La beata Katharina Emmerich (1774-1824) riteneva, in base alle sue visioni, che l’umanità stesse entrando nell’èra del diavolo; a lungo, però, il diavolo ha giocato a nascondino con gli uomini, seguendo la strategia intuita da Baudelaire, quella di far credere ad essi che egli non esiste: ora, però, qualcosa è cambiato e i tempi, evidentemente, sono maturi perché egli getti l’ultima maschera e cominci a mostrarsi apertamente, beffardamente, senza più nascondersi, anzi, ostentando con protervia la sua presenza inquietante.
Non stiamo parlando, è ovvio, del diavolo in se stesso, il cui vero volto nessuno conosce, anche perché, se qualcuno lo conoscesse, ne morrebbe di spavento; stiamo parlando delle azioni dei suoi seguaci, quelli consapevoli e quelli inconsapevoli, dei suoi servi sciocchi (sono tutti sciocchi, perché chiunque si mette a servire il grande ingannatore, non può che restare beffato, oltre a perdere la propria anima) e della loro recente sfacciataggine, palese nella sicumera che li spinge a mostrare alla luce del sole quel che stanno facendo, e per conto di chi. Sono ormai talmente sicuri di aver vinto la partita (poveri sciocchi: non sanno di averla persa comunque, loro, e fin dall’inizio) che non temono le conseguenze di una simile audacia; non hanno più paura di niente di nessuno. In parte, contano sul processo di assuefazione degli uomini alle cose più turpi e più inverosimili, processo che è stato scientificamente studiato e calcolato, poi messo in atto mediante l’azione congiunta e concentrica di tutti i mass media del pianeta, asserviti, in un modo nell’altro, al grande disegno diabolico (vedi la “finestra di Overton”); in parte ritengono che ben poche persone possiedano sufficiente autonomia di giudizio e spirito critico, e sufficiente senso morale, per capire davvero quel che significano le loro opere. Tuttavia ritengono di non correre alcun rischio, perché quei pochi non verrebbero creduti, mentre loro godono di aderenze, sostegni e protezioni a tutti i livelli del potere: politico, economico, finanziario, giudiziario, militare e poliziesco.
Abbiamo parlato, a suo tempo, della orribile cerimonia di inaugurazione della Galleria del San Gottardo, in Svizzera, alla presenza di alcuni importanti capi di Stato e di governo (Merkel, Hollande, Renzi), che hanno assistito impassibili a una interminabile sfilata di figure sataniche e alle impressionanti, costosissime coreografie, con centinaia e centinaia di figuranti, e ciò nel pieno di una crisi economica senza precedenti, che ha ridotto alla miseria milioni di cittadini di quei Paesi, facendo loro perdere il lavoro e spingendone diversi alla disperazione e al suicidio: una crisi davanti alla quale i governi non dispongono di denaro per sostenere neppure le famiglie più bisognose e più colpite (cfr. i nostri articoli: Hanno scelto il Diavolo per patrono e vogliono imporlo anche a noi, pubblicato su Il Corriere delle Regioni il 07/06/2016; e Stanno cominciando a scoprire la maschera. Quella del Diavolo, loro patrono, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 06/11/2016). Tuttavia, se la vecchia Europa non era ancora abituata a certi scenari e a certi spettacoli, nella giovane America è da tempo che gli “illuminati” stanno perseguendo la politica di cominciare a mostrarsi apertamente, per dare prova della loro sicumera e per ostentare la certezza nella loro prossima, totale vittoria.
Denver: una interminabile sfilata di figure sataniche
Gli americani, date le immense distanze che esistono nel loro Paese e la mobilità cui sono abituati per ragioni lavorative, viaggiano molto con l’aereo; ma c’è un aeroporto nel quale non fanno mai scalo volentieri, benché sia il più grande di tutti gli Stati Uniti: quello di Denver, la capitale del Colorado, sulle pendici delle Montagne Rocciose. Le ragioni del loro scarsissimo entusiasmo nel servirsi dell’aeroporto internazionale di Denver sono di varia natura. In primo luogo, tecniche: esso si trova in una zona estremamente ventosa, e sono frequenti gli annullamenti dei voli, dovuti alle proibitive condizioni atmosferiche. Poi, ragioni psicologiche: si tratta di un luogo semplicemente inquietante. Corridoi ciechi, cartelli indicatori che si contraddicono, posti di controllo non operativi. Ma la cosa più inquietante di tutte sono gli enormi murales che decorano, si fa per dire, le pareti dei vastissimi locali. Dire che sono brutti sarebbe un eufemismo; a parte la bruttezza dei soggetti e la discutibile perizia dell’artista, Leo Tanguma, quel che appare evidente, anche se il significato complessivo resta enigmatico, è che si tratta di pitture che alludono a qualcosa di molto, molto negativo; qualcosa che sarebbe difficile esprimere a parole, e che sembra uscito dai racconti del terrore soprannaturale di H. P. Lovecraft o dalla fantasia di qualche regista di film di fantascienza, quelli nei quali gli “incontri ravvicinati del quarto tipo” approdano alla cattura degli esseri umani da parte delle creature aliene e al loro utilizzo quali cavie da laboratorio per chissà quali spaventosi esperimenti. A tutto ciò si aggiunga l’estrema crudezza delle immagini, l’ambiguità e la violenza di molte scene e figure, il senso di oppressione e di compiacimento satanico che promana sia dai dettagli, sia dall’insieme: e si avrà un quadro abbastanza significativo di ciò che quegli affreschi rappresentano per l’ignaro e sconcertato viaggiatore, costretto a passare davanti ad essi e a contemplarli in tutto il loro sinistro e perverso orrore.
Ecco come li descrive David Icke nel suo libro Il risveglio del leone (titolo originale: Human Race Get off Your Knees. The Lions Sleeps No More, 210; traduzione dall’inglese di Luisa Natalia Moti, Cesena, Macro Edizioni, 2011, pp. 333-334):
[…] il sinistro aeroporto di Denver, in Colorado […], secondo gli studiosi fungerebbe da copertura per una base sotterranea. L’aeroporto è adornato da simboli massonici, gargoyl rettiliani e orribili murales che raffigurano l’umanità soggiogata dal male. Uno di questi, assai grottesco, mostra anche delle figure femminili adagiate in tre bare. Ci sono una bambina ebrea, una nativa americana e una donna di colore. Un’altra ragazza tiene tra le mani una tavoletta maya che narra la distruzione della civiltà. Un personaggio imponente, descritto dallo studioso Alex Christopher come “un Darth Vader Verde” [un personaggio immaginario, dall’aspetto molto sinistro, della saga cinematografica di “Star Wars”, creata dal regista George Lucas] sovrasta una città distrutta e ha una spada in mano, mentre accanto ci sono donne che camminano lungo una strada tenendo in braccio bambini morti. Sono raffigurati anche i bambini di tutto il mondo che prendono le armi di ogni nazione e le porgono ad un bimbo dalle fattezze tedesche, che ha un pugno di ferro e un martello fra le mani. Phil Schneider, figlio di un comandante di sommergibili tedesco [in realtà, statunitense]durante la Seconda guerra mondiale, disse che gli era stata commissionata la costrizione di svariate basi sotterranee negli Stati Uniti. Quando iniziò a parlare pubblicamente della rete di basi sotterranee, città e tunnel in tutti gli USA, io seguii alcune delle sue conferenze in video. In seguito egli morì in circostanze alquanto sospette, definite “suicidio”. Schneider aveva detto che l’Aeroporto di Denver era collegato a una profondissima base sotterranea costituita da almeno otto piani, che comprendeva una città sotterranea di 4,5 miglia quadrate e una base sconfinata.
Lasciamo perdere in questa sede, il discorso sulle presunte città sotterranee e sui loro ipotetici abitanti, alieni dalle parvenze rettiliane che si servono di esseri umani come di schiavi, oltre che come cavie da esperimento: certe esagerazioni truculente potrebbero avere a che fare con precise tecniche per screditare anche la parte plausibile di determinate rivelazioni. Notiamo, fra parentesi, che Phil Schneider, un geologo e ingegnere statunitense che sosteneva d’aver progettato una serie di basi sotterranee su richiesta delle autorità del suo Paese, è stato effettivamente trovato morto poco dopo aver divulgato i suoi segreti, fra i quali un trattato sottoscritto fra alieni “grigi” ed umani nel 1954, e una vera battaglia svoltasi fra di loro nella base di Dulce, nel New Mexico, nel 1979, alla quale lui stesso sarebbe fortunosamente sopravvissuto. La causa della sua morte, avvenuta il 17 gennaio 1996, è stata lo strangolamento effettuato col catetere che era costretto a usare: e questo è un fatto, non una congettura. Lasciamo perdere, dunque, le basi sotterranee, che certamente esistono, con tutta una complessa rete di tunnel e gallerie realizzate mediante una tecnologia sorprendente, ed i loro inquietanti abitanti, sui quali preferiamo sospendere il giudizio (sarebbe, infatti, sbagliato sia accettare quei racconti, sia liquidarli senza verifica, così, per partito preso); e limitiamoci alla descrizione degli affreschi dell’aeroporto di Denver.
Qui siamo sul solido terreno dei fatti, anche se la loro interpretazione può essere estremamente varia. Che quelle immagini siano piene di simboli massonici, è impossibile negarlo; così come è innegabile che esse provochino, nello spettatore, emozioni e sentimenti tutt’altro che positivi. Chi li ha concepiti, dunque, sapeva quel che faceva e non temeva eventuali reazioni negative: diversamente da quel che accade di solito, le pubbliche autorità hanno voluto “decorare” ampie superfici di un grande aeroporto, sotto gli sguardi di milioni di persone provenienti da tutto il mondo, con figure spaventose e allucinanti, che evocano scenari da incubo. Perché lo hanno fatto? A quale scopo, con quali intenzioni? I quattro grandi murales dell’artista Leo Tanguma s’intitolano: The Children of the World Dream of Peace. In teoria, il pittore ha voluto rappresentare le distruzioni causate dalle guerre e la speranza in un mondo nuovo, di pace e fratellanza tra i popoli. In pratica, ciò che ha fatto ispira sensazioni ben diverse: non il soffio della speranza, ma una stretta al cuore, come quando un denso banco di nubi nasconde il sole all’improvviso e la tiepida giornata di primavera diventa bruscamente fredda.
Fuori dell’aeroporto, in un prato, s’impenna la gigantesca scultura d’un cavallo imbizzarrito, di colore blu, alta circa 10 metri: la posa dell’animale scalpitante, gli occhi infuocati e lo sguardo terribile, demoniaco, non hanno nulla di “normale”, pur tenendo conto che molte espressioni dell’arte moderna tendono a infischiarsene di quel che pensa il pubblico dei normali canoni estetici. Qui vi è palesemente dell’altro: qui traspare la volontà non solo di stupire, ma d’incutere sconcerto, se non paura: di lanciare una sfida, di ammonire e, forse, minacciare. Ma chi, e perché? Questi è uno dei quattro cavalli dell’Apocalisse, che recano terrore, rovina e morte? Se è il simbolo di qualcosa, se annuncia qualcosa, non si tratta certo di qualcosa di lieto e di rasserenante.
A tutto ciò si aggiunga, per completare il quadro delle stranezze, se così vogliamo chiamarle, che a Denver esisteva già un ottimo aeroporto, perfettamente funzionante, quello di Stapleton, attivo fino al 1995. In quell’anno “qualcuno” decise di chiudere la struttura esistente e di costruirne una nuova di zecca, su di un’area molto più vasta, addirittura enorme (140 kmq.); anche se poi, a conti fatti, è risultato che il nuovo aeroporto è più piccolo del precedente, ha una minor superficie di piste di atterraggio, ma la stranezza viene spiegata con il fatto che si è voluto tener conto della possibilità di ulteriori, successivi ampliamenti. Le spese per realizzare quest’opera mastodontica sono lievitate da 1,7 miliardi a 4,8 miliardi di dollari (non solo in Italia un’opera pubblica viene a costare tre volte più del previsto), una cifra veramente folle: quasi 5 miliardi di dollari sono qualcosa che si fa fatica persino a immaginare, e che i bilanci di molti Stati del mondo possono permettersi di vedere solamente in sogno. E tutto questo a che scopo, dal momento che, ripetiamo, la città di Denver e l’area delle Montagne Rocciose erano già servite da un ottimo aeroporto, che non aveva mai creato problemi di sorta, mentre la struttura attuale è fin troppo nota per i continui disservizi che provoca ai viaggiatori? E non abbiamo ancora finito l’elenco delle cose misteriose e inquietanti. La prima pietra dell’immenso edificio, o complesso di edifici, la cosiddetta “pietra angolare”, che si trova nella Grande Sala (un nome massonico), reca un’iscrizione massonica e una effigie della squadra e del compasso. Una iscrizione spiega che essa custodisce una “capsula del tempo” contenente messaggi per i cittadini del Colorado, che potranno essere resi noti solo a partire dal 2094. Sul pavimento dell’atrio, fa bella mostra di sé una targa recante un’iscrizione indecifrabile, contrassegnata dai caratteri Au-Ag, che nessuno sa esattamente come interpretare. C’è chi pensa che alluda a una epidemia che decimerà la popolazione mondiale nel prossimo futuro.
Che cosa significa il nuovo aeroporto internazionale di Denver? È un tempio del Male, eretto in onore dl Nuovo Ordine Mondiale? Che l’opera sia “firmata” dalla Massoneria, è un fatto. Ma si tratta solo di questo? E che cos’è la Massoneria, a questo punto? Perché sappiamo che, dietro questo nome, si celano logge e orientamenti ben differenziati. Chi o che cosa c’è dietro la particolare Massoneria che ha voluto creare dal nulla un’opera di questo genere, in maniera assolutamente illogica, almeno stando a quel che è dato di vedere e capire? Una cosa è certa: gli “illuminati”, con simili decisioni, stanno venendo allo scoperto. Hanno deciso di mostrarsi. Ora sta a noi vedere, tirar le conclusioni e fare una scelta. Inoltre, dobbiamo pregare molto e indossare l’armatura della fede, come dice san Paolo. Il guanto della sfida è gettato. Se non altro, la battaglia finale sarà combattuta a viso aperto…
Francesco Lamendola
Già pubblicato il 26 Marzo 2017