mercoledì 20 febbraio 2019

MAFIA, WALL STREET, MANI PULITE, SOROS E TRADITORI VARI. ANTONELLA RANDAZZO: COME HANNO POTUTO SVENDERE L’ITALIA

C'ERA ANCHE LA FIRMA DI GEORGE SOROS SULLA CONDANNA A MORTE DEI GIUDICI FALCONE E BORSELLINO, EROI ITALIANI
Falcone e Borsellino? Eliminati per un motivo più che strategico. Braccando la mafia, erano risaliti – tramite la pista massonica – ai legami finanziari tra l’élite Usa e la manovalanza italiana della grande operazione che si stava preparando, e che avrebbe devastato la storia del nostro paese: la svendita dell’Italia all’élite finanziaria globalista, che si servì di collaborazionisti di primissimo piano. Obiettivo: mettere le mani sullo Stato, razziando risorse e togliendo servizi vitali ai cittadini. All’indomani della catastrofe di Genova, coi riflettori puntati sullo strano caso delle autostrade “regalate” ai Benetton (e ai loro potenti soci d’oltreoceano), è illuminante rileggere oggi la paziente ricostruzione realizzata già nel 2007 da Antonella Randazzo. Mentre i giudici di Mani Pulite davano agli italiani l’illusione di un cambiamento nel segno della trasparenza, mettendo fine alla corruzione della Prima Repubblica, la finanza anglosassone convocava a bordo del Britannia gli uomini-chiave della futura Italia, assoldati per sabotare il proprio paese. Sarebbero stati agevolati dalla super-speculazione di George Soros sulla lira, che tolse all’Italia il 30% del suo valore, favorendone la svendita a prezzi stracciati. Da allora, un copione invariabile: aziende pubbliche rilevate da imprenditori italiani finanziati dalle stesse banche anglosassoni che avevano progettato il “golpe”. Il grande complotto contro l’Italia che – per primo – proprio Giovanni Falcone aveva fiutato.
Era il 1992, all’improvviso un’intera classe politica dirigente crollava sotto i colpi delle indagini giudiziarie. Da oltre quarant’anni era stata al potere. Gli italiani avevano sospettato a lungo che il sistema politico si basasse sulla corruzione e sul clientelismo. Ma nulla aveva potuto scalfirlo. Né le denunce, né le proteste popolari (talvolta represse nel sangue), né i casi di connivenza con la mafia, che di tanto in tanto salivano alla cronaca. Ma ecco che, improvvisamente, il sistema crollava. Cos’era successo da fare in modo che gli italiani potessero avere, inaspettatamente, la soddisfazione di constatare che i loro sospetti sulla corruzione del sistema politico erano reali? Mentre l’attenzione degli italiani era puntata sullo scandalo delle tangenti, il governo italiano stava prendendo decisioni importantissime per il futuro del paese. Con l’uragano di Tangentopoli gli italiani credettero che potesse iniziare un periodo migliore per l’Italia. Ma in segreto, il governo stava attuando politiche che avrebbero peggiorato il futuro del paese. Numerose aziende saranno svendute, persino la Banca d’Italia sarà messa in vendita. La svendita venne chiamata “privatizzazione”.
Il 1992 fu un anno di allarme e di segretezza. L’allora ministro degli interni Vincenzo Scotti, il 16 marzo, lanciò un allarme a tutti i prefetti, temendo una serie di attacchi contro la democrazia italiana. Gli attacchi previsti da Scotti erano eventi come l’uccisione di politici o il rapimento del presidente della Repubblica. Gli attacchi ci furono, e andarono a buon fine, ma non si trattò degli eventi previsti dal ministro degli interni. L’attacco alla democraziafu assai più nascosto e destabilizzante. Nel maggio del 1992, Giovanni Falcone venne ucciso dalla mafia. Egli stava indagando sui flussi di denaro sporco, e la pista stava portando a risultati che potevano collegare la mafia ad importanti circuiti finanziari internazionali. Falcone aveva anche scoperto che alcuni personaggi prestigiosi di Palermo erano affiliati ad alcune logge massoniche di rito scozzese, a cui appartenevano anche diversi mafiosi, ad esempio Giovanni Lo Cascio. La pista delle logge correva parallela a quella dei circuiti finanziari, e avrebbe portato a risultati certi, se Falcone non fosse stato ucciso.
Su Falcone erano state diffuse calunnie che cercavano di capovolgere la realtà di un magistrato integro. La gente intuiva che le istituzioni non lo avevano protetto. Ciò emerse anche durante il suo funerale, quando gli agenti di polizia si posizionarono davanti alle bare, impedendo a chiunque di avvicinarsi. Qualcuno gridò: «Vergognatevi, dovete vergognarvi, dovete andare via, non vi avvicinate a queste bare, questi non sono vostri, questi sono i nostri morti, solo noi abbiamo il diritto di piangerli, voi avete solo il dovere di vergognarvi». Che la mafia stesse utilizzando metodi per colpire il paese intero, in modo da spaventarlo e fargli accettare passivamente il “nuovo corso” degli eventi, lo si vedrà anche dagli attentati del 1993. Gli attentati del 1993 ebbero caratteristiche assai simili agli attentati terroristici degli anni della “strategia della tensione”, e sicuramente avevano lo scopo di spaventare il paese, per indebolirlo. Il 4 maggio 1993, un’autobomba esplode in via Fauro a Roma, nel quartiereParioli. Il 27 maggio un’altra autobomba esplode in via dei Georgofili a Firenze, cinque persone perdono la vita. La notte tra il 27 e il 28 luglio, ancora un’autobomba esplode in via Palestro a Milano, uccidendo cinque persone.
I responsabili non furono mai identificati, e si disse che la mafia volesse “colpire le opere d’arte nazionali”, ma non era mai accaduto nulla di simile. I familiari delle vittime e il giudice Giuseppe Soresina saranno concordi nel ritenere che quegli attentati non erano stati compiuti soltanto dalla mafia, ma anche da altri personaggi dalle «menti più fini dei mafiosi» (da “reti-invisibili.net”). Falcone era un vero avversario della mafia. Le sue indagini passarono a Borsellino, che venne assassinato due mesi dopo. La loro morte ha decretato il trionfo di un sistema mafioso e criminale, che avrebbe messo le mani sull’economia italiana, e costretto il paese alla completa sottomissione politica e finanziaria. Mentre il ministro Scotti faceva una dichiarazione che suonava quasi come una minaccia («la mafia punterà su obiettivi sempre più eccellenti e la lotta si farà sempre più cruenta, la mafia vuole destabilizzare lo Stato e piegarlo ai propri voleri»), Borsellino lamentava regole e leggi che non permettevano una vera lotta contro la mafia. Egli osservava: «Non si può affrontare la potenza mafiosa quando le si fa un regalo come quello che le è stato fatto con i nuovi strumenti processuali adatti a un paese che non è l’Italia e certamente non la Sicilia. Il nuovo codice, nel suo aspetto dibattimentale, è uno strumento spuntato nelle mani di chi lo deve usare. Ogni volta, ad esempio, si deve ricominciare da capo e dimostrare che Cosa Nostra esiste» (“La Repubblica” , 27 maggio 1992).
I metodi statali di sabotaggio della lotta contro la mafia sono stati denunciati da numerosi esponenti della magistratura. Ad esempio, il 27 maggio 1992, il presidente del tribunale di Caltanissetta Placido Dall’Orto, che doveva occuparsi delle indagini sulla strage di Capaci, si trovò in gravi difficoltà: «Qui è molto peggio di Fort Apache, siamo allo sbando. In una situazione come la nostra la lotta alla mafia è solo una vuota parola, lo abbiamo detto tante volte al Csm» (“La Repubblica”, 28 maggio 1992). Anche il pubblico ministero di Palermo, Roberto Scarpinato, nel giugno del 1992 disse: «Su un piatto della bilancia c’è la vita, sull’altro piatto ci deve essere qualcosa che valga il rischio della vita, non vedo in questo pacchetto un impegno straordinario da parte dello Stato, ad esempio non vedo nulla di straordinario sulla caccia e la cattura dei grandi latitanti» (“La Repubblica”, 10 giugno 1992). Nello stesso anno, il senatore Maurizio Calvi raccontò che Falcone gli confessò di non fidarsi del comando dei carabinieri di Palermo, della questura di Palermo e nemmeno della prefettura di Palermo (“La Repubblica”, 23 giugno 1992).
Che gli assassini di Capaci non fossero tutti italiani, molti lo sospettavano. Il ministro Martelli, durante una visita in Sudamerica, dichiarò: «Cerco legami tra l’assassinio di Falcone e la mafia americana o la mafia colombiana» (“La Repubblica”, 23 giugno 1992). Lo stesso presidente del Consiglio, Amato, durante una visita a Monaco, disse: «Falcone è stato ucciso a Palermo, ma probabilmente l’omicidio è stato deciso altrove». Probabilmente, le tecniche d’indagine di Falcone non piacevano ai personaggi con cui il governo italiano ebbe a che fare quell’anno. Quel considerare la lotta alla mafia soprattutto un dovere morale e culturale, quel coinvolgere le persone nel candore dell’onestà e dell’assenza di compromessi, gli erano valsi la persecuzione e i metodi di calunnia tipici dei servizi segreti inglesi e statunitensi. Tali metodi mirano ad isolare e a criminalizzare, cercando di fare apparire il contrario di ciò che è. Cercarono di far apparire Falcone un complice della mafia. Antonino Caponnetto dichiarò al giornale “La Repubblica”, il 25 giugno 1992: «Non si può negare che c’è stata una campagna (contro Falcone), cui hanno partecipato in parte i magistrati, che lo ha delegittimato. Non c’è nulla di più pericoloso per un magistrato che lotta contro la mafia che l’essere isolato».
L’omicidio di due simboli dello Stato così importanti come Falcone e Borsellino significava qualcosa di nuovo. Erano state toccate le corde dell’élite di potere internazionale, e questi omicidi brutali lo testimoniavano. Ciò è stato intuito anche da Charles Rose, procuratore distrettuale di New York, che notò la particolarità degli attentati: «Neppure i boss più feroci di Cosa Nostra hanno mai voluto colpire personalità dello Stato così visibili come era Giovanni, perché essi sanno benissimo quali rischi comporta attaccare frontalmente lo Stato. Quell’attentato terroristico è un gesto di paura… Credo che una mafia che si mette a sparare ai simboli come fanno i terroristi… è condannata a perdere il bene più prezioso per ogni organizzazione criminale di quel tipo, cioè la complicità attiva o passiva della popolazione entro la quale si muove» (“La Repubblica”, 27 maggio 1992). Infatti, quell’anno gli italiani capirono che c’era qualcosa di nuovo, e scesero in piazza contro la mafia. Si formarono due fronti: la gente comune contro la mafia, e le istituzioni, che si stavano sottomettendo all’élite che coordina le mafie internazionali. Quell’anno l’élite anglo-americana non voleva soltanto impedire la lotta efficace contro la mafia, ma voleva rendere l’Italia un paese completamente soggiogato ad un sistema mafioso e criminale, che avrebbe dominato attraverso il potere finanziario.
Come segnalò il presidente del Senato Giovanni Spadolini, c’era in atto un’operazione su larga scala per distruggere la democrazia italiana: «Il fine della criminalità mafiosa sembra essere identico a quello del terrorismo nella fase più acuta della stagione degli anni di piombo: travolgere lo Stato democratico nel nostro paese. L’obiettivo è sempre lo stesso:  delegittimare lo Stato, rompere il circuito di fiducia tra cittadini e poteredemocratico…se poi noi scorgiamo – e ne abbiamo il diritto – qualche collegamento internazionale intorno alla sfida mafia più terrorismo, allora ci domandiamo: ma forse si rinnovano gli scenari di dodici-undici anni fa? Le minacce dei centri di cospirazione affaristico-politica come la P2 sono permanenti nella vita democratica italiana. E c’è un filone piduista che sopravvive, non sappiamo con quanti altri. Mafia e P2 sono congiunte fin dalle origini, fin dalla vicenda Sindona» (“La Repubblica”, 11 agosto 1992). Anche Tina Anselmi aveva capito i legami fra mafia e finanza internazionale: «Bisogna stare attenti, molto attenti… Ho parlato del vecchio “piano di rinascita democratica” di Gelli e confermo che leggerlo oggi fa sobbalzare. E’ in piena attuazione… Chi ha grandi mezzi e tanti soldi fa sempre politica e la fa a livello nazionale ed internazionale».
«Ho parlato in questi giorni con un importante uomo politico italiano che vive nel mondo delle banche. Sa cosa mi ha detto? Che la mafia è stata più veloce degli industriali e che sta già investendo centinaia di miliardi, frutto dei guadagni fatti con la droga, nei paesi dell’est… Stanno già comprando giornali e televisioni private, industrie e alberghi… Quegli investimenti si trasformeranno anche in precise e specifiche azioni politiche che ci riguardano, ci riguardano tutti. Dopo le stragi di Palermo la polizia americana è venuta ad indagare in Sicilia anche per questo, sanno di questi investimenti colossali, fatti regolarmente attraverso le banche» (“L’Unità”, 12 agosto 1992). Anni dopo, l’ex ministro Scotti confesserà a Cirino Pomicino: «Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della polizia Parisi che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti dei leader dei partiti di governo».
Una delle riunioni di cui parlava Scotti si svolse il 2 giugno del 1992, sul panfilo Britannia, in navigazione lungo le coste siciliane. Sul panfilo c’erano alcuni appartenenti all’élite di potere anglo-americana, come i reali britannici e i grandi banchieri delle banche a cui si rivolgerà il governo italiano durante la fase delle privatizzazioni (Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers). In quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca d’Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell’Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell’Iri Riccardo Galli. Gli intrighi decisi sul Britannia avrebbero permesso agli anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane, fra le quali c’erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la Perugina e la Galbani. La stampa martellava su Mani Pulite, facendo intendere che da quell’evento sarebbero derivati grandi cambiamenti.
Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato. Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che ambivano ad appropriarsi dell’Italia. Infatti Amato, per iniziare le privatizzazioni, si affrettò a consultare il centro del potere finanziario internazionale: le tre grandi banche di Wall Street, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers. Appena salito al potere, Amato trasformò gli enti statali in società per azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l’élite finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare. L’inizio fu concertato dal Fondo Monetario Internazionale, che come aveva fatto in altri paesi, voleva privatizzare selvaggiamente e svalutare  la nostra moneta, per agevolare il dominio economico-finanziario dell’élite. L’incarico di far crollare l’economia italiana venne dato a George Soros, un cittadino americano che tramite informazioni ricevute dai Rothschild, con la complicità di alcune autorità italiane, riuscì a far crollare la nostra moneta e le azioni di molte aziende italiane. Soros ebbe l’incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva dall’élite finanziaria. Egli fece attacchi speculativi degli “hedge funds” per far crollare la lira. A causa di questi attacchi, il 5 novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore, e anche negli anni successivi subì svalutazioni.
Le reti della Banca Rothschild, attraverso il direttore Richard Katz, misero le mani sull’Eni, che venne svenduta. Il gruppo Rothschild ebbe un ruolo preminente anche sulle altre privatizzazioni, compresa quella della Banca d’Italia. C’erano stretti legami fra il Quantum Fund di George Soros e i Rothschild. Ma anche numerosi altri membri dell’élite finanziaria anglo-americana, come Alfred Hartmann e Georges C. Karlweis, furono coinvolti nei processi di privatizzazione delle aziende e della Banca d’Italia. La Rothschild Italia Spa, filiale di Milano della Rothschild & Sons di Londra, venne creata nel 1989, sotto la direzione di Richard Katz. Quest’ultimo diventò direttore del Quantum Fund di Soros nel periodo delle speculazioni a danno della lira. Soros era stato incaricato dai Rothschild di attuare una serie di speculazioni contro la sterlina, il marco e la lira, per destabilizzare il Sistema Monetario Europeo. Sempre per conto degli stessi committenti, egli fece diverse speculazioni contro le monete di alcuni paesi asiatici, come l’Indonesia e la Malesia. Dopo la distruzione finanziaria dell’Europa e dell’Asia, Soros venne incaricato di creare una rete per la diffusione degli stupefacenti in Europa.

In seguito, i Rothschild, fedeli al loro modo di fare, cercarono di far cadere la responsabilità del crollo economico italiano su qualcun altro. Attraverso una serie di articoli pubblicati sul “Financial Times”, accusarono la Germania, sostenendo che la Bundesbank aveva attuato operazioni di aggiotaggio contro la lira. L’accusa non reggeva, perché i vantaggi del crollo della lira e della svendita delle imprese italiane andarono agli anglo-americani. La privatizzazione è stata un saccheggio, che ancora continua. Spiega Paolo Raimondi, del Movimento Solidarietà: «Abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell’economia produttiva e l’esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l’Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico» (da “Solidarietà”, febbraio 1996).
Qualche anno dopo la magistratura italiana procederà contro Soros, ma senza alcun successo. Nell’ottobre del 1995, il presidente del Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà, Paolo Raimondi, presentò un esposto alla magistratura per aprire un’inchiesta sulle attività speculative di Soros & Co, che avevano colpito la lira. L’attacco speculativo aveva permesso a Soros di impossessarsi di 15.000 miliardi di lire. Per contrastare l’attacco, l’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, bruciò inutilmente 48 miliardi di dollari. Su Soros indagarono le procure della Repubblica di Roma e di Napoli, che fecero luce anche sulle attività della Banca d’Italia nel periodo del crollo della lira. Soros venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete.
Spiegano il presidente e il segretario generale del Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà, durante l’esposto contro Soros: «È stata annotata nel 1991 l’esistenza di un contatto molto stretto e particolare del signor Soros con Gerald Carrigan, presidente della Federal Reserve Bank di New York, che fa parte dell’apparato della banca centrale americana, luogo di massima circolazione di informazioni economiche riservate, il quale, stranamente, una volta dimessosi da questo posto, venne poi immediatamente assunto a tempo pieno dalla finanziaria Goldman Sachs & co. come presidente dei consiglieri internazionali. La Goldman Sachs è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle monete a livello mondiale. La Goldman Sachs è anche coinvolta in modo diretto nella politica delle privatizzazioni in Italia. In Italia inoltre, il signor Soros conta sulla strettissima collaborazione del signor Isidoro Albertini, ex presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano e attuale presidente della Albertini e co. Sim di Milano, una delle ditte guida nel settore speculativo dei derivati. Albertini è membro del consiglio di amministrazione del Quantum Fund di Soros».
«L’attacco speculativo contro la lira del settembre 1992 era stato preceduto e preparato dal famoso incontro del 2 giugno 1992 sullo yacht Britannia della regina Elisabetta II d’Inghilterra, dove i massimi rappresentanti della finanza internazionale, soprattutto britannica, impegnati nella grande speculazione dei derivati, come la S. G. Warburg, la Barings e simili, si incontrarono con la controparte italiana guidata da Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e dal futuro ministro Beniamino Andreatta, per pianificare la privatizzazione dell’industria di Stato italiana. A seguito dell’attacco speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%, codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli interessi dello stato italiano e dell’economia nazionale e dell’occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all’incontro del Britannia avevano già ottenuto l’autorizzazione da parte di uomini di governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni stesse. Qui ci si riferisce per esempio alla Warburg, alla Morgan Stanley, solo per fare due tra gli esempi più noti. L’agenzia stampa “Eir” (Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il merito di mettere in discussione l’intero procedimento, alquanto singolare, di privatizzazione» (dall’esposto della magistratura contro George Soros presentato dal Movimento Solidarietà al procuratore della Repubblica di Milano il 27 ottobre 1995).
I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l’allora direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all’allora capo del governo Giuliano Amato e al direttore generale del Tesoro Mario Draghi. Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco: denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori. Amato aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non conveniente ai lavoratori, per la «necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo», pur sapendo che l’Italia ne sarebbe uscita a causa delle imminenti speculazioni. Gli attacchi all’economia italiana andarono avanti per tutti gli anni Novanta, fino a quando il sistema economico-finanziario italiano non cadde sotto il completo controllo dell’élite. Nel gennaio del 1996, nel rapporto semestrale sulla politica informativa e della sicurezza, il presidente del Consiglio Lamberto Dini disse: «I mercati valutari e le Borse delle principali piazze mondiali continuano a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta, originate, specie in passaggi delicati della vita politico-istituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie infondate riguardanti la compagine governativa e da anticipazioni di dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo… è possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente, considerato il persistere di una fase congiunturale interna e le scadenze dell’unificazione monetaria» (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica, Rivista N. 4, gennaio-aprile 1996).
Il giorno dopo, il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, riferiva che l’Italia non poteva far nulla contro le correnti speculative sui mercati dei cambi, perché «se le banche di emissione tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco». Le nostre autorità denunciavano il potere dell’élite internazionale, ma gettavano la spugna, ritenendo inevitabili quegli eventi. Era in gioco il futuro economico-finanziario del paese, ma nessuna autorità italiana pensava di poter fare qualcosa contro gli attacchi destabilizzanti dell’élite anglo-americana. Il Movimento Solidarietà fu l’unico a denunciare quello che stava effettivamente accadendo, additando i veri responsabili del crollo dell’economia italiana. Il 28 giugno 1993, il Movimento Solidarietà svolse una conferenza a Milano, in cui rese nota a tutti la riunione sul Britannia e quello che ne era derivato (“Solidarietà”, ottobre 1993). Il 6 novembre 1993, l’allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio Ciampi, scrisse una lettera al procuratore capo della Repubblica di Roma, Vittorio Mele, per avviare «le procedure relative al delitto previsto all’art. 501 del codice penale (“Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”), considerato nell’ipotesi delle aggravanti in esso contenute».
Anche a Ciampi era evidente il reato di aggiotaggio da parte di Soros, che aveva operato contro la lira e i titoli quotati in Borsa delle nostre aziende. Anche negli anni successivi avvennero altre privatizzazioni, senza regole precise e a prezzi di favore. Che stesse cambiando qualcosa, gli italiani lo capivano dal cambio di nome delle aziende, la Sip era diventata Telecom Italia e le Ferrovie dello Stato erano diventate Trenitalia. Il decreto legislativo 79/99 avrebbe permesso la privatizzazione delle aziende energetiche. Nel settore del gas e dell’elettricità apparvero numerose aziende private, oggi circa 300. Dal 24 febbraio del 1998, anche le Poste Italiane diventarono una Spa. In seguito alla privatizzazione delle Poste, i costi postali sono aumentati a dismisura e i lavoratori postali vengono assunti con contratti precari. Oltre 400 uffici postali sono stati chiusi, e quelli rimasti aperti appaiono come luoghi di vendita più che di servizio. Le nostre autorità giustificavano la svendita delle privatizzazioni dicendo che si doveva «risanare il bilancio pubblico», ma non specificavano che si trattava di pagare altro denaro alle banche, in cambio di banconote che valevano come la carta straccia. A guadagnare sarebbero state soltanto le banche e i pochi imprenditori già ricchi (Benetton, Tronchetti Provera, Pirelli, Colaninno, Gnutti e pochi altri).
Si diceva che le privatizzazioni avrebbero migliorato la gestione delle aziende, ma in realtà, in tutti i casi, si sono verificati disastri di vario genere, e il rimedio è stato pagato dai cittadini italiani. Le nostre aziende sono state svendute ad imprenditori che quasi sempre agivano per conto dell’élite finanziaria, da cui ricevevano le somme per l’acquisto. La privatizzazione della Telecom avvenne nell’ottobre del 1997. Fu venduta a 11,82 miliardi di euro, ma alla fine si incassarono soltanto 7,5 miliardi. La società fu rilevata da un gruppo di imprenditori e banche, e al ministero del Tesoro rimase una quota del 3,5%. Il piano per il controllo di Telecom aveva la regia nascosta della Merril Lynch, del gruppo bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e della Chase Manhattan Bank. Alla fine del 1998, il titolo aveva perso il 20% (4,33 euro). Le banche dell’élite, la Chase Manhattan e la Lehman Brothers, si fecero avanti per attuare un’Opa. Attraverso Colaninno, che ricevette finanziamenti dalla Chase Manhattan, l’Olivetti diventò proprietaria di Telecom. L’Olivetti era controllata dalla Bell, una società con sede a Lussemburgo, a sua volta controllata dalla Hopa di Emilio Gnutti e Roberto Colaninno. Il titolo, che durante l’Opa era stato fatto salire a 20 euro, nel giro un anno si dimezzò. Dopo pochi anni finirà sotto i tre euro.
Nel 2001 la Telecom si trovava in gravi difficoltà, le azioni continuavano a scendere. La Bell di Gnutti e la Unipol di Consorte decisero di vendere a Tronchetti Provera buona parte loro quota azionaria in Olivetti. Il presidente di Pirelli, finanziato dalla Jp Morgan, ottenne il controllo su Telecom, attraverso la finanziaria Olimpia, creata con la famiglia Benetton (sostenuta da Banca Intesa e Unicredit). Dopo dieci anni dalla privatizzazione della Telecom, il bilancio è disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone sono state licenziate, i titoli azionari hanno fatto perdere molto denaro ai risparmiatori, i costi per gli utenti sono aumentati e la società è in perdita. La privatizzazione, oltre che un saccheggio, veniva ad essere anche un modo per truffare i piccoli azionisti. La Telecom, come molte altre società, ha posto la sua sede in paesi esteri, per non pagare le tasse allo Stato italiano. Oltre a perdere le aziende, gli italiani sono stati privati anche degli introiti fiscali di quelle aziende. La Bell, società che controllava la Telecom Italia, aveva sede in Lussemburgo, e aveva all’interno società con sede alle isole Cayman, che, com’è noto, sono un paradiso fiscale.
Gli speculatori finanziari basano la loro attività sull’esistenza di questi paradisi fiscali, dove non è possibile ottenere informazioni nemmeno alle autorità giudiziarie. I paradisi fiscali hanno permesso agli speculatori di distruggere le economie di interi paesi, eppure i media non parlano mai di questo gravissimo problema. Mettere un’azienda importante come quella telefonica in mani private significa anche non tutelare la privacy dei cittadini, che infatti è stata più volte calpestata, com’è emerso negli ultimi anni. Anche per le altre privatizzazioni – Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia – si sono verificate le medesime devastazioni: licenziamenti, truffe a danno dei risparmiatori, degrado del servizio, spreco di denaro pubblico, cattiva amministrazione e problemi di vario genere. La famiglia Benetton è diventata azionista di maggioranza delle Autostrade. Il contratto di privatizzazione delle Autostrade dava vantaggi soltanto agli acquirenti, facendo rimanere l’onere della manutenzione sulle spalle dei contribuenti. I Benetton hanno incassato un bel po’ di denaro grazie alla fusione di Autostrade con il gruppo spagnolo Abertis. La fusione è avvenuta con la complicità del governo Prodi, che in seguito ad un vertice con Zapatero, ha deciso di autorizzarla. Antonio Di Pietro, ministro delle infrastrutture, si era opposto, ma ha alla fine si è piegato alle proteste dell’Unione Europea e alla politica del presidente del Consiglio.
Nonostante i disastri delle privatizzazioni, le nostre autorità governative non hanno alcuna intenzione di rinazionalizzare le imprese allo sfacelo, anzi, sono disposte ad utilizzare denaro pubblico per riparare ai danni causati dai privati. La società Trenitalia è stata portata sull’orlo del fallimento. In pochi anni il servizio è diventato sempre più scadente, i treni sono sempre più sporchi, il costo dei biglietti continua a salire e risultano numerosi disservizi. A causa dei tagli al personale (ad esempio, non c’è più il secondo conducente), si sono verificati diversi incidenti (anche mortali). Nel 2006, l’amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, si è presentato ad una audizione alla commissione lavori pubblici del Senato, per battere cassa, confessando un buco di un miliardo e settecento milioni di euro, che avrebbe potuto portare la società al fallimento. Nell’ottobre del 2006, il ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, approvò il piano di ricapitalizzazione proposto da Trenitalia. Altro denaro pubblico ad un’azienda privatizzata ridotta allo sfacelo.
Dietro tutto questo c’era l’élite economico finanziaria (Morgan, Schiff, Harriman, Kahn, Warburg, Rockfeller, Rothschild) che ha agito preparando un progetto di devastazione dell’economia italiana, e lo ha attuato valendosi di politici, di finanzieri e di imprenditori. Nascondersi è facile in un sistema in cui le banche o le società possono assumere il  controllo di altre società o banche. Questo significa che è sempre difficile capire veramente chi controlla le società privatizzate. E’ simile al gioco delle scatole cinesi, come spiega Giuseppe Turani: «Colaninno & soci controllano al 51% la Hopa, che controlla il 56,6% della Bell, che controlla il 13,9% della Olivetti, che controlla il 70% della Tecnost, che controlla il 52% della Telecom» (“La Repubblica”, 5 settembre 1999). Numerose aziende di imprenditori italiani sono state distrutte dal sistema dei mercati finanziari, ad esempio la Cirio e la Parmalat. Queste aziende hanno truffato i risparmiatori vendendo obbligazioni societarie (bond) con un alto margine di rischio. La Parmalat emise bond per un valore di 7 miliardi di euro, e allo stesso tempo attuò operazioni finanziarie speculative e si indebitò. Per non far scendere il valore delle azioni (e per venderne altre) truccava i bilanci.
Le banche nazionali e internazionali sostenevano la situazione perché per loro vantaggiosa, e l’agenzia di rating “Standard & Poor’s” si è decisa a declassare la Parmalat soltanto quando la truffa era ormai nota a tutti. I risparmiatori truffati hanno avviato una procedura giudiziaria contro Calisto Tanzi, Fausto Tonna, Coloniale Spa (società della famiglia Tanzi), Citigroup Inc. (società finanziaria americana), Buconero Llc (società che faceva capo a Citigroup), Zini & Associates (una compagnia finanziaria americana), Deloitte Touche Tohmatsu (organizzazione che forniva consulenza e servizi professionali), Deloitte & Touche Spa (società di revisione contabile), Grant Thornton International (società di consulenza finanziaria) e Grant Thornton Spa (società incaricata della revisione contabile del sottogruppo Parmalat Spa). La Cirio era gestita dalla Cragnotti & Partners. I “Partners” non erano altro che una serie di banche nazionali e internazionali. La Cirio emise bond per circa 1.125 milioni di euro. Molte di queste obbligazioni venivano utilizzate dalle banche per spillare denaro ai piccoli risparmiatori. Tutto questo avveniva in perfetta armonia col sistema finanziario, che non offre garanzie di onestà e di trasparenza.
Grazie alle privatizzazioni, un gruppo ristretto di ricchi italiani ha acquisito somme enormi, e ha permesso all’élite economico-finanziaria anglo-americana di esercitare un pesante controllo, sui cittadini, sulla politica e sul paese intero. Agli italiani venne dato il contentino di Mani Pulite, che si risolse con numerose assoluzioni e qualche condanna a pochi anni di carcere. A causa delle privatizzazioni e del controllo da parte della Banca Centrale Europea, il paese è più povero e deve pagare somme molto alte per il debito. Ogni anno viene varata la finanziaria, allo scopo di pagare le banche e di partecipare al finanziamento delle loro guerre. Mentre la povertà aumenta, come la disoccupazione, il lavoro precario, il degrado e il potere della mafia. Il nostro paese è oggi controllato da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti propagandati come “autorevoli” (Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), di tagliare la spesa pubblica, di privatizzare quello che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla popolazione italiana. I nostri governi operano nell’interesse di questa élite, e non in quello del paese.
Fonte Libre

Così Soros sponsorizza l’immigrazione

SAPETE CHI SI PONE VERAMENTE CONTRO GLI INTERESSI NAZIONALI? L'OPEN SOCIETY FOUNDATION DI SOROS CHE FINANZIA ANCHE "MAGISTRATURA DEMOCRATICA", PARTE INTEGRANTE DELL'ASS.NE NAZIONALE MAGISTRATI, QUELLI DEL PROCESSO A SALVINI PER INTENDERCI  

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L’agenda globalista di Soros si basa (anche) sull’immigrazione di massa e si pone in netto contrasto con gli interessi nazionali. E ciò è innegabile. Un’ideologia ben supportata da un fiume di denaro e da una fittissima rete di associazioni e organizzazioni.
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«Le notizie circolate sulla stampa relative ai presunti finanziamenti di George Soros tesi a favorire l’afflusso di migranti in Europa sono false. La Open Society Foundations di Soros sostiene organizzazioni che operano per alleviare l’impatto della migrazione sia sulle popolazioni ospitanti che sui migranti». E’ quanto afferma in una nota dell’ufficio di Soros. «L’operato delle Ong che salvano i migranti alla deriva nel Mediterraneo – prosegue la nota – è una tragica necessità derivante dall’assenza perdurante di una politica migratoria comune a livello dell’UE che affronti tutte le dimensioni del fenomeno. George Soros è attualmente in Italia per una serie di incontri su una vasta gamma di temi, tra i quali figurano la società civile, l’Unione europea e l’attuale situazione economica».
Il tentativo di George Soros è quello di smentire un coinvolgimento delle ong finanziate dalla «Open Society Foundations» da lui presieduta nell’afflusso di migranti che arrivano in Europa, e in particolare in Italia, attraverso la rotta libica Ma è davvero così? Non esattamente.

Il progetto Open Migration finanziato da Soros

L’Open Society Foundations è uno dei maggiori finanziatori, insieme alla Oak Foundation, del portale «Open Migration», creato dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), una «rete di organizzazioni che lavorano per l’avanzamento dei diritti umani e delle libertà civili in Italia». Sul sito di tale organizzazione, oltre alla roboante retorica pro-immigrazione, si leggono in queste ore feroci attacchi contro il procuratore Carmelo Zuccaro: «Nella triste vicenda di questi giorni che ha visto protagonisti un giudice, un politico e i media c’è materia per un capitolo aggiornato di cosa sia il populismo penale e di quali danni sociali e umani produca. «In questa storia – si legge – vi sono tutti gli ingredienti di una storia penal-populistica paradigmatica, simile a quella sui rumeni che delinquono».
Peccato che proprio ieri il Csm abbia garantito «ogni sostegno possibile» a Zuccaro, «affinché le indagini condotte dalla Procura di Catania, così come quelle svolte da altri uffici inquirenti sulle medesime ipotesi investigative, possano svolgersi con la massima efficacia e celerità». D’altro canto è sufficiente dare uno sguardo al sito di Open Migration per incappare in un mare di propaganda ideologica e pro-immigrazionista che non tiene conto della realtà dei fatti e della drammaticità di un’accoglienza diventata insostenibile.

La galassia delle ONG

Direttamente o indirettamente, George Soros e la Open Society Foundations promuovono l’immigrazione verso l’Italia. Prendiamo il caso di Moas, esaminato lo scorso 22 aprile da Giuseppe de Lorenzo su Il Giornale: La Migrant Offshore Aid Station (Moas), è un’associazione con sede a Malta e che vanta nel suo arsenale due imbarcazioni (Phoenix e Topaz responder) diversi gommoni Rhib e alcuni droni. L’Ong ha ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, comunità riconducibile a Moveon.org, organizzazione finanziata dalla fitta rete del magnate.
Ma è tutta la galassia delle ONG, che operano nel Mediterraneo, come osservava qualche settimana fa Gian Micalessin (oltre allo stesso Moas, anche Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) ad annoverare tra i propri sponsor l’Open Society Foundations o altre associazioni vicine allo speculatore.

Il piano Merkel fu redatto da un suo collaboratore

Soros ha esercitato la sua influenza sulle scelte europee in materia d’immigrazione. Il piano Merkel sui rifugiati del 2015, infatti, fu redatto dall’ European Stability Initiative, organizzazione che fa capo a Gerald Knaus e supportata finanziariamente dall’Open Society. Knaus è inoltre membro dell’European Council on Foreign Relations (ECFR), ente anch’esso sponsorizzato da George Soros. Tale piano sull’immigrazione, poi ritirato dalla stessa Merkel, prevedeva l’accoglimento di 500 mila siriani l’anno per un periodo determinato di tempo. Nel settembre 2015, su Project Syndicate, Soros scriveva il suo sconcertante manifesto pro-immigrazione: «L’UE dovrebbe dare 15 mila euro a ogni richiedente asilo ogni anno per i primi due anni, contribuendo alle spese di alloggio, sanità e istruzione al fine di rendere più “appetibili” i rifugiati agli occhi degli stati membri» – affermava il magnate.

Le attività «filantropiche» negli Usa

L’Open Society Foundations ha finanziato due importanti enti statunitensi che promuovono e sostengono l’immigrazione di massa: il Migration Policy Institute e il Platform for International Cooperation on Undocumented Migrants. Quest’ultima è la «piattaforma per la cooperazione internazionale per i migranti privi di documenti, una rete di individui e organizzazioni che lavorano per garantire la giustizia sociale e i diritti umani per i migranti privi di documenti». In pratica un ente che supporta gli immigrati irregolari e spinge i governi ad accoglierli
Inoltre, nel 2014 il New York Times rivelò che la decisione di Obama di modificare la legge sull’immigrazione per facilitare il riconoscimento degli immigrati irregolari fu favorita dall’azione di lobbying e dagli oltre 300 milioni di dollari investiti dalle fondazioni progressiste tra le quali, per l’appunto, la Open Society. L’agenda globalista di Soros si basa (anche) sull’immigrazione di massa e si pone in netto contrasto con gli interessi nazionali. E ciò è innegabile. Un’ideologia ben supportata da un fiume di denaro e da una fittissima rete di associazioni e organizzazioni.

George Soros: tutto quello che dovete sapere su di lui (DOSSIER)




GEORGE SOROS: LA STORIA TORBIDA DELL'UOMO CHE SI E' "INSINUATO" NEL POTERE GIUDIZIARIO DELLO STATO ITALIANO, L'UNICO STATO EUROPEO AD AVERGLIELO PERMESSO.... 

MAGISTRATURA DEMOCRATICA OVVERO ASS.NE NAZIONALE MAGISTRATI=ASGI=OPEN SOCIETY FOUNDATION 

VEDI ANCHE:

https://verainformazionerealtime.blogspot.com/2019/02/lassociazione-nazionale-magistrati.html

“Sì ho una politica estera: il mio obiettivo è divenire la coscienza del Mondo.(1)

Non si tratta per nulla di un caso di narcisismo acuto della personalità; ecco infatti, come George Soros applica oggi il potere dell’egemonia degli USA nel mondo.
Le istituzioni di Soros e le sue macchinazioni finanziarie sono in parte responsabili della distruzione del socialismo in Europa dell’Est e nell’ex URSS. Ha gettato la sua attenzione anche sulla Cina. Ha preso anche parte a tutte le operazioni che sono sboccate nello smantellamento della Jugoslavia. Mentre si da arie da filantropo, il ruolo del miliardario George Soros consiste nel rinserrare la presa ideologica della globalizzazione e del Nuovo ordine mondiale assicurando la promozione del proprio profitto finanziario. Le operazioni commerciali e “filantropiche” di Soros sono clandestine, contraddittorie e coattive. E, per ciò che riguarda la sue attività economiche, egli stesso ammette che non ha coscienza, in quanto capitalista è assolutamente amorale.

Maestro della nuova arte della corruzione che inganna sistematicamente il mondo, con accesso agli uomini di stato che lo ascoltano. È stato vicino a Henry Kissinger, Vaclav Havel e al generale polacco Wojciech Jaruzelski.(2) Sostiene il dalai lama, il cui istituto si trova a Presidio, San Francisco, che ospita, tra l’altro, la fondazione diretta dall’amico di Soros, l’ex dirigente sovietico Mikhail Gorbachev.(3)

Soros é una figura di punta del Consiglio delle Relazioni estere, del Forum economico mondiale e di Human Rights Watch (HRW). Nel 1994, dopo un incontro con il suo guru filosofico, Sir Karl Popper, Soros ordinava alle sue società di mettersi a investire nelle comunicazioni in Europa centrale e dell’Est.
L’amministrazione federale della radiotelevisione della Repubblica ceca ha accettato la sua offerta di riprendere e finanziare gli archivi di Radio Free Europe. Soros ha trasferito i suoi archivi a Praga e ha speso più di 15 milioni di dollari per i loro spettacoli.(4) Congiuntamente con gli USA, una fondazione Soros dirige oggi Radio Free Europe/Radio Liberty, che ha esteso le sue ramificazioni al Caucaso e in Asia.(5)

Soros è il fondatore e il finanziatore dell’Open Society Institute. Ha creato e sostenuto il Gruppo internazionale di Crisi (GIC) che, tra l’altro è attivo nei Balcani dopo lo smantellamento della Jugoslavia. Soros lavora apertamente con l’Istituto Americano per la Pace – un organo ufficialmente riconosciuto dalla CIA.
Quando le forze ostili alla globalizzazione protestavano sulle strade attorno il Waldorf-Astoria, a New York, nel febbraio 2002, George Soros era all’interno e teneva un discorso davanti il Forum economico mondiale. Quando la polizia premeva i manifestanti nelle gabbie metalliche a Park Avenue, Soros vantava le virtù d’una “società aperta”, unendosi così a Zbigniew Brzezinski, Samuel Huntington, Francis Fukuyama e altri.

Chi è questo tipo?

George Soros è nato in Ungheria nel 1930 da genitori ebrei così lontani dalle loro radici che passarono, una volta, le vacanze nella Germania nazista.(6) Soros visse sotto il regime nazista ma, al momento del trionfo dei comunisti, andò in Inghilterra nel 1947. Lì, alla London School of Economics, subì l’influenza del filosofo Karl Popper, un ideologo anticomunista adulato il cui insegnamento costituì la base delle tendenze politiche di Soros. È difficile trovare un discorso, un opera o un articolo di Soros che non obbedisca all’influenza di Popper.

Nel 1965, Popper inventò lo slogan della “Società aperta”, che si ritroverà più avanti nella Open Society Fund and Institute di Soros. I discepoli di Popper ripetono le sue parole come dei veri credenti. La filosofia di Popper incarna perfettamente l’individualismo occidentale. Soros lasciò l’Inghilterra nel 1956 e trovò lavoro a Wall Street dove, negli anni ’60, inventò i “fondi di copertura”: “I fondi di copertura soddisfacevano gli individui assai ricchi (…) I fondi in gran parte segreti, servivano abitualmente a fare degli affari in luoghi lontani (…) producevano dei profitti astronomicamente superiori. L’ammontare degli ‘impegni’ mutavano spesso in profezie che si autorealizzavano: ‘le voci circolavano a proposito d’una situazione di acquisto che, grazie agli enormi fondi di copertura, incitavano altri investitori a sbrigarsi a fare lo stesso, cosa che a sua volta aumentava le azioni degli operatori di copertura.”(7)

Soros creò il Quantum Fund nel 1969 e iniziò a manipolare le monete. Negli anni ’70, le sue attività finanziarie scivolavano verso “l’alternanza tra le situazioni a lungo e a corto termine (…) Soros iniziò a guadagnare sulla crescita dei trusts d’investimento nell’immobiliare e sui loro successivi fallimenti. Durante i suoi venti anni di gestione, la Quantum offrì dei profitti clamorosi del 34,5% in media all’anno. Soros è particolarmente noto (e temuto) per le sue speculazioni sulle monete. (…) Nel 1997, si vide assegnare una distinzione rara facendosi chiamare scellerato da un capo di stato, Mahathir Mohamad, della Malaysia, per avere partecipato a un raid particolarmente vantaggioso contro la moneta del paese.”(8)

È attraverso tali “giochetti” finanziari clandestini che Soros divenne multimiliardario. Le sue società controllano l’immobiliare in Argentina, Brasile e in Messico, la banca in Venezuela e appaiono in molte delle più vantaggiose transazioni monetarie, facendo nascere la credenza generale che i suoi amici più potenti l’abbiano aiutato nelle sue avventure finanziarie, e ciò per delle ragioni tanto politiche che economiche.(9)

George Soros è stato accusato di aver fatto naufragare l’economia tailandese nel 1997.(10) Un attivista tailandese dichiarò: “consideriamo George Soros come une sorta di Dracula. Succhia il sangue del popolo.”(11) I cinesi lo chiamano “il coccodrillo” per i suoi sforzi economici e ideologici in Cina, che non erano mai sufficienti, e perché le sue speculazioni finanziarie hanno generato milioni di dollari di profitto quando mise le zampe sulle economie tailandese e Malese.(12)

In un giorno Soros guadagnò un miliardo di dollari speculando (una parola che detesta) sulla sterlina inglese. Accusato di prendere “denaro dai contribuenti ogni volta che speculava contro la sterlina”, aveva risposto: “Quando voi speculate sul mercato finanziario, non badate alle preoccupazioni morali cui si deve confrontare un uomo d’affari ordinario. (…) Non mi preoccupo di questioni morali nel mercato finanziario.”(13)

Soros é schizzofrenicamente instabile quando si tratta di arricchirsi personalmente in modo illimitato e prova un perpetuo desiderio d’essere ben considerato dagli altri: “I commercianti di monete seduti nei loro uffici comprano e vendono divise dei paesi del terzo mondo in grande quantità. L’effetto delle fluttuazioni dei corsi sulle persone che vivono in questi paesi non favorisce il loro spirito. Non si dovrebbe farlo più: hanno un lavoro da fare. Se ci fermiamo a riflettere, noi dobbiamo porci la questione di sapere se i commercianti di divise (…) debbano controllare la vita di milioni di persone.”(14)

È George Soros che ha salvato la pelle di George W. Bush quando la gestione della sua società di prospezioni petrolifere era sul punto di risolversi in un fallimento. Soros era il proprietario della Harken Energy Corporation e lui aveva comprato lo stock delle azioni in ribasso poco prima della fine della società. Il futuro presidente liquidò quasi un milione di dollari. Soros dichiarò che aveva agito i quel modo per avere “influenza politica”.(15) Soros é ugualmente un partner della tristemente celebre Carlyle Group. Ufficialmente fondata nel 1987, la “più importante società privata per azioni del mondo”, che gestisce più di 12 miliardi di dollari, é diretta da “un vero pugno mondano di ex dirigenti repubblicani”, dall’ex membro della CIA, Frank Carlucci, fino al capo della CIA ed ex presidente George Bush padre. Il Carlyle Group trae la maggior parte delle sue entrate dalle esportazioni di armi.

La spia filantropa

Nel 1980, Soros comincia a utilizzare i suoi milioni per combattere il socialismo in Europa dell’Est. Finanzia degli individui suscettibili di cooperare con lui. Il suo primo successo, l’ottiene in Ungheria. Attacca il sistema educativo e culturale ungherese, smantellando il sistema statale socialista di tutto il paese. Si apre un canale direttamente all’interno del governo ungherese. In seguito, Soros si volse alla Polonia, contribuendo all’operazione Solidarnosc, finanziata dalla CIA, e, lo stesso anno, estende le sue attività in Cina. L’URSS venne dopo.

Non era un caso se la CIA ha condotto delle operazioni in tutti da questi paesi. Il suo obiettivo era ugualmente la stessa di quella dell’Open Society Fund: smantellare il socialismo. In Africa del Sud, la CIA addestrava dei dissidenti anticomunisti. In Ungheria, in Polonia e in URSS, tramite un intervento non dissimulato condotto a partire dalla Fondazione nazionale per la Democrazia, l’AFL-CIO, l’USAID e altri istituti, la CIA sosteneva e organizzava gli anticomunisti, gli stessi tipi d’individui reclutati dalla Open Society Fund di Soros. La CIA li chiamava i suoi “assi nella manica”. Come dice Soros: “in ogni paese ho identificato un gruppo di persone – certe sono delle personalità di primo piano, altri sono meno noti- che sostengono la mia fede…”(16)

L’Open Society di Soros organizzava delle conferenze con degli anticomunisti cechi, serbi, romeni, ungheresi, croati, bosniaci, kossovari.(17) la sua influenza crescente fece sospettare che operasse in quanto parte del sistema spionistico USA. Nel 1989, il Washington Post riportava le accuse fatte già nel 1987 da ufficiali del governo cinese e pretendenti che il Fondo di Soros per la Riforma e l’Apertura della Cina aveva delle connessioni con la CIA.(18)

Il turno della Russia

Dopo il 1990, i fondi di Soros mirano al sistema educativo russo e fornivano dei manuali in tutta la nazione.(19) In effetti, Soros si serve della propaganda dell’OSI per indottrinare la gioventù russa. Le fondazioni di Soros sono state accusate d’avere orchestrato una strategia mirante a assicurarsi il controllo del sistema finanziario russo, dei piani di privatizzazione e del processo degli investimenti esteri nel paese. I Russi reagirono con rabbia alle ingerenze di Soros nelle legislazioni. Le critiche di Soros e altre fondazioni USA hanno affermato che l’obiettivo di queste manovre era di “impedire che la Russia divenisse uno stato con un potenziale che rivaleggiasse con la sola superpotenza mondiale”.(20) I Russi sospettarono che Soros e la CIA siano interconnessi. Il magnate Boris Berezovsky, disse: “Ho appena volto lo sguardo appena ho appreso, che da qualche anno, George Soros è un agente della CIA. “(21) L’opinione di Berezovsky era che Soros, come anche l’Occidente, “temessero che il capitalismo russo divenisse troppo potente”.

Se l’establishment economico e politico degli USA teme la concorrenza economica della Russia, quale migliore maniera di controllarla che dominare i media, l’educazione, i centri di ricerca e i settori scientifici della Russia? Dopo aver speso 250 milioni di dollari per “la trasformazione dell’educazione delle scienze umane e dell’economia a livello delle scuole superiori e delle università”, Soros inietta 100 milioni di dollari, dopo un anno, per la creazione della Fondazione scientifica internazionale.(22) I Servizi federali russi di controspionaggio (FSK) accusano le fondazioni di Soros in Russia di “spionaggio”. Segnalano che Soros non opera da solo; fa parte di un rullo compressore che ricorre, tra l’altro, a dei finanziamenti da Ford e dalla Heritage Foundations, dalle università di Harvard, Duke e Columbia, e all’assistenza del Pentagono e dei suoi servizi di informazione USA.(23) Il FSK s’indigna del fatto che Soros abbia messo le mani su circa 50.000 scienziati russi e presume che Soros abbia coltivato soprattutto i suoi interessi, assicurandosi il controllo di migliaia di scoperte scientifiche e nuove tecnologie russe e appropriandosi cosi dei segreti di stato e dei segreti commerciali.(24)

Nel 1995, i Russi erano assai arrabbiati in seguito all’ingerenza dell’agente del Dipartimento di stato Fred Cuny, nel conflitto ceceno. Cuny si serviva dell’aiuto ai rifugiati come copertura, ma la storia delle sue attività nelle zone di conflitti internazionali interessanti gli USA, cui venivano a aggiungersi le operazione d’investigazione dell’FBI e della CIA, rendevano manifeste le sue connessioni con il governo USA. All’epoca della sua scomparsa, Cuny lavorava sotto contratto con una fondazione di Soros.(25) non si sa abbastanza negli USA, che la violenza in Cecenia, una provincia situata al centro della Russia, é generalmente vista come il risultato di una campagna di destabilizzazione politica che Washington vede di buon occhio e, che orchestra probabilmente. Questo modo di presentare la situazione é sufficientemente chiara agli occhi dello scrittore Tom Clancy, al punto che si è sentito libero di fare una affermazione di fatto nel suo best-seller: La somma di tutte le paure. I Russi hanno accusato Cuny di essere un agente della CIA e d’essere uno dei responsabili di una operazione di spionaggio destinata a sostenere l’insurrezione cecena.(26) L’Open Society Institute di Soros é sempre attiva in Cecenia, come lo sono ugualmente altre organizzazioni sponsorizzate dallo stesso Soros.

La Russia é stata il teatro di almeno un tentativo comune di fare avanzare il bilancio di Soros, tentativo orchestrato con l’aiuto diplomatico dell’amministrazione Clinton. Nel 1999, il segretario di stato Madeleine Albright aveva bloccato una garanzia di prestito di 500 milioni di dollari per l’Export-Import Bank USA alla società russa, Tyumen Oil, pretendendo che ciò si opponesse agli interessi nazionali USA. La Tyumen voleva comprare delle attrezzature petrolifere di fabbricazione statunitense, così come dei servizi, presso la società Halliburton di Dick Cheney e dell’ABB Lummus Global di Bloomfield, New Jersey.(27) George Soros era investitore in una società che la Tyumen aveva tentato di comprare. Tanto Soros che BP Amoco avevano esercitato delle pressioni alfine d’impedire tale transazione, e Albright gli rese questo servizio.(28)

Il discorso di un antisocialista di sinistra

L’Open Society Institute di Soros infila le dita in ogni ambito. Il suo consiglio di amministrazione è un vero ” Who’s Who ” della guerra fredda e dei pontefici del nuovo ordine mondiale. Paul Goble é direttore delle comunicazioni: “è stato il principale commentatore politico di Radio Free Europe”. Herbert Okun ha servito nel dipartimento di stato di Nixon come consigliere dell’intelligence con Henry Kissinger. Kati Marton è la consorte di Richard Holbrooke, l’ex ambasciatore all’ONU e inviato in Jugoslavia dell’amministrazione Clinton. Marton ha esercitato pressioni in favore della stazione radio B-92, finanziata da Soros, e ha ugualmente assai operato in favore di un progetto della Fondazione nazionale per la democrazia (un’altra antenna ufficiale della CIA) che ha collaborato al rovesciamento del governo jugoslavo.

Quando Soros fondò l’Open Society Fund, cercò il grande bonzo liberale Aryeh Neier per dirigerla. All’epoca, Neier dirigeva Helsinki Watch, una pretesa organizzazione dei diritti dell’uomo di tendenza nettamente anticomunista. Nel 1993, l’Open Society Fund divenne l’Open Society Institute.
Helsinki Watch divenne Human Rights Watch nel 1975. All’epoca, Soros faceva parte della sua Commissione consultiva, sia per il comitato delle Americhe che per quelle dell’Europa dell’Est e dell’Asia centrale, e la sua nebulosa Open Society Fund/Soros/OSI è indicata come raccoglitrice di fondi.(29) Soros ha delle relazioni strette con Human Rights Watch (HRW) e Neier scrive articoli per la rivista The Nation senza menzionare in alcun modo che figura sui libri paga di Soros.(30)

Soros é dunque strettamente legato a HRW, benché faccia del suo meglio per nasconderlo.(31) Dichiara che si accontenta di raccogliere fondi, di mettere i programmi a punto e di lasciare le cose andare da sole. Ma le azioni di HRW non si discostano in alcun modo dalla filosofia del suo raccoglitore di fondi. HRW e OSI sono assai vicini. Le loro visioni non divergono. Naturalmente, altre fondazioni finanziano ugualmente queste due istituzioni, ma non impedisce che l’influenza di Soros domini la loro ideologia.

Le attività di George Soros s’inscrivono nello schema di costruzione sviluppato nel 1983 e così come è annunciato da Allen Weinstein, fondatore della Fondazione nazionale per la democrazia. Wainstein dichiara: “Una grande parte di ciò che noi facciamo oggi era realizzato in segreto dalla CIA 25 anni fa. “(32) Soros opera esattamente nei limiti del complesso spionistico. Differisce poco dai trafficanti di droga della CIA nel Laos, negli anni ’60, o dei mujahidin che trafficavano nell’oppio conducendo delle operazioni per conto della CIA contro l’Afghanistan socialista degli anni ’80. Canalizza semplicemente (e raccoglie) molto più denaro di queste marionette e una parte ben più importante dei suoi affari si fanno nei gironi migliori. La sua libertà d’azione, nella misura in cui possa goderne, risiede in un controllo fattivo dei profitti, che gli servono a legittimare le strategie della politica estera USA.

La maggioranza degli statunitensi che, oggi, si considerano politicamente di centrosinistra, sono senza alcun dubbio pessimisti a proposito della speranza di assistere un giorno a una trasformazione socialista della società. Di conseguenza, il modello di “decentralizzazione” alla Soros, o l’approccio “frammentato” di “utilitarismo negativo, il tentativo di ridurre al minimo la quantità di miseria”, che costituiva la filosofia di Popper, tutto ciò gli va bene, più o meno.(33) Soros ha finanziato uno studio di HRW che è stata usata per sostenere l’addomesticamento della legislazione in materia di droga nello stato della California e dell’Arizona.(34) Soros é favorevole a una legislazione sulle droghe – una maniera di ridurre provvisoriamente la coscienza della propria miseria. Soros é un corruttore che sostiene il concetto dell’uguaglianza delle opportunità. A una scala più elevata sul piano socio-economico, si trovano i social-democratici che accettano d’essere finanziati da Soros e che credono alle libertà civiche nel contesto stesso del capitalismo.(35) Per queste persone, le conseguenze nefaste delle attività commerciali di Soros (che impoveriscono le persone nel mondo) sono edulcorate dalle sue attività filantropiche. Allo stesso modo, gli intellettuali liberali di sinistra, tanto all’estero che negli USA, sono stati sedotti dalla filosofia dell'”Open Society”, senza parlare dell’attrattiva che rappresentano le sue donazioni.

La Nuova Sinistra USA era un movimento social-democratico. Era risolutamente antisovietica e, quando l’Europa dell’Est e l’Unione Sovietica si sono dissolte, pochi nella Nuova Sinistra si sono opposti alla distruzione dei sistemi socialisti. La Nuova Sinistra non ha né detto nulla né protestato quando centinaia di milioni di abitanti dell’Europa dell’Est e dell’Europa centrale hanno perso il loro diritto al lavoro, all’alloggio, e alla protezione della legge, all’educazione gratuita nelle scuole superiore, alla gratuità delle cure e dell’acculturazione. La maggioranza ha minimizzato gli avvertimenti che indicavano che la CIA e certe ONG – come la Fondazione nazionale per la Democrazia o l’Open Society Fund – avevano attivamente partecipato alla distruzione del socialismo. Queste persone avevano l’impressione che la determinazione occidentale a voler distruggere l’URSS dal 1917 era una cosa assai lontana dalla caduta dell’URSS. Per queste persone, il socialismo è scomparso di sua volontà, per le sue lacune e sconfitte.

Quanto alle rivoluzioni, come quella del Mozambico, dell’Angola, del Nicaragua o del Salvador, annichilite dalle forze operanti per procura o ritardate dalle “elezioni” assai dimostrative, i pragmatisti della Nuova sinistra non hanno fatto altro che volgere lo sguardo da un’altra parte. Talvolta, la stessa Nuova Sinistra sembrava ignorare deliberatamente le macchinazioni post-sovietiche della politica estera USA.

Bogdan Denitch, che nutriva delle aspirazioni politiche in Croazia, è stato attivo presso l’Open Society Institute e ha ricevuto dei fondi dalla stessa OSI.(36) Denitch era favorevole all’epurazione etnica dei Serbi in Croazia, ai bombardamenti della Nato della Bosnia e della Jugoslavia e anche a una invasione terrestre della Jugoslavia.(37) Denitch è stato uno dei fondatori e il presidente dei Socialisti democratici degli USA, un gruppo preponderante della sinistra liberale negli Stati Uniti. È stato anche presidente, per molto tempo, della prestigiosa Conferenza degli Universitari socialisti, grazie alla quale poteva facilmente manipolare le simpatie di molti e farli propendere al sostegno dell’espansione della Nato.(38) Altri obiettivi in sostegno di Soros comprendono Refuse and Resist, the American Civil Liberties Union e tutta una panoplia di altre cause liberali.(39) Soros acquisiva un altro trofeo inverosimilmente impegnandosi nella Nuova Scuola di Ricerche Sociali di New York, che era stata per molto tempo l’accademia principale degli intellettuali di sinistra. Oggi, sponsorizzano il Programma per l’Europa dell’est e l’Europa centrale.(40)

Molte persone di sinistra ispirate dalla rivoluzione nicaraguense hanno accettato con tristezza l’elezione di Violetta Chamorro e la sconfitta dei sandinisti nel 1990. La quasi totalità della rete di sostegno in Nicaragua ha cessato la sue attività in seguito. Forse la Nuova Sinistra avrebbe potuto trarre qualche insegnamento dalla stella ascendente di Michel Kozak. L’uomo era un veterano delle campagne di Washington mirante a installare dei dirigenti simpatici in Nicaragua, in Panama e ad Haiti, e di minare Cuba – dove dirigeva la sezione di interessi USA all’Habana.

Dopo aver organizzato la vittoria di Chamorro in Nicaragua, Kozak proseguì il suo cammino per divenire ambasciatore degli USA in Bielorussia, collaborando all’Internet Access and Training Program (IATP), sponsorizzato da Soros e che operava nella “fabbricazione di futuri dirigenti” in Bielorussia.(41) Nello stesso tempo, tale programma era imposto in Armenia, Azerbaidjan, Georgia, Kazakhstan, Kirghizistan, Turkmenistan e Uzbekistan. L’IATP opera assieme al sostegno del dipartimento di stato USA. A credito della Bielorussia, bisogna aggiungere che espulse Kozak e la sua cricca dell’Open Society di Soros e del dipartimento di stato USA. Il governo di Aleksandr Lukachenko scoprì che, quattro anni prima di installarsi a Minsk, Kozak organizzava forniture di decine di milioni di dollari destinati a alimentare l’opposizione bielorussa. Kozak lavorava all’unificazione della coalizione dell’opposizione, creava dei siti web, dei giornali e dei poli di opinione, e supervisionava un movimento di resistenza studentesca simile all’Otpor in Jugoslavia. Kozak fece anche venire dei dirigenti dell’Otpor per formare dei dissidenti in Bielorussia.(42) Proprio alla vigilia dell’11 settembre 2001, gli USA rilanciavano una campagna di demonizzazione contro il presidente Aleksandr Lukachenko. Tale campagna è stata messa da parte, per concentrarsi sulla “guerra contro il terrorismo”.

Con l’intromissione dell’OSI e dell’HRW, Soros era uno dei principali sponsors della stazione radio B-92 di Belgrado. Fondò l’Otpor, l’organizzazione che riceveva le “valigie di denaro” alfine di sostenere il golpe del 5 ottobre 2000 che rovesciava il governo jugoslavo.(43) Poco dopo, Human Rights Watch aiutava a legittimare il rapimento e la mediatizzazione del processo di Slobodan Milosevic all’Aja senza preoccuparsi dei suoi diritti.(44) Louise Arbour, che ha operato come giudice nel tribunale illegale, siede attualmente nel consiglio del Gruppo internazionale di crisi di Soros.(45) La gang dell’Open Society e di Human Rights Watch ha lavorato in Macedonia, dicendo che ciò faceva parte della sua “missione civilizzatrice”.(46) Bisogna dunque attendere, un giorno, la “salvezza” per questa repubblica, affinché si ottenga così la disintegrazione dell’ex Jugoslavia.

I Mandati del potere

Infatti, Soros ha dichiarato che considerava la sua filantropia come morale e i suoi affari di gestione del denaro come amorale.(47) Pertanto, i responsabili delle ONG finanziate da Soros hanno una agenda chiara e permanente. Una delle istituzioni più influenti di Soros è il Gruppo Internazionale di Crisi, fondato nel 1986. Il GIC é diretto da individui provenienti dal centro stesso del potere politico e dal mondo delle imprese. Il suo consiglio d’amministrazione conta, tra l’altro, nei suoi ranghi Zbigniew Brzezinski, Morton Abramowitz, ex segretario di stato aggiunto degli USA; Wesley Clark, ex capo supremo degli alleati della Nato per l’Europa; Richard Allen, ex consigliere nazionale alla sicurezza degli USA. Vale la pena di citare Allen: l’uomo ha abbandonato il Consiglio nazionale della Sicurezza sotto Nixon perché era disgustato dalle tendenze liberali di Henry Kissinger; è sempre lui che ha reclutato Oliver North per il Consiglio nazionale della sicurezza sotto Reagan, e che negoziò lo scambio missili-ostaggi nello scandalo del contras-irangate. Per questi individui, “contenere i conflitti” equivale a assicurare il controllo statunitense sui popoli e le risorse del mondo intero.

Negli anni ’80 e ’90, sotto l’egida della dottrina reaganiana, le operazioni segrete o aperte degli USA si compivano in Africa, in America latina, Caraibi e in Asia. Soros era apertamente attivo nella maggior parte di questi luoghi, corrompendo eventuali rivoluzionari in potenza, e sponsorizzando uomini politici, intellettuali e ogni altra persona suscettibile di arrivare al potere quando l’agitazione rivoluzionaria sarebbe decaduta. Secondo James Petras: “Alla fine degli anni ’80, i settori più perspicaci delle classi neo-liberali al potere comprendono che i loro obiettivi politici polarizzano la società e suscitano un ampio scontento sociale. I politici neo-liberali si sono messi a finanziare e a promuovere una strategia parallela ‘a partire dalla base’, la promozione di organizzazioni in qualche modo ‘tirate dalla base’, dall’ideologia ‘anti-statalista’ e mirate a intervenire tra le classi potenzialmente conflittuali, alfine di creare un ‘tampone sociale’. Tali organizzazioni dipendevano finanziariamente dalle risorse neo-liberali e erano direttamente impegnate nella concorrenza con dei movimenti socio-politici per la fedeltà dei dirigenti locali e delle comunità militanti. Negli anni ’90, queste organizzazioni, descritte come ‘non governative’, si contano a migliaia e ricevono circa 4 miliardi di dollari in tutto il mondo.”(48)

In Underwriting Democracy (Garantire la democrazia), Soros si vanta “dell’americanizzazione dell’Europa dell’Est”. Secondo i suoi propri desideri, grazie ai suoi programmi d’educazione, ha cominciato a mettere su un inquadramento dei giovani dirigenti “sorosiani”. Questi giovani addestrati dalla Fondazione Soros sono preparati a riempire delle funzioni di ciò che si chiamano, comunemente, “agenti d’influenza”. Grazie alla loro conoscenza pratica delle lingue e al loro inserimento nelle burocrazie nascenti dei paesi sotto tiro, tali reclute sono individuate per facilitare, sul piano filosofico, l’accesso alle società multinazionali occidentali.
Il diplomatico di carriera Herbert Okun, che siede in compagnia di George Soros nel Comitato europeo di Human Rights Watch, intrattiene strette relazioni con tutta una serie d’istituti legati al dipartimento di stato, che va dall’USAID alla Commissione trilaterale finanziata da Rockefeller. Dal 1990 al 1997, Okun è stato direttore esecutivo di una organizzazione chiamata Corpo dei benevolenti dei Servizi finanziari, che faceva parte dell’USAID, “alfine di aiutare a stabilire dei sistemi finanziari dei mercati liberi nei paesi ex-comunisti”.(49) George Soros é in completo accordo con i capitalisti occupati a prendere il controllo dell’economia mondiale.

La redditività del Non-Profit

Soros pretende che non fa filantropia nei paesi dove pratica il commercio di valute.(50) Ma Soros ha spesso ottenuto vantaggi dalle sue relazioni per realizzare degli investimenti chiave. Armati di uno studio dell’ICC e beneficiante del sostegno di Bernard Kouchner, capo dell’UNMIK (Amministrazione temporanea delle Nazioni Unite in Kosovo), Soros ha tentato di appropriarsi del complesso minerario più vantaggioso dei Balcani.

Nel settembre 2000, nella sua fretta di impadronirsi delle miniere di Trepca prima delle elezioni in Jugoslavia, Kouchner dichiarava che l’inquinamento provocato dal complesso minerario, faceva innalzare i tassi di piombo nell’ambiente.(51) E’ incredibile, sentire una cosa simile, quando si sa che l’uomo applaudì, quando i bombardamenti della Nato, nel 1999, hanno riversato l’uranio impoverito sul paese e hanno liberato più di 100.000 tonnellate di prodotti cancerogeni in aria, nell’acqua e nella terra.(52) Ma Kouchner ha finito con l’essere guadagnato alla causa e le miniere sono state chiuse per “ragioni di salute”. Soros ha investito 150 milioni di dollari in uno sforzo per ottenere il controllo dell’oro, l’argento, il piombo, lo zinco e il cadmio di Trepca, che conferiscono a questa proprietà un valore di 5 miliardi di dollari.(53)

Al momento in cui la Bulgaria cadeva nel caos del “libero mercato”, Soros si accaniva a recuperare ciò che poteva dalle macerie, come la Reuters ha riportato all’inizio del 2001:

“La Banca europea di Ricostruzione e lo Sviluppo (BERD) ha investito 3 milioni di dollari presso RILA [una società bulgara specializzato nelle tecnologie di punta], la prima società a beneficiare di un nuovo credito di 30 milioni di dollari fissati con la BERD per sostenere le aziende di high-tech in Europa centrale e dell’Est. (…) Tre altri milioni di dollari venivano dai fondi statunitensi d’investimenti privati Argus Capital Partners, sponsorizzato dalla Prudential Insurance Company of America e operante in Europa centrale e dell’Est. (…) Soros, che aveva investito qualche 3 milioni di dollari presso RILA e un altro milione nel 2001 (…) rimaneva il detentore maggioritario.”(54)

Risolvere i Problemi

Le sue pretese alla filantropia conferiscono a Soros il potere di modellare l’opinione pubblica internazionale, quando un conflitto sociale solleva la questione di sapere chi sono le vittime e chi sono i colpevoli. In altre ONG, Human Rights Watch, i porta voce di Soros riguardo i diritti dell’uomo, evitano o ignorano la maggior parte delle lotte di classe operaie organizzate e indipendenti.

In Colombia, i dirigenti operai sono assai frequentemente assassinati dai paramilitari operanti di concerto con il governo sponsorizzato dagli USA. Causa il fatto che questi sindacati s’oppongono all’economia neo-liberale, HRW conserva a proposito di questi assassini un relativo silenzio. In aprile, José Vivanco, di HRW, ha testimoniato in favore del Plan Colombia davanti al Senato USA(55): “I Colombiani restano privi dei diritti dell’uomo e della democrazia. Hanno bisogno d’aiuto. Human Rights Watch non vede l’inconveniente che nel fornire tale aiuto siano gli USA.”(56)

HRW mette le azioni dei combattenti della guerriglia colombiana, che lottano per liberarsi dall’oppressione del terrore di stato, della povertà e dello sfruttamento, sullo stesso piano della repressione delle forze armate finanziate dagli USA e quelle degli squadroni paramilitari della morte, gli AUC (Forze colombiane unite d’autodifesa). HRW ha riconosciuto il governo di Pastrana e i suoi militari, il cui ruolo era di proteggere i diritti della proprietà e di mantenere lo statu quo economico e politico. Secondo HRW, il 50% dei morti civili sono opera degli squadroni della morte tollerati dal governo.(57). La percentuale esatta, in effetti, è dell’80%.(58)
HRW ha convalidato le elezioni nel loro insieme e l’avvneto al potere del governo Uribe, nel 2002. Uribe è un perfetto erede dei dittatori latino-americani che gli USA hanno sostenuto in passato, benché sia stato “eletto”. HRW non ha commentato il fatto che la maggioranza degli abitanti ha boicottato le elezioni.(59)

Nei Caraibi, Cuba è un altro oppositore al neo-liberalismo a essere demonizzato da Human Rights Watch. Nel vicino stato di Haiti, le attività finanziate da Soros hanno operato in modo di andare contro le aspirazioni popolari, che hanno fatto seguito alla fine della dittatura dei Duvalier, e hanno destabilizzato il primo dirigente haitiano, democraticamente eletto, Jean-Bertrand Aristide. Ken Roth, di HRW, ha utilmente abbandonato Aristide alle accuse USA di essere “antidemocratico”. Per propagandare le sue idee sulla “democrazia”, le fondazioni di Soros hanno tentato a Haiti delle operazioni complementari, assieme a quelle “inconvenienti” per gli USA, come la promozione dell’USAID di persone associate al FRAPH, i famosi squadroni della morte sponsorizzati dalla CIA e che hanno terrorizzato il paese dopo la caduta di “Baby Doc” Duvalier.(60)

Sul sito di HRW, il direttore Roth ha criticato gli USA per non essersi opposti alla Cina con più veemenza. Le attività di Roth comprendono la creazione del Tibetan Freedom Concert, un progetto itinerante di propaganda che ha effettuato una tournée negli USA con musicisti famosi del rock, spingendo i giovani a sostenere il Tibet contro la Cina.(61) Il Tibet è un progetto prediletto della CIA da molti anni.(62)

Recentemente, Roth ha reclamato con insistenza l’opposizione al controllo della Cina sulla sua provincia ricca, in petrolio, del Xinjiang. Con l’approccio colonialista del “dividere per conquistare”, Roth tentò di convincere certi membri della minoranza religiosa degli uiguri, nello Xinjiang, che l’intervento degli USA e della Nato in Kosovo costituiva una premessa in quanto modello per loro stessi. Già nell’agosto 2002, il governo USA aveva sostenuto altri simili tentativi.

Le intenzioni USA, a proposito di queste regioni, sono apparse chiaramente quando un articolo del New York Times sulla provincia di Xinjiang, in Cina occidentale, descriveva gli uiguri come una ” maggioranza musulmana vivente nervosamente sotto il dominio cinese”. “Sono ben al corrente dei bombardamenti sulla Jugoslavia della Nato, l’anno scorso, e certi li appoggiano per avere liberato i musulmani del Kosovo; immaginano di potersi liberare nello stesso modo qui”.(63) Il New York Times Magazine, da parte sua, notava che “recenti scoperte di petrolio hanno reso il Xinjiang particolarmente attraente agli occhi del commercio internazionale” e, allo stesso tempo, comparava le condizioni della popolazione indigena a quella del Tibet.(64)

Gli errori di calcolo

Quando le organizzazioni sorosiane fanno i conti, sembrano perdere ogni nozione di verità. Human Rights Watch affermava che 500 persone, e non 2.000, erano state uccise dai bombardieri della Nato durante la guerra in Jugoslavia, nel 1999.(65) Pretendono che 350 persone solamente, e non 4.000, erano morte negli attacchi USA in Afghanistan.(66) Quando gli USA bombardarono Panama nel 1989, HRW affermò nel suo rapporto che “l’arresto di Manuel Noriega (…) e l’installazione del governo democraticamente eletto del presidente Guillermo Endara portava grandi speranze in Panama(…)”. Il rapporto ometteva di menzionare il numero delle vittime.

Human Rights Watch ha preparato il terreno per l’attacco della Nato contro la Bosnia, nel 1993, con false accuse di “genocidio” e stupri di massa.>>(67) Tale tattica consisteva nel suscitare una isteria politica, necessaria affinché gli USA potessero condurre una loro politica nei Balcani. È stata riusata nel 1999 quando HRW operò come truppa d’assalto nell’indottrinamento per l’attacco Nato alla Jugoslavia. Tutto il bla-bla di Soros a proposito del regno della legge è stata dimenticata in un colpo. Gli USA e la Nato hanno imposto le proprie leggi e le istituzioni di Soros le hanno sostenute.

Il fatto di trafficare nelle cifre, alfine di generare una reazione, è stata una componente importante della campagna del Consiglio delle relazioni estere (CFR) dopo l’11 settembre 2001. Questa volta si trattava di 2.801 persone uccise nel World Trade Center. Il CFR si riunì il 6 novembre 2001 alfine di pianificare una “grande campagna diplomatica pubblica”. Il CFR creò una “Cellula di crisi indipendente sulla risposta degli USA al terrorismo”. Soros si univa a Richard C. Holbrooke, Newton L. Gingrich, John M. Shalikashvili (ex presidente dei capi di stato maggiore riuniti) e altri individui influenti, in una campagna mirante a fare delle WTC strumenti della politica estera USA. Il rapporto del CFR si mette in opera per facilitare una guerra contro il terrorismo. Si possono ritrovare le impronte di George Soros dappertutto, in questa campagna: “bisogna che gli alti funzionari USA spingano amichevolmente gli Arabi amici e altri governi musulmani, non solo a condannare pubblicamente gli attentati dell’11 settembre, ma ugualmente di sostenere le ragioni e gli obiettivi della campagna antiterrorista USA.
Noi dobbiamo convincere i popoli del Medio oriente e dell’Asia del Sud, della legittimità della nostra causa, se i loro governi restano silenziosi. Dobbiamo aiutarli a evitare i ritorni di fiamma che possono emanare tali dichiarazioni, ma dobbiamo convincerli d’esprimersi con voce viva. (…) Incoraggiate i musulmani bosniaci, albanesi e turchi a rivolgersi verso un pubblico estero per far rilevare il ruolo degli USA nel salvataggio dei musulmani di Bosnia e del Kosovo nel 1995-1999, affinché i nostri legami con i musulmani nel mondo intero siano più stretti e di lunga durata. Impegnate gli intellettuali e i giornalisti del paese a prendere la parola e a puntualizzare il proprio punto di vista. Informate regolarmente la stampa regionale in tempo reale per incoraggiare delle risposte rapide. (…) Insistete sulla necessità di fare riferimento alle vittime (e citate queste ultime per nome alfine di meglio personalizzarle) ogni volta che discutiamo dei nostri motivi e dei nostri obiettivi.”(68)
In Breve, le deficienze sorosiane nei calcoli servono a vantare e a difendere la politica estera USA.

Soros è assai infastidito per il declino del sistema capitalista mondiale e vuole fare qualche cosa a tale proposito, e ora. Recentemente, ha dichiarato: “posso già discernere i preparativi della crisi finale. (…) Dei movimenti politici indigeni sono suscettibili di ritenersi capaci di espropriare le società multinazionali e di riprendere possesso delle ricchezze ‘nazionali’.”(69)

Soros suggerisce seriamente al mondo un piano per sostenere l’ONU. Propone che le “democrazie del mondo dovrebbero prendere le redini e costituire una rete mondiale di alleanze che potrebbero lavorare con o senza l’ONU”.
Se l’uomo era psicotico, si potrebbe pensare che fosse in crisi, in quel momento preciso. Ma il fatto è che l’affermazione di Soros: “L’ONU è costituzionalmente incapace di compiere le promesse contenute nel preambolo della loro Carta” riflette il pensiero delle istituzioni reazionarie del tipo American Enterprise Institute.(70) Benché le menti conservatrici facciano riferimento alla rete di Soros come se fosse di sinistra, sulla questione dell’affiliazione degli USA all’ONU, Soros é esattamente sulla stessa lunghezza d’onda di gente come John R. Bolton, sottosegretario di stato per il Controllo delle Armi e gli Affari per la Sicurezza internazionale, così come, “molti repubblicani del Congresso, credevano che non si dovesse accordare alcun credito al sistema dell’ONU0”.(71) La destra condusse una campagna decennale contro l’ONU. Oggi, é Soros che l’orchestra. Su diversi siti web di Soros, si possono leggere delle critiche all’ONU che affermano che sia troppo ricca, che non desidera condividere la sua informazione, o che è così indebolita che non può fa girare il mondo nel modo appropriato, appropriato almeno secondo George Soros.

Gli stessi articolisti di The Nation, con la reputazione di saperla assai lunga, sono stati influenzati dalle idee di Soros. William Greider, per esempio, ha recentemente scoperto alcune pertinenze nella critica di Soros sull’ONU, affermando che non dovrebbe “accogliere dittatori da paccottiglia e totalitari ne trattarli da eguali”.(72) Questo tipo di razzismo eurocentrico costituisce il nucleo dell’orgoglio smisurato di Soros. Quando afferma che gli USA possono e dovranno dirigere il mondo, è un sostenitore del fascismo mondiale. Da troppo tempo, i ” progressisti” occidentali hanno dato carta bianca a Soros. È probabile che Greider e gli altri trovino che l’allusione al fascismo sia eccessivo, ingiustificato e anche insultante.

Ma ascoltate, piuttosto, con orecchio attento, ciò che lo stesso Soros dice: “Nell’antica Roma, solo i Romani votavano. Sotto il capitalismo mondiale moderno, solo gli statunitensi votano. I Brasiliani, no. “(73)

L’AUTRICE
Heather Cottin è scrittrice, militante politica per tutta la sua vita, è professoressa di storia in una scuola superiore, ora in pensione. Vive a Freeport, NY e, per molti anni, è stata la compagna dello studioso e militante Sean Gervasi, oggi deceduto.

George Soros e la sua connessione con i Rothschild


George (Schwartz) Soros è quello che ha causato la svalutazione della lira del 30%, aprendo la strada al debito e alle privatizzazioni.
Soros è un Ebreo ungherese (un Cazaro), nato a Budapest nel 1930 con il nome di György Schwartz (nel 1936 i suoi genitori cambiarono il loro cognome in Sorosz). Studiò a Londra e nel 1950 andò negli Stati Uniti. Un ruolo importante nel suo sviluppo è stato svolto dal famoso Cazaro Carl Popper, che ha approvato i progetti di Soros e fu il suo guru.
In tutto il mondo, questa eminenza grigia viene rappresentata come il “Robin Hood dell’era dei computer”, perché apparentemente prende i soldi dai paesi ricchi e attraverso le sue fondazioni li dà generosamente a Est Europa e Russia.
In questo modo si installa la “democrazia” e la “società civile” nei paesi che hanno sofferto e che sono stati ridotti alla fame durante il comunismo, lo stesso comunismo che è stato inserito a forza in questi paesi dagli stessi Rothschild.

Ha costruito la sua carriera sulle speculazioni finanziarie in tutto il mondo, grazie soprattutto alla sua azienda di fondi di investimento la “Quantum Fund”, i cui dirigenti, e allo stesso tempo i suoi rappresentanti, sono finanziatori italiani e svizzeri.Il collegamento tra Soros e i Rothschild si ottiene attraverso una rete di persone riservate che siedono in comitati amministrativi di fondi, trust, società, banche. Una di quelle persone era un certo Richard Katz (anche lui un Cazaro), un membro del comitato della “Quantum Fund”. Allo stesso tempo Katz era a capo della “Rothschild Italia SpA” e membro del comitato della banca commerciale “NM Rothschild & Sons “di Londra. Un altro giocatore importante è Nils O. Taube, anche lui un membro della Quantum e partner del gruppo di investimento “St. James Place Capital”, che ora appartiene a Nathaniel Rothschild.La connessione si realizza anche attraverso la Société Générale Bank e il suo amministratore Michael Cicurel, presidente del direttivo di Edmund Rothschild e membro del Rothschild & Cie Banque board. Un altro partner frequente di Soros è stato James Goldsmith (un Cazaro), collegato anch’esso alla dinastia Rothschild.

COME I ROTHSCHILD CONTROLLANO IL QUANTUM FUND

Il Presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi, dopo aver presentato nei mesi passati un esposto alle Procure della Repubblica di Napoli, Roma, Firenze e Milano contro George Soros per l’attacco speculativo contro la lira del settembre 1992, ha distribuito, a partire dallo scorso 25 novembre, la seguente dichiarazione ai magistrati, parlamentari e giornalisti che si sono interessati al caso, per puntualizzare in maniera ancora più definitiva le denunce di cui si è fatto promotore.

Sono venuto a conoscenza del fatto che le reti della banca Rothschild stanno cercando di ostacolare coloro che in qualche forma si oppongono alla politica di assalto piratesco della grande finanza internazionale, che prende la forma di una privatizzazione e che nella sostanza esige la svendita dell’impresa a partecipazione statale. All’inizio di ottobre avevo emesso un comunicato di denuncia del ruolo della Rothschild Italia come advisor nella privatizzazione del Banco di Napoli (La Rothschild ha svolto lo stesso ruolo nella svendita dell’ENI) identificando il nefasto ruolo di Richard Katz , già direttore della Rothschild Italia e al contempo membro del comitato esecutivo e direttore del Quantum Fund di George Soros, l’affondatore della lira nel settembre 1992. La Rothschild vorrebbe ora vantare una nuova verginità che si sarebbe rifatta semplicemente sostituendo Richard Katz al vertice della banca. Per questo ritengo opportuno aggiungere qualche altro elemento su alcune operazioni poco chiare dell’intero gruppo Rothschild, con particolare riferimento alle compenetrazioni operative tra il gruppo internazionale dei Rothschild e il Quantum Fund di Soros.
Sia chiaro: è il gruppo Rothschild nel suo complesso a operare insieme al Quantum Fund. Richard Katz è semplicemente uno strumento, un predicato, di questo intreccio finanziario.
Di seguito si riportano alcuni fatti salienti che non intendono essere il resoconto finale della ricerca. L’urgenza di ostacolare le privatizzazioni impone di intervenire adesso senza attendere il quadro completo. (Per evitare il gioco delle scatole cinesi secondo cui “vi sono differenti banche per differenti rami della famiglia Rothschild”, si fa notare che, mentre i legami e le copartecipazioni sono sempre esistite, il 27 ottobre i vari rami bancari-finanziari si sono ufficialmente riuniti per ridefinire una strategia ed un vertice comuni).
I legami dei Rothschild con il Quantum Fund di George Sorosrisalgono a prima della creazione del Quantum Fund N.V. la cui sede centrale è a Curaçao, nelle Antille Olandesi. Negli anni settanta George Soros insieme al socio Jim Rogers ha lavorato per la Arnold & S. Bleichroeder ,Inc. e per il Bleichroeder Fund, finanziaria che operava in sintonia con i Rothschild. Nel 1969 Soros lasciò in raporti amichevoli la Bleichroeder portandosi con sé un gruppo di investitori della stessa, muovendosi già allora nella direzione che avrebbe condotto alla creazione del Quantum Fund. Si fa notare che la Bleichroeder di New York è attualmente, insieme alla Citibank N.A. di New York, la principale fiduciaria del Quantum Fund.

Ecco i principali personaggi dell’intreccio Soros-Rothschild:

Georges C. Karlweis . Secondo quanto riportato da un ex partner di George Soros, Karlweis è stato uno dei primi partecipanti al lancio del Quantum Fund N.V.. Lo troviamo dal luglio 1985 direttore della banca N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, presieduta da Evelyn de Rothschild. Con Karlweis, nel comitato direttivo della banca troviamo anche Richard Katz, Edmund de Rothschild, E.L. de Rothschild, Lord Jacob de Rothschild (capi dei vari rami della famiglia), Henry Ergas, che conduce l’uffico di Roma, e il noto Alfred Hartmann. Nel 1988 Karlweis figura come direttore della Banque Privée di Ginevra di Edmund de Rothschild. Nel 1991-92 è nel consiglio di amministrazione della Rothschild Bank AG di Zurigo del Barone Elie de Rothschild, presidente della banca di cui Alfred Hartmann ne è il vice presidente. Karlweis è stato anche coinvolto nelle operazioni sporche del mafioso e trafficante di droga Robert Vesco, come la grande truffa dell’International Overseas Service (IOS) creato da Bernie Cornfeld e con sede in Svizzera. Con l’IOS lavorò anche il nostro Beniamino Andreatta, collaboratore di Prodi e attivo partecipante nell’incontro sul Britannia del 2 giungo 1992. Attualmente Karlweis è direttore della NM Rothschild & Sons, vice presidente della Banque Privée di Ginevra e presidente della Banque de Gestion Edmond de Rothschild del Principato di Monaco.

Richard Katz. Direttore del Quantum Fund. In un resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura anche come membro del comitato esecutivo. Il suo rapporto con i Rothschild è di lunga data. Lo troviamo nel 1988 ad esempio nella lista dei direttori della N.M. Rothschild & Sons LTD di Londra, guidata da Evelyn de Rothschild. Sulla stessa lista si trovano Georges Karlweis, Alfred Hartmann, Herny Ergas (direttore della filiale Rothschild a Roma) e Lord Jacob de Rothschild, presidente della St. James Place Capital, banca d’affari di Londra. Lo stesso anno Katz figura come direttore capo degli investimenti della Rothschild (NM) Asset Management, responsabile del portafoglio esteri della Rothschild (NM) Fund Management LTD. Almeno fino al 1993 è direttore della Rothschild Italia insieme a Sir Derek Thomas. Sir Thomas è stato ambasciatore britannico a Roma per il periodo 1987-89; nel 1990 diviene direttore della Rothschild Italia e della Rothschild Europa, consigliere europeo per la N.M. Rothschild & Sons, di cui è direttore dal 1991 ad oggi. Sir Thomas dal 1991-92 è uno dei massimi dirigenti del British Invisibles, gli organizzatori del meeting sul Britannia il 2 giugno 1992. (Del British Invisibles parleremo oltre).

Nils O. Taube. Direttore del Quantum Fund. Nel resoconto pubblico del Quantum Fund del 1993 figura come membro del Comitato esecutivo. Taube è socio di Lord Jacob de Rothschild, presidente della banca St. James Place Capital di Londra. Secondo il rapporto annuale della banca del 1993 egli figura tra i direttori insieme a Nathaniel de Rothschild, punto di riferimento della famiglia Rothschild negli USA e a Parigi. Nel rapporto della stessa banca del 1996, egli figura come Principal Investment Advisor (principale consigliere per gli investimenti) della banca. Nel 1988 era il direttore degli investimenti della Rothschild (J) Investment Management LTD di Londra. È doveroso sottolineare il seguente punto: nel resoconto del Quantum Fund del 1993 appaiono 8 direttori di cui 4 sono membri del comitato esecutivo. Due di questi quattro, Richard Katz e Nils O. Taube, lavorano per i Rothschild. Una coincidenza? Questi sono gli uomini che hanno agito nel 1992 per far crollare la lira sotto l’ondata della speculazione.

Vediamo ora brevemente il personaggio di Alfred Hartmann . Lo abbiamo già trovato nel 1988 con Richard Katz tra i direttori del NM Rothschild & Sons di Evelyn de Rothschild Londra. Nelle stesso anno è manager generale della Rothschild Bank AG di Zurigo, presieduta dal Barone Elie de Rothschild. Nel 1991-92 ne diventa vice presidente. Nella dirigenza della stessa banca troviamo Georges C. Karlweis e il Dr. Jürg Heer, famoso anche in Italia. Nel 1992 Jürg Heer dichiarò di aver pagato 5 milioni di dollari ai killer mafiosi di Roberto Calvi. Nella Relazione di Minoranza della Commissione d’inchiesta sulla P2 del sen. Pisanò (p.121) si legge che il 22 aprile 1981 la banca Rothschild di Zurigo fondò a Monrovia (Liberia) una società di nome Zirka per conto di Umberto Ortolani e Bruno Tassan Din. Otto giorni dopo il Banco Ambrosiano Overseas di Nassau (ex. Cisalpine) erogò a favore della Zirka 95 milioni di dollari che vennero subito trasferiti a Zurigo presso la Rothschild Bank. E 45 dei 95 sembra siano scomparsi durante il periodo della detenzione di Calvi nella primavera-estate del 1981 (Carlo Palermo, Il quarto livello», pag. 245). Nei resoconti bancari svizzeri del 1987-88 Alfred Hartmann figura un po’ dappertutto. È direttore della banca The Royal Bank of Scotland AG di Zurigo, direttore della Lavoro Bank di Zurigo (controllata dalla Banca Nazionale del Lavoro), della banca del Gottardo di Ginevra, della finanziaria Creafin di Zurigo, e presidente della Banque de Commerce e de Placements SA (BCP) di Ginevra. La BCP era posseduta dalla Bank of Credit and Commerce International (BCCI), la banca internazionale del riciclaggio, delle operazioni del traffico di armi e di droga utilizzata dai servizi britannici e dalle reti di Bush-North dell’Iran-Contras per operazioni sporche. La BCCI, che controllava anche la Italfinance International Spa di Roma, fu chiusa a seguito di un’indagine condotta dalle autorità americane. Le verità più scottanti di quella vicenda non vennero mai alla luce perché George Bush decretò tutta una serie di insabbiamenti. Queste coperture favorirono anche Hartmann che si dovette dimettere dalla Lavoro Bank, ma lo troviamo allegramente vice presidente della Rothschild AG di Zurigo nel 1991.

Rothschild Italia. È da questi interessi che la Rothschild Italia Spa di Milano, filiale della MN Rothschild & Sons di Londra viene creata nel 1989.
Richard Katz ne è stato direttore , in particolare durante le operazioni speculative contro la lira del Quantum Fund del 1992 (di cui è direttore e membro del comitato esecutivo). Nel 1990 era direttore della Rothschild Italia anche sir Derek Thomas , ex ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89 e dal 1990 ad oggi figura chiave del British Invisibles, oltre ad essere direttore dal 1991 della NM Rothschild & Sons LTD di Londra.
Thomas condivide attualmente questa posizione nella banca di Londra con personaggi eccellenti quali Lord Wakeham, già presidente della Camera dei Lords e membro del governo in più occasioni, Norman Lamont, che i Rothschild “prestarono” alla politica nel 1972 passando attraverso parecchi ministeri economici fino a diventare ministro del Tesoro nel 1990 per fare poi ritorno alla “casa madre” nel 1993. Secondo i resoconti del 1996, boss della banca Rothschild Italia è Eric de Rothschild, che figura tra i direttori della NM Rothschild & Sons di Londra, mentre il direttore è Stefano Marsaglia, che proviene dalla Cir di De Benedetti.

British Invisibles (BI) . Sono gli organizzatori del meeting dei banchieri della City tenutosi sul Britannia, alla presenza della regina Elisabetta II, il 2 giugno 1992 per complottare la privatizzazione dell’industria di stato italiana che doveva far seguito alla svalutazione della lira provocata da Soros e co. Citando dal discorso tenuto sul Britannia nelle acque del porto di Dublino, Irlanda, nel 1995, da Neil Jaggers, membro dell’esecutivo del BI e direttore per gli affari dell’Europa orientale, “il British Invisibles è un ente privato che ha per scopo la promozione della City di Londra”. Gli “invisibles” sono i “servizi” dell’alta finanza della City. BI funziona come punto di unione tra la finanza privata e il governo britannico. BI conta attualmente 114 membri, tutta l’élite finanziaria di Londra, parecchi rappresentanti del governo e della Bank of England, la banca centrale.
Naturalmente la Rothschild ha un ruolo di primo piano negli Invisibles. Ad esempio, secondo il rapporto del 1996 della BI, Sir Derek Thomas , direttore della NM Rothschild & Sons, già ambasciatore britannico a Roma nel periodo 1987-89, membro del BI dal 1992, è stato fino al 10 settembre 1996 presidente del comitato LOTIS (Liberalization of Trade in Services Committee, Comitato per la liberalizzazione del commercio in servizi). Rory Allan, della NM Rothschild & Sons, è membro del comitato del BI per l’Unione degli Stati Indipendenti ( l’ex URSS). William Lamarque, della NM Rothschild & Sons, è membro del “gruppo Cina” del BI. British Invisibles organizza seminari in tutti i punti strategici del globo appetibili alla City, soprattutto elaborando piani di privatizzazioni, apertura dei mercati alla finanza derivata, eliminazione di ogni barriera alla penetrazione del liberismo selvaggio della City. In molti casi, dice Jagger, BI ha il privilegio di usare lo yacht reale “Britannia”, spesso in combinazione con le visite della regina Elisabetta II o del duca di Kent, gran maestro della massoneria di rito scozzese. Il British Invisibles nel passato ha organizzato ogni anno una decina di simili incontri; per il 1997 BI ha già prenotato il Britannia, con o senza la regina, per 20 incontri d’affari.
Sulla base di quanto sopra intendo ribadire la necessità di ritirare il mandato dato dal Tesoro alla Rothschild di operare come advisor nelle privatizzazioni del Banco di Napoli, dell’ENI e di eventuali altre imprese di stato; la necessità di fermare il processo di privatizzazione in quanto basato su premesse che danneggiano l’interesse nazionale, cioè sulla combinazione Britannia-Soros, speculazione-svalutazione-privatizzazione; la necessità di continuare nelle indagini sull'”affaire Britannia-Soros” sia a livello di Procure della Repubblica che a livello di commissioni parlamentari.

Fonti:


Ciampi e la speculazione di Soros


Nel 1992 Ciampi, allora governatore di Bankitalia, dilapidò 48 miliardi di dollari in una assurda difesa della lira, che era sotto attacco da parte di Soros. Difesa che fin dall’inizio era da abbandonare, dato che la Banca Centrale tedesca aveva chiarito che non avrebbe appoggiato l’Italia (doveva già proteggere la Francia). Soros aveva più mezzi: grazie all’effetto-leva e alla speculazione coi derivati, agiva come avesse 100 dollari per ogni 5 realmente impiegati.

In pratica, con questa leva, Soros vendeva lire che non possedeva, contando poi di ricomprarle a svalutazione avvenuta. Inoltre, Soros aveva alle spalle i Rothschild, che dal 1989 avevano aperto a Milano la Rothschild Italia SpA, il cui direttore, Robert Katz (J), era diventato direttore del Quantum Fund di Soros proprio alla vigilia dell’attacco. Il venerato maestro Ciampi, che sapeva come stavano le cose, avrebbe dovuto rinunciare fin dall’inizio alla sua difesa, salvando i 48 miliardi di dollari. Invece la fece ad oltranza: cosa che costò ai contribuenti italiani 60 mila miliardi di lire (due o tre stangate alla Prodi) che in parte (almeno 15 mila miliardi di lire) finirono nelle tasche di Soros. E cosa ancora più grave, Ciampi prosciugò quasi totalmente le riserve in valuta di Bankitalia. Così, quando alla fine la lira fu svalutata del 30% – come i Rothschild e le banche d’affari USA volevano, per poter comprare a prezzi stracciati le imprese dell’IRI – non c’erano più soldi per la difesa della italianità di quelle imprese. La svendita era stata accuratamente preparata da Giuliano Amato che, appena diventato capo del governo, aveva trasformato gli enti statali in società per azioni, in vista delle privatizzazioni, in modo che le oligarchie finanziarie estere potessero controllarle diventandone azioniste, e poi rilevarle per il classico boccone di pane.Il piano era stato probabilmente elaborato nella famosa riunione sul Britannia del giugno ‘92, panfilo della regina d’Inghilterra, su cui era salito Mario Draghi, allora funzionario del Tesoro. I magistrati di Mani Pulite diedero una mano, creando il clima di linciaggio contro Craxi (che si opponeva fieramente alle intrusioni straniere) ed arrestando preventivamente una folla di grand commis di Stato, poi risultati del tutto innocenti, in modo da sguarnire il fronte che si opponeva alle svendite. Così il saccheggio avvenne tra gli applausi degli italiani, ben contenti di vedere Craxi in fuga e la vecchia DC smantellata da Di Pietro.La cosa fu così sporca che Ciampi (come minimo, se non da complice, si comportò da incompetente) una volta prosciugate le riserve, offrì le sue dimissioni. Gli fu detto di star tranquillo; sarebbe stato premiato con la presidenza della repubblica e santificato per sempre dall’aureola di Venerato Maestro, conferitagli dai grandi giornali, Corriere e soprattutto Repubblica. C’è il sospetto infatti che anche De Benedetti avesse guadagnato dalla speculazione.
Ci fu anche un’inchiesta. Nel ‘96 la Guardia di Finanza indagò se «influenti italiani abbiano operato illegalmente dietro banche e speculatori», ricavando un guadagno accodandosi a Soros nella speculazione contro la lira. Secondo Il Mondo del dicembre ‘96, la «lobby a favore di Soros», secondo gli inquirenti, comprendeva Prodi, Enrico Cuccia (capo di Mediobanca per la Lazard) Guido Rossi, Isidoro Albertini, Luciano Benetton, Carlo Caracciolo.
Naturalmente, le procure insabbiarono. Gli indagati erano tutti padri della patria, venerati maestri, riserve della repubblica.

L’INCHIESTA SU SOROS STANA LA “BANDA DEI CINQUE” 

L’indagine proposta dal Movimento Solidarietà è entrata nella fase calda. Ciampi &Co. dovevano sapere che nel 1992 la lira non avrebbe retto l’assalto speculativo di George Soros e sperperarono 15 mila miliardi in una difesa a dir poco sospetta.

“Se, come sembra, l’inchiesta su George Soros andrà avanti, Mani Pulite diventerà una barzelletta”, ha dichiarato Paolo Raimondi, presidente del Movimento Solidarietà, a commento dell’incoraggiante notizia che la Procura di Roma ha avviato una nuova fase dell’inchiesta sullo speculatore internazionale. Raimondi era a Roma per una serie di consultazioni alla fine di gennaio, nei giorni in cui alcuni quotidiani davano grande risalto al contenuto dell’esposto con cui il Movimento Solidarietà aveva fatto avviare l’inchiesta.

“Noi non crediamo alle battaglie politiche per vie giudiziarie”, ha aggiunto Raimondi, che ha proseguito: “La nostra iniziativa è stata concepita per organizzare e stimolare la riscossa di tutte le forze che si oppongono alla politica di distruzione dell’economia nazionale imposta dal FMI, da Maastricht e dai mercati finanziari guidati da Londra”.

Come Solidarietà ha riferito più volte, l’esposto presentato da Raimondi e Claudio Ciccanti (segretario del Movimento Solidarietà) chiede di verificare se l’attacco alla Lira del settembre 1992, che fece uscire la nostra moneta dal Sistema Monetario Europeo svalutandola del 30%, facesse parte della stessa strategia discussa sulla riunione del “Britannia” il 2 giugno dello stesso anno. Sul Britannia erano infatti riuniti i principali banchieri della City per conto dei quali George Soros condusse la speculazione contro la Lira. Alcuni di loro poi parteciparono alla grande svendita chiamata privatizzazione, chi direttamente chi in consorzio con altri alleati della City. Nell’esposto si chiede di appurare se Soros, nel suo attacco alla Lira, abbia goduto di notizie riservate di fonte italiana. Rimane infatti un mistero il comportamento delle nostre autorità monetarie che, sapendo già dal maggio precedente di non poter reggere all’attacco speculativo, riversarono nell’inutile difesa della Lira 48 miliardi di dollari per poi capitolare. Invece, quel comportamento fece guadagnare a Soros 280 milioni di dollari in una settimana e forse molto di più. La perdita secca per le casse della banca centrale, che ha dovuto riacquistare le riserve di valuta a Lira deprezzata, è stata calcolata in circa 15 mila miliardi di Lire, una mini-finanziaria.

L’accusa di complicità sembra concretizzarsi già nella prima fase dell’inchiesta (che procede a Napoli e Roma, mentre Firenze e Milano si sono fatti da parte per motivi diversi), almeno nei confronti di uno dei timonieri della Lira nel settembre 1992, Piero Barucci, allora ministro del Tesoro e membro della “Banda dei cinque” che controllava la politica monetaria (gli altri erano l’allora capo del governo Giuliano Amato, l’allora e attuale Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi, l’allora governatore di Bankitalia e attuale superministro dell’Economia Carlo Azeglio Ciampi e l’allora Direttore di Bankitalia e attuale ministro degli Esteri Lamberto Dini).

Infatti, come ha rivelato il Corriere della Sera in un ampio servizio del 27 gennaio, dedicato all’inchiesta sollecitata dal Movimento Solidarietà, Barucci è oggi presidente della AFV, una società di intermediazione finanziaria (sim). Il guaio dell’AFV non è solo che essa svolge attività speculativa, ma che la lettera “F” sta per Alberto Foglia, fondatore della AFV e nientepopodimenoche presidente del consiglio di amministrazione del Quantum Fund di George Soros!

Lo stesso quotidiano di via Solferino sottolinea la precaria posizione di Barucci quando, nel riferire il testo dell’esposto (vedi riquadro), elenca i nomi di consiglieri del fondo di Soros e nota che Alberto Foglia è “partner nella Sim ora presieduta da Barucci”. Naturalmente, dato che le indagini, proprio per la loro serietà, sono coperte dal massimo riserbo, non è dato sapere di più. Ma non è difficile immaginare lo stato di disagio in cui si trovano attualmente il Barucci e il resto della Banda dei Cinque, indicato dal modo in cui si è verificata una prima, agitata reazione alle “cattive” notizie giudiziarie.
Ciampi scende in campo

In una evidente contromossa, i protagonisti del Settembre Nero della Lira hanno anticipato la “loro” versione dei fatti. Come se avesse letto in anticipo il servizio che doveva uscire l’indomani, domenica 26 gennaio, Ciampi si è sentito in dovere di spiegare il comportamento della Banca d’Italia in quella crisi. Si badi bene: finora, dopo quattro anni e mezzo, Ciampi non aveva speso una parola sull’argomento.

Parlando ad una riunione degli operatori di cambio (quindi tra galantuomini), l’attuale vero capo del governo Prodi ha dapprima scaricato ogni responsabilità: egli non fece che obbedire agli ordini del governo. “Le decisioni sulle parità delle monete sono sempre e da sempre di competenza dell’esecutivo.” Poi Ciampi è passato all’offensiva. La crisi della Lira, a suo avviso, è stata positiva perché “l’atmosfera di dramma” che l’accompagnò permise “l’adozione di quelle rilevanti misure di correzione di bilancio che il governo aveva invano cercato di varare prima”. In altre parole, la battaglia persa contro la speculazione fu lo shock necessario a fare accettare agli italiani quattro anni di stangate che non sono altro che trasferimenti netti di risorse a favore della rendita finanziaria.

Ma Ciampi si spinge oltre: il 31 luglio, quando la Lira era già sottoposta a una pressione speculativa (e la Banda dei Cinque sapeva che non avrebbe retto), Amato era riuscito a strappare ai sindacati il famoso accordo salariale giustificandolo tra l’altro con la necessità di rimanere nel Sistema Monetario Europeo e quindi di combattere l’inflazione. “Amato racconta Ciampi riuscì nell’intento perché voleva tenere il cambio: Se avesse detto `io domani svaluto’, l’intesa non la faceva”. Avete capito bene: Ciampi si fa bello per non aver concesso gli aumenti salariali e per aver invece regalato 15 mila miliardi a Soros attraverso la manovra speculativa!

Perché poi, sembra proprio che quelle decisioni siano state prese più a Via Nazionale che a Palazzo Chigi. Perlomeno a quanto afferma un testimone dell’epoca, l’allora segretario del PSI Bettino Craxi. Le parole di Craxi vanno prese cum grano salis, tenendo presente la situazione particolare dell’esule di Hammamet; ciononostante, le circostanze riferite sembrano veritiere. Craxi ha scritto una lettera al Corriere, pubblicata con risalto in pagina economica, per dire la sua sui fatti del `92 riferiti nel servizio del 27 gennaio. Amato lo chiamò all’inizio della pressione speculativa, scrive Craxi, per chiedere consiglio su quale linea di condotta tenere. È credibile che Amato, nominato Presidente del Consiglio su indicazione del PSI, si consultasse con il segretario del partito. Craxi avrebbe suggerito di non sprecare risorse e svalutare. Amato evidentemente non tenne conto del consiglio, anche se ritelefonò ad Hammamet per avvisare Craxi dell’imminente svalutazione.

Le circostanze riferite da Craxi descrivono un Presidente del Consiglio in cerca di suggerimenti in una crisi più grande di lui. Amato non emerge certamente come la figura del comandante che dà ordini, tantomeno alla Banca d’Italia, come sostiene Ciampi. È più probabile il contrario: che nel panico di quei giorni, il governo abbia seguito le indicazioni di “chi ne sapeva di più”, e cioè dei grandi sacerdoti della moneta di Via Nazionale.

Un’impressione confermata dalla lettura del libro L’Isola del Tesoro, del summenzionato Piero Barucci. Evidentemente presagendo di essere il primo capro espiatorio quando fosse scoppiata la tempesta, Barucci ha scritto il libro come una difesa in anticipo. Secondo il libro (e anche qui la descrizione sembra credibile), Barucci piomba dall’esterno in una compagine governativa dove comandano altri e lui assiste impotente ad avvenimenti che gli passano sopra la testa. In ogni caso, il cerchio dei sospetti si stringe sempre più attorno a Ciampi e ai suoi uomini.
I sorosiani si scoprono

A giudicare dallo zelo con cui gli stessi media che hanno amplificato le tardive spiegazioni di Ciampi si sono profusi in sospette apologie di George Soros, si deve presumere che, se ricevevano ordini, i ciampisti li ricevevano dal mega speculatore americano o dai suoi padroni inglesi.

L’oscar spetta a La Repubblica (proprietario Carlo De Benedetti, che fece incontrare Soros e Di Pietro) che, in un sol giorno, il 31 gennaio, ha pubblicato tre articoli, in tre pagine diverse, in difesa della Banda dei Cinque e di George Soros. Prima, un grosso servizio intitolato “Craxi-Ciampi, è polemica sulla svalutazione del `92”, in cui ampio spazio viene concesso alle argomentazioni di Ciampi sopra riferite. Nella sezione culturale, un’intera pagina viene dedicata a George Soros, dipinto come un genio che dispensa saggezza filosofica sui mali del… libero mercato. L’autore è il noto scrittore latinamericano Vargas Losa, che come Soros è a favore della legalizzazione della droga. Dimostrando una illimitata fiducia nella imbecillità dei suoi lettori, dipinge Soros come un interprete della dottrina sociale della Chiesa.

In pagina editoriale, l’apologia del genio economico di Soros viene affidata a Giorgio Ruffolo, veterano esponente della sinistra tecnocratica italiana. Ruffolo tratta Soros come un “pentito” della speculazione a cui occorre prestare ascolto perché sa quel che dice. Fa finta di trattare Soros oggettivamente, ma una settimana dopo Ruffolo ha partecipato a Bruxelles ad una conferenza organizzata, finanziata e presieduta proprio da Soros, che ha riunito un gruppo di intellettuali europei. Scopo della conferenza, lanciare la campagna per una “società aperta” nell’Europa occidentale, sulla scorta delle esperienze svolte da Soros nell’Est Europa, con l’obiettivo di varare nel 1988 un’assemblea costituente europea. Non ci interessa sapere se i partecipanti all’iniziativa abbiano ricevuto il solito “rimborso spese” della serie Nomisma, ma piuttosto far capire al lettore l’esistenza di collegamenti e disegni politici che a definire “complotto” si pecca di modestia.

Nell’articolo di Repubblica Ruffolo prende per buona la versione sorosiana dei fatti del `92, con la quale esordisce: “Ebbi il primo segnale – dice Soros nella sua autobiografia – di una crisi imminente della sterlina da un discorso del presidente della Bundesbank, Schlesinger.” Dopodiché Soros avvicinò Schlesinger e “capii immediatamente che cosa voleva dirmi. Era un incoraggiamento a vendere la lira italiana”. Più in là, Soros rincara la dose: “Abbiamo eseguito gli ordini del nostro maestro, la Bundesbank”. La sua teoria è confutata come minimo dal fatto che la Bundesbank ha speso almeno 60 miliardi di marchi per difendere le monete dello SME, principalmente il franco francese.
Le provocazioni del Financial Times

Come afferma Raimondi nell’intervista citata all’inizio, l’Italia è vittima di una politica economica distruttiva di cui Soros e la Banda dei Cinque sono rappresentanti. Questa politica oggi prende il nome di “Maastricht”, anche se non si tratta altro che della vecchia politica del Fondo Monetario Internazionale. La beffa è che, benché la politica di Maastricht sia stata congegnata per distruggere gli stati nazionali, con la Germania come obiettivo principale, il fatto che i primi della classe nell’adottare la politica di bilancio per raggiungere i famigerati parametri siano i tedeschi si presta a manipolare i meno fortunati, come l’Italia, contro la Germania. Abbiamo visto con quale disinvoltura Soros e i suoi cortigiani italiani addirittura accusano la Bundesbank della speculazione contro la lira, senza tema di essere ridicolizzati. Così, alla fine di gennaio, il Financial Times, il principale organo dei padroni di Soros nella City di Londra, è riuscito quasi ad innescare una crisi tra Roma e Bonn inventandosi l’esistenza di un piano segreto tedesco per tenere fuori l’Italia dalla moneta unica.

L’articolo del Financial Times è stato il segnale per una rinnovata campagna internazionale contro la Germania che viene dipinta come il Quarto Reich. Questa è la stessa identica campagna lanciata nel 1989 dalla premier inglese Margaret Thatcher, con cui fu estorta alla Germania la tacita promessa di farsi promotrice della politica di Maastricht in cambio del “nulla osta” per la riunificazione tedesca. Il ricatto ha effetto sui due versanti: contro la Germania, costretta a fare la prima della classe, e contro gli altri che ne sono gelosi.

La provocazione è stata poi rilanciata domenica 9 gennaio da Beniamino Andreatta, in un’intervista al Corriere, dove l’attuale ministro della Difesa accusa la Bundesbank di avere condotto nel passato operazioni di aggiotaggio contro la lira. Da quale pulpito: proprio Andreatta era a bordo del Britannia il 2 giugno 1992, quando si complottò la privatizzazione delle aziende a partecipazione statale assieme ai protagonisti del successivo assalto contro la lira. In una dichiarazione pubblicata sullo Strategic Alert dell’EIR, Paolo Raimondi ricorda che nel 1992, il gioco politico della City e dei suoi alleati fu quello di utilizzare speculatori di grido come Soros per far saltare il Sistema Monetario Europeo e soprattutto di minare un possibile orientamento unitario dell’Europa continentale verso la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali conosciuti come il Triangolo Produttivo e anche come “Piano Delors”. Con la vittoria geopolitica britannica, dichiara Raimondi, “abbiamo avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell’economia produttiva e l’esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia di destabilizzazione riparte oggi, quando l’Europa continentale viene nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del Ponte di Sviluppo Eurasiatico, la Nuova Via della Seta, che dalla Cina, attraversando l’intera Asia, unisce le nazioni e i popoli fino all’Atlantico, in un grandioso programma di sviluppo e crescita tecnologica e industriale.”

[Solidarietà, anno IV n.1, febbraio 1996]

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