grado di produrre la ionizzazione della materia, ovvero la creazione di atomi o molecole elettricamente cariche positivamente o negativamente, rompendo i legami atomici che tengono unite le molecole nelle cellule. Le radiazioni non ionizzanti, che comprendono per esempio i campi elettromagnetici a radiofrequenze e microonde e i campi elettrici e magnetici a frequenze estremamente basse (ELF) non hanno l’energia sufficiente per rompere i legami atomici: pertanto anche ad elevata intensità non sono in grado di produrre la ionizzazione in un sistema biologico. Sono però in grado di produrre altri effetti biologici, che possono talvolta arrecare un danno alla salute.
Un effetto biologico si verifica quando l’esposizione alle onde elettromagnetiche provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema biologico. Undanno alla salute avviene quando l’effetto biologico è al di fuori dell’intervallo in cui l’organismo può normalmente compensarlo, e ciò conduce a qualche condizione di detrimento della salute; solo in questo caso si parla di effetti sanitari, come più volte ribadito dall’OMS.
L’interazione tra sistemi biologici e campi elettromagnetici può essere diretta oindiretta.
Gli effetti acuti dell’esposizione a campi elettrici e magnetici ELF ed a campi elettromagnetici a radiofrequenze e microonde sono dovuti a meccanismi d’interazione ben conosciuti, sono immediati ed oggettivi, avvengono solo per valori superiori ad un ben preciso valore di soglia della grandezza dosimetrica specifica, sono accertabili sperimentalmente sugli animali e su volontari al di là di ogni possibile dubbio. Possono essere riassunti nel modo seguente:
induzione di cariche e correnti elettriche e conseguente stimolazione di tessuti costituiti da cellule elettricamente eccitabili, quali le fibre muscolari e i neuroni per quanto riguarda i campi elettrici e magnetici statici ed ELF ed i campi elottromagnetici a frequenze minori di 1 MHz;
riscaldamento dei tessuti, dovuto alla trasformazione dell'energia elettromagnetica in energia termica per campi elettromagnetici a frequenze maggiori di 1 MHz.
Gli effetti sanitari a lungo termine sono invece difficilmente valutabili; l'eventuale rapporto causa effetto si basa su studi epidemiologici.
sintomi più o meno soggettivi (affaticamento, irritabilità, difficoltà di concentrazione, diminuzione della libido, cefalee, insonnia, impotenza etc.);
patologie con segni oggettivi ed in genere gravi (tumori, malattie degenerative).
GLI EFFETTI DEI CAMPI ELETTRICI E MAGNETICI STATICI
L'azione fondamentale di questi campi sui sistemi biologici è l'induzione di cariche e correnti elettriche, è stato provato che si verificano anche altri effetti (es. interferenza con pacemaker od altri dispositivi elettronici, spostamento di impianti metallomagnetici), che potrebbero portare a danni per la salute ma solo ad intensità di campo molto elevate.
Il campo elettrico statico, escludendo le possibili correnti elettriche indotte da campi particolarmente intensi, non desta preoccupazioni per la salute.
I campi magnetici statici molto intensi possono alterare il flusso sanguigno o modificare i normali impulsi nervosi. Intensità così elevate non si incontrano nella vita quotidiana. Alcune indagini mediche (es. risonanza magnetica) e alcune lavorazioni (es. produzione di corrente continua, impianti elettrolitici, produzioni di magneti permanenti) possono causare esposizioni al di sopra dei livelli normali. Vi è insufficiente informazione sugli effetti di esposizioni prolungate ai campi magnetici statici ai livelli che si incontrano negli ambienti di lavoro.
GLI EFFETTI DEI CAMPI ELETTRICI E MAGNETICI A FREQUENZE ESTREMAMENTE BASSE (ELF)
L'OMS ha presentato nel 2001 una valutazione (effettuata congiuntamente alla IARC) degli effetti cancerogeni dei campi ELF; nel 2002 seguirà una valutazione di altri possibili effetti sanitari.
Nel dicembre 2001 è stata pubblicata la rassegna effettuata dall’ICNIRP sui dati esistenti in letteratura riguardo ai campi ELF. Le cui conclusioni sono le seguenti:
a) La qualità degli studi epidemiologici è migliorata sempre più e molti degli studi recenti su leucemia infantile e sul cancro associati ad esposizione occupazionale sono vicini al limite di quello che può realisticamente essere raggiunto in termini di portata dello studio e rigore metodologico.
b) La valutazione dell’esposizione costituisce una difficoltà particolare per l’epidemiologia dei campi elettromagnetici, da vari punti di vista:
1) l’esposizione è impercettibile, diffusa, ha molteplici sorgenti e può variare largamente nel tempo e anche per piccole distanze dalle sorgenti;
2) in genere il periodo di esposizione, rilevante per gli effetti indagati, è precedente alla data in cui le misurazioni realisticamente possono essere ottenute e di durata e con periodo di induzione ignoti;
3) non è nota una misura appropriata dell'esposizione cumulativa e non vi sono dati biologici da cui derivarla.
c) In assenza di evidenze sperimentali e considerate le incertezze nella letteratura epidemiologica, non esiste alcuna malattia cronica per la quale una relazione etiologica con i campi elettromagnetici possa essere stabilita.
d) Sono stati presentati in abbondanza dati di elevata qualità su cancro infantile, come anche per la leucemia dell’adulto ed i tumori cerebrali in rapporto all’esposizione occupazionale. Fra tutte le risultanze valutate negli studi epidemiologici sui campi elettromagnetici, la leucemia infantile in relazione ad esposizioni postnatali superiori a 0,4 mT è l’unico caso per il quale vi sia la maggiore evidenza di associazione. Il rischio relativo, in un’analisi condotta su un pool largamente rappresentativo, è stato stimato pari a 2,0 (intervallo di confidenza al 95% 1,27 - 3,13). E’ inverosimile che ciò sia dovuto al caso, ma potrebbe in parte essere dovuto a fattori confondenti (bias). Tale dato è difficile da interpretare, in assenza di un meccanismo conosciuto o di un supporto sperimentale riproducibile. Nella succitata analisi largamente rappresentativa soltanto lo 0.8% di tutti i bambini erano stati esposti a valori superiori a 0,4 mT.
Ulteriori studi sono quindi necessari per disegnare e testare specifiche ipotesi quali le possibili distorsioni legate alla selezione dei soggetti in studio o la misura dell'esposizione.
'Nella gran parte delle abitazioni, infatti, l'intensità di campo magnetico misurabile è notevolmente inferiore al valore suddetto ma tali intensità possono essere raggiunte e superate in residenze prossime ad importanti sorgenti di CEM (es. alcuni elettrodotti). Dagli studi epidemiologici è stato stimato che l'1% della popolazione sia esposta a campi e-m superiori a 0,3 - 0,4 mT. Ipotizzando che l'incremento di rischio possa essere attribuito con certezza e totalmente all'esposizione ai CEM e sapendo che il tasso annuale di leucemia infantile (0 - 14 anni) in Italia è circa 4/100000 bambini, nel nostro paese ogni anno meno di 10 leucemie infantili (3 - 7) su circa 430 sarebbero causate da questa esposizione.'
e) Sulla base dei riscontri epidemiologici, è stata evidenziata una associazione tra la sclerosi laterale amiotrofica e l’esposizione occupazionale a campi elettromagnetici, sebbene il confondimento sia una potenziale spiegazione.
f) Il cancro del seno, le malattie cardio-vascolari, il suicidio, la depressione rimangono problemi irrisolti.
Il progetto SETIL
E’ attualmente in corso di svolgimento il Progetto SETIL, lo Studio sulla Eziologia dei Tumori Infantili Linfoemopoietici e dei neuroblastomi coordinato dal dr. Corrado Magnani dell'Università di Torino. SETIL è uno studio epidemiologico multicentrico sui fattori di rischio per le leucemie acute, il linfoma non-Hodgkin ed il neuroblastoma in età infantile. A parte le radiazioni ionizzanti ed alcune rare sindromi genetiche, i fattori eziologici per queste malattie sono in gran parte sconosciuti. Per quanto riguarda la leucemia infantile, sono state ipotizzate l’associazione con esposizioni ambientali ad agenti fisici e chimici e con esposizioni in gravidanza o ad agenti infettivi. Numerosi studi hanno in particolare suggerito l’associazione con i campi magnetici a 50 Hz (ELF-MF), senza però ancora giungere a conclusioni definitive.
GLI EFFETTI DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI A RADIO-FREQUENZA
Le RF possono produrre effetti biologici che dipendono dalla frequenza e dall’intensità del campo.
Non necessariamente tali effetti biologici si traducono in danni per la salute.
Nella tabella seguente sono descritti i principali effetti (sperimentalmente accertati) sugli esseri viventi relativi alle specifiche bande di frequenza.
Banda di frequenza
Effetto biologico
Grandezza dosimetrica
Danni alla salute
Luoghi a rischio
(solo indicativo)
RF al di sopra di 10 GHz
Assorbimento dalla superficie della pelle; pochissima energia penetra nei tessuti sottostanti.
La densità di potenza, in watt al metro quadro (W/m2) e relativi sottomultipli.
Cataratte oculari e ustioni della pelle solo per densità di potenza superiori a 1000 W/m2
Nelle immediate vicinanze di radar di potenza, lungo i lobi di emissione e praticamente mai in altri ambienti di vita o di lavoro.
RF tra 1 MHz e 10 GHz
Penetrazione nei tessuti esposti e produzione di calore a seguito dell’assorbimento locale di energia. La profondità di penetrazione dipende dalla frequenza del campo ed è maggiore alle frequenze più basse. Questi aumenti di temperatura possono innescare varie risposte fisiologiche e risposte legate alla termoregolazione.
L’assorbimento di energia si misura come tasso di assorbimento specifico (SAR) entro una data massa di tessuto, in watt al chilogrammo (W/Kg).
Per livelli di SAR comunque maggiori di 4 W/Kg
Cataratte oculari e ustioni della pelle solo per valori di SAR molto elevati.
Influenza sullo sviluppo fetale (ma effetti teratogeni si verificano solo se la temperatura del feto aumenta per ore di 2-3°C all’ora).
Effetti negativi sulle fertilità maschile.
Entro decine di metri di distanza dal fascio di emissione di potenti antenne FM, aree inaccessibili al pubblico in quanto collocate in cima a torri elevate.
Le RF al di sotto di 1 MHz
Nessun riscaldamento significativo; induzione invece di correnti elettriche nei tessuti.
Le numerose reazioni chimiche implicate nei processi vitali sono associate a normali densità di correnti “di fondo” di circa 10 mA/m2.
Densità di corrente espresse in ampère al metro quadro (A/m2)
Densità di corrente indotte superiori a 10 mA/m2 possono interferire con i normali meccanismi fisiologici e provocare, ad esempio, contrazioni muscolari involontarie.
Per quanto riguarda eventuali effetti cancerogeni, secondo l’OMS ed altri comitati internazionali di esperti, le attuali evidenze scientifiche fanno ritenere improbabile l’ipotesi che le RF promuovano o inducano tumori.
Studi sperimentali
Sono stati condotti molti studi di genotossicità (danni al patrimonio genetico) delle RF in vitro ed in vivo, la maggior parte dei quali non ha dimostrato effetti genotossici ascrivibili all’esposizione alle RF.
Gli studi di carcinogenesi su roditori non hanno fornito evidenze convincenti di effetti sull’induzione, la promozione o la progressione di tumori.
Studi epidemiologici
La relazione tra esposizione a RF e rischio di tumori è stata analizzata in diverse indagini epidemiologiche a loro volta esaminate in rassegne recenti. Gli Autori di queste rassegne concordano nell’affermare che gli studi al momento disponibili (qualche studio di sorveglianza della mortalità per professione, un piccolo numero di coorti di personale militare con unità di radaristi, una coorte di radioamatori, una piccola coorte di addette alla saldatura a RF di materie plastiche, qualche studio geografico su residenti in prossimità di trasmettitori radio-televisivi) non forniscono informazioni adeguate per un’appropriata valutazione dell’eventuale cancerogenicità per l’uomo dell’esposizione a RF, a causa della eterogeneità delle situazioni espositive considerate, della qualità tutt’altro che soddisfacente dei metodi di stima delle esposizione (quasi sempre presunta in base al titolo professionale ed alla mansione, ovvero per prossimità della residenza a sorgenti fisse di RF), oltrechè dell’incoerenza dei loro risultati.
A) Evidenze epidemiologiche sul rischio di tumori in relazione alla telefonia cellulare
A.1) Stazioni radio-base
Le preoccupazioni dei cittadini per i possibili effetti negativi associati ad esposizione a campi a RF nascono essenzialmente dalla presenza sul territorio delle antenne fisse per il servizio, tecnicamente indicate come stazioni radio base. Negli ultimi 15 anni sono stati pubblicati vari studi epidemiologici che hanno esaminato la possibile relazione tra trasmettitori a radiofrequenza e cancro. Questi non hanno fornito nessuna evidenza che l’esposizione ai campi generati dai trasmettitori con emissioni nei limiti di legge aumenti il rischio di cancro. I livelli dei campi elettromagnetici a RF prodotti dalle stazioni radio base e/o da altre reti locali wireless, a cui la popolazione è potenzialmente esposta, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, non sembrano rappresentare rischi rilevanti per la salute umana.
A.2) Telefoni cellulari
Un cenno a parte meritano gli studi sul rischio di tumori tra gli utilizzatori di telefoni cellulari, perché alcuni contributi sono stati pubblicati molto di recente e non compaiono nelle rassegne precedentemente citate. Tutti questi studi hanno prodotto risultati rassicuranti.
La mortalità per tutti i tumori non risulta correlata all’intensità d’uso del cellulare, il piccolo numero di decessi per tumori cerebrali e leucemie non consente analisi robuste da un punto di vista statistico e l’unica causa di morte per la quale si osserva un incremento di rischio associato all’intensità d’uso del telefono cellulare è relativa agli incidenti automobilistici.
A.3) Il progetto INTERPHONE
Il progetto Interphone, promosso e coordinato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), è uno studio caso-controllo basato su interviste, finalizzato a valutare la relazione tra uso del telefono cellulare e rischio di tumori cerebrali (gliomi e meningiomi) e di alcune altre neoplasie (neurinomi del nervo acustico e tumori delle ghiandole salivari). Lo studio è stato realizzato tra il 2000 e il 2004 in 13 Paesi, tra i quali l’Italia.
Il progetto Interphone è terminato ed è stato pubblicato in data 17/05/2010. Si riportano di seguito la traduzione dei Risultati e delle Conclusioni dello studio.
Risultati:
Tra coloro che sono stati regolari utenti di telefoni cellulari si è osservato un ridotto odds ratio (OR)1 per il glioma [OR 0,81; intervalli di confidenza al 95% (CI) 0,70-0,94] e per il meningioma (OR 0,79; CI 95% 0,68-0,91), rispecchiando forse bias di partecipazione o altre limitazioni metodologiche. Nessun OR elevato è stato osservato dopo 10 o più anni dall’inizio dell’uso del telefono (glioma: OR 0,98; 95% CI 0,76-1,26; meningioma: OR 0,83; 95% CI 0,61-1,14).
Gli OR erano minori di 1 (nessun rischio aggiuntivo dall’uso del telefono n.d.r.) per tutti i decili del numero delle telefonate durante tutta la vita e per i nove decili dei tempi cumulati delle telefonate.
Nel decimo decile del tempi cumulati delle telefonate ricordate, 1.640 ore e più durante tutta la vita, l'OR era 1,40 (95% CI 1,03-1,89) per il glioma, e 1,15 (95% CI 0,81-1,62) per il meningioma; ma ci sono valori riferiti sull’uso inverosimili in questo gruppo.
Gli OR per il glioma tendevano ad essere maggiori per il lobo temporale che per altre parti del cervello, ma gli intervalli di confidenza stimati sul lobo-specifico erano ampi.
Gli OR per il glioma tendevano ad essere maggiori nei soggetti che hanno riferito di utilizzare abitualmente il telefono nello stesso lato della testa dove si è manifestato il tumore piuttosto che nel lato opposto.
1 L’ odd ratio (OR) è una misura di rischio relativo. In altri termini, un OR di x indica che le persone esposte hanno un rischio di x volte superiore al rischio delle persone non esposte.
Conclusioni:
In generale, non è stato osservato alcun aumento del rischio di glioma o meningioma legato all’utilizzo dei telefoni cellulari. Ci sono state indicazioni in merito ad un aumentato rischio di glioma per elevati livelli di esposizione, ma bias ed errori impediscono un’interpretazione causale. Per l’accertamento dei possibili effetti a lungo termine di un uso intensivo dei telefoni cellulari necessitano ulteriori indagini.
Cosa succederà?
Il Dr Christopher Wild, direttore della IARC, ha dichiarato: "Un aumento del rischio di cancro al cervello non è stabilito in base ai dati di Interphone. Tuttavia, le osservazioni dei più alti livelli cumulativi di tempo di esposizione e i mutamenti negli usi dei cellulari dal periodo di studio, in particolare nei giovani, giustificano ulteriori indagini sull’uso del telefono cellulare e sul rischio di cancro al cervello."
La Prof. Elisabeth Cardis del Centre for Research in Environmental Epidemiology (CREAL) di Barcellona, centro che ha coordinato Interpone, ha detto che "lo studio Interphone proseguirà con ulteriori analisi sull’uso del telefono cellulare e sui tumori del nervo acustico e della ghiandola parotide".
Ha poi aggiunto: "A causa delle preoccupazioni per il rapido aumento dell’utilizzo dei telefoni cellulari da parte dei giovani - che non erano inseriti in Interphone -, Il CREAL è co-coordinatore di un nuovo progetto, MobiKids, finanziato dall'Unione Europea, per indagare il rischio di tumori al cervello dall'uso del telefono cellulare nell'infanzia e nell'adolescenza."
La IARC ha programmato una revisione globale del potenziale cancerogeno della telefonia mobile sotto l'egida del suo “Programma Monografie”. La revisione, prevista per il 24-31 Maggio 2011, prenderà in considerazione tutti gli studi epidemiologici pubblicati e le evidenze sperimentali, inclusi i nuovi dati dello studio Interphone.
http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2010/pdfs/pr200_E.pdf
A.4) Conclusioni
Sulla base delle conoscenze scientifiche attualmente disponibili, sembra poco probabile che l’uso del telefono cellulare comporti un sensibile aumento del rischio di tumori cerebrali. D’altronde, il numero di utilizzatori attuali e la prevedibile ulteriore espansione della telefonia mobile fanno sì che anche modesti incrementi di rischio associati all’esposizione potrebbero avere un elevato impatto sanitario sulla popolazione.
B) Il rischio di leucemia infantile tra i residenti in prossimità di trasmettitori radio-televisivi.
B.1) La letteratura
Per quanto concerne, in particolare, le RF utilizzate nella trasmissione di segnali radio o TV ed il rischio di leucemia infantile, sono disponibili in letteratura sei studi epidemiologici su mortalità o incidenza di tumori infantili tra i residenti in prossimità di ripetitori radiotelevisivi.
B.2) Conclusioni
L’analisi approfondita degli studi geografici di popolazione condotti finora consente di concludere che non sono stati evidenziati cluster spaziali di leucemia infantile associati alla distanza di trasmettitori radiotelevisivi. Un solo studio ha cercato di valutare la relazione fra distanza dalla sorgente e intensità misurata del campo elettromagnetico, con risultati tutt’altro che confortanti sotto il profilo dell’accuratezza dell’indicatore “distanza della residenza dai trasmettitori radiotelevisivi” quale misuradell’esposizione dei residenti alle RF.
Sulla base di queste osservazioni, che meriterebbero di essere ulteriormente replicate, si può affermare che le analisi spaziali dei tassi di mortalità o d’incidenza di patologia basate esclusivamente sulla distanza da ripetitori radio-TV non sono indicative riguardo all’eventuale associazione tra i diversi eventi in studio e l’esposizione a RF generate dai trasmettitori, neppure in riferimento ai livelli di esposizione come medie o gradienti di gruppo.
Conclusioni sugli effetti per frequenze tra 100 kHz e 300 GHz
La revisione dei dati scientifici svolta dall’OMS (1996) nell’ambito del Progetto internazionale CEM ha concluso che, sulla base della letteratura attuale, non c’è alcuna evidenza convincente che l’esposizione a RF abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro. Comunque, la stessa revisione ha anche evidenziato che sono necessari ulteriori studi per delineare un quadro più completo dei rischi sanitari, specie per quanto concerne un possibile rischio di cancro connesso all’esposizione a bassi livelli di campi RF.
Non esistono indicazioni che esposizioni multiple al di sotto dei livelli di soglia, previsti dalle normative, provochino effetti negativi per la salute né risulta accumulo di danni per effetto di esposizioni ripetute a bassi livelli di campo RF.
Importanti ricerche sono in atto o in programma per il prossimo futuro.
Sulla base di questi studi, l’OMS e la IARC effettueranno nel 2003 una valutazione degli effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, mentre per il 2004 è prevista la valutazione di eventuali altri effetti sulla salute.
PREVENZIONE FRA PRECAUZIONE E RESPONSABILITA’
A questo punto ci si potrebbe trovare di fronte alla scelta fra un atteggiamento attivo di una prevenzione primaria fatta in assenza di certezze e un atteggiamento attendista passivo che ignora la prevenzione primaria prendendo a motivo le incertezze eziologiche.
E’ evidente che la prima scelta è in armonia con il principio di precauzione del quale molto si parla oggi. Il principio di precauzione risponde alla necessità ed urgenza di intervenire quando si è messi a confronto con un rischio potenzialmente serio in assenza dell’evidenza scientifica incontestabile di una relazione causa-effetto.
Un atteggiamento cautelativo e prudente può venir sbrigativamente interpretato come antitecnologico e antiscientifico.
In realtà chi porta avanti un atteggiamento di cautela non fa che riconoscere che il sapere predittivo rimane il più delle volte al di sotto del sapere tecnico-scientifico. Il riconoscimento della nostra ignoranza o, quanto meno, della nostra limitata conoscenza nel predire le conseguenze del nostro sapere, non può che divenire, come dice Hans Jonas, un dovere di sapere e costituire quindi una spinta alla ricerca e non certo un suo arresto.
Il principio di precauzione a questo livello potrebbe rappresentare il rifiuto di un destino ineluttabilmente determinato da ciò che l’uomo è ormai in grado di fare e che soprattutto sembra essere costretto a continuare a fare, dando priorità oltre che al come al perché facciamo certe cose, assumendocene quindi anche la responsabilità.
I problemi ambientali e di salute continuano a crescere più rapidamente della capacità della società di identificarli e di correggerli.
Adottare il principio di precauzione e quello di responsabilità significa anche accettare il dovere di informare e impedire l’occultamento di informazioni su possibili rischi per la salute ed evitare che si continui a considerare l’intera specie umana come un insieme di cavie sulle quali saggiare tutto quanto è capace di inventare il progresso tecnologico. “Tutta la nostra realtà è divenuta sperimentale … l’uomo moderno è votato alla sperimentazione di se stesso”.
Invece di accettare una società che sta divenendo sempre meno democratica, dato che le scelte sfuggono ormai completamente agli individui, basata su una crescita economica che deve essere continua e sempre più forte e che nessuna persona di buon senso può accettare come illimitata, ma che può condurci alla catastrofe, è possibile pensare a uno sviluppo che si attui sui principi di precauzione e di responsabilità, dando priorità alla qualità della vita e all’equità sociale e ponendo il mantenimento della salute al di sopra dell’interesse economico .
L'OMS nel fact-sheet n. 263 dell'ottobre 2001 consiglia le seguenti misure precauzionali:
Governi e industrie: Questi organismi dovrebbero essere al corrente dei più recenti sviluppi scientifici e fornire al pubblico informazioni corrette, chiare ed esaurienti sui potenziali rischi dei campi elettromagnetici, assieme a suggerimenti per misure di riduzione delle esposizioni a basso costo e senza controindicazioni. Dovrebbero anche promuovere ricerche che forniscano migliori informazioni in base alle quali definire i rischi sanitari.
Singoli individui: I membri del pubblico generale potrebbero scegliere di ridurre la propria esposizione ai campi elettromagnetici minimizzando l’uso di certi dispositivi elettrici ed aumentando la distanza da sorgenti che possono produrre campi relativamente elevati.
Consultazione tra autorità locali, industrie e pubblico nella localizzazione di nuove linee elettriche: La fornitura di energia ai consumatori richiede ovviamente l’installazione di elettrodotti. Spesso, si richiede che nel decidere la loro localizzazione si tengano in considerazione gli aspetti estetici e la sensibilità del pubblico. Comunque, in queste decisioni si dovrebbero anche considerare le soluzioni per ridurre l’esposizione della popolazione.
Un efficace sistema di informazione e comunicazione sui temi sanitari tra scienziati, governi, industrie e pubblico è necessario per poter raggiungere una generale consapevolezza dei programmi messi in atto per affrontare il problema delle esposizioni a campi ELF e per ridurre sfiducia e paure.
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