I progetti di “invasione commerciale”, strategica e militare della Cina sembrano essere sottovalutati. Le “guerre commerciali” si combattono a livello globale, comportano anche la formazione di blocchi che attraverso accordi e investimenti cercano di conquistare o controllare spazi utili per far transitare in sicurezza e con costi minori le merci.
Uno degli effetti della globalizzazione è il forte incremento di trasporti di merci, se consideriamo che circa l’85 per cento del totale delle merci viene movimentata via mare si capisce l’importanza strategica di controllare le rotte e i nodi.
Vi è una rincorsa alla conquista dei nodi commercialmente (e non solo) strategici. Per quanto riguarda la “guerra dei Canali”, probabilmente il tentativo di costruire più a nord del Canale di Panama (storicamente protetto dagli Stati Uniti) un Canale in Nicaragua a sud di Managua sponsorizzato da un facoltoso imprenditore cinese, rappresenta un’aperta sfida.
La guerra per il controllo delle vie commerciali comprende anche la nuova Rotta Artica, Gibuti che da sud controlla l’accesso al Canale di Suez e il contenzioso del Mar Cinese Meridionale.
Lo studio di Antonio Selvatici presentato agli Stati Generali dell’Intelligence Economica organizzati dall’Università Tor Vergata di Roma descrive il progetto cinese di conquista/controllo di una delle rotte marittime più importanti del pianeta, quella che collega i maggiori porti della Cina con il cuore dell’Europa.
Lo studioso cerca di dare risposta ad alcune domande: il progetto cinese One Belt, One Road contribuirà fortemente a cambiare gli assetti geopolitici riportandoci ad una visione bipolare?
E’ possibile immaginare il nuovo porto di Venezia come il terminale della Via della Seta Marittima? E’ possibile pensare come il più grande progetto infrastrutturale del globo debba passare per la città d’arte più famosa d’Europa?
Ed è possibile ipotizzare come sponsor della costruzione del nuovo porto off-shore (2,2 miliardi di euro) sia lo Stato cinese? L’Italia come reagisce? E l’Europa?
Non è forse vero che il riconoscimento dello Status di Economia di Mercato è anche funzionale alla realizzazione del progetto cinese della One Belt, One Road ?
Sotto, con l’autorizzazione dell’autore, riproduciamo alcuni passaggi dell’Introduzione:
La “Nuova Via della Seta” è un ambizioso progetto infrastrutturale, commerciale, militare e strategico che collega la Cina con l’Europa. Quando verrà ultimata sarà la più importante via commerciale e strategica tra l’Oriente e l’Occidente.
Due sono le direttrici: una terrestre e l’altra marittima, insieme formano una “cintura”. Il progetto One Belt, One Road attraversa 65 Paesi che totalizzano il 55 per cento del PIL mondiale, il 70 per cento della popolazione e il 75 per cento delle riserve energetiche.
Per realizzare il grandioso progetto la Cina ha stanziato circa 1,4 trilioni di dollari da investire nei prossimi decenni. Quaranta miliardi di dollari sono già stati raccolti. La destinazione finale della importante tratta marittima è Venezia. Tra gli obiettivi del progetto anche l’acquisizione delle acciaierie ILVA di Taranto. L’Italia è fortemente coinvolta nel progetto cinese del One Belt, One Road, ma l’argomento è conosciuto da pochi.
Molti paesi attraversati o toccati dalle due direttrici hanno stretto, o hanno in programma di siglare, importanti accordi finanziari e commerciali (ed anche alcuni militari) con la Cina. Sono state raggiunte intese per la fornitura di materie prime, risorse energetiche e la costruzione di impianti nucleari. L
a grande “cintura” da alcuni studiosi è stato definito il nuovo Piano Marshall: le infrastrutture, e il loro finanziamento da parte della Cina, hanno un indiscutibile ruolo economico e strategico. Le due direttrici sono la “spina dorsale” di alleanze che, secondo i progetti cinesi, aiuteranno lo sviluppo dei paesi interessati ed amplieranno la sfera d’influenza di Pechino. Diplomazia delle infrastrutture che mal cela aspetti di “economia predatoria”.
Tra gli obiettivi del progetto anche quello di “conquistare” commercialmente l’Europa Centro Orientale. Per cercare di raggiungere agevolmente e al “minor costo” questa importante area, la Cina ha già effettuato importanti investimenti.
La “21th Century Maritime Silk Route /MSR” attraversa e coinvolge il Mediterraneo: all’interno del bacino ha già interessato la Grecia, l’Egitto, l’Algeria e in misura minore l’isola di Malta. La destinazione finale della importante tratta marittima è Venezia.
La storica città tra pochi anni potrebbe diventare il capolinea della più importante via d’acqua che collega l’Oriente con l’Occidente.
La struttura portuale esistente non è sufficiente, quindi per sopportare il forte incremento di movimentazione di merci è necessario creare nuove strutture e pensare ad una rete infrastrutturale in grado di farle defluire. L’Autorità Portuale di Venezia stima che (a fine lavori d’ampliamento, quando Venezia diventerà il terminale della Via della Seta Marittima) entro il 2030 il porto movimenterà 6 milioni di container TEU.
Nel 2015 ne ha movimentati 554mila. Quindi si prevede di moltiplicare quasi per dodici il flusso di merci. Per eseguire le strutture portuali off-shore e in-shore previste dal progetto di ampliamento occorrono circa 2,2 miliardi di euro.
I cinesi hanno già dimostrato interesse per la costruzione (seguendo uno schema già collaudato, probabilmente anche per il finanziamento e la gestione) del nuovo mega porto.
Se il progetto dell’ampliamento diventasse operativo potrebbe cambiare anche l’economia degli altri scali portuali italiani.
Per meglio comprendere quanto ambizioso ed importante sia il progetto di ampliamento del porto di Venezia è sufficiente sapere che complessivamente nel 2013 tutti i porti italiani hanno movimentato 10 milioni di TEU.
Come detto, la complessità e le dimensioni dei progetti riconducibili alla One Belt, One Road comportano (e comporteranno) nuove alleanze, commerciali, finanziarie, politiche e militari. Interessi economici, politici e militari si confondono: il primo Libro bianco sulla strategia militare cinese dava una grande importanza alla gestione dei mari.
Gli Stati Uniti (e il Giappone, storico “nemico”) non hanno gradito la politica “espansionistica” cinese (“governance globale”) che, tra le finalità, ha anche quella del raggiungimento del bipolarismo: diventare un attore globale insieme agli Stati Uniti. L’India, per ora, sembra essere un importante attore “neutro”.
In questa disputa l’Italia ricopre un ruolo importante: Venezia è la destinazione finale del progetto ed è il porto più vicino all’Europa Centro Orientale. Come vedremo, dal punto di vista commerciale, in un’ottica di raggiungimento del “costo minimo”, la nota città d’arte è ottimale. In Europa la Germania è fortemente coinvolta nel progetto infrastrutturale cinese che vede nel porto fluviale di Duinsburg un altro tassello difficilmente sostituibile.
La Federazione Russa, attraversata dal tratto ferroviario della Via delle Seta, sta stringendo importanti accordi commerciali di fornitura di materie prime energetiche alla Cina.
Inoltre, nuovi oleodotti e gasdotti partiranno dai giacimenti della Russia per raggiungere la Cina (accordo Gazprom con China National Petroleum Corporation /CNPC per fornitura gas e relativa pipeline).
Mentre le varie diplomazie si confrontano sulla One Belt, One Road in Europa si sta “combattendo” una battaglia sotterranea: il rilascio dello Status di Economia di Mercato (Market Economy Status, MES) alla Cina.
La Cina ambisce fortemente al riconoscimento che, di fatto, le permetterebbe di non essere più soggetta alle restrizioni di anti-dumping. Se venisse riconosciuto lo status, i settori della manifattura italiana ora sottoposti a misure di anti dumping, come, ad esempio l’acciaio, rischierebbero di subire gravissime perdite.
Antonio Selvatici
MORIREMO CINESI?
2016