IL SOVRANISMO SI ANDRÀ AD AFFERMARE SULLE MACERIE DELL’ATTUALE UNIONE EUROPEA
di Luciano Lago
Molto tempo è passato da quando Jean-Jacques Rousseau scrisse il suo famoso Contratto Sociale, in cui Rosseau sostenne la necessità che gli individui, allo scopo di proteggere loro stessi e la propria libertà, si dovessero alleare in un patto sociale, formando in tal modo una forza unitaria, un’associazione volta a tutelare i beni e i valori di tutti, delineando così un corpo politico, composto dai singoli contraenti, che doveva corrispondere allo stato. Fu questa la prima teorizzazione dello Stato Sociale e della sovranità dello Stato in epoca pre moderna in contrasto con la visione tradizionale dell’Autorità e dell’assolutismo monarchico.
Il pensatore francese aveva teorizzato la necessità di una costruzione sociale che garantisse la costituzione di uno Stato democratico e doveva avere la finalità di assicurare la tutela della libertà individuale di ciascuno.
l Contratto sociale di Jean-Jacques Rousseau rappresenta un testo essenziale per gli studi di etica sociale e filosofia politica; scritto nel 1762, l’opera è un baluardo della cultura moderna, e della moderna scienza politica. L’argomento di fondo era posto dall’interrogativo di quali possano essere le regole sulle quali basare un ordine politico e civile rispetto all’ordine originario della natura.
Le derivazioni moderne del pensiero di Rousseau, nell’idea democratica e post assolutista, hanno delineato il popolo come vero titolare della sovranità ed hanno sostenuto il ruolo delle leggi come espressione della volontà popolare.
Da allora l’idea della sovranità è stata sviluppata e teorizzata da un grande numero di pensatori e teorici, genralmente impegnati a stabilire quali fossero i limiti al potere statuale e a introdurre garanzie di fronte all’arbitarietà del potere politico. Questo pur conservando il valore sostanziale che era stato identificato da Rousseau come base della democrazia: la capacità dei popoli di autogovernarsi e decidere il modello sociale, economico e politico in cui questi desiderano vivere.
L’involuzione antidemocratica dell’Unione Europea
Questo prologo ci permette di affermare che attualmente, con l’introduzione del sistema dell’Unione Europea, si è verificata una involuzione dei principi di sovranità e di patto sociale in quanto questa UE rappresenta di fatto la negazione di questi principi della sovrantà e della democrazia. L’Europa neoliberista ha esacerbato la concorrenza tra i paesi, ha liquidato i diritti sociali e sta intaccando i valori civici delle società europee.
Oltre a questo il neoliberismo, che è la dottrina economica imperante nella UE, ha diviso il continente europeo in un nucleo di paesi industrializzati diretto dalla Germania rispetto ai paesi della periferia sprezzantemente chiamati i paesi del “club med” sempre più dipendenti dal punto di vista economico e svantaggiati dal sistema di cambi fissi derivante dall’euro. Nell’area europea non c’è possibilità per attuare politiche redistributive, al contrario vige il sistema del mercanitilismo e della conflittualità economica che, nel migliore dei casi, se riesce a produrre una crescita economica, lo fa a scapito delle maggioranze sociali che vengono impoverite dalla austerità e svalutazione dei salari.
Gli stessi cittadini europei hanno iniziato a comprendere quale sia il significato di un sistema di mercati aperti e di sottomissione alle regole europee: che si voti per uno o per altro partito, sarà sempre uguale la situazione con una ristretta oligarchia a decidere la politica economica, i bilanci e i principali assetti economici per ogni paese. Se qualcuno osa sfidare l’autorità di Bruxelles i mercati lo fanno ridurre alla ragione scatenando attacchi speculativi fino a provocare un default del paese. Il primo caso evidente è stata la Grecia e il secondo potrebbe essere l’Italia.
E’ passato molto tempo dal trattato di Maastricht e dopo quasi tre decadi di neoliberismo, le società europee stanno iniziando a reagire, come alcuni avevano previsto. Milioni di persone hanno perso tutto e assistono attoniti alla disintegrazione delle loro vecchie comunità. Nei paesi del sud Europa la miseria si è allargata, la disoccupazione giovanile ai massimi di anno in anno e la gioventù è priva di una prospettiva e di un proprio orizzonte.
Qualcuno poteva sorprendersi dall’ emergere dall’ondata di populismo anti establishment che si va affermando in Europa? Potrebbe forse stupire qualcuno la riapparizione di richieste di sovranità, di sicurezza, di protezione sociale di fronte alle conseguenze deleterie della supremazia dei mercati? Sempre più cittadini si appellano allo Stato e rivendicano una sovranità nazionale contro la dittatura dei mercati perchè hanno capito che lo Stato nazionale è l’unico che può intervenire e contrastare la deriva finanziarista dei mercati.
Appellare queste richieste come ritorno del fascismo, del nazionalismo, del razzismo significa non capire la vera natura dell’Unione Europea, il suo carattere elitario e oligarchico, il suo orientamento profondamente antidemocratico. La rinazionalizzazione della politica europea non è un effetto congiunturale della rivalità fra i partiti, ma piuttosto il prodotto storico della globalizzazione capitalista e della forma specifica che si è adottato in Europa.
Arrivati in questa fase della Storia bisogna essere chiari. Quello che si sta verificando in Europa non è uno scontro tra una forma di nazionalismo atavico e di un europeismo di impostazione liberista e cosmopolita. Quello che sta accadendo in Europa è uno scontro tra due forme di nazionalismo revanscista per la preminenza in Europa: quello mercantilista economico della Germania che si propone come potenza egemone e un nazionalismo di reazione sociale-identitaria che emerge in Francia, oltre a una forma di sovranismo che affiora prepotentemente in paesi come Italia, Belgio, Spagna o Gran Bretagna, per non parlare di quello che emerge nell’Europa dell’Est.
La vuota retorica europeista che oppongono le elite politiche dominanti, la loro stretta difesa dell’euro e del mercato unico, oltre a essere una difesa delle oligarchie finanziarie dominanti non è altro che una riproposizione in chiave economica della supremazia economica della Germania quale paese leader in Europa.
L’europeismo e il globalismo possono ancora avere l’adesione di alcune elite intellettuali e di parte della borghesia cosmopolita collegata ai centri finanziari, tuttavia non freneranno l’avanzata del populismo di carattere nazionalistico che si va diffondendo fra le masse defraudate dei loro diritti ed impoverite dalla globalizzazione. Per offrire una alternativa alle ricette europeiste si richiede una nuova sintesi politica che sia in grado di interpretare le esigenze degli strati popolari con idee forti, con passione e immaginari concreti.
La chiave di questo sta nell’unire un discorso diretto alle grandi maggioranze sociali con un programma orientato alla difesa della dignità delle classi popolari e dei lavoratori: al recupero della sovranità come base della democrazia; la rindustrializzazione dei paesi del sud Europa a partire dall’intervento pubblico nell’economia; una politica sociale orientata al pieno impiego; una profonda trasformazione dello Stato in senso federale e democratico.
Questo presuppone una rimpostazione delle alleanze internazionali e una nuova unione tra i paesi che rispettano la sovranità degli Stati: una Europa confederale. Al fondo la possibilità reale di una alleanza tra le classi lavoratrici, le categorie produttive che rappresentano le comunità: i piccoli produttori, i piccoli commercianti, gli agricoltori, artigiani ecc..
Un tale programma si può costruire superando le vecchie categorie destra e sinistra che sono gli schemi preferenziali del sistema dominante. Essenziale in questa fase, per i movimenti sovranisti, trovare un percorso comune evitando di cadere nelle trappole che già si sono aperte per imbrigliare la spinta dei movimenti sovranisti in reti internazionali di gestione che mirano a riportare tutto sotto il controllo delle centrali sovranazionali del potere dominante.
Il sovranismo è arrivato per rimanere come tendenza di fondo e deve essere integrato con la difesa dello stato sociale e delle identità culturali e nazionali. Le rivolte in Francia contro i pupazzi della finanza come Macron sono i primi venti di tempesta che si avvicinano. A questi livelli l’unica domanda rilevante è su chi sarà in grado di egemonizzare le forze sociali che ha scatenato la globalizzazione e quali richieste di protezione sicurezza e identità saranno prioritarie.
Svelare il carattere subalterno e dipendente delle classi politiche al potere è il compito di chi assume la leadership del fronte sovranista nei vari paesi e dimostrare che la sovranità è condizione indispensabile della democrazia nel senso originario di questo termine. Tuttavia una questione è fuori discussione: il futuro dei popoli sovrani si costruirà sulle macerie di questa Unione Europea.