Visualizzazione post con etichetta BUONE NOTIZIE DALL'ECOSISTEMA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta BUONE NOTIZIE DALL'ECOSISTEMA. Mostra tutti i post

venerdì 23 novembre 2018

Agricoltura Biodinamica – Un Week end Straordinario

ALLA FACCIA DEGLI OGM. RITORNIAMO ALLA NATURA E ALLA SAGGEZZA DEI SUOI CICLI

Premetto che sono un’appassionata di agricoltura, con l’assistenza del mio carissimo e saggio papà di 88 anni, durante il tempo libero del week end, perché durante la settimana svolgo il mio lavoro in una società di Roma, mi piace mettere le mani nella terra, stare a contatto con la natura, vedere crescere le piantine curate da me e da papà, raccogliere i prodotti che coltivo, ricercare piante selvatiche che poi uso in cucina. Fortunatamente, avendo i genitori di origine contadina ho avuto il piacere di passare la mia infanzia e ancora oggi, in una terra sabina che, anche se non molto lontano da Roma, conserva nella gente, una semplicità e schiettezza che i tempi moderni ormai non conoscono più.
Volevo condividere con voi questa esperienza della agricoltura biodinamica perché mi ha lasciato entusiasta per l’estremo rispetto della Madre Terra che le regole di Rudolf Steiner suggeriscono.
Sabato mattina alle ore 9:00 mi sono recata in questa azienda agricola nel comune di Labico a 40 minuti di macchina da Roma. Mi ha accolto il titolare Carlo Noro (1), un signore che trasuda la saggezza che, un contadino con esperienza trentennale, ha acquisito stando a contatto con la terra e con la natura. Lui ha avuto il coraggio di lasciare un lavoro sicuro, perché avvertiva la pulsione di un cambiamento radicale, sentiva il richiamo della natura, sentiva che la sua realizzazione sarebbe passata attraverso il contatto con la terra e l’agricoltura. La sua azienda non è grandissima, in questa campagna del sud di Roma abbastanza lontano da insediamenti urbani, coltiva prevalentemente ortaggi, un po’ di frutta, un po’ di vino e un po’ di olio.
Il corso è cominciato facendoci vedere come è composto l’humus sulla superficie del suo terreno. Ciò che è stupefacente, è che lui è riuscito a creare, con la biodinamica, uno strato di humus di 1 metro. Quando ormai nella nostra terra al massimo si riesce ad avere una profondità di humus che, bene che vada, è di circa 30 cm.
Ci ha raccontato che quando ha acquistato quel terreno c’era un vigneto ad agricoltura intensiva e il trattamento delle viti era con tutti i fitofarmaci, diserbanti, pesticidi e quanto altro esistente di chimico sul mercato agricolo. Analizzando il terreno aveva constatato che c’erano metalli pesanti a “go-go”. In circa 2 anni, con il sovescio e con il preparato corno letame ha depurato la terra, oggi non ci sono più metalli pesanti, ed ha cominciato così a coltivare in modo sano e con il massimo rispetto della terra.
Ci ha dimostrato che con una TERRA SANA non c’è bisogno di combattere parassiti, malattie delle piante e quanto altro impedisca una sana produzione. “Una terra sana produce piante sane e non c’è bisogno di “zozzerie” da aggiungere” lui dice.
La biodinamica suggerisce la biodiversità di coltura. Le piante lavorano sinergicamente tra loro e una è di supporto e sostegno all’altra. “La terra è viva” – non si stanca mai di ripeterci il nostro insegnate – “ed ha il diritto del massimo rispetto perché è l’investimento e la sopravvivenza del nostro futuro”.
I preparati della Biodinamica sono prodotti che riequilibrano i nutrienti del terreno necessari per la vita vegetale, per noi umani, gli insetti, gli animali e i minerali; quindi, quando mangeremo gli ortaggi nutriti dai microrganismi che la terra generosamente distribuisce, ci nutriremo in modo sano, le nostre difese immunitarie saranno più forti e noi ci ammaleremo sempre di meno.
Dopo due giorni di corso in cui si è parlato solo di natura, aria, sole ed energia della terra sono tornata a casa con la gioia nel cuore, con la certezza che l’uomo ha le risorse per guarire questo povero pianeta ormai esaurito e sfruttato per il solo interesse economico di pochi.
Per quanto mi riguarda io farò la mia piccolissima parte affinchè questo meraviglioso pianeta ritorni a risplendere di bellezza e di armonia.
Viva la vita, viva l’amore ed il rispetto della natura, viva la biodinamica.
Grazie.

martedì 20 novembre 2018

Economia circolare: definizione, importanza e vantaggi

Ripara, riusa, ricicla! 
   
 
 
Risparmiare risorse fa bene a te e all'ambiente.

Che cosa significa economia circolare? Tutti i vantaggi per l’ambiente, la crescita e i cittadini spiegati in un video e un’infografica (sopra).

Nell’Unione europea si producono ogni anno più di 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. L’UE sta aggiornando la legislazione sulla gestione dei rifiuti

per promuovere la transizione verso un’economia circolare, in alternativa all’attuale modello economico lineare. Ma che cos’è esattamente l’economia circolare? Quali sono i motivi e i vantaggi che spingono verso tale cambiamento?

Che cos’è l’economia circolare?

L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.



In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.



I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Il modello economico tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali e energia facilmente reperibili e a basso prezzo.



Il Parlamento europeo chiede l’adozione di misure anche contro l’obsolescenza programmata dei prodotti, strategia propria del modello economico lineare.
Come funziona l'economia circolare?


Perché è necessaria la transizione verso un’economia circolare? 
Ci troviamo di fronte a un aumento della domanda di materie prime e allo stesso tempo a una scarsità delle risorse: molte delle materie prime e delle risorse essenziali per l’economia sono limitate, ma la popolazione mondiale continua a crescere e di conseguenza aumenta anche la richiesta di tali risorse finite.

Questo bisogno di materie prime crea una dipendenza verso altri paesi: alcuni stati membri dell’UE dipendono da altri paesi per quanto riguarda l’approvvigionamento.

Non dobbiamo poi dimenticare l’impatto sul clima: i processi di estrazione e utilizzo delle materie prime producono un grande impatto sull’ambiente e aumentano il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica (CO2). Un uso più razionale delle materie prime può contribuire a diminuire le emissioni di CO2.

Quali sono i vantaggi?

Grazie a misure come prevenzione dei rifiuti, ecodesign e riutilizzo dei materiali, le imprese europee otterrebbero un risparmio netto di €600 miliardi, pari all’8% del fatturato annuo, eridurrebbero nel contempo le emissioni totali annue di gas serra del 2-4%.

La transizione verso un’economia più circolare può portare numerosi vantaggi, tra cui:

  • Riduzione della pressione sull’ambiente
  • Più sicurezza circa la disponibilità di materie prime
  • Aumento della competitività
  • Impulso all’innovazione e alla crescita economica
  • Incremento dell’occupazione – si stima che nell’UE grazie all’economia circolare ci saranno 580.000 nuovi posti di lavoro

Con l’economia circolare i consumatori potranno avere anche prodotti più durevoli e innovativi in grado di far risparmiare e migliorare la qualità della vita. Ad esempio, ricondizionare i veicoli commerciali leggeri anziché riciclarli potrebbe portare a un risparmio di materiale per €6,4 miliardi all’anno (circa il 15% della spesa per materiali) e €140 milioni in costi energetici, con una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 6,3 milioni di tonnellate.

Tecnologie per il riciclo/recupero sostenibile dei rifiuti

IL GOVERNO DOVREBBE ADOTTARE UNA POLITICA VIRTUOSA DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI CHE PUNTI SU UN MECCANISMO VIRTUOSO DI ECONOMIA CIRCOLARE BASATO SUL RICICLO. QUI POTETE LEGGERE UN ARTICOLO INTERESSANTE SULLE SOCIETA' CHE IMPIEGANO NUOVE TECNOLOGIE DI SMALTIMENTO E RIDUZIONE DEGLI INQUINANTI NELLA LOGICA DELLA GREEN ECONOMY

I rifiuti rappresentano un’enorme opportunità di crescita sostenibile in termini di riduzione del consumo di risorse naturali e di sviluppo ed implementazione di tecnologie per il riciclo di materia ed il recupero di energia. Nell’articolo, alcuni esempi di approcci tecnologici per sfruttare le potenzialità dei rifiuti nell’ottica della green economy
 Claudia Brunori, Lorenzo Cafiero, Danilo Fontana e Fabio Musmeci

L’industria legata ai rifiuti è stata tra le più floride negli ultimi decenni e, indubbiamente, tra quelle con il fatturato più rilevante nel campo dell’industria ambientale. Sebbene possa sembrare una contraddizione, i rifiuti rappresentano attualmente una delle maggiori opportunità di crescita sostenibile per il sistema Europa e per il nostro Paese, carente di risorse primarie, in particolare. I rifiuti costituiscono infatti una enorme riserva di risorse che, se opportunamente gestita e valorizzata, può garantire un approvvigionamento sostenibile e continuo negli anni di materiali ed energia. Secondo un recente rapporto UNEP [1], gli obiettivi di riciclo per il 2050 nell’ottica di una economia verde prevedono percentuali di riciclo del 15% per rifiuti industriale, 34% per rifiuti urbani e addirittura 100% per rifiuti elettronici. Inoltre, è previsto che la frazione organica sia interamente recuperata per la produzione di compost o per il recupero di energia. Inoltre, sempre secondo stime dell’UNEP [1], il riciclaggio dei rifiuti è uno dei settori più importanti in termini di potenzialità di sviluppo di occupazione; è stato stimato infatti che il settore del riciclo crea un numero 10 volte maggiore di posti di lavoro rispetto ai settori dello smaltimento e dell’incenerimento.
L’Unione Europea si è mossa già da tempo in questa direzione con una serie di provvedimenti e normative inerenti la gestione integrata dei rifiuti. Con la recente Direttiva Quadro sui Rifiuti 2008/98/EC [2], viene imposta agli Stati membri una soglia minima di recupero rifiuti al 50% mediante raccolta differenziata, orientando meccanismi di produzione sempre più indirizzati al virtuosismo ed al recupero. La norma stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti, inclusa la definizione di materia seconda e sottoprodotto, stabilendo regole più semplici per il loro riutilizzo. Nella Direttiva viene esplicitata a livello europeo una gerarchia nelle azioni che devono essere espletate nella gestione dei rifiuti, che può essere tradotta in maniera semplificata nella regola delle quattro R in ordine di scelta preferenziale (figura 1): Riduzione dei rifiuti prodotti, Riuso dei rifiuti (ad es. apparecchi elettronici ancora funzionanti o che possono essere riparati), Riciclo con la conversione di rifiuti in prodotti utili, Recupero di altro tipo (ad es. termovalorizzazione con produzione di energia). Con DLgs n° 205/2010 in materia di rifiuti [3], l’Italia ha recepito la Direttiva 98/2008 con 6 mesi di anticipo rispetto alle scadenza prefissata a livello UE.
In armonia con un percorso iniziato anni fa, anche nella recente Comunicazione della Commissione Europea in preparazione della conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro il prossimo giugno 2012 [4], viene ribadito come una corretta gestione dei rifiuti possa minimizzare il loro impatto ambientale nel contempo promuovendo l’uso efficiente delle risorse e aumentando la disponibilità di nuove risorse da materiali riciclati.
Per quanto riguarda il riciclo dei rifiuti, il panorama attuale può essere suddiviso in filiere già consolidate (vetro, carta, metallo, legno, plastica) e filiere ancora in embrione (rifiuti elettronici, inerti, frazione organica, car fluff, pannelli fotovoltaici, etc.), per le quali si intravedono enormi potenzialità di sviluppo. Un esempio di settore con grandi prospettive è rappresentato dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), la cui raccolta e gestione sono regolati in Italia dal DLgs n. 151/2005, in recepimento della Direttiva Comunitaria WEEE 2002/96/CE [5], attualmente in fase finale di revisione [6], e della Direttiva Comunitaria sulla restrizione delle sostanze pericolose 2002/95/CE [7], entrambe risalenti al 2003 ed emesse con la finalità di prevenire la produzione di RAEE e promuoverne il riutilizzo ed il riciclaggio.

Figura 1 - Gerarchia nella gestione dei rifiuti
Fig1BrunoriCafieroFontanaMusmeci
Fonte: ENEA

Nei prossimi paragrafi saranno presentati alcuni esempi di tecnologie di riciclo/recupero in differenti settori e campi di applicazione.

Tecnologie di idrometallurgia per il riciclo di metalli ad elevato valore aggiunto

Il termine “idrometallurgia” comprende l'insieme delle tecniche chimiche e chimico-fisiche di trattamento in fase liquida di residui provenienti da lavorazioni industriali o di reflui di varia natura, mirate al recupero dei metalli in essi presenti. Tali tecnologie trovano campo di applicazione con enormi potenzialità di espansione ad esempio nel recupero di materiali critici (terre rare, metalli preziosi ecc.) da RAEE.
A scopo semplificativo può essere distinta in due diversi momenti:
  1. dissoluzione del solido, detta leaching (liscivazione), che consiste nel processo di estrazione solido/liquido che avviene facendo reagire il solido da trattare con un’opportuna soluzione capace di dissolvere alcuni (o tutti) i componenti e renderli stabili nella soluzione stessa.
  2. separazione e purificazione del metallo: dal processo di lisciviazione si ricava una soluzione contenente ioni metallici e molte altre impurezze: può essere necessario trattare in maniera opportuna tale soluzione (ad esempio tramite una filtrazione per rimuovere eventuali solidi sospesi o variando alcuni parametri operativi quali la temperatura o il pH della soluzione stessa) prima di procedere alle fasi successive del recupero del metallo.
Le operazioni di recupero e purificazione possono essere completate tramite operazioni di:
  • precipitazione/cristallizzazione;
  • scambio ionico;
  • estrazione con solvente;
  • elettrodeposizione.
In particolare l'estrazione con solvente, o estrazione liquido-liquido, è un processo mediante il quale una sostanza (nel nostro caso lo ione metallico) è trasferita da una fase liquida ad un'altra con essa immiscibile. Solitamente le due fasi sono rispettivamente  acquosa e  organica. Per realizzare questa operazione viene utilizzato un estraente, cioè una molecola avente proprietà complessanti che, reagendo secondo vari meccanismi con una sostanza disciolta nella fase acquosa, è in grado di estrarla. Di solito, per migliorare le proprietà chimico-fisiche dell'estraente, esso viene disciolto in un diluente che, in genere, non ha proprietà estrattive. Il diluente, insieme all'estraente, costituisce la cosiddetta  fase organica.
La soluzione acquosa sottoposta all'estrazione di uno o più soluti costituisce il raffinato, mentre la fase organica caricata con il soluto dopo l'estrazione si chiama estratto.
Le peculiarità di questa tecnica estrattiva sono:
  • l’alta selettività che permette quindi la separazione di metalli con proprietà molto simili;
  • possibilità di trattare scarti e residui industriali;
  • elevati fattori di separazione che consentono di ottenere prodotti con un grado di purezza estremamente elevato;
  • impiantistica semplice, flessibile e facilmente automatizzabile;
  • impianti con impatto ambientale contenuto (i solventi sono continuamente riciclati e si opera prevalentemente a temperatura ambiente);
  • basso consumo energetico;
  • possibilità di trattare matrici contenenti basse concentrazioni di metalli  per i costi di processo contenuti.

Quale esempio di applicazione di tecniche idrometallurgiche, qui di seguito (figura 2) viene illustrato un caso recentemente studiato da ENEA [8], nell’ambito della problematica riguardante i cosiddetti “materiali critici”: il recupero del cobalto e manganese contenuto nei catalizzatori esausti provenienti dalla sintesi industriale dell’anidride trimellitica (un plastificante).

Figura 2 - Un’applicazione delle tecnologie idrometallurgiche: il processo per il recupero di cobalto e manganese da catalizzatori esausti
Fig2BrunoriCafieroFontanaMusmeci
Fonte: D. Fontana, F. Forte [8]

Attraverso questo processo si valorizza il rifiuto recuperando i metalli di elevato valore aggiunto e di critico approvvigionamento e si riduce contemporaneamente la quantità e la pericolosità dei materiali da conferire in discarica.

Tecnologie per il riciclo frazione organica

Il compostaggio è un processo biologico aerobico, accelerato e controllato, che porta alla produzione di compost a partire da residui organici mediante l'azione di batteri e funghi. Il compost viene poi utilizzato come ammendante in agricoltura e nella florovivaistica.
Il compostaggio sta occupando un posto di rilievo nel trattamento dei rifiuti. Nel 1993 esistevano circa 10 impianti industriali di compostaggio mentre, nel 2008, si contano 290 impianti e per il 2019 se ne dovrebbero aggiungere un altro centinaio [9].
Gli impianti industriali di compostaggio sono suddivisibili in impianti a ciclo continuo (ove il materiale viene quotidianamente caricato) e in sistemi batch, ove il materiale viene caricato in lotti, tipicamente in biocelle, e rimane chiuso per poco più di una settimana prima di terminare il processo in platee. É importante segnalare il ruolo positivo della pratica del compostaggio, nel riciclo dei rifiuti urbani, per il sequestro del carbonio nel terreno che avrebbe invece generato metano, qualora il destino del rifiuto fosse stato la discarica.
Parallelamente agli impianti di compostaggio si stanno sviluppando anche sistemi di digestione anaerobica della frazione organica. In questi impianti viene estratto gas (tipicamente metano) e conseguentemente è possibile accedere ai contributi relativi alle fonti rinnovabili o assimilate. Il materiale digerito dovrebbe comunque essere avviato ad impianti di compostaggio.
I costi della filiera industriale del compostaggio e/o della digestione anaerobica sono piuttosto elevati. L’accettazione sociale di impianti di grandi dimensioni sui territori rimane un problema sempre “caldo”. Il recepimento italiano della Direttiva 2008/98/CE [3] introduce il concetto di “auto compostaggio”, come il compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell'utilizzo in situ del materiale prodotto.
L’auto compostaggio, noto anche come “compostaggio domestico”, si pone come importante integrazione alla raccolta separata dell’organico in particolare quando si è in presenza di case sparse. In questi contesti la raccolta dell’organico diviene economicamente proibitiva e il compostaggio domestico diventa complementare ai sistemi di raccolta basati sul “porta a porta”. Il compostaggio domestico è attuato normalmente con l’ausilio di compostiere domestiche o con le tecniche del cumulo, del silo o della semplice buca. L’auto compostaggio è importante anche perché viene interpretato come tecnica di riduzione dei rifiuti a monte (non conferendo al sistema di gestione) e quindi come riferimento alla prima delle priorità europee nella gestione rifiuti [2].
Alcuni comuni stanno supportando la diffusione del compostaggio domestico attraverso l’istituzione di un “Albo Comunale Compostatori” finalizzato a fornire, oltre alle compostiere, sconti tariffari e supporto tecnico.
D’altro canto anche molte utenze non domestiche producono rifiuti assimilabili agli urbani come nel caso di strutture turistiche o nel caso di mense scolastiche o aziendali.
Tra il grande impianto e quello domestico si colloca l’attività di auto compostaggio di “comunità” che prevede l’utilizzo di macchine di dimensioni ridotte adatte al trattamento in loco di frazioni organiche prodotte da un condominio, da una mensa, da un hotel, da comunità isolate ecc. Questi impianti servono decine o anche centinaia di famiglie equivalenti. Si noti che questa tipologia di macchine è ancora poco conosciuta in Italia e pone delle problematiche tecniche e normative nuove.
Sul mercato esistono pochi prodotti tipicamente di produzione nord europea. É ipotizzabile che questa soluzione possa trovare in Italia una futura notevole diffusione. Una sperimentazione presso il Centro dell’ENEA Casaccia (http://www.enea.it/it/enea_informa/news/astro-il-progetto-innovativo-per-il-compostaggio-di-comunita), iniziata a dicembre 2011, prevede la predisposizione  di una attività di compostaggio di comunità con l’utilizzo di un impianto pilota che tratta parte dei rifiuti organici (mensa aziendale) e della frazione verde (gestione del verde) prodotti nel Centro; il fine è quello di ottimizzare il processo per la produzione di compost di qualità e supportare l’analoga esperienza dimostrativa di compostaggio di comunità sulle Egadi (vedi articolo Un caso pilota per un approccio integrato alla green economy: il Progetto Eco-innovazione Sicilia).

Tecnologie per il riciclo delle plastiche

Le plastiche dei rifiuti urbani sono costituite da materiali polimerici e classificate come resine termoplastiche e resine termoindurenti; solo le prime sono riciclabili.
Il processo di riciclo può avvenire per via meccanica, per riottenere la macromolecola di partenza, o per via chimica o termica, per ottenere il monomero o altre materie prime (feedstock recycling): nel primo caso, applicabile solamente alle resine termoplastiche, i manufatti vengono selezionati per tipo di polimero (manualmente, con lettori ottici o a raggi X, per via densimetrica), lavati, asciugati mediante centrifugazione, triturati e sottoposti a formatura per estrusione o stampaggio. La buona riuscita del processo dipende dal grado di separazione e purezza del polimero di partenza, che consente alle macromolecole di ricostruire la struttura originale, garantendo le proprietà meccaniche del prodotto finale. Le resine termoplastiche utilizzate invece nella componentistica elettronica non possono essere riciclate mediante i tradizionali processi meccanici a caldo, a causa della difficoltà di rimozione dei metalli presenti come circuiti e dei ritardanti di fiamma (composti organo bromurati) da cui si possono sviluppare emissioni gassose nocive. Il riciclo per via chimica avviene tramite l’azione di un solvente (solvolisi) o per via termica (pirolisi), tramite quella del calore. I limiti del feedstock recycling sono legati ai bassi rendimenti dei prodotti finali, alla conseguente elevata percentuale di frazioni di scarto e al consumo di solventi e di energia. Le resine termoindurenti non sono riciclabili perché si degradano, rendendo impossibile la ricostituzione delle catene polimeriche o dei singoli monomeri. Infine, esistono dei tentativi di utilizzare lo scarto di plastiche miste da raccolta differenziata come agente riducente negli altoforni industriali [10].

Esempi di riciclo meccanico della plastica

In Italia il riciclo meccanico da imballaggi permette il recupero e la vendita dei seguenti polimeri attraverso il Consorzio Recupero Plastiche da imballaggio (COREPLA): Polietilentereftalato (PET, suddiviso nelle qualità azzurro, trasparente, colorato), Polietilene alta densità (HDPE), Polietilene bassa densità (LDPE). Altri polimeri presenti nella raccolta differenziata urbana non sono riciclati per motivi squisitamente economici in quanto associati a piccole quantità (come il caso del polivinilcloruro, le cui percentuali variano tra lo 0,5 e lo 0,7) [11] o all’eccessivo grado di impurezze, come gli scarti alimentari (è il caso del polistirene). Il riciclo dello scarto poliolefinico della raccolta differenziata (plasmix) porta allo stampaggio di prodotti con valore commerciale inferiore.

feedstock recycling

Il feedstock recycling [12] in Italia è meno diffuso di quello meccanico e riguarda per lo più attività di ricerca. Ad esempio [13], il COREPLA ha sostenuto un progetto finalizzato alla depolimerizzazione del PET mediante idrolisi (acida, alcalina, basica) per la produzione di acido tereftalico (2001-2005, Progetto di ricerca finanziato da Co.Re.Pla., M&G, Dow ed Ecosol, depolimerizzazione del PET bottle to bottle). Per quanto riguarda la pirolisi, si possono citare alcuni processi applicati con successo su scala industriale in Germania e Giappone. La tabella 1 illustra alcuni esempi di riciclo applicato alle plastiche, sviluppati su varie scale e in diversi ambiti.

Tabella 1 - Esempi di riciclo di plastiche
Tipologia di riciclo
Società proprietaria
Processo
Prodotti
Riciclo meccanico
Progetto Utilgreen
Società Revet SpA
Riciclo eterogeneo dello scarto poliolefinico della raccolta differenziata degli imballaggi in plastica (plasmix)
Contenitori rigidi
Corepla
Montello SpA
Granulato per edilizia
Feedstock recycling(Riciclo chimico)
KodaK Co.
Depolimerizzazione del PET mediante solvolisi con metanolo
dimethyl ester of
terephthalic acid eglicol etilenico
BASF, Rhone Poulenc, SNIA
Depolimerizzazione della poliamide 6 per idrolisi acida
Caprolattame
Du Pont
Depolimerizzazione alcalina della poliamide 6-6
Acido adipico e Sali di esametilendiammina
BASF, Rhone Poulenc,
Depolimerizzazione acida della poliamide 6-6
Acido adipico e Sali di esametilendiammina
Feedstock recycling(Pirolisi)
Deutsche Babcock-Anlagen
Tamburo rotante, riscaldamento indiretto 450-500 °C
syngas
Ebara
Letto fluido a due stadi, con il secondo di ossidazione
syngas
Kobe Steel
Tamburo rotante, riscaldamento indiretto 500-700 °C
Olio, syngas
BASF
Fusione, riscaldamento indiretto 300-450 °C
Olio destinato a steam-cracking
Fonte: Brandrup, 1996 [14]

Tecnologie per il recupero di energia da plastiche

Le tecnologie di recupero di energia si classificano in base al rapporto tra comburente e combustibile: nella pirolisi si ha una degradazione termica in assenza di comburente; nella gassificazione il comburente è in quantità sottostechiometrica; nella combustione diretta, o incenerimento, il comburente è in quantità stechiometrica o in eccesso. Le plastiche, in quanto prodotto derivato dal petrolio, hanno un potere calorifico che può andare da un minimo di 18 MJ/kg (poliuretano) fino a superare i 40 MJ/kg (poliolefine), valore quest’ultimo pari a circa 4 volte quello di un rifiuto urbano indifferenziato [15].

Incenerimento

L’incenerimento (850-1100 °C) è associato esclusivamente al recupero di energia (termica, elettrica o cogenerativa). Il processo, condotto con eccesso stechiometrico di comburente, produce volumi di effluenti gassosi molto maggiori della pirolisi e della gassificazione; ciò comporta oneri rilevanti nelle apparecchiature di controllo delle emissioni gassose. D’altra parte, essendo una tecnologia matura nel campo del trattamento di ogni tipologia di rifiuti, è robusta e affidabile nel contenimento dell’inquinamento gassoso e nella resistenza agli aspetti della corrosione del processo. In Italia al 2008 [16] risultavano presenti sul territorio nazionale 51 impianti di incenerimento di rifiuti urbani (incluso il trattamento di plastiche) per una capacità complessiva di circa 6 milioni di t/anno e una potenza elettrica installata di 587 MW; la tecnologia più diffusa è quella del forno a griglia mobile, seguita dal letto fluido bollente circolante.

Gassificazione

La gassificazione agisce mediante la parziale ossidazione dei composti organici ad alta temperatura (800-1300 °C). Le tecnologie impiegate per la gassificazione differiscono per l’agente gassificante (O2, aria, vapore d’acqua), la tipologia di reattore e la pressione di funzionamento. Il reagente gassificante influenza il potere calorifico del gas prodotto, che può variare da un minimo di 4-7 MJ/Nm3 per l’aria a un massimo di 10-18 MJ/Nm3 per l’ossigeno, passando per il 14-17 MJ/Nm3 per il vapore. La gassificazione trova a livello nazionale un esempio di sviluppo in scala industriale nell’impianto di Malagrotta (RM); vengono trattate 8 t/h di Combustibile Solido Secondario (CSS) mediante gassificazione e successiva combustione del gas prodotto. Il syngas prodotto è di 9000 Nm3/h e il suo potere calorifico è di 9,7 MJ/Nm3.

Pirolisi

La pirolisi è un processo endotermico (400–800 °C) in atmosfera di gas inerte, il cui principale vantaggio è nella produzione di volumi di effluenti gassosi fino a 20 volte inferiori rispetto all’incenerimento [14] e nella possibilità di concentrare le specie dannose per l’ambiente nei sottoprodotti solidi e liquidi. L’applicazione del processo al trattamento delle plastiche richiede tuttavia consumi rilevanti a causa della loro bassa conducibilità e dell’elevata energia di degradazione delle macromolecole. Il grado di sviluppo in Italia si limita ad esperienze che non vanno oltre la scala di impianto pilota.

Bibliografia

[1] UNEP, 2011, Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication, www.unep.org/greeneconomy, ISBN: 978-92-807-3143-9.
[2] Waste Framework Directive, or Directive 2008/98/EC of the European Parliament and of the Council of 19 November 2008 on waste.
[3] DLgs 205/2010 in materia di rifiuti, entrato in vigore il 25 dicembre 2010 (pubblicato nel S.O. n. 269/L della G.U. 10 dicembre 2010).
[4] Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Parliament and social committee of the Regions, Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance, (COM(2011)363 del 20/6/2011.
[5] Direttiva Comunitaria WEEE (Waste from Electrical and Electronic Equipment) 2002/96/CE.
[6] January 2012 on the Council position at first reading with a view to the adoption of a directive of the European Parliament and of the Council on waste electrical and electronic equipment (WEEE) (Recast) (07906/2/2011 – C7-0250/2011 – 2008/0241(COD)).
[7] Direttiva Comunitaria RoHS - Restriction of Hazardous Substances 2002/95/CE.
[8] Cobalt and manganese recovery from spent catalysts. D. Fontana, F. Forte - Proceedings of Ecomondo 2011, pp. 880-885. 9th-12 November 2011, Rimini, Italy, Maggioli Editore.
[9] FISE, Fondazione Sviluppo Sostenibile, L’Italia del riciclo, Roma 2011.
[10] COREPLA. Dati di produzione 2008, su www.corepla.it.
[11] Petriglieri, F. (2011), Il sistema di raccolta, valorizzazione, riciclo e recupero degli imballaggi in plastica – Convegno AIDIC 21 ottobre 2011.
[12] Vijaykumar Sinha Æ Mayank R. Patel Æ, Jigar V. Patel, Pet Waste Management by Chemical Recycling: A Review, J Polym Environ (2010) 18:8-25.
[13] Equipolymers, (2005). Equipolymers obtains initial funding approval from CIPE for the construction of a state-of-art PET production facility in Ottana (Italy). www.equipolymers.com
[14] Brandrup. (1996). Recycling and Recovery of Plastics. Muenchen, Vienna, New York: Hanser Publishers.
[15] ISPRA (a cura di) (2009), Rapporto Rifiuti 2008.
[16] ENEA-Federambiente (2009), Rapporto sulle Tecniche di Trattamento dei Rifiuti in Italia.