Con 23.373 clandestini sbarcati tra inizio anno e ieri contro i 7.035 dello stesso periodo dell’anno scorso Conte e Lamorgese (che in agosto definirono “inaccettabili” gli sbarchi annunciando che saremmo stati “duri e inflessibili”) hanno quasi quadruplicato i flussi in soli 12 mesi di governo, superando a settembre persino il numero di clandestini sbarcati nell’intero 2018 che si fermò a 23.370.
Una “competizione” in cui il governo non è più in gara con Matteo Salvini ma con sé stessi. Fermi a circa 4mila sbarchi all’inizio della crisi del governo giallo-verde nell’agosto 2019, i flussi migratori illegali cominciarono subito a registrare forti incrementi per poi esplodere dopo il 5 settembre, quando il leader della Lega lasciò a Lamorgese il Viminale.
Da allora i numeri sono cresciuti rapidamente fino a raggiungere gli 11.471 di fine 2019, con quasi 7.500 sbarchi negli ultimi quattro mesi dell’anno contro i circa 4nmila dei primi otto mesi dell’anno.
Quest’anno la “performance” del Governo Conte è decisamente più spinta nonostante l‘emergenza Covid giustificherebbe ogni iniziativa di chiusura dei confini che invece restano spalancati a chiunque paghi criminali peer venire in un’Italia in cui lo Stato sembra aver cessato di esercitare le sue prerogative.
I dati del Viminale
I dati diffusi nei giorni scorsi dal Viminale ben illustrano la drammatica situazione nonostante il tentativo di dare ampio risalto alla disponibilità tunisina a incrementare i rimpatri con voli speciali oltre ai due charter settimanali per complessivi 80 clandestini previsti dagli accordi e nonostante l’annuncio che sulla base dell’accordo di Malta proseguono i ricollocamenti di richiedenti asilo in Europa con 60 partenze il 24 settembre verso la Germania e altri 67 il 1° ottobre verso la Francia.
Un supporto marginale quello dell’Europa se si considera che degli oltre 23 mila clandestini sbarcati quest’anno la stragrande maggioranza è priva dei diritti per ottenere l’asilo.
A un anno dagli accordi di Malta sono stati ricollocati 689 richiedenti asilo in altri Paesi europei (814 dal gennaio 2019), di cui 189 dopo il periodo di lockdown. I Paesi in cui è stato effettuato il maggior numero di trasferimenti sono: Francia, con 422 richiedenti asilo (di cui 369 dopo Malta e 62 dopo il lockdown), e Germania, con 246 richiedenti asilo (di cui 238 dopo Malta e 106 dopo la ripresa dei voli charter).
Seguono il Portogallo con 60 trasferimenti, l’Irlanda con 29, il Lussemburgo con 23 e la Spagna con 15. Sono ripresi anche i rimpatri, dopo la sostanziale sospensione nel periodo di lockdown. Dall’inizio dell’anno al 20 settembre sono stati rimpatriati 1.828 clandestini (la media degli anni scorsi era di circa 7mila all’anno) di cui 717 in Tunisia e 384 in Albania; 710 sono i rimpatri effettuati dopo il lockdown.
In particolare, verso la Tunisia sono ripresi, lo scorso 16 luglio, i voli charter bisettimanali: in una prima fase per un numero massimo di 20 espulsi per volo, dal 10 agosto 40 per volo (80 su base settimanale), secondo quanto previsto dagli accordi vigenti con il Paese nordafricano, consentendo l’espulsione di 536 cittadini tunisini su quasi 10 mila sbarcati.
Dati che evidenziano come ricollocamenti e rimpatri col contagocce non potranno mai costituire una risposta al fenomeno dell’immigrazione illegale se non verranno accompagnati da respingimenti immediati di chi arriva sulle nostre ciste ed espulsioni di massa dei clandestini presenti sul territorio nazionale.
Elementi che impattano direttamente sulle nuove regole della Ue sui migranti e sulla modifica ai Decreti Sicurezza di Matteo Salvini in Italia. Novità sul tavolo del dibattito politico a Bruxelles come a Roma non inducono certo all’ottimismo chi auspicava una posizione più ferma a contrasto dei flussi illegali ma non piacciono neppure ai fans dell’immigrazione “senza se e senza ma” che vorrebbero maggiore decisione nell’aprire i porti a tutti.
Superare Dublino, anzi no
“Posso annunciare che aboliremo il regolamento di Dublino e lo rimpiazzeremo con un nuovo sistema europeo di governance delle migrazioni. Avrà strutture comuni per l’asilo e per i rimpatri insieme a un forte meccanismo di solidarietà” aveva detto a metà settembre il presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.
In realtà però il nuovo meccanismo di solidarietà Ue nei confronti dei Paesi di primo arrivo non prevede per ora l’annunciata rimozione degli accordi di Dublino che lasciano agli Stati di primo arrivo (cioè Italia, Grecia e Spagna) l’onere di occuparsi dei clandestini.
“Il Migration Pact si focalizzerà principalmente sui ricollocamenti oppure sulla sponsorizzazione dei rimpatri” ha chiarito la Commissione Europea: di fatto i partner Ue si dovranno fare carico di accogliere chi sbarca nel Sud Europa oppure potrà sostenere finanziariamente i rimpatri di chi non ha diritto all’asilo.
E’ il caso dei partner Ue del Gruppo Visegrad che non accettano di accogliere clandestini e ai quali si vuole attribuire l’onere di occuparsi del rimpatrio di un numero di clandestini analogo a quello di cui hanno rifiutato l’accoglienza con l’impegno a ospitarli se dopo otto mesi non saranno riusciti a rimandarli nei paesi di origine.
Clausola non gradita dal Gruppo di Visegrad proprio a causa delle difficoltà a effettuare i rimpatri in assenza di solidi accordi con i paesi afro-asiatici.
I ricollocamenti dagli Stati di sbarco agli altri partner saranno limitati a quanti hanno diritto all’asilo (quindi quasi nessuno dei 24 mila clandestini sbarcati quest’anno in Italia) mentre i “migranti economici” dovranno venire rimpatriati.
Di fatto quindi l’accordo di Dublino non verrà rimosso e nella pratica i rimpatri resteranno in gran parte inattuati dal momento che sono pochi i paesi di origine dei migranti illegali che hanno accettato di riprendersi i propri connazionali e quelli che hanno stabilito accordi in tal senso prevedono numeri limitati che rendono infinite le operazioni di rimpatrio e spesso inattuabili in caso di fuga dei clandestini dai centri d’accoglienza.
E’ il caso dei tunisini, sbarcati in Italia in quasi 10 mila unità quest’anno dei quali poco più di 700 sono stati rimpatriati.
Come ha detto il ministro Lamorgese i migranti illegali provenienti dalla Libia sbarcati in Italia nel corso dell’anno, sono circa 9.139, pari a circa il 40% dei 23.273 sbarcati alla data del 23 settembre 2020. Il 60% sono arrivati da Tunisia, Algeria e Turchia.
Nonostante queste evidenti limitazioni e difficoltà nell’attuare i rimpatri la Ue sottolinea che continuerà ad avere la priorità di soccorrere in mare i migranti illegali e solo dopo averli fatti sbarcare in Europa verrà effettuata la selezione tra chi ha diritto a restare o meno.
Se il salvataggio in mare è fuori discussione, è evidente che ad esso dovrebbe fare seguito il respingimento immediato nei paesi di imbarco (Libia, Tunisia e Algeria nel caso dei flussi diretti in Italia) con lo scopo di scoraggiare ulteriori partenze e nuove morti in mare.
Invece di stabilire il principio che chi può chiedere asilo lo deve fare attraverso i canali da sempre attivati dagli organismi internazionali, la Ue continua a consentire a chiunque paghi criminali di giungere in Europa.
“L’approccio di base della Commissione von der Leyen è rimasto invariato” – ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orban – “la Ue vorrebbe gestire la migrazione ma la posizione di Budapest resta quella di fermare i migranti. Sono due cose diverse”.
Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovac, ha ribadito che “dal 2015, la posizione del governo ungherese sulla migrazione è stata chiara e immutata. No alla distribuzione obbligatoria dei migranti e protezione delle frontiere esterne. Crediamo che l’Unione Europea e i suoi Stati membri debbano cooperare per mantenere la pressione migratoria al di fuori dei nostri confini.
A tal fine, dovremmo formare alleanze con i Paesi di origine. Crediamo che le frontiere dell’Europa debbano essere protette: dovranno essere istituiti hotspot esterni per trattare le richieste di asilo: dobbiamo garantire che le frontiere esterne dell’UE e dello spazio Schengen rimangano perfettamente sigillate. Il nostro obiettivo è vedere gli Stati membri dell’UE sostenersi a vicenda nel raggiungimento di questi obiettivi”.
Il “Migration Pact” si pone l’obiettivo di migliorare i rapporti con gli Stati extra-Ue pone attraverso aiuti economici e per il controllo e la gestione dei loro confini, sforzi per firmare accordi di rimpatrio con gli Stati d’origine dei migranti, maggiore impegno per perseguire i trafficanti e più controlli anche sanitari sui clandestini in arrivo, il rafforzamento dell’agenzia delle frontiere Frontex, procedure più veloci e standardizzate per la richiesta di asilo politico, ha precisato Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione e commissario per la Promozione dello stile di vita europeo.
Ma è chiaro che su questi punti si sono spese per anni parole invano ed è lecito esprimere dubbi circa la loro reale attuazione ed efficacia.
Meglio quindi non farsi illusioni né circa soluzioni rapide né tanto meno efficaci. Anche perché finora ricollocamenti e redistribuzioni dagli Stati di “prima linea” sono fallite un po’ in tutti gli Sfati e non solo con quelli del Gruppo di Visegrad che si rifiutano di accogliere anche un solo clandestino.
La risposta non è indurre cechi, slovacchi, ungheresi e polacchi a cambiare opinione e diventare “accoglienti” ma è riposta invece nell’opzione contraria e cioè che tutta la Ue rifiuti l’immigrazione illegale attuando respingimenti immediati di chi arriva illegalmente ed espulsioni di massa minacciando di chiudere ogni accesso ai mercati europei a merci, persone e capitali dei paesi che non si riprendono i loro immigrati illegali.
Uno scenario quest’ultimo difficilmente concretizzabile con gli attuali equilibri politici a Bruxelles come in molti singoli Stati dell’Unione ma non sarà possibile neppure obbligare gli Stati che si oppongono all’immigrazione illegale ad aprire le proprie frontiere dal momento che i governi dei paesi del Gruppo di Visegrad hanno negoziato con Berlino il supporto alla Commissione von der Leyen in cambio di una sorta di “non ingerenza” su temi a forte carattere nazionale come quelli migratori.
Il rischio è quindi che annunciando ridistribuzioni la Ue incentivi nuovi flussi migratori di clandestini tesi a raggiungere il Nord Europa.
Una ragione in più per strutturare la risposta alla sfida migratoria a livello nazionale puntando subito a sigillare le frontiere, attuando respingimenti immediati ed espulsioni dei clandestini imposte ai paesi di origine con la minaccia di ritorsioni economiche e commerciali. Opzioni purtroppo opposte a quelle che il governo italiano sembra voler varare.
Cancellare i Decreti Sicurezza
La vocazione “immigrazionista” della Commissione von der Leyen si abbina perfettamente alle iniziative annunciate dal governo italiano che dopo il voto regionale che ha visto il tracollo di M5S sembra dominato dall’egemonia del PD che punta ad attuare, dopo un anno di annunci, il superamento dei decreti Sicurezza messia punto quando al Viminale sedeva Matteo Salvini.
Da quanto annunciato dal ministro Lamorgese verranno abrogate le multe milionarie alle navi delle Ong che entrino senza invito nelle acque italiane.
Misure del resto mai applicate poiché l’attuale governo ha sempre spalancato i porti alle navi delle Ong: emblematico a tal proposito in queste ore il caso della nave Alan Kurdi che mentre dirigeva verso la Corsica in violazione del no francese allo sbarco dei 125 clandestini a bordo, è stata autorizzata da Roma a sbarcarli in Sardegna.
Alla faccia del decreto del 7 aprile scorso col quale quattro ministri del governo italiano (inclusa Lamorgese) chiudevano i porti alle navi delle ong e a tutte le navi che avessero raccolto clandestini fuori dalle acque di competenza italiana per la ricerca e soccorsi.
Il piano del governo prevede di ripristinare la “protezione umanitaria” attribuita per anni dai governi di centro-sinistra ai clandestini che non avevano diritto all’asilo e in gran parte abrogata dai Decreti Sicurezza: una misura che incoraggerà nuovi flussi e porrà per anni sulle spalle dei contribuenti italiani un numero enorme di clandestini.
La bozza prevede la riforma del sistema di accoglienza che torna ad essere diffusa senza che i comuni possano opporsi ad accogliere clandestini sul proprio territorio, con la possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale e la possibilità di convertire il permesso di soggiorno in permesso di lavoro, di fatto equiparando un clandestino a un lavoratore straniero regolare.
Non è un caso che nella bozza del decreto composto da 9 articoli non compaia la parola “sicurezza” nonostante già oggi gli immigrati illegali giunti negli ultimi anni in Italia rappresentino la più seria minaccia alla sicurezza delle nostre città.
Inoltre il nuovo “sistema di accoglienza e integrazione” ricadrà finanziariamente sulle casse dello Stato nel momento di più grave crisi economica e sociale dell’Italia e dell’Europa contemporanea e produrrà benefici solo ai clandestini e alla pletora di coop ed enti della “lobby dell’accoglienza” che dal 2013 si sono già spartiti una torta di circa 20 miliardi di euro.