giovedì 27 dicembre 2018

IL SOVRANISMO SI ANDRÀ AD AFFERMARE SULLE MACERIE DELL’ATTUALE UNIONE EUROPEA

IL SOVRANISMO SI ANDRÀ AD AFFERMARE SULLE MACERIE DELL’ATTUALE UNIONE EUROPEA


di Luciano Lago
Molto tempo è passato da quando Jean-Jacques Rousseau scrisse il suo famoso Contratto Sociale, in cui Rosseau sostenne la necessità che gli individui, allo scopo di proteggere loro stessi e la propria libertà, si dovessero alleare in un patto sociale, formando in tal modo una forza unitaria, un’associazione volta a tutelare i beni e i valori di tutti, delineando così un corpo politico, composto dai singoli contraenti, che doveva corrispondere allo stato. Fu questa la prima teorizzazione dello Stato Sociale e della sovranità dello Stato in epoca pre moderna in contrasto con la visione tradizionale dell’Autorità e dell’assolutismo monarchico.

Il pensatore francese aveva teorizzato la necessità di una costruzione sociale che garantisse la costituzione di uno Stato democratico e doveva avere la finalità di assicurare la tutela della libertà individuale di ciascuno. 
l Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau rappresenta un testo essenziale per gli studi di etica sociale e filosofia politica; scritto nel 1762, l’opera è un baluardo della cultura moderna, e della moderna scienza politica. L’argomento di fondo era posto dall’interrogativo di quali possano essere le regole sulle quali basare un ordine politico e civile rispetto all’ordine originario della natura.

Le derivazioni moderne del pensiero di Rousseau, nell’idea democratica e post assolutista, hanno delineato il popolo come vero titolare della sovranità ed hanno sostenuto il ruolo delle leggi come espressione della volontà popolare.

Da allora l’idea della sovranità è stata sviluppata e teorizzata da un grande numero di pensatori e teorici, genralmente impegnati a stabilire quali fossero i limiti al potere statuale e a introdurre garanzie di fronte all’arbitarietà del potere politico. Questo pur conservando il valore sostanziale che era stato identificato da Rousseau come base della democrazia: la capacità dei popoli di autogovernarsi e decidere il modello sociale, economico e politico in cui questi desiderano vivere.

L’involuzione antidemocratica dell’Unione Europea


Questo prologo ci permette di affermare che attualmente, con l’introduzione del sistema dell’Unione Europea, si è verificata una involuzione dei principi di sovranità e di patto sociale in quanto questa UE rappresenta di fatto la negazione di questi principi della sovrantà e della democrazia. L’Europa neoliberista ha esacerbato la concorrenza tra i paesi, ha liquidato i diritti sociali e sta intaccando i valori civici delle società europee.
Oltre a questo il neoliberismo, che è la dottrina economica imperante nella UE, ha diviso il continente europeo in un nucleo di paesi industrializzati diretto dalla Germania rispetto ai paesi della periferia sprezzantemente chiamati i paesi del “club med” sempre più dipendenti dal punto di vista economico e svantaggiati dal sistema di cambi fissi derivante dall’euro. Nell’area europea non c’è possibilità per attuare politiche redistributive, al contrario vige il sistema del mercanitilismo e della conflittualità economica che, nel migliore dei casi, se riesce a produrre una crescita economica, lo fa a scapito delle maggioranze sociali che vengono impoverite dalla austerità e svalutazione dei salari.
Gli stessi cittadini europei hanno iniziato a comprendere quale sia il significato di un sistema di mercati aperti e di sottomissione alle regole europee: che si voti per uno o per altro partito, sarà sempre uguale la situazione con una ristretta oligarchia a decidere la politica economica, i bilanci e i principali assetti economici per ogni paese. Se qualcuno osa sfidare l’autorità di Bruxelles i mercati lo fanno ridurre alla ragione scatenando attacchi speculativi fino a provocare un default del paese. Il primo caso evidente è stata la Grecia e il secondo potrebbe essere l’Italia.

E’ passato molto tempo dal trattato di Maastricht e dopo quasi tre decadi di neoliberismo, le società europee stanno iniziando a reagire, come alcuni avevano previsto. Milioni di persone hanno perso tutto e assistono attoniti alla disintegrazione delle loro vecchie comunità. Nei paesi del sud Europa la miseria si è allargata, la disoccupazione giovanile ai massimi di anno in anno e la gioventù è priva di una prospettiva e di un proprio orizzonte. 

Qualcuno poteva sorprendersi dall’ emergere dall’ondata di populismo anti establishment che si va affermando in Europa? Potrebbe forse stupire qualcuno la riapparizione di richieste di sovranità, di sicurezza, di protezione sociale di fronte alle conseguenze deleterie della supremazia dei mercati? Sempre più cittadini si appellano allo Stato e rivendicano una sovranità nazionale contro la dittatura dei mercati perchè hanno capito che lo Stato nazionale è l’unico che può intervenire e contrastare la deriva finanziarista dei mercati.


Rivolta di popolo contro le banche


Appellare queste richieste come ritorno del fascismo, del nazionalismo, del razzismo significa non capire la vera natura dell’Unione Europea, il suo carattere elitario e oligarchico, il suo orientamento profondamente antidemocratico. La rinazionalizzazione della politica europea non è un effetto congiunturale della rivalità fra i partiti, ma piuttosto il prodotto storico della globalizzazione capitalista e della forma specifica che si è adottato in Europa.
Arrivati in questa fase della Storia bisogna essere chiari. Quello che si sta verificando in Europa non è uno scontro tra una forma di nazionalismo atavico e di un europeismo di impostazione liberista e cosmopolita. Quello che sta accadendo in Europa è uno scontro tra due forme di nazionalismo revanscista per la preminenza in Europa: quello mercantilista economico della Germania che si propone come potenza egemone e un nazionalismo di reazione sociale-identitaria che emerge in Francia, oltre a una forma di sovranismo che affiora prepotentemente in paesi come Italia, Belgio, Spagna o Gran Bretagna, per non parlare di quello che emerge nell’Europa dell’Est.

La vuota retorica europeista che oppongono le elite politiche dominanti, la loro stretta difesa dell’euro e del mercato unico, oltre a essere una difesa delle oligarchie finanziarie dominanti non è altro che una riproposizione in chiave economica della supremazia economica della Germania quale paese leader in Europa.

L’europeismo e il globalismo possono ancora avere l’adesione di alcune elite intellettuali e di parte della borghesia cosmopolita collegata ai centri finanziari, tuttavia non freneranno l’avanzata del populismo di carattere nazionalistico che si va diffondendo fra le masse defraudate dei loro diritti ed impoverite dalla globalizzazione. Per offrire una alternativa alle ricette europeiste si richiede una nuova sintesi politica che sia in grado di interpretare le esigenze degli strati popolari con idee forti, con passione e immaginari concreti.


Mario Draghi con il prof. Monti


La chiave di questo sta nell’unire un discorso diretto alle grandi maggioranze sociali con un programma orientato alla difesa della dignità delle classi popolari e dei lavoratori: al recupero della sovranità come base della democrazia; la rindustrializzazione dei paesi del sud Europa a partire dall’intervento pubblico nell’economia; una politica sociale orientata al pieno impiego; una profonda trasformazione dello Stato in senso federale e democratico.
Questo presuppone una rimpostazione delle alleanze internazionali e una nuova unione tra i paesi che rispettano la sovranità degli Stati: una Europa confederale. Al fondo la possibilità reale di una alleanza tra le classi lavoratrici, le categorie produttive che rappresentano le comunità: i piccoli produttori, i piccoli commercianti, gli agricoltori, artigiani ecc.. 
Un tale programma si può costruire superando le vecchie categorie destra e sinistra che sono gli schemi preferenziali del sistema dominante. Essenziale in questa fase, per i movimenti sovranisti, trovare un percorso comune evitando di cadere nelle trappole che già si sono aperte per imbrigliare la spinta dei movimenti sovranisti in reti internazionali di gestione che mirano a riportare tutto sotto il controllo delle centrali sovranazionali del potere dominante.

Il sovranismo è arrivato per rimanere come tendenza di fondo e deve essere integrato con la difesa dello stato sociale e delle identità culturali e nazionali. Le rivolte in Francia contro i pupazzi della finanza come Macron sono i primi venti di tempesta che si avvicinano. A questi livelli l’unica domanda rilevante è su chi sarà in grado di egemonizzare le forze sociali che ha scatenato la globalizzazione e quali richieste di protezione sicurezza e identità saranno prioritarie.
Svelare il carattere subalterno e dipendente delle classi politiche al potere è il compito di chi assume la leadership del fronte sovranista nei vari paesi e dimostrare che la sovranità è condizione indispensabile della democrazia nel senso originario di questo termine. Tuttavia una questione è fuori discussione: il futuro dei popoli sovrani si costruirà sulle macerie di questa Unione Europea.



RUSSIA E CINA STANNO PREPARANDO UNA RISPOSTA MULTIPOLARE ALL’OCCIDENTE

RUSSIA E CINA STANNO PREPARANDO UNA RISPOSTA MULTIPOLARE ALL’OCCIDENTE


di Sergei Leonov
Le fonti di Mosca riferiscono che il capo della Federazione Russa, Vladimir Putin, sarà l’ospite chiave del “One Belt, One Way Forum”, che si terrà in Cina nell’aprile 2019. Sergey Sanakoev, capo del Centro di analisi russo-cinese, afferma che non c’è nulla di sorprendente in questo fatto – dopo tutto, tre delle cinque rotte terrestri di questo grandioso progetto attraversano anche il territorio russo.
Oltre a Putin, i membri di circa quattro dozzine di paesi prenderanno parte al forum, ma il leader russo, secondo l’ambasciatore russo nella Repubblica popolare cinese Andrei Denisov, sarà sicuramente l’ospite principale dell’evento.
Dopo che Putin ha visitato la Russia in aprile, il leader dell’Impero Celeste, Xi Jinping, farà una visita di ritorno – il presidente cinese visiterà il Forum economico di San Pietroburgo, che si terrà nel giugno 2019.
“È necessario comprendere che nell’ambito del progetto” One Belt and One Road “non sono solo in discussione le rotte di trasporto, ma anche alcune questioni relative ai trasporti, ai legami culturali tra la gente russa e quella cinese ” , – come cita l’ agenzia di affari federale Sanakoyev” Economia oggi “.
In definitiva, l’obiettivo regionale della Russia è quello di collegare le province settentrionali della Cina con l’Eurasia attraverso la Transiberiana e la Ferrovia orientale cinese – con Chita, nell’est russo, Khabarovsk in Russia e la Cina totalmente interconnesse.
E in tutto questo progetto, Mosca punta a massimizzare il ritorno sulle sue principali risorse dell’Estremo Oriente russo; agricoltura, risorse idriche, minerali, legname, petrolio e gas. La costruzione di impianti di gas naturale liquefatto (GNL) a Yamal avvantaggierà notevolmente non solo la Cina, ma anche il Giappone e la Corea del Sud.

L’orientamento verso l’Asia della Russia non deve meravigliare più di tanto. Gli esperti dell’Estremo Oriente russo sono molto consapevoli dell ‘”eurocentrismo di una parte considerevole delle élite russe”. Sanno che quasi l’intero ambiente economico, demografico e ideologico in Russia è stato strettamente intrecciato con l’Europa per tre secoli. Riconoscono che la Russia ha preso in prestito l’alta cultura europea e il suo sistema di organizzazione militare. Ma ora, sostengono, è il momento, come un grande potere eurasiatico, di trarre profitto da “una fusione originale e autosufficiente di molte civiltà”; La Russia non solo come un punto di scambio o di connettività, ma come un “ponte di civiltà”.
Quello che caratterizza la attuale leadership di Mosca è la sua straordinaria ambizione; posizionare la Russia come un crocevia geoeconomico e geopolitico chiave che collega i sistemi economici dell’Eurasia settentrionale, Asia centrale e sud-occidentale.

Lavorando su un progetto comune, la Russia e la Cina stanno creando nuove forme dell’ordine mondiale globale, alternative a quelle che l’Occidente collettivo sta cercando di imporre. Negli Stati Uniti, stanno lottando per un mondo unipolare, mentre Mosca e Pechino si stanno sforzando di creare una comunità geopolitica multipolare in cui non ci saranno pericolosi centri dominanti di potere.

DEDICATO AL GOVERNO DELLA VILTA’

ITALIANI DELLE PARTITE DI CALCIO, DEL REDDITO DI "SCHIAVITU'", DEI REALITY SHOW GUARDATE COME SI LOTTA PER IL DIRITTO ALLA SOPRAVVIVENZA DI TUTTI, ANCHE DELLA VOSTRA.....

A #Margencel coloro #GiletsJaunes che si lasciano sloggiare  dalla polizia  questa mattina danzano  su un’aria di Edith Piaf #HauteSavoie video di @vivionr


SCUSATE, NON HO PIù voglia di scrivere. Almeno per un po’. Vi posto questo articolo di Italia oggi: I grillini tolgono soldi ai poveri vecchi per dare un “reddito di cittadinanza” ad altri poveri “loro”. Tutto questo è stupido, crudele e insensato.

Si salvano solo le pensioni fino a mille euro (netti)

Rivalutazione ridotta per tre anni per le pensioni di importo superiore a 1540 euro mensili lordi. E prelievo straordinario per tre anni a quelle più ricche calcolate in tutto o in parte con il metodo retributivo
di Daniele Cirioli
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Doppio taglio alle pensioni. Rivalutazione ridotta per tre anni (2019/2021) a quelle d’importo superiore a 1.540 euro mensili lordi; prelievo straordinario a quelle d’oro, calcolate in tutto o in parte con la regola retributiva, per cinque anni. A prevederlo è un emendamento del governo al ddl di bilancio 2019 che, inoltre, tagli anche i fondi riservati a reddito di cittadinanza e revisione del sistema pensionistico (quota 100).
Perequazione: 10 anni di tagli. Niente da fare; neppure il capodanno 2019 vedrà il ritorno ai criteri naturali di perequazione delle pensioni. Il 2018, infatti, doveva essere l’ultimo anno di operatività della deroga della Finanziaria 2014 (legge n. 147/2013) che per cinque anni (2014/2018), dopo il blocco totale per il biennio 2012/2013 (in parte recuperato per via giudiziaria), ha ridotto la rivalutazione per salvaguardare i conti pubblici. Dal prossimo anno si doveva tornare alle originarie regole di perequazione che, non solo sono più magnanime ai pensionati, ma vedono anche applicare la rivalutazione con regole a vantaggio dei pensionati: non per un singolo scaglione in base all’importo complessivo della pensione, ma per diversi scaglioni in base alle fasce d’importo della pensione: un «trucchetto» tecnico, questo, che ha consentito ulteriori risparmi di spesa a svantaggio sempre dei pensionati. E invece il «trucchetto» e una ridotta rivalutazione saranno in vigore per altri tre anni. Per il triennio 2019/2021 gli aumenti delle pensioni saranno scaglionati nel seguente modo:
a) 100% dell’Istat alle pensioni complessivamente pari o inferiori a tre volte il minimo Inps;
b) 97% dell’Istat alle pensioni superiori a tre ma non a quattro volte il minimo Inps;
c) 77% dell’Istat alle pensioni superiori a quattro ma non a cinque volte il minimo Inps;
d) 52% dell’Istat alle pensioni superiori a cinque ma non a sei volte il minimo Inps;
e) 47% dell’Istat alle pensioni superiori a sei ma non a otto volte il minimo Inps;
f) 45% dell’Istat alle pensioni superiori a otto ma non a nove volte il minimo Inps;
g) 40% dell’Istat alle pensioni superiori a nove volte il minimo Inps.
Resta operativa la clausola di salvaguardia in corrispondenza di ogni limite superiore delle classi d’importo, per cui le pensioni superiori a tale limite ma non a tale limite più l’importo della rivalutazione sono incrementate fino a raggiungere il citato importo (limite maggiorato della rivalutazione spettate per lo scaglione di riferimento).
In tabella viene messo a confronto la rivalutazione secondo le norme in vigore e quella in base alle norme previste dal ddl bilancio, sulla base del tasso Istat dell’1,1% già fissato per l’anno prossimo.
Ticket pensioni d’oro. Il governo ci riprova con il ticket sulle pensioni d’oro, una misura prevista dalla manovra del 2011, ma dichiarata incostituzionale (sentenza n. 216/2013). Forse proprio per superare i rilievi della corte costituzionale, il ticket è introdotto come “meccanismo di riduzione” delle pensioni (dunque, non come prelievo) che alimenta un nuovo fondo dell’Inps a destinazione specifica. Il ticket colpirà le pensioni che, nel complesso, superano i 100 mila euro lordi annui, ma l’applicazione non potrà mai comportare una riduzione della pensione sotto tale soglia. Il ticket colpirà i trattamenti diretti (pensione di vecchiaia e anzianità, con esclusione di quelle di reversibilità, d’invalidità e di quelle a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche), che abbiano quote calcolate con la regola retributiva, mentre non si applicherà alle pensioni interamente liquidate con il sistema contributivo. Gli scaglioni previsti per il ticket sono soggetti a rivalutazione annuale.
Fondi ridotti per pensioni e cittadinanza. Il ddl bilancio stanzia in specifici fondi le risorse per le future riforme. Il primo, denominato «fondo per il reddito di cittadinanza», avrà una dotazione di 7.100 mln di euro per il 2019, di 8.055 mln per il 2020 e di 8.317 mln dal 2021 (la prima bozza di ddl bilancio stanziava 9.000 mln annui a decorrere dal 2019). Il secondo fondo, denominato «fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l’introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani», avrà una dotazione di 3.968 mln di euro per il 2019, di 8.336 mln per il 2020, di 8.684 mln per il 2021 e di 8.153 mln per il 2022 (la prima bozza di ddl bilancio stanziava 6.700 mln di euro per il 2019 e 7.000 mln di euro annui a decorrere dal 2020).

Abbiamo ceduto noi, mentre sono alle corde “loro”

Deutsche Bank precipita di nuovo per l’ansia  di un rallentamento globale. Ora giù 56% anno fino ad oggi.





BIBI E ERDOGAN ATTACCANO LA SIRIA. SI SONO COORDINATI?

Mentre i siriani celebravano la notte di Natale, lo stato antisemita di Israele ha lanciato un attacco aereo  sparando dieci missili  contro Damasco  (8 intercettati)  – dallo spazio aereo libanese – i suoi aerei (un F 35 e un F 16) si sono “coperti” dietro due aerei civili russi,  uno mentre atterrava a Damasco e un altro in avvicinamento a  Beirut, ha protestato il portavoce del ministero russo Igor Konashenkov.  Una sfida diretta a  Mosca pochi giorni dopo il severo avvertimento russo alla delegazione militare israeliana. Il sospetto che gli israeliani abbiano deciso di andare direttamente e veramente alla guerra anche contro la Russia   sulla martoriata Siria,  con la scusa  (preordinata con Washington?)  dell’annunciata partenza delle truppe Usa che proteggevano i curdi, è stato avanzato dalla Nezavisimaya Gazeta – che cita il ministro ebreo della guerra appena dimessosi , il  razzista Avigdor Liberman:  “La partenza degli americani solleverà il morale del presidente siriano Bashar Al-Assad e dei suoi alleati, Iran e Hezbollah libanese…il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria aumenta di molto  la probabilità di un conflitto su larga scala nel nord, sia in Libano che in Siria“.


Voltafaccia anti-Mosca?

Nel frattempo – come ha sottolineato l’esperto militare russo Yuri Liamin, “ la Turchia sta ora minacciando di  avviare una nuova operazione militare  contro i curdi siriani. Questa operazione potrebbe portare a un reale controllo turco su una parte significativa della Siria settentrionale. È improbabile che tale sviluppo piaccia alle autorità siriane e al suo alleato iraniano “.  Ebbene: queste operazioni turche sono già in corso,  anche se con esitazioni perché le forze urche non hanno mostrato  grande capacità, anzi subito perdite, contro i curdi.  “Circa 35 carri armati  turchi  ed armamenti pesanti portati su autocarri hanno traversato il posto di frontiera di Jarablus la sera” del 21 dicembre, annunciava l’Osservatorio su Diritti Umani in Siria (il discusso centro di Londra).
E a questo punto non ci si può esimere dal sospettare che Erdogan si muove in coordinamento con Israele – e la complicità di Trump  –  in una offensiva indipendente ma congiunta, allo scopo di smembrare la Siria e di incamerare il Nord siriano alla Turchia.  Nel calcolo che le forze siriane e i suoi allleati, Hezbollah e l’Iran, siano vicine all’esaurimento.
Un voltafaccia di Erdogan contro Putin è ventilato con precisione nell’articolo  del meglio informato corrispondente  sul  nido di vipere siriano, Elijah Magnier:  “Andandosene [dalla Siria] Trump tende una trappola alla Russia, alla Turchia e all’Iran  in Siria”. Rimando all’articolo integrale  tradotto in italiano, ma ne riprendo i passi-chiave:
“Il veloce ritiro americano è previsto e anche ideato per creare, senza dubbio, una iniziale confusione nel triangolo Turchia-Siria-Iraq nei primi mesi.  L’ISIS, la Turchia e al-Qaeda potrebbero trarne vantaggio.  …“A giudicare da quello che i presidenti Trump e Erdogan si sono detti nell’ultima telefonata, sembra che l’amministrazione americana abbia deciso di lasciare la Siria in mano alla Turchia : non è certo una mossa ingenua. Infatti il Pentagono ha spinto deliberatamente migliaia di combattenti dell’ ISIS nella zona che controlla, verso la sponda del fiume Eufrate, contro l’esercito siriano e i suoi alleati sul fronte di Deir-Ezzour. Questo significa che, in caso di un veloce ritiro americano coordinato con la Turchia, le truppe di Ankara potranno entrare nella provincia curdo-araba di al-Hasaka, cominciando  magari  da Manbij o Tal Abiad senza incontrare resistenza da parte dell’ISIS perché  nella zona non ci sono i suoi militanti.
“In caso di un attacco turco improvviso , le YPG ( Unità di Protezione Popolare) curde dovranno precipitarsi contro le truppe turche cercando di frenare la loro avanzata, in attesa dell’aiuto da parte del governo siriano, […]  Un tale scenario porterà alla rottura delle relazioni tra la Turchia, la Russia e la Siria. Mosca ha già avvertito la Turchia di non avanzare verso il nord-est della Siria. Un avanzamento della Turchia o anche dei suoi alleati jihadisti in Siria, concentrati al confine delle province controllate dai curdi, rimetterà in discussione le relazioni tra Mosca e Ankara e tra Mosca e Damasco. Un tale riassetto può soltanto essere evitato se il presidente Erdogan resiste alla tentazione di invadere (il nord-est siriano) e finisce con l’accondiscendere al desiderio russo di discutere il futuro della zona dopo la partenza americana”.

Magnier paventa esplicitamente un “ piano unilaterale della Turchia per entrare in Siria, senza un coordinamento con la Russia”. Erdogan  ha espresso proprio questa intenzione, fra l’altro minacciando Parigi di “conseguenze” se non ritira la presenza militare francese presso i gruppi curdi ad est dell’Eufrate –  e ribadendo la  sua volontà di invadere  l’est dell’Eufrate e “spazzar via le forze curde e quelli che le sostengono” – con il proposito vero di occupare per sempre   il  Nord della Siria.  Erdogan insomma persegue sempre ed ancora  lo stesso progetto di smembramento in cui fu utile complice di  Parigi e Londra, della NATO e di Obama,  e per il quale fu creato armato, addestrato (e pagato dai sauditi) l’ISIS, e furono inventate le note accuse  della propaganda occidentale.: “Assad gasa il suo stesso popolo”,  “usa armi di distruzione di massa” (richiedenti intervento umanitario immediato),  Assad  massacra l’ennesimo ospedale dei bambini ad Aleppo, la candidatura al Nobel per i Caschi Bianchi  così buoni…tutte cose strombazzate dalla tv italiana, come sappiamo.

Silenzio sul rapporto ONU contro i Caschi Bianchi

Sicché ora i TG italiani  –  come tutti gli altri del resto  –  hanno taciuto la presentazione del gruppo di  studio delle Nazioni Unite, che  il 20 dicembre  ha intrattenuto i giornalisti per più di un’ora, documentando il vero volto dei “soccorritori” Caschi Bianchi: furto d’organi, saccheggi, collaborazione criminale coi cecchini islamisti,  messa in scena dei finti salvataggi….Il tutto corroborato da deposizioni di oltre cento testimoni oculari intervistati sul campo dalla Fondazione Onu.  Si  va da  un capo-infermiere di Aleppo che vede il corpo di un suo vicino,  rimandato dalla Turchia dove  i Caschi Bianchi l’avevano trasportato per “curarlo” :  “Ho sollevato il lenzuolo e ho visto una grossa ferita tagliata dalla gola allo stomaco … l’ho toccato con la mano e ho capito che non c’erano più organi”. Fino al siriano Omar al-Mustafa, un civile, simpatizzante loro perché ostile al regime di Assad: Ho provato a unirmi ai White Helmets, ma mi è stato detto che se non ero di al-Nusra, non potevano assumermi.  Praticamente  tutte le persone che lavoravano nei vicini centri di White Helmets erano al-Nusra o erano legate a loro”. 
Qui la Goracci può informarsi di quel che ha detto il “panel” ONU, dalla tv delle Nazioni Unite:


Indipendentemente da questo rapporto ONU, è stata rivelato che era falsa anche la storia, così commovente, raccontata da Spiegel sul ragazzi nodi 13 anni Mouawiya Syasneh,  il quale avrebbe scatenato la rivoluzione  in Siria scrivendo sul muro un graffito: “Assad, tu sei il prossimo!”.   Il ragazzino lo aveva intervistato e fotografato il celebre e premiatissimo giornalista tedesco Claas Relotius, che oggi ha confessato di aver inventato praticamente tutti suoi splendidi reportages per Spiegel. La prova finale che le fake news  sono prodotte dai media mainstream

(Il Giornalista dell’Anno –  per le invenzioni)


E due: altra bomba ad Atene. Che succede in Grecia?

E due: altra bomba ad Atene. Che succede in Grecia?
Due attacchi in una settimana, ma questa volta nel mirino dei terroristi la primizia di una chiesa. Isis o nuclei armati rivoluzionari? Intanto ci sono due feriti (assieme a tanti dubbi)
Nuova esplosione ad Atene, dopo l’attentato della scorsa settimana contro la sede della tv Skai. Una bomba è esplosa questa mattina fuori ad una chiesa, nel quartiere di Kolonaki, tra Licabetto e Skoufa Street, ferendo alle mani e al viso il poliziotto che la stava spostando e il sacrestano che l’ha trovata.
Nessuna rivendicazione al momento, ma c’è la primizia della chiesa: fino ad oggi i gruppi terroristici greci avevano messo nel mirino solo banche, tv o sedi di partito ma mai luoghi di culto. È la ragione per cui non si esclude alcuna pista.
BOMBA
Una bomba contenuta in una scatola di latta nera è esplosa all’esterno della chiesa di Agios Dionysios nell’elegante quartiere di Kolonaki. Gli investigatori sono in allarme anche perché, a differenza della bomba contro la tv Skai, questa volta non c’è stata alcuna telefonata di avvertimento, per cui poteva essere davvero una strage.
Sul luogo oltre alla polizia che ha sigillato l’area, le forze speciali antiterrorismo che stanno effettuando i rilievi del caso. A trovare la scatola è stato il sacrestano della chiesa che ha informato la polizia, ma prima dell’arrivo degli agenti ha spostato la scatola di latta dall’ingresso della chiesa in un’aiuola vicina. Dopo pochi attimi il boato.
Testimoni oculari hanno riferito di danni ad auto e moto parcheggiate nei pressi della chiesa, oltre all’ingresso della stessa chiesa.
CONTRO LA CHIESA?
“È molto strano che non ci siano state telefonate di avvertimento. Questo è spaventoso. Non riesco a capire questo colpo inferto alla Chiesa, perché la Chiesa è amore”. Queste le prime parole di padre George Tselalidis, sacerdote della Chiesa di San Dionisio, affidate ad una radio ateniese subito dopo l’esplosione. E ha aggiunto: “All’interno c’era un detonatore artigianale realizzato con un orologio, alcuni fili ed un liquido giallo”.
Secondo il Segretario Generale dei Corpi delle Guardie Speciali, Efstratios Mafroeidako, i terroristi “volevano il sangue”.
POLEMICHE
Sul posto è giunto anche il deputato di Nuova Democrazia Vasilis Kikilias, secondo cui “la nostra prima preoccupazione è la salute del poliziotto in ospedale”. Per poi attaccare il governo: “Sfortunatamente, avevamo avvertito di questo circolo vizioso di violenza brutale. Siamo preoccupati di questo colpo, senza nemmeno una telefonata. Tutti quelli che coprono con un tappeto ideologico la cieca violenza terroristica, fanno un gran danno. Siamo molto preoccupati per il modo in cui Syriza gestisce le questioni relative all’ordine e alla sicurezza del Paese”.
Il riferimento è alla presunta contiguità del vecchio nucleo sirizeo con il mondo extraparlamentare di piccoli gruppi rivoluzionari, che hanno negli ultimi tre anni ingaggiato una vera e propria guerriglia urbana per le strade ateniesi contro i corpi speciali del Mat, soprattutto nella zona di Exarchia e del Politecnico, con scontri settimanali e lancio di molotov.
Protestano perché le richieste “sociali” avanzate al primo governo Tsipras sono state disattese, dopo le promesse di meno austerità avanzate dall’attuale premier in campagna elettorale.
SCENARI
Di questo nuovo attacco stupisce la primizia dell’obiettivo: la chiesa fino ad oggi non era stata fatta oggetto di attacchi da parte dei nuclei rivoluzionari di fuoco che lo scorso anno avevano inviato un pacco bomba contro l’ex premier Papademos, ferendolo alle gambe nella sua auto. Anche il famigerato gruppo del 17 Novembre, responsabile di decine di omicidi tra cui Richard Welch, diplomatico statunitense e capo della sezione greca della CIA e il deputato conservatore Pavlos Bakoyiannis, ucciso nel 1989 nello stesso quartiere della bomba di oggi, si era sempre scagliato contro presunti esponenti del sistema come politici e diplomatici.
Con un bilancio che parla, in 27 anni di organizzazione rivoluzionaria, di 2.500 reati e 23 omicidi. Ma mai contro figure di stampo religioso.
INDAGINI
Gli investigatori stanno lavorando su più fronti, mettendo in correlazione l’attacco di oggi con altri elementi che si stanno oggettivizzando nel paese, come il rapimento questa mattina al Pireo di un noto imprenditore nelle stesse ore in cui detonava l’ordigno a Kolonaki.
Inoltre nessuno parla apertamente di terrorismo di matrice islamica, visto l’obiettivo religioso, ma al momento è un fronte presente nelle indagini: Atene è considerata sede di una cellula Isis dedita alla falsificazione di passaporti, “attiva” anche ad appannaggio di Salah Abdeslam, l’autore della strage di Parigi del 2015. Si imbarcò infatti indisturbato da Bari a Patrasso in quell’agosto per poi fare il percorso inverso. Si disse che fosse passato da Atene per poi raggiungere la Siria.
Inoltre secondo quanto osservato lo scorso anno dall’Interpol e confermato dal commissario greco all’immigrazione, Dimitris Avramopulos, è stato appurato che tra le migliaia di migranti giunti in Grecia negli ultimi quattro anni si siano nascosti anche dei jihadisti.
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