martedì 26 marzo 2019

Come si muoverà l’Italia su Huawei per il 5G. Fatti, polemiche e scenari


Ecco la nuova norma su Golden power e non solo sul 5G per i fornitori extra europei come Huawei.


Amiche, ma non troppo. Tra Italia e Cina c’è un accordo di collaborazione per la nascita della nuova “Via della Seta” (29 accordi istituzionali e commerciali) per un valore potenziale di 20 miliardi: le premesse sono buone per una lunga e duratura amicizia geopolitica, eppure il rapporto sembra essere destinato ad essere vissuto sul filo del rasoio.

L’Italia della Cina si fida poco, specie in materia di tlc (settore comunque indicato nel testo finale del Memorandum). E a testimoniarlo è lo scudo che il nostro Paese ha alzato con l’aggiornamento della normativa sul Golden Power. Ma andiamo per gradi.
LE NUOVE NORME DEL GOLDEN POWER

Entra in vigore oggi il Dl n. 22 del 25 marzo, con cui il governo ha deciso di aggiornare il decreto 21 del 2012 sul “golden power”, ovvero i poteri speciali dello Stato nei settori strategici.

Secondo le nuove norme i poteri potranno essere applicati, come sottolinea il Sole 24 Ore, anche per tecnologia 5G acquisita da tutti i soggetti extra Ue, grazie ad un nuovo articolo (1-bis) in cui si specifica che tra le “attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale” rientrano anche “i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G”. Il potere può essere applicato anche nel caso di forniture di materiali e servizi (non solo, dunque, per acquisizioni azionarie).
OBBLIGO DI COMUNICAZIONE

Con le nuove norme, in pratica, gli operatori tlc che intendono acquisire beni e servizi relativi al 5G dovranno comunicarlo, in anticipo, alla presidenza del Consiglio per permettere al governo di valutare la possibilità di esercitare i poteri speciali.

Di volta in volta, il governo valuterà la “presenza di fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l’integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano”, si legge del decreto legge.
SOLO ACCORDI FUTURI

Le nuove regole saranno applicate ai contratti e agli accordi futuri. Infatti nel Dl n. 22 del 25 marzo non ci sono commi che si riferiscano alla tecnologia e agli apparati già installati o acquistati.
L’ALLARME DEL CENTRO STUDI MACHIAVELLI

L’introduzione delle nuove norme da parte di Palazzo Chigi risponde alle preoccupazioni, che si sono levate in primis negli Usa e dall’Intelligenze, sulla possibilità della Cina di spiare attraverso le tecnologie Huawei e Zte i Paesi che le utilizzano.

Secondo un report del centro studi Machiavelli promosso da Guglielmo Picchi, attuale sottosegretario della Lega agli Esteri, attraverso la rete 5G Huawei potrebbe avere accesso alle base Nato e ai dati sensibili di milioni di cittadini.


Per quello che riguarda le basi Nato, infatti, rientrerebbero nelle competenze di Huawei “anche aggiornamenti e patch attraverso il quale – anche tramite backdoor – la Repubblica Popolare potrebbe prelevare un imponente flusso di informazioni. Ciò potrebbe costituire un grosso problema, soprattutto dopo le numerose accuse di furto di proprietà intellettuale, spionaggio economico e industriale”, si legge nel report scritto dal giornalista Francesco Bechis e dall’analista Rebecca Mieli.
IL DIBATTITO

Un report definito “di parte” da Massimiliano Rossi, ingegnere delle telecomunicazioni, che su Twitter ha scritto “che la delivery in Italia da parte di #Huawei è fatta da ingegneri italiani e che tutto il sw e patch sono testate in Italia dai gestori+ingegneri italiani Huawei. Inoltre i vari apparati da attraversare sono di vendor non Huawei”.

“La delivery e l’installazione apparati rappresentano l’implementazione della rete. Il report ignora che l’installazione, configurazione, test e monitoring della rete è fatto da ingegneri italiani che non ubbidiscono a nessun partito”, ha aggiunto Massimiliano Rossi in risposta al giornalista Francesco Bechis che ha fatto notare che “il report non si concentra su delivery né apparati ma sull’implementazione della rete 5G da parte di Huawei e ZTE (antenne/core network)”.
L’ANALISI DI BRESSAN SU 5G E GOLDEN POWER

Washington è allarmata rispetto al tema delle comunicazioni e del 5G, ha riconosciuto l’analista Matteo Bressan in una conversazione con Start Magazine. Su questo tema, comunque, “l’Italia ha però fornito delle risposte chiare, da una parte con il rafforzamento del Golden power, dall’altra con i paletti molto forti, chiari e stringenti ribaditi da Mattarella”, ha sottolineato Bressan, direttore dell’Osservatorio per la Stabilità e la Sicurezza del Mediterraneo allargato dell’Università di Roma Lumsa e membro del board scientifico della NATO Defense College Foundation.
IL RUOLO DI HUAWEI IN ITALIA

La verità, comunque, è che Huawei in Italia ha già in corso sperimentazioni sul 5G (qui l’approfondimento di Start Magazine). La tecnologia cinese potrebbe essere sostituita con quella dell’Americana Cisco, con quella di Ericsson o della svedese Nokia, ma non sarebbe la stessa cosa.

“La Cina è più avanti degli Usa in varie tecnologie, compreso appunto il 5G”, si legge sull’editoriale di sabato scorso del settimanale Milano Finanza. “Basti pensare che nessuna delle aziende americane, Cisco inclusa, è in grado di fornire tutta la struttura completa per internet ad altissima velocità: può fare bene e in maniera competitiva larga parte di essa, ma gli manca un pezzo”.
FATTI, INDISCREZIONI E LE PAROLE DELL’EX COPASIR

5G a parte, comunque, un addetto ai lavori esperto del settore ha denunciato che la tecnologia Huawei è stata scelta in Italia per le Forze dell’ordine: “Gli Usa sanno benissimo che il telefonino di servizio fornito ad alcune componenti delle forze armate è Huawei, effetto di un vecchio contratto Consip. Comunque molti piloti, addestrati negli Stati Uniti, lasciano il cellulare Huawei e mettono la scheda nel proprio IPhone o Samsung”, ha detto l’addetto.

E c’è di più. “Già nel 2009 le agenzie di cybersicurezza mondiali avevano bandito Huawei dagli appalti per le infrastrutture critiche, mentre in Italia stava stringendo accordi con Telecom per sostituire Cisco», ha spiegato a Milena Gabanelli del Corriere della Sera l’ex vicepresidente del Copasir, Giuseppe Esposito: “Mentre il prodotto di Cisco si sapeva com’era fatto, con la quantità di produzione messa in piedi da Hauwei nessuno ha mai potuto controllare l’effettiva sicurezza”, ha detto Esposito.

Persino la Panic Room di Palazzo Chigi, la stanza di massima sicurezza della presidenza del Consiglio, «passa attraverso due grandi nodi: il primo con i router di Tim, e quindi è fatto da Huawei». Ha concluso Esposito: «Se ci fosse un microchip, loro potrebbero ascoltare o addirittura vedere in video il presidente del Consiglio: è possibile, ma non è mai stato provato».

Asus, che cosa ha scoperto Kaspersky Lab in Russia, Germania, Francia, Stati Uniti e Italia



La malvagia operazione ha preso di mira computer con un Mac Address (un numero di telaio, a voler utilizzare un paragone automobilistico) le cui prime cifre (quelle che nella sequenza numerica identificano l’azienda costruttrice) corrispondono al produttore con il marchio Asus. 

Che giornata può mai essere quella di oggi se non c’è la nostra fregatura quotidiana, se non scopriamo di essere bersaglio di una qualsivoglia insidia tecnologica, se nessuno ci dice di diffidare dei tanti dispositivi elettronici che utilizziamo normalmente?

L’allarme, per fortuna, stavolta è circoscritto agli sfortunati acquirenti di uno di quel milione di esemplari di personal computer che – prodotti da un gigante dell’informatica di Taiwan – risultano avere un …problemino.

Parliamo di “backdoor”, ovvero – e qui anche la sola traduzione letterale ci aiuta – una porta sul retro o un ingresso di servizio (naturalmente virtuale) che permette l’accesso ad un computer all’insaputa del legittimo utilizzatore. Il software installato su un determinato pc, tablet o telefonino viene congegnato per garantire – a chi ne conosce l’itinerario segreto – di arrivare all’interno di cartelle e file come se si disponesse della più elevata autorizzazione a leggere, visualizzare, copiare, modificare, cancellare quel che è memorizzato, oltre a spiare quel che il vero utente ha fatto o sta facendo. Chi conosce la sequenza di comandi da impartire (una specie di misterioso “Apriti Sesamo” dei nostri giorni) riesce a dribblare controlli e meccanismi di sicurezza posti a tutela – è ovvio – dei percorsi ordinari di accesso alle risorse del dispositivo.

I ricercatori del Kaspersky Lab hanno scoperto che i malintenzionati hanno appunto confezionato una backdoor per manipolare le dinamiche di aggiornamento di Windows e la hanno predisposta escludendo di colpire una platea indiscriminata, ma puntando dritto ad un target ben individuato.

La malvagia operazione ha preso di mira computer con un MAC Address (un numero di telaio, a voler utilizzare un paragone automobilistico) le cui prime cifre (quelle che nella sequenza numerica identificano l’azienda costruttrice) corrispondono al produttore con il marchio ASUS.

Il computer – al momento in cui il Live Update segnalava la necessità di un aggiornamento del sistema operativo – veniva così dirottato su un sito che, invece di installare le corrette integrazioni e modifiche, provvedeva ad inoculare istruzioni venefiche.


ASUS è stata allertata già un mese fa, ma nel frattempo le vittime di questa “backdoor” sono state rilevate da Kaspersky in Russia, Germania, Francia, Stati Uniti e – dulcis in fundo – Italia.

Indagini e approfondimenti in corso dovrebbero portare ad una dettagliata ricostruzione dell’accaduto, ma – almeno al momento – non ci sono sospetti fondati in nessuna direzione.

E’ legittimo pensare che (visto l’attacco “monomarca”) possa trattarsi di un frammento di guerra da parte di un concorrente, ma non è sbagliato indirizzare il proprio naso altrove, immaginando invece che quella tipologia di apparato sia stato oggetto di qualche fornitura …“delicata”.

La backdoor e il malware che l’ha veicolata potrebbero essere stati creati con un obiettivo preciso, lontano dalla furia devastatrice che spesso caratterizza le incursioni degli hacker. Se quel modello di computer è stato acquistato da una società o da un ente per l’utilizzo da parte dei propri dirigenti, l’azione è presto giustificata dalla ferrea determinazione di rubare informazioni trattate da chi assume decisioni industriali, commerciali e politiche di possibile interesse e che – conosciute anzitempo – possono garantire un vantaggio non da poco.

Chi sulla scrivania ha un pc etichettato da quel brand e comprato negli ultimi dieci mesi probabilmente è nel mirino. Oppure ha soltanto un computer gemello dei tizi che sono l’effettivo bersaglio.

@Umberto_Rapetto

Diritto d’autore, cosa prevede la direttiva approvata dal Parlamento europeo

Riforma del copyright, oggi il Parlamento europeo ha dato il via libera alla direttiva sul diritto d’autore in rete. Nell’Aula di Strasburgo ci sono stati 348 voti a favore e 274 contrari; 36 gli astenuti
Disco verde alla nuova direttiva europea sul diritto d’autore che riforma un settore assai cambiato negli ultimi anni. Si temevano colpi di scena per il provvedimento — che punta a garantire misure di remunerazione della proprietà intellettuale sul web — su cui Bruxelles ha lavorato per tre anni. Invece l’Aula di Strasburgo ha dato il via libera con 348 voti a favore e 274 contrari; gli astenuti sono stati 36. Ora sarà sufficiente l’assenso del Consiglio europeo, in caso contrario sarebbe stato rimandato tutto alla prossima legislatura e al Parlamento che nascerà dopo le elezioni europee del 26 maggio e che inizierà a riunirsi da luglio.

L’ITER DEL PROVVEDIMENTO

Il testo votato oggi è frutto dell’intesa raggiunta il 13 febbraio scorso tra Parlamento Ue, Consiglio Ue e Commissione Ue ed è stato approvato a fine mese dalla Commissione giuridica. Come si diceva, però, il provvedimento è stato formulato dalla Commissione europea nel 2016: poi una serie di emendamenti e un  braccio di ferro fra le lobby che rappresentano gli interessi delle diverse parti in causa, in particolare i giganti del Web – come Google, Facebook e Youtube – da un lato e le associazioni di editori, di discografici e in generale di chi produce contenuti dall’altro.

GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA COPYRIGHT E L’ARGINE AI COLOSSI DEL WEB

La proposta di direttiva formulata dalla Commissione (0593/2016) è intervenuta ad aggiornare una regolamentazione sul copyright ferma al 2001 quando, per esempio, Youtube neppure esisteva. L’obiettivo è dunque quello di adeguare le norme che tutelano il diritto d’autore in un mercato dominato da colossi internazionali che fatturano grazie al’uso gratuito di contenuti prodotti da altri: basti pensare che oggi le grandi piattaforme, tutte americane, intascano oltre l’80% dei ricavi derivanti dalla pubblicità che appare al fianco di notizie e contenuti altrui. Per questo l’Ue chiede ai colossi del web di responsabilizzarsi. Come? Stipulando licenze con i proprietari dei diritti oppure rimuovendo i contenuti protetti da copyright.

I CONTENUTI DELLA DIRETTIVA

Per fare ciò sono stati scritti due articoli, l’11 e il 13, che introducono una “link tax” e un “upload filter”, ovvero una tassa sui link e un filtro sul caricamento dei contenuti. Nella versione modificata e che sarà votata oggi in Aula sono però diventati rispettivamente articolo 15 e 17.

L’ARTICOLO 15 (EX ARTICOLO 11)

L’articolo 15 stabilisce che gli Stati Ue facciano in modo che “gli autori delle opere incluse in una pubblicazione di carattere giornalistico ricevano una quota adeguata dei proventi percepiti dagli editori per l’utilizzo delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione“. Quindi, per esempio, un giornalista deve essere remunerato dal suo editore che a sua volta viene remunerato dall’aggregatore digitale che utilizza l’articolo. Il tutto verrebbe messo nero su bianco in accordi bilaterali fra editori e aziende digitali.

L’ARTICOLO 17 (EX ARTICOLO 13)

L’articolo 17 prevede invece che “un prestatore di servizi di condivisione di contenuti online deve ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti”: in sostanza una piattaforma può caricare un contenuto protetto da copyright previa licenza e se non lo fa è responsabile della violazione. Previste alcune eccezioni: “Aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione” o “aver agito tempestivamente” per disabilitare l’accesso ad utenti indisciplinati. L’articolo in questione esclude o limita le responsabilità per le società che hanno un fatturato inferiore ai 10 milioni o che sono attive da meno di tre anni.

FAVOREVOLI E CONTRARI

La proposta di direttiva in questi anni è stata fortemente avversata e difesa da due gruppi contrapposti: da un lato ci sono i colossi di Internet – che difendono il proprio business e che sono contrari ai limiti imposti al ruolo di intermediatori, così come ai costi e alle licenze – e gli attivisti per la libertà del Web, cui si devono aggiungere alcune parti politiche minoritarie dell’Europarlamento dunque escludendo Popolari, Socialdemocratici e Liberali. Questi ultimi temono meccanismi di censura o comunque limitazioni alla diffusione di contenuti. Anche Wikipedia – che pure è esclusa dalle norme della direttiva – ha deciso di aderire alla protesta oscurando le sue pagine alla vigilia del voto.
Dall’altro lato ci sono i sostenitori del provvedimento, rappresentati principalmente dalle associazioni del mondo dell’editoria, della discografia, del cinema e dell’arte in generale (ad esempio in Italia la Siae, la Fieg e la Fimi) che vedono di buon grado l’aumento del proprio potere negoziale in vista di accordi con i giganti del Web, accusati di monetizzare il lavoro altrui, e che sono favorevoli a una riforma del settore per un’equa remunerazione degli autori di contenuti che viaggiano gratuitamente in Internet.

PROPONIMENTO DEL GIORNO


Ascolterò devotamente la santa messa in suffragio delle anime del Purgatorio e, se non posso, reciterò cinque Pater, Ave e Requiem.


LITURGIA DEL GIORNO



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  
  



 PRIMA LETTURA 

Dn 3,25.34-43
Dal libro del profeta Daniele

In quei giorni, Azarìa si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:
«Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome,
non infrangere la tua alleanza;
non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo, tuo amico,
di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo,
ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
oggi siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
Ora non abbiamo più né principe
né profeta né capo né olocàusto
né sacrificio né oblazione né incenso
né luogo per presentarti le primizie
e trovare misericordia.
Potessimo essere accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocàusti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito,
perché non c’è delusione per coloro che confidano in te.
Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto,
non coprirci di vergogna.
Fa’ con noi secondo la tua clemenza,
secondo la tua grande misericordia.
Salvaci con i tuoi prodigi,
da’ gloria al tuo nome, Signore».


  SALMO  

Sal 24
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.


 VANGELO 

Mt 18,21-35
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

lunedì 25 marzo 2019

Processo Ruby: tre morti strane nell’arco di tre mesi e quelle accuse di satanismo che Imane non potrà più portare avanti…

TRE MORTI SOSPETTE, MA UNA PIU' DI TUTTE: QUELLA DELLA GIOVANE MODELLA MAROCCHINA IMANE FADIL CHE OSO' PARLARE DI SATANISMO AD ARCORE. ORMAI IL SATANISMO DOVREBBE PREOCCUPARE PIU' CHI LO PRATICA CHE CHI LO DENUNCIA. LA PROSSIMA VITTIMA POTREBBE ESSERGLI FATALE.... 


Imane Fadil, terza morte sul caso Ruby. Evocò il satanismo

È morta Imane Fadil, giovane modella e testimone-chiave nei processi Ruby, che vedono Berlusconi tra gli imputati. Trentatreenne, marocchina, era stata la prima a far aprire il caso nel 2011, e poche settimane fa aveva chiesto di costituirsi parte civile al processo Ruby ter. Ma il 29 gennaio è stata ricoverata in ospedale, dove è morta il 1° marzo dopo un mese di agonia. «Prima di morire – scrive Stefania Nicoletti, sul blog “Petali di Loto” – ha telefonato al fratello e all’avvocato, dicendo loro di essere stata avvelenata». Dall’esito dell’esame tossicologico è emersa la morte per avvelenamento (da metalli, probabilmente). Secondo Gianfranco Carpeoro, avvocato e saggista, quella delle “sostanze radioattive” rintracciate nel corpo della ragazza sarebbe una voce solo giornalistica: la stranezza, semmai – dice Carpeoro – sta nel fatto che Imane Fadil avrebbe agonizzato per un mese, senza diagnosi né cure, in un centro sanitario di assoluta eccellenza come l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, a Milano Sud. Quella di Imane Fadil, osserva Stefania Nicoletti, è la terza strana morte collegata al caso Ruby, dopo quelle di Egidio Verzini, ex legale di “Ruby Rubacuori”, e del giornalista Emilio Randacio, che si stava occupando del caso. Altro dettaglio: la ragazza stava per pubblicare, in un libro, la sua versione – decisamente horror – sulle famose “notti di Arcore”.

Impossibile, scrive Stefania Nicoletti, non richiamare alla memoria l’intervista che la Fadil aveva rilasciato l’anno scorso al “Fatto Quotidiano”. «Parlò di una sorta di “setta satanica” che praticava riti». Ovvero, fatti molto più gravi di qualche cena a sfondo sessuale. Facile screditarla, la ragazza, anche perché aveva detto di essere “una sensitiva” e di aver “sentito e visto presenze ed entità negative e malefiche”. «Quando uscì quell’articolo, molti commentarono che non era credibile, che queste cose non esistono, che lei era solo una in cerca di visibilità, eccetera. Ma chi dice questo – obietta Stefania Nicoletti – non sa che queste organizzazioni esoteriche ai piani alti del potere esistono eccome, e che parlarne pubblicamente non ti dà fama, anzi: ti espone a dei rischi notevoli». Infatti, continua Stefania Nicoletti, «leggendo quell’intervista pensai che la ragazza rischiava di essere fatta fuori: anche perché annunciò che stava scrivendo un libro su tutta la vicenda, dove avrebbe raccontato tutto questo e molto di più». Un libro che a quanto pare stava ormai finendo di scrivere, prima di morire avvelenata.

Raccontò la ragazza, nell’intervista pubblicata dal “Fatto” il 24 aprile 2018: «La cosa non si limita a un uomo potente che aveva delle ragazze: c’è molto di più in questa storia, cose molto più gravi». Un’accusa esplicita: satanismo. «Questo signore – disse Imane di Berlusconi – fa parte di una setta che invoca il demonio». Ammise: «Sì, lo so che sto dicendo una cosa forte, ma è così. E non lo so solo io, lo sanno tanti altri». Una sorta di setta, dunque, «fatta di sole donne». Tante: «Decine e decine di femmine complici». In quella saletta «dove si faceva il Bunga Bunga», racconta Imane, «c’era uno stanzino con degli abiti, tutti uguali, come delle tuniche, circa venti o trenta: a cosa servivano?». Poi, continua la ragazza, «c’era un’altra stanzetta sotterranea con una piscina, con a fianco un’altra saletta, totalmente buia, senza nessuna luce». Una piscina sotterranea e una stanza senza luci: perché? Aggiunge Imane: «Ho visto presenze strane, sinistre. Io sono sensitiva fin da bambina: da parte di mio padre discendo da una persona che è stata santificata». Insiste Imane, parlando con Luca Sommi del “Fatto”: «Le dico che in quella casa ci sono presenze inquietanti. Là dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero».

Da parte sua, Carpeoro – che non crede all’esistenza del demonio, anche se non si nasconde la realtà del satanismo – ritiene che quelle dell’allora giovanissima Imane Fadil fossero essenzialmente suggestioni. Il che non migliora il giudizio su Berlusconi, che allora era primo ministro. Le notti brave di Arcore? «Non credo che abbia commesso reati – dice Carpeoro, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – ma a me non piace un premier che si comporta in quel modo: come la prenderebbe, Berlusconi, se a partecipare a feste di quel tipo fossero le sue figlie?». Stefania Nicoletti, intanto, sottolinea la presenza delle altre due morti «inquietanti e anomale», legate al caso in questione. Verzini, ex avvocato di “Ruby”, il 4 dicembre 2018 aveva dichiarato pubblicamente che Berlusconi avrebbe versato 5 milioni di euro alla sua assistita. «Il giorno dopo è morto, tramite eutanasia, in una clinica svizzera». Randacio invece si stava occupando del caso, seguendo il processo, ed è morto improvvisamente il 13 febbraio per un “malore” (forse un infarto), «ma pare che i risultati dell’autopsia non siano mai stati comunicati». Insomma: Egidio Verzini, Emilio Randacio, Imane Fadil: «Tre morti strane nell’arco di tre mesi, e tutte legate al processo Ruby. Un po’ troppe per essere un caso».

MACRON, IL FIGLIOCCIO DEI ROTHSHILD INCARICATO DI DISTRUGGERE IL NAZIONALISMO FRANCESE, INVOCA IL NAZIONALISMO EUROPEO



Per essere onesti, non abbiamo letto interamente – abbiamo appena sorvolato – la tribuna pubblicata dal Presidente il 4 marzo 2019 e per una ragione molto semplice: questo furfante è pronto a dire tutto e il suo opposto a rimanere al potere. I politici hanno sempre mentito, è parte della carica, ma alcuni lo fanno con talento, o con coerenza. Non lui. Meglio prendere quello che verrà per stare in piedi ed attendere.


Con Macron, siamo ormai sulle montagne russe. Ha enunciato in generale il contrario di quello che fa (vedi le leggi che distruggono la protezione sociale), e fa il contrario di quello che dice.
La Francia perde ogni giorno un po ‘di più della sua sovranità, e vorrebbe farci credere che l’inserimento nella grande e bella entità europea ripristinerà alla Francia la grandezza che merita. Questo è ovviamente l’opposto di quanto accadrà, perché esattamente il contrario si sta verificando: la Francia ha ceduto la sua difesa (la sua ultima sovranità) agli Stati Uniti attraverso la NATO e la sua gestione economica alla Germania attraverso l’UE. Barra dei punti.

Dopo di che, il piccolo presidente può dire quello che vuole, i fatti ci sono. Vende la Francia a pezzi, tranquillamente, cercando di addormentare la gente con frasi bellissime. Sì, ma ora anche le sue piume da pavone sono tagliate. Ciascun francese combatte il palazzo presidenziale le cui mura trasudano la fine del regno. Anche se Macron termina il suo mandato, non tiene più le redini, né dentro né fuori. Ha provocato un caos sociale, che gestisce con una feroce repressione: quest’uomo è un dittatorello scarsamente camuffato da democratico. I francesi sapranno come ricordarlo.
Per quanto riguarda gli annunci “macroniennes”, che assomigliano fortemente un annuncio fasullo, un buon posto, con foto a mosca, il testo ipervenduto e prezzo imbattibile, il signore che sente il bisogno di protezione e di sovranità in tutto il mondo, i sostenitori dicono della ” Sicurezza europea “e una” preferenza europea “. Che ipocrisia! L’Europa economica non ha difese contro l’invasione della macchina da guerra americana – ecco perché gli americani diedero un famoso aiuto alla creazione dell’Europa con i loro uomini dopo il 1945 – e nessuna difesa contro la macchina da guerra globalista (vedi le invasioni di Soros che il trattato di Marrakech vuole istituzionalizzare). Le chiacchiere sul ” Rinascimento europeo ” valgono zero. Da questa entità porosa e schifosa, la Francia si ritirerà.
Questo tipo di salto di retorica falsamente nazionale, ma di alto globalismo a livello di Europa dei 27, esattamente quello che vuole il suo amico e consigliere, il massone sionista Attali, non salverà i glutei della socialdemocrazia che ha tradito i popoli ovunque, dall’Italia alla Francia, alla Grande Germania, dal momento che dobbiamo dire le cose come sono. Macron vuole combattere contro il ” ritiro nazionalista ” “, che rende possibile dare un calcio alla putrescente decadenza globalista. Nazionalismo, questo è per Macron il nemico! E per tirare fuori in sostanza il pretesto del colpo di stato del nazionalismo vuole la guerra, quindi la morte, la disoccupazione e la miseria, così anche la morte, la doppia morte, tanto da non poter fare peggio il piccolo francese. Tuttavia è il capitalismo finanziario, di cui Macron è uno dei più effettivi rappresentanti, quello che distrugge coscienziosamente le nazioni e le loro ricchezze, lo sappiamo tutti.


Gilet Gialli contro Macron

La soluzione del banchiere Macron è una ” Conferenza per l’Europa ” incaricata di ” proporre tutti i cambiamenti necessari … senza tabù, nemmeno la revisione dei trattati “. Ci crediamo! Tre pennellate su un trattato di cui gli europei non capiscono la trappola e il trucco è giocato, esattamente il metodo del “grande dibattito nazionale” che non è né dibattito né nazionale, mentre rappresenta solo un interminabile monologo di un personaggio decaduto. Non commenteremo nemmeno la preferenza europea quando sappiamo che la formazione del colosso Siemens-Alstom è stata riproposta dalla Commissione con lo stesso nome. Un esempio, tra l’altro, di quanto l’Europa sia un’esca. La competizione è esacerbata dai membri e la debolezza politica dell’insieme gli impedisce di resistere ai colpi di stato cinesi e americani.
Il culmine si raggiunge quando, il distruttore della protezione sociale in Francia, un modello internazionale che dovrebbe ispirare tutti i paesi, canta le lodi di uno ” scudo sociale ” europeo … mentre i paesi con una forte protezione sociale scivolano verso quelli che non ne hanno una o che ne hanno molta di meno. Le parole del presidente sono una cosa, il capitalismo transfrontaliero è un altra cosa. Naturalmente, non faremo commenti sul bavaglio che è la creazione di una ” Banca europea del clima ” per finanziare la ” transizione ecologica “. Quando vediamo chi è stato inserito in questo post, uno scioccante globalista che fa parte dell’oligarchia, diciamo che il verme è nel frutto e che la menzogna non ha paura di nulla.
Alla fine, Macron ha ripetuto il colpo di sceneggiata prendendo di mira i russi che sarebbero stati al timone dietro ogni elezione, compresa quella del 26 maggio. Il suo discorso di ” democrazie europee sotto protezione di agenzia ” incaricata di proteggere i membri contro ” il cyber attacchi ” e la ” manipolazione ” dovrebbe innescare una tempesta di risate: se le nazioni europee votano in modo sbagliato, bisogna capire che il nazionalismo necessariamente mette sotto pressione l’Europa, la colpa è dei Russi, come abbiamo visto chi sia il protagonista nella maggior parte delle manipolazioni delle informazioni . Il suggerimento finale fornisce indicazioni sulle stanze posteriori del CRIF (“Conseil Représentatif des Institutions Juives de France” ) :
“Dobbiamo bandire tutti i discorsi di odio e violenza da Internet, dalle regole europee”.
Tu Macron, sei piuttosto quello che fa la pratica dell’odio e della violenza, cocco: tu odi la Francia fino al punto di distruggerla e colpisci violentemente la sua gente che vuole difenderla!
L’uomo delle Lobbies e dei Mercati finanziari sta cercando di salvare il suo posto, è una bella guerra. Ma cosa rimane? Poche sterline di bugie che i francesi non vogliono inghiottire, nemmeno con manganelli, LBD e con il gas. Oh, non il gas di Ruth e le sue amiche, ma gas comunque. Il presidente che ha solo la democrazia in bocca fa irrorare gas sulla sua gente, e questo è sufficiente per squalificarlo per sempre. I suoi cinque anni sono morti con l’occhio perduto di una donna innocente. Chi parla di indipendenza europea sarebbe più credibile se fosse già indipendente dalle reti che lo detengono. Precisamente, questo è l’ordine di mobilitazione anti-nazionale della famiglia reale Klarsfeld, che abbiamo già fatto nel 2018. Esso contiene il midollo di discorsi fasulli e soluzioni tecno fantoccio dell’Eliseo. La Francia dice Basta!

Scuolabus: pure Nicolò, bambino che si era offerto come ostaggio, ignorato da gran parte dei media


NICOLO': IL CORAGGIO BATTE LA FURBIZIA DEI CELLULARI NASCOSTI. MA NESSUNO NE PARLA.....

Nemmeno lui finisce da Fabio Fazio con il cappello di carabiniere. E per lui quasi nessuno parla di eroismo, anche se – bontà loro – almeno Un giorno da Pecora su RadioRai e SkyTg24 hanno avuto la buona pace di intervistarlo. E qualche giornale ha riportato dei link, per carità non troppo in prima pagina, che poi le aspirazioni multi-culturali rischiano di crollare.

Probabilmente, dei 4 bambini protagonisti del miracolo di San Donato, Nicolò è stato l’eroe per eccellenza. Sacrificatosi per i compagni, al fine di tranquillizzarli, il ragazzino si è offerto come ostaggio a Sy. Quando lo spiega agli intervistatori, il ragazzino mostra una proprietà di linguaggio inusitata, quasi da liceale, dimostrando un età maggiore di quella che ha. Sono impressioni per carità, ma emergono e vanno sottolineate.

Senza nulla togliere all’intraprendenza degli altri, se si straparla di cittadinanze quale premio di coraggio per i due bambini stranieri (anche se i media di massa continuano a parlare di ius soli), ci aspetteremmo che si conferisse quanto meno un’onorificenza dello Stato ai due ragazzini italiani (Riccardo e Nicolò) che hanno salvato sé stessi e i loro compagni da una morte certa.

Con qualche menzione speciale a Nicolò, non lo neghiamo: uomo vero alla tenera età di 12 anni. Grazie.




LA SCONFITTA DELL’ISIS APRE LE PORTE ALL’IRAN VERSO UN CORRIDOIO DI ACCESSO ALLA SIRIA PER VIA TERRESTRE


L’instabile gestione della politica estera degli Stati Uniti aiuta accidentalmente il loro acerrimo nemico

di Elijah J. Magnier
“Un dinosauro con il cervello di un uccello”. In questo modo l’ex presidente iraniano Hashemi Rafsanjani ha descritto gli Stati Uniti d’America, evocando la sua grande forza militare ma la mancanza di intelligence strategica in politica estera. In effetti, l’insolita riunione dei capi di stato maggiore della Siria, dell’Iraq e dell’Iran a Damasco questa settimana non sarebbe stata possibile senza l’ultima azione statunitense in Siria.
L’establishment statunitense ha fatto un favore ai tre paesi allineati con l’ “Asse della resistenza”, eliminando il gruppo “Stato islamico” (ISIS) nella sua ultima roccaforte a est dell’Eufrate. L’attacco USA a Baghuz (est della Siria), realizzato insieme ai suoi procuratori curdi, ha portato i tre comandanti militari a decidere di riaprire la strada terrestre tra la Siria e l’Iraq, spianando il percorso per un passaggio sicuro dal territorio iraniano attraverso l’Iraq e la Siria fino al Mediterraneo. Questo significa che la strada Teheran-Baghdad-Damasco-Beirut è ora chiara. Questa non è la prima volta che l’establishment statunitense ha reso un sostanziale supporto strategico all’Iran con la sua goffa pianificazione.
Foto n Alto-Uomini sospettati di essere miliziani dello Stato Islamico (IS) aspettano di essere perquisiti dai membri delle forze democratiche siriane guidate dai curdi (SDF) dopo aver lasciato l’ultima posizione del gruppo ISIS di Baghouz, nella provincia settentrionale di Deir Ezzor, in Siria, il 22 febbraio 2019.
Quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di ritirarsi dalla Siria, descrivendolo come una terra di “sabbia e morte”, ha preso sul serio il suo piano. Tuttavia, gli Stati Uniti non potevano andarsene senza prima eliminare la sacca dell’ISIS che si trovava nell’area sotto il controllo degli Stati Uniti nell’est della Siria, il che avrebbe significato lasciare in piedi quello che è stato l’unico pretesto per la sua occupazione dell’area. 
Ecco perché a Trump era stato consigliato di eliminare prima l’ISIS e poi ritirare le sue truppe. Alla fine ha ordinato alle sue forze di farlo dopo lunghi mesi di inattività, durante i quali gli Stati Uniti hanno offerto protezione al gruppo terroristico e hanno permesso a decine di migliaia di militanti dell’ISIS di muoversi liberamente per attaccare l’esercito siriano ei suoi alleati lungo l’asse Bukamal -Deir-ezzour .

Il significato della decisione di Trump di passare definitivamente ad attaccare l’ISIS non può essere sopravvalutato. Dal 2014 gli Stati Uniti erano impegnati in una guerra fasulla contro l’ISIS, fingendo di combattere questo gruppo brutale di takfiri, mentre in realtà gli permettevano di espandersi e uccidere soldati dell’esercito siriano che hanno duramente combattuto il gruppo. In tutto questo tempo gli Stati Uniti hanno usato l’ISIS come pretesto per la presenza militare USA in Siria. 
Gli Stati Uniti hanno bombardato l’ISIS, occupato Raqqah e distrutta la città; poi ha fatto un accordo per deportare molte migliaia di miliziani dell’ISIS. Ma l’attuale Battaglia di Baghuz segna la prima volta che gli Stati Uniti hanno davvero combattuto l’ISIS. A suo merito, Trump ora sta facendo quello che gli Stati Uniti non hanno fatto per cinque anni: in realtà soltanto ora ha combattuto contro l’ISIS. Questa campagna tirata e spettacolare consente adesso a Trump di prendersi il merito di sconfiggere ISIS,

A Baghuz, le forze statunitensi (e gli alleati europei) hanno bombardato l’ISIS per spingerlo in una piccola città confinata. Sono riusciti ad aprire un passaggio sicuro per donne, bambini, anziani, feriti militanti dell’ISIS e molti di quelli disposti a arrendersi. Oltre 35.000 miliziani e famiglie dell’ ISIS e sono uscite da quel piccolo posto. 9.000 miliziani sono stati feriti o uccisi. Gli Stati Uniti e le loro forze paramilitari curde sono riuscite a bloccare i resti del gruppo terroristico in una piccola area a meno di 1 km quadrato e stanno per lanciare l’assalto finale nei prossimi giorni. È solo una questione di tempo prima che l’ISIS rinunci alla sua ultima roccaforte a est dell’Eufrate.
L’imminente rimozione della minaccia ISIS ha fornito l’occasione per un incontro insolito. Il capo di stato maggiore iraniano Mohammad Baqeri, il ministro della difesa siriano Ali Abdullah Ayyoub e il capo di stato maggiore iracheno, il generale Othman al-Ghanmi, si sono incontrati nella capitale siriana Damasco e hanno deciso di riaprire i confini tra Iraq e Siria.
Riunione degli Stati Maggiori di Siria, Iran, Iraq a Damasco
Trump e i suoi generali hanno riconosciuto il loro errore nel creare un passaggio sicuro per Iran e Iraq in Siria, rimuovendo l’ISIS da quella zona. La presenza di ISIS ha reso impossibile per i cittadini iraniani e iracheni e le merci in transito di viaggiare in sicurezza in Siria. Questa consapevolezza ha portato alla decisione degli Stati Uniti di lasciare dietro di sé diverse centinaia di membri statunitensi delle forze armate.
Grazie alla mossa degli Stati Uniti, l’Iran può ora inviare tutto il supporto necessario e riprendere il commercio con la Siria, in un momento in cui Israele ha bombardato l’aeroporto di Damasco per cercare di rallentare il rifornimento dell’esercito siriano con missili di precisione e altre attrezzature militari necessarie per ricostruire la forza di difesa dell’esercito. Con l’apertura di un nuovo passaggio di confine tra Iraq e Siria, l’occupazione statunitense dell’incrocio di al-Tanf diventa meno significativa. Se gli Stati Uniti cercano di fare pressione sull’Iraq per fermare il commercio con l’Iran o la Siria, Baghdad chiederà la partenza delle truppe di Trump dalla Mesopotamia.
La decisione di Trump significa anche che l’economia siriana sarà in grado di recuperare una certa forza una volta che la strada di terra riaprirà in Iraq. I tre comandanti militari hanno fatto una bella risata sulla politica e l’azione degli Stati Uniti in Siria. Hanno beneficiato dei continui errori strategici di Washington dalla sua occupazione in Iraq nel 2003 e della rimozione del più feroce nemico dell’Iran, Saddam Hussein.
L’ISIS rimane un pericolo per la sicurezza ma non una minaccia militare. I suoi resti possono ancora effettuare attacchi contro convogli o obiettivi soft anche dopo l’accordo congiunto dei tre paesi per pattugliare le frontiere e aiutare con la loro tecnologia, intelligence e soldati per proteggere il valico di confine al-Bu Kamal e unirsi agli sforzi per combattere ISIS. 
Gli Stati Uniti generalmente guardano al quadro generale, poiché i loro strateghi e pianificatori programmano di ridisegnare i confini, cambiare i regimi e creare stati falliti. Tuttavia, a volte ignorano i dettagli che possono trasformare una situazione a favore dei loro presunti nemici, in questo caso, l’Iran. Come ha detto una volta Rafsanjani, gli Stati Uniti sono “un dinosauro con il cervello di un uccello”.

Non solo Rafsanjani ha fatto osservazioni così caustiche. Ad una recente riunione del corpo della Guardia Rivoluzionaria iraniana – evento della brigata della Quds che celebra il successo del comandante generale generale Qassem Soleimani in Iraq e in Siria, il leader della rivoluzione Sayyed Ali Khamenei ha detto, con riferimento agli Stati Uniti (e all’Arabia Saudita): “grazie ad Allah, che ha reso i nostri nemici degli imbecilli “.
Fonte: ejmagnier.com

RAZZI A LUNGO RAGGIO COLPISCONO VICINO A TEL AVIV DOPO CHE ISRAELE HA ATTACCATO GAZA



Le autorità israeliane affermano che un razzo a lunga gittata lanciato dalla Striscia di Gaza ha colpito un’area vicino a Tel Aviv, nel centro di Israele, ferendo sette persone nel primo di tali incidenti dalla guerra del 2014 contro l’enclave palestinese.
L’attacco avvenuto nel mattino presto a Mishmeret, una città agricola a nord di Tel Aviv, è arrivato un giorno dopo che gli aerei israeliani avevano bombardato l’enclave assediata prima dell’anniversario delle proteste contro il recinto di Gaza nel fine settimana.
L’annuncio dell’attacco con razzo esploso su Tel Aviv è stato dato con grande risalto da tutti i media atlantisti e rigorosamente filo Israele, gli stessi che hanno dimenticato di dare notizia delle centinaia di bombe e missili lanciati soltanto nelle ultime settimane sulla striscia di Gaza dall’aviazione israeliana.

La notizia dell’attacco ha costretto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a interrompere il suo viaggio a Washington subito dopo aver incontrato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump più tardi, come ha riferito il suo ufficio.

Il Centro informazioni palestinese ha comunicato che due missili hanno colpito il cuore dei territori occupati da Israele nei primi giorni di lunedì. L’attacco avrebbe distrutto un edificio, lasciando sette coloni feriti.

Le sirene hanno suonato nel centro di Israele per la prima volta in due anni e gli abitanti hanno riportato un’esplosione, mettendo in evidenza il fallimento del sistema missilistico Iron Dome di Israele per intercettare il missile.

Il sistema di protezione, dal costo multi-miliardario, aveva subito un altro duro colpo durante l’ultimo scontro militare a novembre, quando Hamas ha lanciato più di 460 missili nelle terre occupate in meno di 24 ore, in risposta all’aggressione israeliana.

La capitale e le città periferiche di Israele sono state per l’ultima volta oggetto di un tale attacco durante la guerra del 2014 a Gaza. Una settimana e mezzo fa, a Gaza furono lanciati due razzi dalla Striscia di Gaza, ma i militari israeliani dissero che erano stati lanciati accidentalmente.

Timori di grave escalation
Netanyahu, che sta cercando un quinto mandato nel ballottaggio elettorale del mese prossimo, è stato a Washington per la conferenza annuale dell’AIPAC.

“Alla luce degli eventi sulla sicurezza, ho deciso di interrompere la mia visita negli Stati Uniti”, ha detto Netanyahu impegnandosi a “rispondere con la forza” all’attacco missilistico (come abitualmente fa Israele).

Il suo ufficio ha detto che Netanyahu è stato aggiornato sull’incendio causato dai razzi, e che ha chiesto una consultazione con i capi dell’esercito israeliano, Shin Bet e altri alti funzionari della sicurezza via telefono.

L’esercito israeliano ha poi accusato Hamas di aver sparato il razzo e ha annunciato che avrebbe inviato rinforzi nell’area di Gaza.

Il razzo, si dice, era stato sparato dalla zona di Rafah nella Striscia di Gaza meridionale. “Il lancio è stato effettuato da Hamas da una delle sue posizioni nell’area di Rafah”, ha detto il portavoce dell’esercito israeliano Ronen Manelis.

Attenzione contro l’aggressività di Israele

Il razzo palestinese avrebbe dovuto percorrere circa 120 chilometri da Rafah per atterrare nella capitale israeliana.

L’esercito israeliano ha detto che avrebbe inviato due brigate aggiuntive e avrebbe organizzato una serie limitata di riservisti, sollevando i timori di una grave escalation militare poco prima delle elezioni del 9 aprile.

Hamas a Gaza, alleato con la Jihad islamica ha dichiarato di “avvertire il nemico sionista dal commettere un’altra aggressione contro la Striscia di Gaza”.

“I loro leader dovrebbero essere consapevoli che risponderemo con la forza contro la loro aggressione”, ha detto il portavoce di Hamas, in una dichiarazione, senza commentare chi potrebbe essere stato responsabile per il razzo.

Domenica, i carri armati israeliani hanno bombardato Gaza dopo che “i palloni incendiari” sono stati lanciati attraverso la recinzione per tutta la sera, hanno detto i militari. Il giorno prima, gli aerei israeliani hanno colpito pesantemente la Striscia di Gaza meridionale.

Le ultime tensioni si sono sviluppate a Gaza a partire dal 30 marzo scorso, quando sono iniziate le proteste della “Grande Marcia di Ritorno”, chiedendo il diritto al ritorno per le persone cacciate dalla loro patria dall’aggressione israeliana.

Bombardamenti israeliani su Gaza

Gli scontri a Gaza hanno raggiunto il loro picco il 14 maggio, alla vigilia del 70 ° anniversario del Nakba Day o del Giorno della Catastrofe, che ha coinciso quest’anno con il trasferimento di Washington della sua ambasciata da Tel Aviv alla Gerusalemme occupata al-Quds.

Più di 260 palestinesi sono stati finora uccisi e almeno 26.000 altri feriti negli scontri di Gaza, secondo il ministero della Salute di Gaza (questo però non fa notizia per i media filo atlantisti).

Gaza si trova sotto assedio israeliano dal giugno 2007, fatto che ha causato un declino degli standard di vita. Israele ha lanciato tre grandi guerre contro l’enclave dal 2008, uccidendo migliaia di abitanti di Gaza ogni volta e distruggendo le già povere infrastrutture del territorio impoverito.

Fonte: Press Tv