Le donne vittime di violenza come “categoria protetta” nel lavoro è la petizione pubblicata su change.com.
La petizione racconta la storia di una donna sopravvissuta al femminicidio, una donna che ha avuto la forza di dire basta, una donna che è lasciata sola dalle istituzione, una donna che vive la vita di tante, ma che lotta per lei e per tutte. Ad oggi la petizione ha 27.583 sostenitori, mancano ancora 7.417 firme per raggiungere 35.000.
Diritti delle donne: la nuova proposta
La petizione è una proposta rivolta a creare delle liste di collocamento per garantire un lavoro alle vittime di violenza, alle donne come “categoria protetta”. Non solo un posto in cui andare a rifugiarsi nel momento della fuga, ma una vera a propria garanzia del ritorno all’indipendenza.
Le donne vittime di violenza come “categoria protetta” nel lavoro
Mi chiamo Lidia e ho 45 anni. Sono sopravvissuta a un tentativo di femminicidio e ho deciso di raccontarvi la mia storia perché oggi vorrei poter fare qualcosa per tutte le donne che subiscono violenza e hanno la forza di rialzarsi. Perché una donna che ha il coraggio di lasciare un uomo violento non può essere lasciata sola e ha bisogno di sostegno da parte delle istituzioni.
Ho conosciuto Isidoro nel 2011, dopo il mio divorzio. All’inizio tutto era bellissimo. Sembrava una favola, pensavo di aver trovato di nuovo l’uomo giusto; ma dopo 5 mesi iniziano i primi litigi, dove vengo accusata di cose che non avevo mai fatto, dove la folle gelosia di lui veniva fuori in modo incontenibile. Nel gennaio del 2012 per la prima volta lui mi picchiò, mi chiese perdono, mi disse che non mi avrebbe fatto mai più del male, che era stato solo un momento. In modo ingenuo, da donna innamorata, quella volta l’ho perdonato.
Ma queste aggressioni non si sono fermate e a quel punto decisi di chiudere la storia. Mi ero resa conto che quest’uomo non mi amava, perché un uomo che ti ama non ti picchia, non ti dà uno schiaffo talmente forte da spaccarti il timpano.
E poi, il fatto.
Il 24 giugno del 2012 Isidoro mi chiede di passare una giornata assieme, al santuario di Tindari, ma avevo paura ad andare da sola e decido di far venire con me mia sorella per sentirmi tranquilla. Al termine della giornata Isidoro mi chiede di fermarsi a dormire da me per non tornare verso casa sua, che era troppo distante. Sembrava tutto tranquillo, lui aveva accettato la decisione di allontanarsi.
Tutto cambia verso l’1.45 di notte. Isidoro si alza per andare in bagno, ma al suo ritorno aveva con sé una padella di ghisa, con la quale iniziò a colpirmi sulla testa! Non riuscivo a capire cosa stava succedendo. Intanto lui aveva trovato delle forbici e le stava usando come pugnale, colpendomi alla schiena. Ho cercato in tutti i modi di difendermi, sono quasi stata soffocata con il filo della lampada sul comodino. È successo di tutto quella notte, ho ancora paura a raccontarlo. Con la forbice mi ha provocato ferite in volto, sulle gambe, sangue ovunque.
Non so come ho fatto, ma dopo tutte quelle ore di sequestro l’ho convinto di stare bene e che non l’avrei denunciato. Solo così l’ho convinto ad andare via e ho potuto chiamare i soccorsi.
Io sono ancora viva e posso raccontare tutto questo. Isidoro è stato condannato a soli 4 anni (per il tentato omicidio) e 6 mesi (per il sequestro), e ho appena saputo che grazie ai “premi” e “privilegi” che la legge italiana prevede per gli assassini, sconterà solo 2 anni e 6 mesi!
Tra qualche mese quest’uomo uscirà dal carcere e io che fine farò? Mi sono rifatta una vita ma sono stata lasciata sola dalla istituzioni: mi hanno detto che se lui non mi aggredisce nuovamente, loro non posso intervenire.
Io credo che sia alle donne che hanno il coraggio di allontanarsi dagli uomini violenti che bisogna dare “premi e privilegi”. Allontanarsi da casa vuol dire spesso perdere la propria indipendenza economica. Bisogna avere il coraggio di denunciare tutto ciò, ma lo Stato DEVE tutelarci!
Ecco quindi la mia proposta: creare delle liste di collocamento per garantire un lavoro alle vittime di violenza, alle donne come “categoria protetta”. Non solo un posto in cui andare a rifugiarsi nel momento della fuga, ma una vera a propria garanzia del nostro ritorno all’indipendenza, lontano da quegli uomini che ci vogliono morte.
Nessuna donna deve vivere nella paura di morire da un giorno all’altro, siamo delle donne non siamo dei trofei.
Fonte: change.org