lunedì 25 marzo 2019

LITURGIA DI OGGI



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  
  



  PRIMA LETTURA 

Is 7,10-14; 8,10
Dal libro del profeta Isaìa

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto».
Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore».
Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi».


  SALMO  

Sal 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.

Non ho nascosto la tua giustizia
dentro il mio cuore,
la tua verità e la tua salvezza
ho proclamato.


 SECONDA LETTURA 

Eb 10,4-10
Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.


 VANGELO 

Lc 1,26-38
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

sabato 23 marzo 2019

Dalla parte dei Giubbotti Gialli: quello che i media occidentali non dicono



Disclaimer: se pensate che Soros/la Russia /l’America /gli Illuminati sia dietro ai Giubbotti Gialli o qualche altra sciocchezza del genere, allora fermatevi qui. Questo articolo non fa per voi. I video dei gatti su YouTube sono forse più appropriati.

Mentre le proteste dei Giubbotti Gialli (Gilets Jaunes) erano iniziate, in realtà, il 17.11.18, penso che la maggior parte della gente sappia che la frustrazione nei confronti del governo era andata accumulandosi già da molti, molti anni. Sarkozy, in questo, aveva sicuramente avuto un ruolo importante. Le crisi radicate non erano state risolte, mentre i conti bancari nei paradisi fiscali si rimpinguavano. Senza voler dedicare eccessivo spazio ai singoli dettagli di ogni governo francese dai tempi dei grandi disordini del 1968 in poi, penso che sia più facile partire dal fatto che la Francia è stata, in pratica, occupata dall’America per decenni. Personalmente, questo mi aiuta a spiegare molte cose.
In Russia esiste la parola “народ”. La traduzione più fedele è “nazione”, ma, in realtà, non ne rendo appieno il significato. Stiamo parlando di rapporti fraterni fra popoli che sono indistinguibili l’uno dall’altro. Ed è comprensibile perché questo concetto non esiste in Occidente. O almeno, io non l’ho mai visto. Quando l’America era sbarcata sulla spiaggia di Omaha [in Normandia] nel 1944, sicuramente non le stavano a cuore i migliori interessi della Francia. E la rapida formazione della NATO, nel 1949, lo testimonia. L’America era riuscita a creare un blocco di alleanze in sincronia con il ritiro dell’URSS dall’Europa (a proposito, parlare di “occupazione sovietica” è una volgare propaganda della NATO). Il bombardamento della Normandia da parte dell’aviazione americana era stato un atto di sottomissione nazionale. Esiste anche una guerra psicologica.
Dopotutto, non è un caso che proprio in questo momento il Giappone, nuclearizzato dall’America, sia il paese più indebitato esistente al mondo. L’Africa è un’altra storia: qui le persone sono state private della loro identità e trasformate in braccianti da piantagione robotizzati per l’Occidente “civilizzato”. Questo aiuta a spiegare perché la TV francese trasmette in continuazione film americani, telefilm americani, musica americana, ecc. O almeno lo faceva fino a poco tempo fa. Ho notato che nell’ultimo anno c’è stata una leggera riduzione, tuttavia, [l’influenza americana] è ancora predominante. In TV ci si concentra sulla violenza. I cartoni animati per bambini contengono dosi di aggressività sempre maggiori. Tutto è fatto per creare divisioni e mettere X contro Y. Questo non giova alla Francia o all’Europa, ma va a vantaggio degli USA e del loro progetto UE. Perché? Perché in quale altro modo armamenti american … scusate, della NATO possono essere dislocati sul suolo europeo e puntati sulla Russia? La maggior parte dei Francesi crede che i liberatori della Seconda Guerra Mondiale siano stati gli USA e che nuclearizzare il Giappone fosse giustificato. Anche la TV rafforza in continuazione queste idee.
Se provate a contestare qualcuno che la pensa così, vi troverete davanti alle 3 fasi del rifiuto. L’annessione strisciante della sovranità francese aveva raggiunto l’apice nel 1999, quando l’euro (€) aveva sostituito il franco. Da allora, il tenore di vita è peggiorato. In seguito, i prodotti agricoli francesi sono stati sostituiti, nel loro stesso paese, dall’agricoltura spagnola (la Spagna è attualmente schiava del FMI), tutta basata sui pesticidi. Di conseguenza, i prodotti francesi sono ora molto più costosi. Frutta e verdura? A prezzi da rapina. Purtroppo, i prodotti francesi sono anche una vittima di Bayer/Monsanto (ecco perché i Giubbotti Gialli hanno recentemente attaccato il suo quartier generale).
Tornerò in seguito su questo argomento, ma ho dato un primo esempio delle conseguenze dell’occupazione statunitense. Ha portato qualcosa di buono? Secondo me, no. La vita è diventata dipendente dal credito. Gli annunci automobilistici in TV promuovono il debito a tempo indefinito e stili di vita insostenibili. Uno degli obblighi derivanti dall’occupazione statunitense è stato quello di farsi coinvolgere nelle violazioni del diritto internazionale. La Francia ha svolto un ruolo importante nei bombardamenti sulla Jugoslavia e nel traffico di organi (Bernard Kouchner era pesantemente coinvolto). Ha aiutato a distruggere la regione e a creare illegalmente “l’indipendenza” del Kosovo. La Francia ha aiutato l’America ad invadere l’Afghanistan (l’invasione dell’Iraq non ha ricevuto abbastanza sostegno da parte del pubblico) nell’operazione Enduring Freedom (bel nome, haha). La Francia (Sarkozy) ha aiutato l’America ad utilizzare la Georgia come ariete contro la Russia. La Francia è stata la capofila nella vaporizzazione della Libia. La Francia ha contribuito ad armare i terroristi in Iraq e ad alimentare Al Qaeda, cosa che ha poi portato alla nascita di ISIL/ISIS. La Francia ha aiutato l’AFRICOM a trasferire armi dalla Libia alla Siria. La Francia è permanentemente in Africa, e aiuta il FMI a saccheggiare nazioni sovrane, come il Mali.
La Francia ha aiutato incondizionatamente Al Qaeda/ISIS in Siria e in Iraq attraverso i media e con finanziamenti. La Francia ha aiutato Riyadh a riportare lo Yemen all’età della pietra. La Francia aiuta Israele a massacrare i Palestinesi. La Francia (usando Bernard-Henri Lévy come intermediario) aveva aiutato l’America a rovesciare Yanukovich e a scatenare una guerra civile in Ucraina.
La Francia ha continuato a ripetere a pappagallo la propaganda anti-russa americana su Skripal, MH-17, Crimea, la “collusione” di Trump, ecc. E ora la Francia sta aiutando l’America a mettere in ginocchio il Venezuela. Ne trarrebbe in primo luogo beneficio la Francia o il popolo francese? No? Allora chi ci guadagna? Il FMI. La NATO. Jacob Rothschild (sono “antisemita”, certo). L’apartheid di Israele. Lockheed Martin. Raytheon. Boeing. Goldman Sachs. JP Morgan. Disney. Kelloggs. Qatar. Arabia Saudita. I Banderisti. Wall Street. Soros. Clinton. L’AMERICA.
Ora, dopo aver messo in chiaro questi punti importanti, passiamo all’argomento dei Giubbotti Gialli. La scintilla iniziale delle proteste è stata la legge di El Khomri, che, in pratica, ha privato i lavoratori dipendenti dei loro diritti. Per avere più informazioni, leggete qui. E indovinate cosa? Sì, il 15 marzo l’UE ha condannato questa legge. Diciotto settimane di proteste avrebbero potuto essere evitate se non fosse passata questa stupida legge globalista. Ma no, dare ai lavoratori una giusta retribuzione per il loro lavoro non rimpinza i conti nei paradisi fiscali.
L’altro scandalo che aveva fatto infuriare la gente era stato l’affare Benalla, nel luglio 2018. Riassunto: Alexandre Benalla, il miglior amico di Macron (alcuni dicono il suo fidanzato) aveva violato la legge e aveva aggredito un manifestante [durante le celebrazioni] del Primo Maggio. Aveva nuovamente infranto la legge usando dei passaporti diplomatici. Questo particolare scandalo non finisce mai e, come si prevedeva, non è arrivata ancora nessuna condanna. I media hanno persino provato ad incolpare la Russia. Tuttavia, quando un Giubbotto Giallo (un pugile) agisce per autodifesa contro l’iperaggressiva polizia antisommossa, viene immediatamente condannato al carcere.
Il punto di svolta era stata la tassa sui carburanti al 23%, che Macron voleva far scattare all’inizio del 2019. Questo aveva provocato, nel novembre 2018, la mobilitazione di oltre 300.000 manifestanti, nota anche come Atto 1 dei Giubbotti Gialli. Il governo non aveva risposto e aveva fatto finta che non fosse successo nulla.
Così era andato in scena l’Atto 2, ancora più violento. Ma, di nuovo, non c’era stata nessuna reazione da parte di Macron. C’era stato l’Atto 3, e allora Macron aveva bluffato: aveva affermato che l’aumento della tassa sul carburante sarebbe stato posticipato. Poi, un po ‘più tardi, aveva annunciato che sarebbe stata completamente abolita (una manovra, perchè dall’inizio del 2019 aveva iniziato a parlare a favore di una “carbon tax”). È stato solo dopo l’Atto 4 che Macron si è mosso. Ma tutto ciò che ha fatto è stato aumentare il salario minimo di soli € 100. Ironia della sorte, era diventato il discorso politico più visto nella storia di Francia. I Giubbotti Gialli, dopo aver scosso il capo, avevano continuato a protestare.
Prima dell’Atto 5 c’era stato l‘”attacco terroristico” di Strasburgo. Uso le virgolette perché credo che sia stato orchestrato dal governo per cercare di porre fine alle proteste. Macron aveva lasciato che il perpetratore (che era noto alla polizia) se ne andasse in giro, completamente libero, PRIMA DELL’ATTACCO, quando esisteva la possibilità di detenerlo. Inoltre, era stato incarcerato più volte e aveva oltre 30 reati penali a suo carico. Un innocente “attacco terroristico” non lo era proprio. Gli Atti 6 e 7 erano stati abbastanza tranquilli e, a questo punto, Macron aveva pensato di essere riuscito a sedare il movimento. Poi c’era stato lo scandalo del pugile del decimo atto, su cui i media avevano battuto fino all’inverosimile.
Dopo l’Atto 9, Macron aveva annunciato l’inizio del patetico “grande dibattito”, che è finito per durare un mese. Lo scopo? Guadagnare tempo e sperare che il sostegno ai Giubbotti Gialli venisse meno. I canali televisivi di propaganda hanno venduto questo “dibattito”, ora terminato, come “una nuova fase della democrazia.” In realtà, si era trattato di una ripetizione della campagna elettorale di Macron e, contemporaneamente, della sua campagna per le elezioni europee di maggio. Una sorta di PR o [piuttoso] un monologo.
L’atto 10 si era svolto in modo relativamente calmo. Poi, durante l’Atto 11, gli sgherri di Macron avevano sparato una “flashball” [proiettile di gomma] sul volto di un importante rappresentante dei GG, Jérôme Rodrigues. Tutte le testimonianze e le prove dimostrano che si era trattato di un atto deliberato. Come conseguenza, Jérôme ha perso l’uso dell’occhio destro.
L’Atto 12 ha riguardato principalmente la condanna della violenza della polizia ed è stato dedicato a Jérôme. L’Atto 13 ha visto la mano di un Giubbotto Giallo spappolata da un candelotto lacrimogeno. I media non hanno mai detto alla gente che queste granate a dispersione sono caricate con TNT. Non hanno mai mostrato il filmato e hanno definito l’incidente una “lesione minore,” accusando persino il manifestante di essersi avvicinato alla granata.
L’Atto 14 era stato quello in cui il ratto sionista Alain Finkielkraut aveva ricevuto il “saluto” dei Giubbotti Gialli, dopo di che i media avevano iniziato a gridare senza sosta all’”antisemitismo.” Dopo questo fatto non ho potuto guardare la TV per giorni, il livello di manipolazione sociale faceva venire il vomito. In sostanza, tutti i canali cercavano di dire che tutti i Giubbotti Gialli erano dei sostenitori dell’Olocausto.
Gli Atti 15 e 16 erano stati diversi, nel senso che i Giubbotti Gialli avevano deciso non rendere più note in anticipo le loro proteste e di dar vita manifestazioni anche non autorizzate. Purtroppo, questa tattica non ha avuto molto successo da quando la polizia ha iniziato ad utilizzate tattiche divisorie ed è riuscita a contenere e a paralizzare i Giubbotti Gialli. Sembravano quasi pecore che venivano radunate nelle strade dalla polizia.

L’atto 17 avrebbe dovuto essere un sit-in di 3 giorni a Parigi. Purtroppo, il venerdì la polizia aveva già sventato i piani e aveva impedito la creazione di una tendopoli sotto la Torre Eiffel. La marcia del sabato seguente è stata fermata abbastanza facilmente dalla polizia (ero con i Giubbotti Gialli quando erano stati bloccati dai CRS [Compagnie républicaine de sécurité ]).
Questo, in realtà, è stato un aspetto positivo perché ha fatto ritornare Giubbotti Gialli alle origini, quando avevano molto più impatto. Si è capito che il formato delle proteste doveva cambiare, poiché era diventato vecchio e facile per la polizia da anticipare. Il piano iniziale per l’Atto 18 era quello di circondare il Palazzo dell’Eliseo da 4 direzioni con una mobilitazione di massa.
All’ultimo minuto (le 10 di sabato mattina), Macron era stato colto di sorpresa perchè tutti i Giubbotti Gialli si erano riuniti sugli Champs Elysees. Conoscete il resto: la protesta più violenta dagli Atti 1 e 2. Per ulteriori informazioni guardate il mio album su Facebook:
Ora che ho fatto una cronologia di base (ho solo menzionato gli eventi più importanti, la maggior parte verificatisi a Parigi), risponderò ora ad alcune domande che mi sono posto da solo e poi dirò che cosa ne penso di tutto questo.
Domanda: “Quante persone si sono presentate per l’Atto 18 a Parigi?”
La mia risposta: non lo so esattamente, ma è stato simile agli Atti 1 e 2, quindi almeno 10.000. Il sindacato di polizia parla di 290.000 persone che hanno protestato in tutto il paese, mentre quel propagandista del Ministero dell’Interno dice 14.000 (haha). La polizia antisommossa (CRS) non aveva comunque nessuna possibilità, la rabbia dei Giubbotti Gialli era come un vulcano in eruzione.
Domanda: “Per quanto ne sai, è successo anche in altre città francesi?”
La mia risposta: è successo in tutte le città più importanti. A Tolosa c’è sempre una grande partecipazione, così come a Nantes. C’è stato anche il blocco delle strade a pedaggio, delle rotatorie, degli accessi agli aeroporti, ecc.
Domanda: “Perché non se parla affatto in tutti i notiziari statunitensi?”
La mia risposta: perché mette a nudo la truffa della “democrazia” e ai “partner,” come l’Ucraina, mette addosso una fifa blu, dal momento che si rendono conto che è la loro gola quella che gli Anglosassoni taglieranno subito dopo.
Domanda: “Hai notato qualche grado di organizzazione tra i manifestanti o è ancora solo gente che si riunisce, gironzola un po’ e ritorna a casa?”
La mia risposta: c’è un’organizzazione centrale, certo. La polizia fa del suo meglio per mettere trappole, ma i Giubbotti Gialli hanno un sistema di comunicazioni interno. Faccio un esempio: la notte del 15 marzo la polizia pattugliava tutte le autostrade che portano a Parigi. Era stato quindi diramato un importante comunicato tra i Giubbotti Gialli, dando informazioni su quali percorsi si trovasse la polizia e a che ora. Lo stesso per le chiusure delle stazioni della metropolitana.
Domanda: “Credi che ci siano altri gruppi tra i manifestanti che portano più violenza nelle proteste di quanto non succedesse prima? O, in altre parole, i manifestanti sono stati infiltrati al fine di screditarli?”
La mia risposta: per l’Atto 18 c’è stata solidarietà. Ma per i primi atti i Giubbotti Gialli non erano troppo a loro agio con i “Black Block” presenti, perché non volevano essere etichettati dai media come distruttori/teppisti. Ma i GG hanno imparato presto che i media li demonizzano comunque, anche se sono pacifici, quindi è meglio non stare al gioco di Macron. Ci sono state volte in cui i poliziotti hanno indossato il giubbotto giallo e hanno finto di essere dei manifestanti. In giro ci sono anche poliziotti in borghese. Inoltre, ci sono poliziotti che fingono di essere “Black Block”. Quindi sì, l’infiltrazione c’è. Ma nulla potrebbe fermare quello che è successo il 16. La foto qui sotto, scattata a Parigi da un fotografo della Reuters, è del 16 marzo (Atto 18) e mostra un poliziotto in incognito che indossa un giubbotto giallo.

Domanda: “Qual è la tua stima della percentuale di sostegno che i GG hanno nella nella popolazione francese?”
La mia risposta: la macchina mediatica per l’intrattenimento/lavaggio del cervello ha fatto molti danni nel corso degli anni. Direi che per ogni 3 persone c’è 1 sostenitore. Questa è ancora una buona percentuale, considerando le circostanze e la demonizzazione continua da parte della TV.
Domanda: “Le forze dell’ordine, la polizia e le istituzioni sono compatte o c’è dissenso anche tra loro?”
I giubbotti gialli sono piuttosto perplessi sul motivo per cui non c’è un numero maggiore di diserzioni fra le forze di polizia. C’è il problema dei suicidi tra gli ufficiali, e sono sottopagati. Alcuni sindacati sono pro-GG. In generale, alla polizia piace essere derubata da Macron, la classica sindrome di Stoccolma.
Ora farò alcune considerazioni.
Parliamo di cosa è successo il 16 (atto 18) in modo più dettagliato. Sono arrivato agli Champs-Élysées verso le 10:15. Ho notato subito che la polizia antisommossa (CRS) aveva interrotto la strada a metà con una fila di camion, come durante l’atto 17. Ma, circa 10 minuti dopo, avevano spostato i camion e il cannone ad acqua nelle strade laterali, in modo che si trovassero di fronte alla strada, invece che al suo interno. Questo era strano. Era come se avessero consegnato la strada ai GG su un vassoio d’argento e senza resistenza. Forse preferivano tentare un accerchiamento, invece di scontri in linea. I primi tafferugli sono avvenuti vicino all’Arco di Trionfo. Cubetti di porfido/pietre sono stati lanciati contro i camion e le autoblindo dell’UE che erano parcheggiati lì. C’è stato un continuo lancio di gas lacrimogeni. Non era stato ancora danneggiato nessun negozio.
Si deve capire che, dopo i primi atti, Macron aveva dato l’ordine di utilizzare una miscela più potente di gas lacrimogeno. E, di solito, ci sono unità mobili antiterrorismo (BAC) in standby, pronte ad inseguire i Giubbotti Gialli e a trarli in arresto. Sugli Champs-Élysées non c’era nessuna unità BAC, probabilmente perché avrebbero avuto la peggio. Dopo che un tentativo di proseguire lungo una delle strade perpendicolari all’AdT [Arc de Triomphe] era fallito (bloccato dalla polizia), i GG erano ritornati all’AdT, per poi dirigersi verso gli Champs-Élysées. Ed è qui che erano iniziate le distruzioni. C’era la polizia che bloccava tutte le strade laterali, lanciando gas lacrimogeni ogni 30 secondi. In uno dei video che ho registrato si può vedere perché i CRS avevano preferito rimanere a distanza. Non avrebbero avuto nessuna possibilità. Sono quasi sicuro che, se non si fossero ritirati, in quel momento qualche poliziotto avrebbe potuto lasciarci le penne. I sanpietrini cadevano su di loro come proiettili di artiglieria. Tra l’altro, ho smentito qui la falsa notizia sull’incendio del ristorante Fouquet, i media devono ancora ammettere la verità, preferendo invece darne la colpa ai Giubbotti Gialli.
Mi ricordava molto il Maidan, nel senso che i poliziotti facevano da bersaglio, e sembrava che niente al mondo potesse disperdere i manifestanti. I GG avevano occupato gli Champs-Élysées e tutto quello che la polizia poteva fare era provare ad ammassare la gente come pecore, con l’uso dei gas lacrimogeni. La salvezza per la polizia era stata che i GG erano riusciti ad uscire da una strada laterale, abbandonando gli Champs-Élysées. La rivolta di 2 ore in 2 km era così iniziata, strada dopo strada. I “Black Block” avevano distrutto tutto, a sinistra, a destra e in mezzo. Ci sono molte cose che non ho filmato perché non ci tenevo ad essere considerato della parte sbagliata. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era un telefono distrutto perché sospettato di essere un poliziotto sotto copertura (come Benalla). Clienti e turisti guardavano tutto a bocca aperta.
L’incidente della macchina della polizia è stato veramente pazzesco. Hanno trovato una macchina della polizia abbandonata in strada, l’hanno fracassata e le hanno dato fuoco. Poi, in pochi secondi, l’elicottero della polizia che sorvegliava dall’alto ha dato l’allarme e sono arrivati i poliziotti sulle moto. La fuga è stata frenetica.
Ero appena entrato in un normale negozio per comprare qualcosa da mangiare, quando erano arrivati i “Black Block” e avevano iniziato a distruggere quello di fianco. Il proprietario del negozio aveva abbassato in fretta la saracinesca e non mi aveva lasciato uscire per 5 minuti. Ritrovare il corteo non era stato difficile, era bastato seguire la scia di vetri rotti.
Ora parlerò dei “Black Block.” Sono solo i tipici elementi urbani impoveriti, con scarsa istruzione e frustrazione ai massimi livelli. Sono solidale con loro, dal momento che i trascorsi del colonialismo francese sono spaventosi e Macron non fa nulla per dar loro una qualche speranza.

Ci sono alcuni quartieri di Parigi dove neanche la polizia osa entrare. Laggiù le bande lanciano bottiglie molotov contro le macchine della polizia, anche con i poliziotti dentro. “No-go zone” è un eufemismo. Ci sono luoghi in cui è normale l’uso dei fucili d’assalto per regolare i conti. Una cosa fondamentale, che ha contribuito alle violenze dell’Atto 18 è descritta qui. Come conseguenza, le strade di Grenoble erano state una zona di guerra per 3 notti consecutive, per questo episodio di brutalità da parte della polizia.
Non sono d’accordo nemmeno nel dare loro un’etichetta. Alla fine, sono cittadini francesi, vittime della politica di genocidio sociale del governo. Sono la generazione perduta, che può solo aspettarsi di fare da schiava per l’élite. Anche loro sono esseri umani e non dovrebbero essere disumanizzati, che è poi la tattica principale dei media nei confronti dei Giubbotti Gialli. I GG non hanno dichiarato di essersi uniti ai “Black Block” e probabilmente non lo faranno, dato che i media non aspettano altro, ma ora è chiaro che i Giubbotti Gialli hanno bisogno di un’ala di potere (силовое крыло). Il 16, i “Black Block” e i GG hanno lavorato insieme perché entrambi sono in modalità sopravvivenza. Entrambi sono contro Macron/il sistema ed entrambi comprendono che essere “pacificati,” mentre il governo continua a saccheggiare, a tormentare in modo fisiologico e a liberalizzare/globalizzare la “plebs” è come prendersi per le caviglie e dare a Macron la vaselina.
L’adozione da parte di Macron della cosiddetta legge “anti-casseur” (per approfondire leggete qui) è stato un patetico tentativo di vietare indirettamente le proteste. Ai media piace etichettare tutti i Giubbotti Gialli come “teppisti,” in modo che gli elettori ultra-liberali di Macron prendano le distanze dai GG. Come ho già detto, i Giubbotti Gialli avevano tentato la via pacifica, ed era stato come pisciare nel vento. Ironia della sorte, Macron aveva annullato l’aumento della tassa sul carburante e aveva aumentato il salario minimo proprio quando i giubbotti gialli erano ritornati ad essere violenti, a novembre/dicembre.
Aveva pensato che i GG avessero perso lo slancio a causa del “grande dibattito.” Si sbagliava di molto. La violenza è “corretta?” Il problema è che i media usano le immagini per provocare reazioni emotive. I media mostrano mai il regime Macron mentre saccheggia le tasse e le pensioni della gente? No. Fanno vedere le armi francesi che vengono utilizzate per massacrare i bambini siriani? No. Evidenziano tutto quello che dovrebbero, se davvero lavorassero per la gente? No. Lavorano esclusivamente per gli oligarchi e le lobby.
Sono stati Macron e i suoi predecessori neoliberisti ad usare la “violenza” come regola di ingaggio, non i Giubbotti Gialli. I GG hanno ora un’altra scelta? Il costo della vita continua a peggiorare, quindi, che cosa dovrebbero fare, tenendo presente che i figli rimpatriati dei militanti dell’ISIS ricevono cure migliori? Dovrebbero provare a cambiare le cose attraverso le urne? Non funziona, si prega di fare riferimento alla Catalogna. E allora, che cosa accadrà adesso? Nel prossimo futuro sono in previsione proteste ancora maggiori, Il Primo Maggio sta arrivando, quindi aspettatevi qualcosa di grosso in programma per quel giorno; sono possibili manifestazioni di massa; si verificheranno anche altri efficaci atti di interdizione, che terrò segreti. I media continueranno a marchiare i giubbotti gialli come teppisti che rovinano gli affari. Quindi, i Giubbotti Gialli diventeranno sempre più militanti. Macron potrebbe tentare una debole riduzione delle tasse, una specie di “concessione,” ma potrebbe anche non farlo, dal momento che non cambierebbe nulla.
A maggio si sono anche elezioni europee, che i Giubbotti Gialli vogliono sabotare per impedire al partito di Macron di ottenere voti. Qui non è stato ancora deciso quale sia il miglior modo di agire, ma si è concordato che le schede bianche sono una cattiva idea. Nel lungo termine: se gli eventi continueranno a seguire questo corso, allora una guerra civile non è da escludere. Questo non è un conflitto su base etnica. Questo scontro riguarda il sistema di governance. Ciò che vogliono i Giubbotti Gialli è radicalmente diverso dal neoliberismo e dai principi dell’UE. È come tirare di colpo il freno a mano mentre si viaggia in autostrada. Forse, all’inizio, i Giubbotti Gialli avevano pensato che con qualche protesta violenta avrebbero raggiunto gli obiettivi, ma, col tempo, hanno iniziato a rendersi conto della gravità della situazione. L’Atto 18 ne è una testimonianza: un’improvvisa liberazione di energia per mantenere in vita il movimento, per combattere le aggressive modalità di PR di Macron (ora i media stanno parlando di nuovo dei Giubbotti Gialli, anche se in modo distorto). Cose come “RIC” e “Frexit,” al momento sono solo dei concetti. L’attuazione della prima è difficile poiché il parlamento è concepito in modo tale da impedire la decentralizzazione del potere. Quest’ultimo dipende dall’attività del primo.
In definitiva, questo è un esempio di guerra di quarta generazione. In linea di principio, è già una guerra civile, sullo sfondo del tardo capitalismo/liberalismo. Se si applica la teoria della Gestalt, allora la velocità con cui le informazioni vengono trasmesse e i processi industriali sono l’unica ragione per cui queste sembrano solo le “proteste” del sabato e non una guerra permanente. In realtà, la società francese è frammentata come, per esempio, quella sudanese. E gli eventi in Siria-Ucraina-Venezuela-Iraq-Yemen, etc agiscono come un ulteriore boomerang, che ritorna rapidamente in Francia, perseguitandola tutti i sabati.
I Giubbotti Gialli rappresentano questa perdita di sincronicità all’interno del motore europeo. Quando Trump era stato eletto, la ritirata del globalismo aveva iniziato ad accelerare. Macron sta cercando di invertire questo processo. Ad esempio, sta per privatizzare gli aeroporti. Un’ulteriore complicazione è che i GG non amano la politica di partito e quindi non voteranno per la Le Pen, che considerano un prodotto del sistema. Quindi abbiamo un’impasse come quella nel Regno Unito, dove la volontà popolare non conta nulla e la società è estremamente frammentata. Questa è la conseguenza dello spiegamento degli S-400 in Siria. Ha causato la frammentazione del blocco occidentale (dal momento che la sopravvivenza del capitalismo dipende dal saccheggio della ricchezza delle altre nazioni) e quindi la nave ora sta imbarcando acqua. Ma i GG dovrebbe provare a prendere il timone e salvarla? La mia risposta: non si può costruire un nuovo sistema senza demolire completamente quello vecchio. La Francia non è riuscita a farlo nelle sue precedenti rivoluzioni. Il feudalesimo è rimasto. Quindi, le contraddizioni salgono nuovamente in superficie. Tuttavia, a quei tempi non avevano a che fare con l’UE e le armi nucleari degli USA.
La mia conclusione è che la maggior parte dei Francesi sono completamente inconsapevoli della realtà in cui il paese ora si trova e pensano di poter continuare normalmente le loro vite. Pensano che i Giubbotti Gialli siano dei terroristi e inconsciamente li hanno già disumanizzati. Mettono la testa sotto la sabbia come fosse un meccanismo protettivo, perché non vogliono assumersi la responsabilità del proprio destino e preferiscono che qualcun altro faccia tutto, è l’infantilismo imposto alla Francia dall’America. Dopotutto, l’altro burattino degli Anglosassoni come Macron, Adolf Hitler, aveva passeggiato liberamente per Parigi, senza trovare nessuna resistenza. Questo non era accaduto a Mosca. Ma, con la creazione di RT France, che diventa sempre più popolare in maniera esponenziale, c’è almeno un raggio di luce. So che i Giubbotti Gialli hanno scelto RT e Sputnik come standard per i loro mezzi di informazione di massa, e so che i propagandisti come BFM, CNEWS, LCI, FranceInfo, France24, ecc. stanno sudando, mentre pensano ai loro indici di ascolto che vanno a zero. Questo significa che i decennali strumenti dell’egemonia anglosassone stanno perdendo la loro efficacia e che la finestra di Overton si sta ridimensionando.

Con la situazione economica nazionale/globale (occidentale) che diventa ogni giorno più grave, con sempre più migranti che aumentano il carico già paralizzante sulle spalle dei contribuenti e una scarsa istruzione che produce dei giovani zombi, la situazione è destinata ad esplodere, prima o poi. Quanto catastroficamente? Questa è la domanda da un milione di euro. Come dicono i Giubbotti Gialli: On Lâche Rien! Non abbiamo nulla da perdere!
Concluderò questo articolo con la dichiarazione dei Giubbotti Gialli dopo le violente proteste del 16 marzo, che ho tradotto e pubblicato qui.






Ormai l’avrà capito bene che in questa crisi dei gilet-gialli – GJ- Macron si sta giocando la faccia …. ed è sicuro che questo sia un affare veramente pericoloso. Quella che vediamo oggi è una città in cui il principe è un bambino … E potrà sembrare conveniente a questo re-bambino che sa che, nella logica binaria instaurata dai suoi grandi predecessori, tutto è stato organizzato perché alle presidenziali la scelta finale opponga un candidato di Maastricht a un altro che non lo è – e il primo presenta il secondo come il caos fascista. Per questo fatto la logica spinge a mandare al potere qualsiasi uomo purché sia ligio all’Europa di Maastricht. Lui è uno dei servitori di questo potere e se ne sente forte. Ma la sua è la forza di un domestico. Questo è il motivo per cui, nell’attuale caos la lista degli uomini di Macron è ancora in testa nelle intenzioni di voto per le prossime elezioni europee. Così dopo 18 settimane di vilipendio, insolenze, insulti, disinformazione, notizie false, obitori, offese e affronti verso i GJ, Macron continua con il suo modo di fare comunicazione che, sa bene, gli porterà vantaggi: mentre Parigi brucia, le banche sono bruciate, mentre il Fouquet è in fiamme, mentre il fuoco dall’interno di un palazzo minaccia di uccidere i suoi abitanti, mentre gli scontri si sono moltiplicati ed i capi, segretamente pilotati dai politicanti, adesso chiedono una insurrezione violenta, che gli stessi capi si augurano converga con le lotte tra Black-Block e “gens des cités”, con il pretesto dei GJ. I Black block, il cui arrivo in massa è annunciato dal ministero degli interni, senza che nulla sia stato per impedire loro di fare danni. Emmanuel Macron sta sciando … Il re sta facendo dello sci! In compagnia di sua moglie, della sua famiglia, dei suoi amici e forse anche del suo amico Benalla, sta celebrando la vita a base di raclette e vino bianco. Va tutto bene a Versailles … Ma perché, in effetti, dovrebbe rodersi il fegato?
Perché se dovesse sciogliersi l’Assemblea nazionale, Macron sa bene che resterebbe comunque, presidente della Repubblica. Il suo obbligo costituzionale e politico si limiterebbe a nominare un primo ministro frutto della nuova maggioranza … Che non mancherebbe di essere macroniana!
Se, per effetto di una improbabile stravaganza, il Rassemblement National arrivasse in testa in queste elezioni legislative, dopo un ipotetico scioglimento, Macron nominerebbe Marine Le Pen a Matignon e il primo lavoro di questa signora sarebbe fare come lo Chirac degli anni 80, facendo molta attenzione di non toccare né l’euro, né l’Europa liberale, né Maastricht e di non provare a immaginare in nessun caso una Frexit – cosa che ha già preannunciato – aggiungiamo a questo che, condizionato da anni di propaganda, il popolo non accetterebbe questa nomina che i media farebbero abilmente trapelare: Macron avrebbe allora la strada aperta … Per evitare uno scenario del genere, potrebbe preferire Dupont-Aignant che arriverebbe di corsa ad occupare la poltrona e la rielezione di Macron alle prossime presidenziali sarebbe assicurata. 
Se Macron si dimettesse, ma non sogniamocelo neppure, sa anche che né il partito socialista, che ormai ha affidato le chiavi europee del Partito di Jaurès a Raphael Glucksmann, che non è la stessa cosa né della France insoumise, che sui media ha fatto vedere un Mélènchon appeso a un cappio e con problemi psichici e non è nemmeno il partito di Wauquiez, che cerca di sopravvivere parlando di chimere politiche con la voce di un giovane filosofo cattolico fiancheggiato da qualche cavallo di razza che insegue ancora il ritorno di un sarkosismo praticamente farcito di morale cattolica. Non sono certo quelli che potranno succedergli all’Eliseo.
Dunque tutto va bene per lui.
Scegliere di far marcire tutto, perché si sa che lui si occuperà dei nostri affari, anche questo serve al popolino, ai poveri, ai miserabili, agli ignoranti e a tutti quelli che costituiscono lo sfondo ontologico della ribellione dei GJ. E’ un modo di agire come Attila o come qualsiasi altro capo dei barbari: è scegliere la politica della terra bruciata. Après moi, ou sans moi, ou hors de moi, le déluge! 
Significa prendere in ostaggio i francesi credendo che loro siano lì per noi e non che noi ci troviamo lì per i francesi. Quest’uomo che vuol far credere di aver messo il suo quinquennato sotto gli auspici di Giove e del generale de Gaulle, alla fine l’ ha messo sotto gli auspici di Peter Pan, quel bambino che non voleva crescere.
Per chi vuol prendere la gente? 
All’inizio ha cominciato a maltrattare i sindaci, poi ha voluto dire che erano il sale della democrazia, prima di andare a trovarli per far loro una lezione come faceva una volta il maestro in classe con i ragazzini che, obbedienti, era tutti vestiti con lo stesso grembiule. I primi magistrati, scelti e selezionati con cura tra i prefetti pagati per portare avanti la politica del presidente, fasciati con il loro tricolore, si sono trovati con un capo di Stato che li ha degnati di un monologo che è durato delle ore. Poi ha cominciato a offendere i francesi, quei Galli riluttanti al cambiamento, quegli eterni ribelli che si lamentano, deficienti incapaci di comprendere la necessità dei cambiamenti voluti da sua maestà, lui differentemente dai popoli luterani del Nord Europa, prima di organizzare dei falsi dibattiti, ha voluto tenere dei veri monologhi, lasciando da parte il suo lavoro, che sarebbe quello di presiedere alla Francia e non combattere per se stesso, per la sua causa e per il suo personale successo alle prossime elezioni europee.
Poi ha cominciato a offendere gli intellettuali che non gli leccavano gli stivali prima di invitare una sessantina di persone scelte con cura: È interessante vedere chi è stato invitato. Frederic Lordon, un leader della gauche, ma sovvenzionato dal contribuente per mezzo del CNRS, dove è Direttore della ricerca, lui sarebbe stato invitato ma ha detto ad alta voce che non sarebbe andato. Michel Wieviorka “sociologo”, ma è veramente il caso, per questo signore che ha detto a chiare lettere su Canal +, che la A dentro un cerchio è un simbolo di estrema destra, di essere scelto a far parte degli eletti? Dopo aver detto di non avere una cultura francese, Macron ha invitato sei decine dei suoi rappresentanti a discutere su France -Culture, un luogo di grande libertà intellettuale, se ne esiste uno. Speriamo che continuerà a parlare con 60 persone per volta e che questo lo costringerà a una performance che durerà una quindicina di giorni senza sosta, altrimenti, questo tipo di incontri non sarà stato altro che una danza del ventre del presidente davanti ad una assemblea prigioniera. A meno che non venga offerto anche il palinsesto estivo su questo canale di servizio pubblico, lo spazio c’è, credo, dopo che si è liberato quello occupato per gli ultimi 16 anni da un filosofo, passato ad altro incarico, grazie a lui.
Fin da principio disprezza i GJ e prende a parolacce le loro sofferenze: antisemiti, omofobi, razzisti, xenofobi, ignoranti, analfabeti, ubriachi, fascisti, lepenisti, vichyisti, petainisti, va tutto bene quanto gli permette di dire ai GJ che hanno semplicemente espresso la loro sofferenza sociale, che sono dei poveri bastardi. Questa malattia sociale che la sua brutale politica maastrichtiana sta facendo diffondere come un’epidemia fulminante, lui la tratta con arroganza e con provocante sufficienza. Perché, se non fosse così, dovrebbe farsi vedere mentre beve un link con gli amici sulla terrazza di una stazione sciistica, mentre Parigi sta bruciando? Più cinico di così, si muore ….
Scegliere l’umiliazione non è una cosa buona. Si deve essere arrivati alla frutta per non capirlo. Almeno qualcuno dei suoi 60 intellettuali scelti dal principe come suo specchio dovrebbe regalare a questo falso-intellettuale-vero-cinico un libro che Marc Ferro ha pubblicato nel 2007 “Il Risentimento nella storia”. È un libro che scorre velocemente e nel leggerlo si vorrebbe che avesse migliaia di pagine per quanto le sue intuizioni e le sue informazioni sono giuste. Che cosa dice? Non si umiliano mai impunemente le persone e il loro avvilimento di un giorno porta sempre una loro risposta. 
Come potrà essere questa risposta?
Nessuno può immaginarsi che un dibattito su questo punto possa generare qualcosa di diverso dallo squittio di un topo. Macron aveva detto fin dall’inizio che avrebbe dato spazio ad un chiacchiericcio nazionale, ma che alla fine non sarebbe stato il caso di cambiare il capo. Per quale motivo, allora, cominciare un dibattito se si fa sapere in anticipo che non dovrà cambiare niente di essenziale? Non sarebbe stato meglio dire subito che si poteva parlare tranquillamente solo se non si voleva dire niente?
Ha nominato dei mediatori, dei coordinatori, degli animatori, ha creato un dispositivo per rintracciare, centralizzare, sintetizzare le domande scritte sui Cahiers de doléance, entro certi termini e solo con contenuti altisonanti, ha trovato i fondi per finanziare il tutto e ha cominciato a parlare da solo, pretendendo di dire che stava dialogando con la gente, ha riempito i media con la sua presenza logomachique , ha girato tutta la Francia si è fatto vedere nei luoghi più improbabili della provincia, si è fatto annunciare ed è andato, è arrivato senza farsi annunciare, ha preso appunti davanti alle telecamere che ne hanno approfittato per fare delle utilissime trasmissioni, dal punto di vista della comunicazione – quest’uomo ascolta attentamente, ha detto di essere un contadino medio, ha tirato fuori la penna, si è tolto la giacca, ha bagnato la camicia, ha detto delle belle parole, in un incontro si è persino messo vicino ad un gilet giallo che sembrava fosforescente accanto a lui …. Ma si sa tutto questo non servirà a niente dato che il capo, che è buono, sarà sempre lo stesso!
Tutto questo gran fumo deriva dal fatto che, a suo tempo, Ségolène Royal aveva fatto riferimento alla democrazia partecipativa senza accorgersi che la necessità di ricorrere a questo eufemismo era evidentemente una prova che, in questa democrazia, il popolo aveva smesso di partecipare …. ed è stata la stessa Ségolène Royal che aveva reclutato e nominato lo scenografo dei Guignol dell’informazione perché le trovasse delle frasi ad effetto per infarcire i suoi discorsi e che probabilmente avrebbero incuriosito i giornalisti che le avrebbero riportate nei loro articoli. Delegare la democrazia partecipativa a un Guignol e per di più dell’informazione: dice tutto ….
A cosa serve andare in giro ad incontrare la gente nelle sotto-prefetture e chiedere loro che cosa si aspettano, quando si aspira a mantenere la carica suprema della Quinta Repubblica, come M.me Royal a suo tempo e come Macron oggi? La risposta è semplice, per le foto sui rotocalchi, bisogna infatti ben intendere che queste messinscena che si sono scelte servono a mostrare un’assemblea riunita tutta intorno al maschio dominante che sta giocando la partita del Gentil Organizateur du Club Med, dove ascolta, si informa, prendere appunti, scende nell’arena, mostra di non aver paura, va al contratto e, soprattutto, che è vicino alla gente …. Non si può firmare questa tesi di comunicazione – a livello 110 senza lode – Perché una persona che aspira a quel posto, o peggio che ha già quel posto e suo malgrado ha ancora bisogno di questi incontri per sapere ciò che pensa la gente, significa ammettere chiaramente di non saper niente della vita di coloro, dei quali si deve amministrare l’esistenza, e per questo, non di non essere giusto per quel posto e nemmeno per candidarsi ancora a premier eletto dalla nazione. Macron dice che ascolterà, ma non fa niente, l’ha detto lui stesso: organizza tutti questi incontri con un grande appoggio della stampa complice, con il pretesto di comprendere quello che vuole la gente: adesso i desideri dei GJ sono stati chiari fin dal primo giorno, ben prima di quando tutta questa manfrina voluta dal capo dello Stato fosse stata messa in atto.
Re della tattica, con tutto questo gran dibattito nazionale, Emmanuel Macron ha creato una diversione perché aveva bisogno di giocare la carta di questo degrado. Ogni settimana passata senza che i GJ si organizzassero giocava a suo favore, era tutto tempo utile per organizzare una risposta non certo politica, ma poliziesca, che per lui è di bassa polizia: lasciare che i casseurs agiscano, lasciare che si demoliscano le strade e poi lasciare che volino le pietre, lasciare che i Black-Block siamo taggati e che si uniscano ai casseurs delle periferie e aspettare che qualche GJ si aggreghi, per mandare in giro le immagini dei vandalismi e associarle ai GJ: gli Champs Elisées ? perfetto, l’Arco di Trionfo,meglio ancora, incendi ottimo, vetture ribaltate e date a fuoco, geniale …. sono bastate due serate passate in discoteca per permettere al ministro degli interni di avere una copertura mediatica e di denunciare quello che il potere aveva smesso di fare: è così che si instilla il virus in un corpo sociale. Basta quindi laisser-faire: Incubazione, febbre, sintomi della malattia e quella arriva, non c’è bisogno di attendere che scoppi, è già bella forte e poi bisogna augurarsi che la morte arrivi all’appuntamento.
Ecco la strategia di Macron, quella che gli permette, in attesa del trapasso, di andare a fare gli sport invernali, sapendo bene che questo tipo di attività è riservata solo ai privilegiati che non soffrono della malattia sociale. Cinico, arrogante, pretenzioso sicuro di se stesso e del suo metodo, mentre Parigi brucia, lui s’è messo a sciare ….
Ma come un apprendista stregone, quest’uomo che ha buttato il virus per contaminare sul corpo sociale dei GJ si è assunto il rischio di un’infezione ben maggiore. Quando il suo Gran Débat darà il via a delle riforme sociali (come i 90 km all’ora in certe strade di campagna, dove la regolamentazione in materia potrebbe tornare ai consigli dipartimentali o regionali, come restituzione del potere alla Francia delle periferie, come si vorrebbe) o delle riforme tecniche in materia di fiscalità ( di cui nessuno comprenderà niente, eccetto che i commercialisti) quando, allora, i GJ vedranno che il presidente sta veramente buttando loro polvere negli occhi e non sta curando nessuna delle loro ferite, allora il risentimento sarà ancora maggiore, e con il risentimento la collera, scritta con la maiuscola. 
E che cosa farà allora – il Sig, Presidente – con questa collera ancora più forte, dopo aver già risposto ad una rabbia ben minore con una ondata di repressioni tanto sproporzionata che l’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti umani dell’Onu, per mezzo di Michelle Bachelet, che è stata presidente del Cile, lo ha informato che la Francia sarebbe stata inclusa tra i paesi che, a livello internazionale, sono segnalati per il mancato rispetto dei diritti umani?
La stessa Bachelet ha riassunto la natura del movimento dei GJ affermando: “In Francia i gilet-gialli protestano contro quello che loro percepiscono come una esclusione dai diritti economici e dalla partecipazione agli affari pubblici”. Emmanuel Macron sappiamo che non la pensa così, Lui li vede piuttosto come un movimento di faziosi di estrema destra, omofobici, razzisti, antisemiti, scettici sul clima e cospirazionisti, in altre parole, tutta gente che sta offendendo la sua propria persona.
Sono ricorso alla metafora dell’apprendista stregone. Ricordiamoci come finisce questa storia con Goethe: il giovane ha bisogno del suo vecchio maestro che arriva per fermare il suo delirio. Eccetto che nella nostra maestà, non esiste nessun vecchio maestro saggio (né Sarkozy, né Hollande sono in questo sogno) ma solo un giovane mago per di più decerebrato come il presidente della Repubblica. Ora si tratta della violenza di Stato contro la violenza popolare. 
Il popolo è morto strangolato da Macron in 18 settimane. Questo popolicida in capo, lui, ha preferito il popolino che gli deve tutto. Il popolino è il popolo minore, è la gente con meno cervello, è la folla viscida, la massa acefala, un corpo senza testa, un Leviatano guidato dei propri istinti; è un animale senza labbra, zanne minacciose e con gli artigli in fuori, è fatto da uomini che hanno il cervello bruciato, è, anche e soprattutto, il peggior nemico del popolo.
Per impedire la nascita di questa bestia rabbiosa, ormai troppo pericolosa, sarebbe bastato ascoltare il popolo, ascoltarlo nei primi giorni e rispondergli con dignità.. Questo sarebbe stato nella logica del contratto sociale che lega un capo al suo popolo, grazie al trasferimento di sovranità repubblicana sinallagmatica – e non unilaterale – e quindi dispotica.
Invece, come un volgare tiranno della repubblica delle banane, ha mandato avanti la sua soldataglia. Una parte della gente si è ritirata e si è rinchiusa in un risentimento puro e semplice, quello del popolino. La bonarietà delle rotonde ha lasciato il posto alla logica del dare fuoco. Con un veleno tanto tossico come il risentimento, ci vogliono solo poche gocce per abbattere una civiltà ridotta al nostro livello. Ben lontano dal generale de Gaulle, Emmanuele Macron sta prendendosi il rischio di far restare il suo nome nella storia, accanto a quelli di Nerone e di Caligola. Ci si ricorderà che mentre Parigi bruciava, lui se n’era andato a sciare…




CHI HA DATO LA BANDIERA ITALIANA ALL’ONG DI CASARINI?


Da mesi si era a conoscenza dei piani eversivi dell’ong Mediterranea, finanziata da Soros e da Banca Etica (etica un cazzo) per riaprire il traffico di clandestini dalla Libia utilizzando la bandiera italiana.
Da mesi si sapeva che a capo di questa missione umanitaria (umanitaria un cazzo) c’era lui, il vecchio arnese dei centri sociali: Luca Casarini. Pregiudicato e in contatto con la criminalità organizzata:

Eppure, a nessuno è venuto in mente che non fosse il caso lasciare partire la Mare Jonio verso la Libia.
Nonostante i segnali fossero chiari sulle intenzioni:

Ora vorremmo una risposta a questa domanda: chi è l’idiota che ha dato la nostra bandiera a questi trafficanti umanitari? A questi trafficanti umanitari guidati da un pregiudicato in contatto con la criminalità organizzata.
Toninelli ha per mesi chiesto ai Paesi Bassi di togliere la bandiera alla nave Sea Watch3, e ora ci troviamo con una ‘italiana’ carica di clandestini in acque italiane.
Una nave di centri sociali guidata da un noto ex teppista rosso con vari precedenti.
E’ vero che prima di togliere una bandiera ci deve essere un ‘casus belli’ (e ora c’è, e anche enorme), ma era molto prevedibile dove sarebbero andati a parare.



In sostanza i potenti della terra hanno istruito Greta a scagliarsi contro di loro per dargli modo di applicare le soluzioni che gli permetteranno di proseguire indisturbati nel piano di dominazione globale. Hanno creato l'ennesima marionetta capace di stimolare reazioni di consenso su una massa sempre più addormentata e manipolata...
Greta ci dice che il problema è la bufala del CO2.
- Nessuna menzione alle scie chimiche.
- Neanche una parola sui prodotti OGM e sulle politiche di distruzione di interi habitat da parte delle multinazionali che la stanno sponsorizzando.
- Nessun accenno alle fonti energetiche pulite e illimitate che vengono tenute chiuse a chiave.
- Totale silenzio sui mortali pericoli del 5G.
- Nulla sul crimine dei vaccini che si sta consumando sugli infanti.
- Nessun collegamento con la truffa del debito.
Auguri alle prossime generazioni...

Ecco i nomi delle aziende italiane che mangiano sulle guerre



TRA LE AZIENDE ITALIANE CHE MANGIANO SULLE GUERRE COMPAIONO PURE BANCA ETRURIA, CARIGE E MONTE DEI PASCHI

Vergognosa ipocrisia, profughi che scappano dalla guerra, associazioni umanitarie che raccolgono fondi che adesso si sa dove finiscono… ma la verità è ancora una, In Italia il potere marcia sulla guerra 
più che in ogni altro paese. Prima di tutto sui profughi, c’è chi ha messo da parte milioni di euro, poi sulla guerra e sulle armi. La relazione annuale del governo sull’export militare italiano 2015 – appena trasmessa al Parlamento e anticipata da Nigrizia – mostra un aumento del 200% per le autorizzazioni all’esportazione di armamenti il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi dai 2,6 del 2014, un dato senza precedenti. Boom verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso vari escamotage, della legge 185/1990: il volume di vendite autorizzato verso l’Arabia Saudita è salito a 257 milioni dai 163 del 2014: +58%. Cresce il ruolo delle banche, Unicredit la più attiva


A conti fatti quindi, nell’ultimo anno è triplicata la vendita di armi italiane all’estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra: in particolare quelle verso l’Arabia Saudita, condannata dall’Onu per crimini di guerra nel conflitto in Yemen e per la quale il Parlamento europeo ha chiesto un embargo sulla vendita di armamenti, ma noi le leggi le rispettiamo solo se c’è da ridurre le quote latte o da cedere le nostre spiagge alla Germania.


Cresce anche l’intermediazione finanziaria delle principale banche italiane,Intesa e Unicredit, e tra i piccoli istituti coinvolti compare ancora Banca Etruria e una banca libica.


Come si legge nella relazione, “i settori più rappresentativi dell’attività d’esportazione sono stati l’aeronautica, l’elicotteristica, l’elettronica per la difesa (avionica, radar, comunicazioni, apparati di guerra elettronica), la cantieristica navale ed i sistemi d’arma (missili, artiglierie), che hanno visto, nell’ordine: Alenia Aermacchi, Agusta Westland, GE AVIO, Selex ES, Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries, MBDA Italia e Industrie Bitossi ai primi dieci posti per valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La maggior parte di queste aziende sono di proprietà o in varia misura partecipate dal Gruppo Finmeccanica”.


Ma il dato politicamente più importante è il boom di vendite verso Paesi in guerra, in violazione, attraverso escamotage, della legge 185/1990 che vieta l’esportazione e il transito di armamenti verso Paesi in stato di conflitto e responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Un sotterfugio che un ex ministro della Difesa di nome Sergio Mattarella denunciò anni fa come “un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185”: il governo può aggirare il divieto di forniture militari a un paese in guerra se con esso ha stipulato un accordo intergovernativo nel campo della difesa e dell’import-export dei sistemi d’arma. Il caso più grave riguarda le forniture belliche alle forze aeree del regime Saudita, che da oltre un anno conducono bombardamenti indiscriminati su città, scuole e ospedali in Yemen che finora hanno provocato almeno 2mila morti civili, per un quarto bambini. Crimini di guerra ripetutamente condannati dal segretario generale dell’OnuBan Ki-moon, che a febbraio hanno spinto il Parlamento europeo ha chiedere un embargo sulla vendita di armi a Riyad.


Il valore dell’export di armi ‘made in Italy’ verso l’Arabia Saudita autorizzato nel 2015 è salito a 257 milioni dai 163 milioni del 2014. Un aumento del 58% attribuibile in gran parte alle tonnellate di bombe aeree prodotte nello stabilimento sardo di Domus novas della Rwm Italia S.p.a. e spedite via aerea e navale da Cagliari tra le proteste e le denunce – anche alla magistratura – di parlamentari e pacifisti. Consegne confermate dalla relazione: 600 bombe Paveway da 500 libbre (per 8,1 milioni di euro), 564 bombe Mk82 da 500 e 2000 libre (3,6 milioni), 50 bombe Blu109da 2000 libre (3,6 milioni) e cento chili di esplosivo da carica Pbxn-109 (50mila euro).


A questo si aggiunge il forte incremento del valore delle esportazioni italiane verso l’Arabia Saudita che rientrano tra i programmi intergovernativi di cooperazione militare, saliti nel 2015 a 212 milioni dai 172 milioni del 2014. Il principale programma riguarda i cacciabombardieri Eurofighter usati ogni giorno dalla Royal Saudi Air Force nei suoi raid in Yemen. La fornitura, iniziata anni fa, riguarda l’Italia non solo per la sua partnership industriale nel consorzio europeo (con Finmeccanica), ma anche perché questi aerei, assemblati negli stabilimenti inglesi della Bae System, vengono consegnati facendo scalo all’aeroporto bolognese di Caselle. Nonostante la legge 185/90 vieti anche iltransito di armi destinate a Paesi in guerra.


Anche le forniture belliche italiane verso gli altri paesi che partecipano alla guerra in Yemen a fianco dei sauditi sono proseguite o aumentate: gli Emirati si confermano il principale cliente mediorientale (con 304 milioni come l’anno prima), mentre c’è stato un forte incremento di vendite al Bahrein (da 24 a 54 milioni) e soprattutto al Qatar (da 1,6 a 35 milioni). Il Kuwait, nel 2015 ancora tra i clienti minori, è destinato a scalare la classifica dopo la firma, poche settimane fa, di un contratto multimiliardario per la fornitura di 28 cacciabombardieri prodotti da Finmeccanica.


Ma è boom di export verso tutti i Paesi in guerra, a cominciare da un clamorosa new-entry: l’Iraq, finora mai comparso tra i clienti italiani, esordisce nel 2015 con vendite per 14 milioni (armi leggere e munizioni, quindi Beretta). Impennata di vendite verso la Turchia (da 53 a 129 milioni) che bombarda i curdi fuori e dentro i suoi confini con gli elicotteri T129 costruiti su licenza Finmeccanica; verso la Russia (da 4 a 25 milioni) che continua a ricevere blindati Lince della Fiat-Iveco nonostante l’embargo post-Ucraina, verso il Pakistan (da 16 a 120 milioni) in perenne conflitto con talebani, indipendentisti baluci e con l’India (anch’essa con forniture belliche italiane in aumento da 57 a 85 nonostante la crisi dei marò e la guerra contro la ribellione contadina naxalita). Nota a margine: nel 2015 sono incrementate le vendite all’Egitto pre-caso Regeni (da 32 a 37 milioni), comprese le armi leggere e i lacrimogeni usati dalla polizia del Cairo nelle repressioni di piazza.


Ultimo dato importante che emerge dalla relazione è l’aumento del ruolo d’intermediazione finanziaria delle banche italiane nel business delle forniture belliche. Se la parte del leone rimane alle banche straniere (Deutsche Bank e Crédit Agricole sopra tutte) si fanno strada sia Unicredit (passata dal 9 al 12% delle operazioni) che Intesa Sanpaolo (dal 2 al 7,4%) che Unicredit (dal 9 al 12%). Seguono con percentuali minori Bnl, Ubi (Banco di Brescia, Popolare Commercio e Industria, Regionale Europea) e una sfilza di “popolari” in ordine discendente (Emilia Romagna, Carispezia, Banco Popolare, Valsabbina, Sondrio, Carige, Etruria, Parma e Piacenza, Credito Cooperativo Cernusco S.N. e Versilia e Lunigiana, Spoleto, Friuladria, Bpm) e perfino Poste Italiane.


Nonostante pochi milioni di euro di operazioni, comunque in aumento rispetto all’anno precedente, merita una menzione particolare Banca Ubae: istituto controllato dalla Libyan Foreign Bank (banca offshore specializzata in esportazioni di petrolio dalla Libia) e nel cui azionariato figurano Unicredit, Intesa Sanpaolo, Montepaschi ed Eni.

Pompeo ultimatum a Israele: stop scambi intelligence se fate affari con la Cina (Roma è avvertita)

Pompeo ultimatum a Israele: stop scambi intelligence se fate affari con la Cina (Roma è avvertita)
Pompeo chiede a Israele di limitare le aperture alla Cina: a rischio la condivisione di intelligence. Altro messaggio che andrà interpretato anche dal governo italiano nei giorni della visita di Xi Jinping
“Quando la Cina è impegnata a spiare attraverso le sue imprese commerciale di proprietà statale e presenta un rischio attraverso i suoi sistemi tecnologici, società come Huawei, che sono un vero problema per il popolo d’Israele; quando queste cose succedono, noi vogliamo essere sicuri che i Paesi lo sappiano, siano al corrente dei rischi e poi prendano le loro decisioni sovrane”. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, durante un’intervista concessa a Barak Ravid, giornalista israeliano di Channel 13 News in cui il capo della diplomazia americana in visita a Gerusalemme ha fatto capire che se Israele non limiterà i suoi legami con la Cina, gli Stati Uniti potrebbero ridurre la condivisione dell’intelligence e la cooperazione per la sicurezza.
È esattamente quello che Washington sta dicendo da mesi, aspetto che dovrebbe interessare in primis all’Italia, che domani firmerà l’adesione alla Nuova Via della Seta cinese nell’ambito della visita di stato del presidente Xi Jinping a Roma e Palermo. Gli americani sono ingaggiati in un confronto globale con la Cina, aspetto enorme attorno a cui stanno costruendo un blocco di alleati, partner, amici, che ha sempre più i contorni di un patto ad excludendum.
Come già successo con l’Italia, gli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno più volte sollevato il problema dell’influenza e penetrazione cinese nel paese con parti del governo israeliano, ma la dichiarazione pubblica di Pompeo segna un limite. Anche con il governo gialloverde italiano è successo così: prima c’è stata un’attività di pressione discreta, mossa attraverso diplomatici e incontri riservati, poi, quando l’Italia ha fatto sapere di voler firmare il documento per aderire alla Belt & Road Initiative, Washington s’è mossa direttamente e apertamente attraverso dichiarazioni ufficiali del Consiglio di Sicurezza nazionale, che sconsigliava a Roma di spostarsi troppo verso la Cina.
Negli ultimi anni il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha cercato molto la sponda cinese per incrementare il commercio tramite il Mediterraneo. In questo avvicinamento ha fatto concessioni per collaborazioni a livello infrastrutturale, in particolare sul porto di Haifa, dove la Shanghai International Port Group, che ha ampliato i moli, inizierà la gestione con un cronoprogramma per essere operativa nel 2021 e un contratto venticinquennale.
Haifa è il punto di scalo della US Navy in Israele, e per questo Pompeo ha detto che “se alcuni sistemi vanno in determinati posti, gli sforzi dell’America per lavorare al tuo fianco saranno più difficili e in alcuni casi non saremo in grado di farlo”. Ossia, i cinesi in quell’area potrebbero essere problematici per le attività militari americane, e potrebbero compromettere le condivisioni di informazioni. Preoccupazioni non nuove, espresse già da tempo da settori dell’intelligence israeliana.
Una problematica simile potrebbe esserci nel caso in cui la Cina entrasse di forza nel porto di Palermo: domenica il presidente cinese sarà in Sicilia, e sembra che una delle ragioni – almeno secondo il governo italiano – è un interessamento al porto palermitano nell’ambito della Nuova Via della Seta. Ma Palermo è davanti a Napoli, sede della Sesta Flotta americana e dell’Allied Joint Force Command della Nato, due infrastrutture su cui i cinesi potrebbero voler allungare le orecchie. Più a sud c’è Sigonella. E non bastasse, davanti alle acque palermitane passa uno snodo di cavi internet sottomarini tra i più importanti del mondo.
Pompeo parla di “sistemi”, che potrebbero essere radar o attività navali, ma non solo: da quando la Cina ha piazzato la sua prima base extraterritoriale a Gibuti si sono ripetuti più volte episodi in cui piloti di aerei americani (anche gli Stati Uniti hanno un’importante base nel paese del Corno d’Africa) hanno subito attacchi di disturbo mentre erano in volo attraverso raggi laser.
Il segretario americano è stato chiarissimo: “Potete immaginare molte situazioni [se non ascoltate i nostri richiami]: la condivisione dell’intelligence potrebbe essere ridotta, la co-allocazione delle strutture di sicurezza potrebbe essere ridotta. Vogliamo essere sicuri che i vari paesi capiscano questo concetto”.

India: fermano un uomo in aereoporto e in valigia teneva un piccolo bimbo


Catturato all’aeroporto con un embrione in valigia, «li contrabbando da 18 mesi»– di Leone Grotti

«Mi ha reclutato un’agenzia malese, traffico per la clinica Indo Nippon». Nonostante abbia vietato la surrogata commerciale, l’India è ancora la mecca dell’inferno procreativo.

Il 15 marzo le autorità indiane fermano un cittadino malesiano all’aeroporto di Mumbai. In valigia gli trovano un contenitore di azoto: dentro, congelato, c’è un embrione umano.

L’uomo, identificato col nome di Partheban Durai, spiega che è diretto alla famosa clinica Indo Nippon IVF, il centro per l’infertilità nel quartiere di Bandra ovest.

È lì, confessa l’uomo, che negli ultimi 18 mesi ha effettuato altre sette, otto, dieci consegne: lo schema è sempre stato lo stesso, arrivo in mattinata, consegna del “pacco”, ritorno con un volo serale. Perché è questo il lavoro di Durai: contrabbandare embrioni.

La clinica nei guai. In India, a meno che siano destinati alla ricerca, l’importazione di embrioni è vietata dal 2015, e le autorità sono convinte di aver intercettato un traffico finalizzato ad alimentare il mercato dell’utero in affitto.

Nonostante la Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento, abbia approvato a dicembre una legge che mette al bando la maternità surrogata a scopi “commerciali”, l’India è infatti ancora il più importante hub del turismo procreativo: il settore della fecondazione assistita, spiega AsiaNews, fattura ogni anno circa 5 miliardi di dollari (4,4 miliardi di euro) e nel paese sono presenti più di 500 cliniche.

Centri come la Indo Nippon IVF che ha rigettato ogni accusa tramite il suo direttore scientifico e cofondatore, la celebre embrionologa Goral Gandhi; tuttavia gli agenti della Revenue Intelligence (DRI) che hanno effettuato l’arresto di Durai, assicurano di essere in possesso di messaggi, ritrovati sul suo cellulare, e documenti che confermano la versione del malese: questo embrione andava consegnato alla Indo Nippon.

Le indagini della DRI sul contrabbando degli embrioni

L’Alta Corte di Bombay al momento ha vietato ogni tipo di misura cautelare nei confronti della dottoressa Gandhi, che sarà sentita dai giudici il 22 marzo in attesa di un’udienza che si terrà il 3 aprile.

L’avvocato di Gandhi promette battaglia sostenendo si tratti di una «cospirazione ordita dalla concorrenza». La DRI indaga intanto per capire a cosa fosse destinato quel pacco contrabbandato, se a una surrogata o alla vendita ad altre cliniche o medici.


L’agenzia malese, il piano dei reclutatoti. Durai, scrivono i giornali indiani, ha raccontato di essere stato assoldato da Heart 2 Art, un’agenzia che si occupa di coppie con problemi di fertilità che ha sede in Malesia, gestita da una persona di origine indiana insieme alla moglie, una donna inglese: «Fanno da agenti del contrabbando illegale di embrioni in India», sostiene la DRI.

Parlando all’Indian Express un funzionario ha detto che in seguito alla perquisizione dei locali del centro per la fertilità indiano sono stati recuperati «documenti compromettenti relativi al contrabbando di embrioni», o, come riporta il Times of India, comunicazioni tra la clinica e varie agenzie malesi contenenti richieste specifiche in merito alla donazione di ovuli.
Intercettato e poi catturato

Una volta intercettato, i funzionari hanno chiesto a Durai di collaborare. Lo hanno accompagnato in un hotel a cinque stelle, dove gli era stato chiesto di fare il check-in: «Durai ha inviato le immagini dell’hotel ai suoi supervisori come prova che tutto stava procedendo secondo i piani. Gli è stato detto di lasciare l’embrione alla clinica Indo Nippon. Ricevuto l’ordine, Durai ha preso il contenitore». È stato arrestato solo dopo la consegna.

Nella mecca dell’utero in affitto. In Malesia la legge islamica non consente la maternità surrogata. Gli esperti della fecondazione in vitro tuttavia ritengono che le coppie malesi possano ricorrere alla surrogazione in India dove il Surrogacy (Regulation) Bill, presentato in prima bozza dal governo nel 2016 e approvato a dicembre 2018, mette al bando l’affitto dell’utero a scopo commerciali, ma non la gestazione per altri in forma altruistica.

Secondo la normativa infatti, coppie sterili indiane sposate da almeno cinque anni, possono ricorrere alla surrogazione di maternità qualora la gravidanza venga portata a termine una parente stretta.
Il business delle tecniche di riproduzione

Single, omosessuali e stranieri sono esclusi e puniti (con la detenzione fino a dieci anni e multe fino a un milione di rupie), ma è difficile porre un freno al business delle tecniche di riproduzione che, sulla pelle dei poveri e a costi competitivi (da 18 a 30 mila dollari per una gravidanza, un terzo dei prezzi degli Stati Uniti), ha trasformato l’India nella mecca della surrogata.

Aprendo le porte all’utero in affitto nel 2002, senza alcun quadro legislativo, con a disposizione infrastrutture mediche di qualità e un enorme potenziale di donne povere ad alimentare la crescita di questa industria, il paese è diventato in brevissimo tempo un hub mondiale del turismo procreativo, con migliaia di coppie straniere (anche italiane) che si sono riversate in massa nel subcontinente.

Le aberrazioni della surrogata. Il vuoto normativo ha reso al contempo l’India la cartina al tornasole di tutte le aberrazioni dell’utero in affitto.

Basti ricordare il caso di Baby Manji, un bimbo “ordinato” da una coppia giapponese che ha divorziato un mese prima che una madre surrogata lo mettesse al mondo.

O riguardare Google Baby, documentario realizzato nel 2009 dalla regista israeliana Zippi Brand Frank che nel 2009 ha mostrato al mondo come cosa c’era dietro alla fiorente industria della surrogata in India, dove povere contadine danno alla luce bambini ordinati su internet da stranieri facoltosi: embrioni in valigia, menù di donatrici, poche fisime su aborto selettivo e committenti 57enni e single: vale tutto, basta pagare.

O ancora, rileggere il reportage di Julia Bindel pubblicato dal Guardiannel 2016 sulle fattorie umane indiane, le “surrogacy houses”, in cui vengono stipate “in batteria” le donne che conducono la gravidanza in surrogazione e che vengono sfamate e accudite solo a tale scopo: produrre esseri umani dietro il corrispettivo di un prezzo.
Le conseguenze di anni e anni di mercimonio

Nell’ottobre del 2015 la Corte Suprema dell’India accusò il governo di aver permesso «il traffico di embrioni umani», «un business che si è evoluto in turismo procreativo».

Oggi una legge prova a tutelare donne e bambini dalle conseguenze che anni e anni di mercimonio hanno inciso sulla carne viva di povera gente.

E che, come dimostra l’arresto del trafficante malese, continua a svelare i suoi orrori: embrioni in valigia, ramificazioni in più paesi, cliniche sotto indagine.

Ecco dove porta la via per il paradiso lastricata da “atti d’amore”, “progresso”, “libera scelta”. 

Fonte: Tempi